antonello villani
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mercoledì 1 marzo 2006
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le intricate vie del petrolio
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Difficile stare al passo con agenti segreti, doppiogiochisti, governi fantocci ma questo film presentato fuori concorso all’ultima berlinale è complicato anche per chi è avvezzo ai complotti da fantapolitica. Tratto dal libro dell’ex agente Cia Robert Bear, “Syriana” è un guazzabuglio dove s’intrecciano le vite di analisti finanziari e principi arabi, agenti undercover e ricchi petrolieri il cui unico scopo è il profitto a tutti i costi. Gli affari sono affari e così alcune compagnie di petrolio sono spalleggiate dai servizi segreti pur di accaparrarsi i pozzi petroliferi del Golfo Persico, spuntano gli uomini del Presidente e la corruzione diventa l’unica arma per mantenere l’ordine stabilito.
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Difficile stare al passo con agenti segreti, doppiogiochisti, governi fantocci ma questo film presentato fuori concorso all’ultima berlinale è complicato anche per chi è avvezzo ai complotti da fantapolitica. Tratto dal libro dell’ex agente Cia Robert Bear, “Syriana” è un guazzabuglio dove s’intrecciano le vite di analisti finanziari e principi arabi, agenti undercover e ricchi petrolieri il cui unico scopo è il profitto a tutti i costi. Gli affari sono affari e così alcune compagnie di petrolio sono spalleggiate dai servizi segreti pur di accaparrarsi i pozzi petroliferi del Golfo Persico, spuntano gli uomini del Presidente e la corruzione diventa l’unica arma per mantenere l’ordine stabilito. Bob Barnes lavora per la Cia e può vantare un discreto numero di missioni, ma il traffico d’armi spinge Langley a sacrificarlo pur di salvare la faccia, mentre un analista finanziario con ufficio a Ginevra diventa il consigliere del principe illuminato che vuole introdurre il voto per le donne, una magistratura indipendente e vendere al migliore offerente. Cina compresa. Inizia così una serie di doppi e tripli giochi per eliminare il traditore, il governo appoggia il secondogenito dell’emiro in cambio di favori e le compagnie petrolifere possono dormire sonni tranquilli. Sceneggiatura sovraccaricata dai dialoghi in lingua araba, ritmo lento e trama fin troppo farraginosa fanno perdere l’orientamento già dopo i primi minuti, eppure “Syriana” è il classico complotto internazionale che vuole fare luce sugli intrecci politici che sarebbero alla base della preziosa fonte energetica. Il regista Stephen Gaghan si lascia prendere la mano e ci porta per mezzo mondo pur di spiegare le vie del petrolio: Spagna, Marocco, Libano, Iran, Stati Uniti alla fine si perde il bandolo della matassa finendo per complicare cose già complicate. Una parata di stelle –da George Clooney a Matt Damon, da Christopher Plummer a William Hurt- che poco aggiunge al film, un intreccio nebuloso che riusciamo a comprendere solo in parte nel finale. E poi bambini che giocano in piscina, pakistani licenziati per fusioni di società, avvocati che indagano sul pasticcio creato da qualche ambizioso uomo d’affari, sembrano buttati a casaccio solo per riempire due ore di pasticci. Per Gaghan le vie del petrolio sono quasi incomprensibili, ma interpretare il suo film è davvero un’impresa.
Antonello Villani
(Salerno)
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jimmy caretta
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venerdì 31 marzo 2006
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non cercate plot
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mettetevi comodi.
se c'è qualche coppia di anziani in sala o qualche adolescente cambiate fila, anzi andate proprio dalla parte opposta perché altrimenti passereste due ore a subire i soliti "...ma quello chi è?, ma quello non era morto? ...io non ho capito niente, ma come s'intitolava questo film? ma non eravamo venuti a vedere Verdone e Muccino?".
non pretendete di capire l'intreccio, abbiate pazienza: siete abbastanza intelligenti da non aver bisogno più di una trama in una storia per confermarvelo! insomma cosa c'è in questo film? questo:
interessi nazionali e aziendali, servizi segreti, analisti finanziari, tutti in corsa per il petrolio. uomini solitari e figli e padri, finalmente liberi dagli stereotipi di bene e male e resi in tutta e realistica complessità.
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mettetevi comodi.
se c'è qualche coppia di anziani in sala o qualche adolescente cambiate fila, anzi andate proprio dalla parte opposta perché altrimenti passereste due ore a subire i soliti "...ma quello chi è?, ma quello non era morto? ...io non ho capito niente, ma come s'intitolava questo film? ma non eravamo venuti a vedere Verdone e Muccino?".
non pretendete di capire l'intreccio, abbiate pazienza: siete abbastanza intelligenti da non aver bisogno più di una trama in una storia per confermarvelo! insomma cosa c'è in questo film? questo:
interessi nazionali e aziendali, servizi segreti, analisti finanziari, tutti in corsa per il petrolio. uomini solitari e figli e padri, finalmente liberi dagli stereotipi di bene e male e resi in tutta e realistica complessità. una storia di spionaggio internazionale dove la storia però è ormai così leggera e inaffidabile che viene soppiantata dalla semplice informazione. una storia di spionaggio internazionale insomma come ce la racconterebbero i mezzi di informazione di massa se un giorno per miracolo fossero sinceri.
chi va al cinema ormai, dopo più di un secolo di evoluzione della settima arte, qualche volta può aver voglia anche di qualcosa di più "contemporaneo" di "il sesto senso" o di altre sceneggiature a effetto. il cervello ha ormai il passo dei passaggi intertestuali, dei link da cliccare, delle cronologie, dei "preferiti", dei banner da schivare, il cervello umano ora elabora una mole straordinaria di informazioni e ha imparato a selezionare rapidamente. il cervello umano ha imparato ad emozionarsi, e per questo non gli servono più le storie, gli bastano frammenti di storie. per una volta così, un regista fa una dichiarazione di rispetto e di stima per la realtà in cui vive e soprattutto per lo spettatore, e di questo gli dobbiamo essere grati.
domenica prossima, coca e pop corn e ci si spara un fantastico VerdoneVSMuccino.
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a.l.
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lunedì 13 marzo 2006
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il tempo delle ombre
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“Syriana” diretto da Stephen Gaghan, già sceneggiatore del pluripremiato “Traffic”, pare quasi un canovaccio buttato giù a caso per un film di fantapolitica e invece l’aderenza all’anarchia dei tempi ne determina la struttura policentrica e poliprospettica e lo rende particolarmente inquietante per lo spettatore: l’assenza di una qualunque gerarchia e di un qualunque centro domina minacciosa un mondo, dove tutto ciò che avviene sfugge al controllo della volontà umana, giacché persino i potenti della terra, i burattinai invisibili che determinano la politica estera ed interna degli Stati o ne guidano, fra accordi sottobanco e fusioni aberranti, i colossi dell’economia, sono parte di un ciclopico ingranaggio perennemente sull’orlo dell’autodistruzione.
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“Syriana” diretto da Stephen Gaghan, già sceneggiatore del pluripremiato “Traffic”, pare quasi un canovaccio buttato giù a caso per un film di fantapolitica e invece l’aderenza all’anarchia dei tempi ne determina la struttura policentrica e poliprospettica e lo rende particolarmente inquietante per lo spettatore: l’assenza di una qualunque gerarchia e di un qualunque centro domina minacciosa un mondo, dove tutto ciò che avviene sfugge al controllo della volontà umana, giacché persino i potenti della terra, i burattinai invisibili che determinano la politica estera ed interna degli Stati o ne guidano, fra accordi sottobanco e fusioni aberranti, i colossi dell’economia, sono parte di un ciclopico ingranaggio perennemente sull’orlo dell’autodistruzione. Scomparsi dalla faccia della terra i giganti, sono rimasti i nani: non vi sono più Nazioni egemoni o laeder spirituali, idealismo e cinismo si neutralizzano a vicenda, Ben Laden, Bush e despoti o ministri illuminati si confondono in una messinscena caotica, dove pubblico e comparse affollano il palco, ciascuno con i propri personali ed inconcialibili moventi, ciascuno con la propria personale carica di esplosivo in tasca. L’umanità sta combattendo una guerra ad armi pari contro se stessa: Occidente ed Oriente sono ovunque, anzi da nessuna parte, ed è precisamente la pretestuosa inconsistenza dello “scontro di civiltà” che “Syriana” mette in luce, con il desultorio muoversi da un luogo all’altro, con il respingere sullo sfondo alternamente personaggi ed ambienti, con l’emarginare inaspettatamente protagonisti e singoli drammi.
Il lungometraggio, ispirandosi al libro “La disfatta della Cia” dell’ex-agente Robert Baer, evoca il battagliero cinema statunitense degli anni ‘70( “I tre giorni del condor” per citare un titolo famoso), ma da allora le cose si sono complicate: la corruzione continua a tenerci al caldo e in salute, come dice uno dei tanti figuranti, citando il premio Nobel Friedman, ma Gaghan, per non scadere nell’anacronismo, ha privilegiato lo sguardo d’insieme, il puzzle globale inconcluso, angosciosa restituzione della realtà deforme ed ingarbugliata offertaci quotidianamente da giornali e televisione. Allora nell’allarmante dipanarsi di una situazione senza via d’uscita la denuncia moraleggiante si perde, inadeguata, nel vuoto: il petrolio è la droga di un’umanità resa irresponsabile e cieca dall’ossessione di procurarsi la “roba”di cui necessità per condurre la sua esistenza ammalata. La sconfitta del senso morale ovunque è il precario equilibrio del pianeta: di fatto le diverse storie raccontate da “Syriana” sono paradigmatiche della morte dell’etica. Le regole non scritte hanno prevalso su legge e diritto, il libero arbitrio o la disperazione impone ai coraggiosi la ribellione, ma il gesto eroico richiama inevitabilmente violenza e stragi. Il sintomo più evidente è la tormentosa corrosione dei nuclei familiari e il venir meno della sacralità dei vincoli di sangue: i padri dimenticano i figli uccisi per sbaglio, i figli corrotti offendono nel profondo dell’anima i padri abbandonandoli sui gradini di casa con la bottiglia in mano, i fratelli tradiscono e plaudono all’assassinio dei fratelli. Sarà il tempo delle iene, prevedeva ne “Il Gattopardo” il vecchio principe di Salina, ma forse è andata ancor peggio: le iene divorano se stesse nell’arena del circo e noi ne siamo ombre sgomente..
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everlong
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sabato 29 gennaio 2011
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cinismo nero
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Syriana è un thriller politico, o meglio geo-politico. Una fotografia, per certi versi illuminante, della real politik degli interessi statunitensi nell'area mediorientale. Quindi, non un'opera auto-contenuta e auto-referenziale bensì un vera e propria soggettiva sul mondo dell'attualità. Il cinismo nero delle compagnie petrolifere, omicidi di stato, complotti, doppiogiochismo, agenti sotto copertura sono gli ingredienti di un sistema apparentemente sempre più nebbioso, caotico e privo di gerarchie, dove la reale "diplomazia" sembra essere competenza non più dei singoli stati bensì di privati senza scrupoli che si sovrappongono alla politica ufficiale dettandone sempre più le regole, le direzioni, le finalità e le azioni, anche più estreme.
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Syriana è un thriller politico, o meglio geo-politico. Una fotografia, per certi versi illuminante, della real politik degli interessi statunitensi nell'area mediorientale. Quindi, non un'opera auto-contenuta e auto-referenziale bensì un vera e propria soggettiva sul mondo dell'attualità. Il cinismo nero delle compagnie petrolifere, omicidi di stato, complotti, doppiogiochismo, agenti sotto copertura sono gli ingredienti di un sistema apparentemente sempre più nebbioso, caotico e privo di gerarchie, dove la reale "diplomazia" sembra essere competenza non più dei singoli stati bensì di privati senza scrupoli che si sovrappongono alla politica ufficiale dettandone sempre più le regole, le direzioni, le finalità e le azioni, anche più estreme. Syriana ritrae una realtà complessa e articolata (che nel nostro piccolo potremmo ricondurre alla faccenda Mattei) dove palesemente ridicoli appaiono i tentativi delle classi dirigenti di creare dei nemici assoluti (vedasi terrorismo islamico) verso cui inveire e addossare ogni colpa e responsabilità. L'occidente maschera, insabbia, nasconde alla propria gente ciò che in realtà avviene nei rapporti economici e diplomatici tra politica, economia, multinazionali e petrolieri, perché forse il nemico non è così assoluto e non è così lontano da casa. Occidente e oriente in Syriana diventano categorie insufficienti ad interpretare questo sistema. Non c'è una divisione netta, come non c'è tra bene e male. L'uno nasce in seno all'altro. Oriente e occidente sono più vicini e legati di quanto si possa pensare, stretti e avvinghiati in una spirale della violenza, del cinismo e del profitto che si fa beffe della democrazia, dei diritti dell'uomo e di tutto che crediamo di aver acquisito nel tempo. Il sistema di concatenazioni economiche, politiche e militari, di complotti, interessi nazionali e privati diventa in Syriana qualcosa di disgustoso e inaccettabile che si sovrappone al terrorismo suicida come una sua versione più raffinata ma altrettanto brutale e senza scrupoli. Le fondamenta di tale sistema sono solide, talmente solide che ormai non sono più scardinabili da alcun essere umano. Il sistema assume una vita propria, che prescinde da chi ne fa parte, che conforma chi ne fa parte e che elimina chi tenta di opporsi. La sopraffazione diventa l'inevitabile destino.
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nello
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venerdì 24 novembre 2006
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il male...
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Syriana è un film difficile da catalogare. Appartiene al filone, nato non molti anni fa con Traffic, dei thriller politico-sociali che trattano storie inventate quasi come fossero documentari. La trama del film si snoda partendo da due punti di vista che sembrerebbero non aver nulla a che fare l'uno con l'altro, per poi confluire entrambi in un finale che definire amaro sarebbe un eufemismo. Il regista Stephen Gaghan, vede l'economia come la causa e il fine di tutto, cioè il bene superiore in nome del quale, secondo ormai la maggior parte delle persone, è possibile e lecito compiere qualsiasi azione, pulita o sporca che sia. Di certo la realtà che da anni vediamo sotto i nostri occhi non lo smentisce affatto, infatti la trama del film non sembra in alcun modo radicalizzata o irreale, ma solo tremendamente crudele, cosa che la realtà è sempre stata.
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Syriana è un film difficile da catalogare. Appartiene al filone, nato non molti anni fa con Traffic, dei thriller politico-sociali che trattano storie inventate quasi come fossero documentari. La trama del film si snoda partendo da due punti di vista che sembrerebbero non aver nulla a che fare l'uno con l'altro, per poi confluire entrambi in un finale che definire amaro sarebbe un eufemismo. Il regista Stephen Gaghan, vede l'economia come la causa e il fine di tutto, cioè il bene superiore in nome del quale, secondo ormai la maggior parte delle persone, è possibile e lecito compiere qualsiasi azione, pulita o sporca che sia. Di certo la realtà che da anni vediamo sotto i nostri occhi non lo smentisce affatto, infatti la trama del film non sembra in alcun modo radicalizzata o irreale, ma solo tremendamente crudele, cosa che la realtà è sempre stata. E allora non c'è da stupirsi se una azienda petrolifera licenzia in blocco migliaia di operai arabi senza scrupoli, per ragioni di profitto o di "mercato"; non c'è da stupirsi se il sistema capitalistico mondiale, che si è formato a immagine e somiglianza di quello americano, permetta di sopravvivere agli squallidi pescecani che lo reggono solo grazie alla corruzione. La disillusione di cui il film è fortemente intriso getta lo spettatore in uno stato d'insicurezza e di dubbio, insinua il sospetto nelle sue convinzioni e lo costringe a riflettere. In tutta questa logica di profitto e di guadagno di pochi a discapito di tantissimi, è ovvio che qualche uomo spregevole con un mucchio di soldi possa parlare in nome di Dio e persuadere in questo modo centinaia di migliaia di persone a fare qualsiasi cosa in nome di esso. Ecco allora il filo conduttore che il regista intravede tra capitalismo occidentale e integralismo religioso terroristico medio orientale. Purtroppo ciò che egli sostiene sembra ogni giorno di più corrispondere alla realtà... E allora viene spontaneo farsi una domanda: questo meccanismo che si è innescato da un pò, é divenuto ormai inarrestabile? Ognuno di noi si darà la sua personale risposta. Ma quella che Gaghan lascia trasparire nel suo film è quanto mai chiara e precisa. Anche gli uomini che sembravano tenere ancora a preservare un minimo di dignità (Bennett Hollyday), si svendono al miglior offerente, gettando in pasto all'opinione pubblica alcuni capri espiatori (Sydney Hewitt) che, sebbene marci e colpevoli fino al midollo, saranno semplicemente sostituiti da altri che non saranno certo migliori di loro. L'opinione pubblica avrà però l'impressione che il marcio, che tutti sospettavano, sia stato in questo modo spazzato via. E' purtroppo questo l'eterno ritorno a cui il mondo è condannato. Di certo, in un universo così nero e sporco, esistono anche persone tutte d'un pezzo (Bob Burns e Bryan Woodman), che credono in qualcosa e hanno ancora ben impresso in mente il limite tra la dignità e la vergogna. Queste persone meritano grande rispetto, anche se tutti i loro tentativi e le loro speranze non possono far altro che crollare come un castello di carte. Grande trama, grandi attori (Clooney su tutti), grande film.
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world
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sabato 14 aprile 2007
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guerra e corruzione: è la real politik, bellezza
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"Syriana" non é un film di facile fruizione: la prima parte è infatti la più difficile da seguire a causa del gran numero di personaggi in campo e delle loro diverse storie che, a prima vista, sembrano totalmente slegate tra loro. Ma è anche un film che va visto con pazienza, attenzione e antenne ritte: tutti i nodi infatti finiscono col venire al pettine, mentre le varie storie e i diversi personaggi saranno, più o meno inconsapevolmente, ingranaggi di un meccanismo perverso ed esplosivo, che vede insieme interessi economici, religione e politica: il tutto amalgato con massicce dosi di menzogna e perbenismo.
Basato su una sceneggiatura studiata nei minimi particolari (dello stesso Gaghan, che è anche regista), Syriana, prodotto da Soderbergh e Clooney (qui molto bravo nel ruolo di uno "smarrito" agente della Cia), é un potente (ma non manicheo) atto d'accusa nei confronti della politica estera americana e di un sistema di interessi corrotto che non esita a soffocare progetti di "democratizzazione" del Medio Oriente nel nome del sacro oro nero (altro che esportazione della democrazia!)
Oltre a Clooney, brillano anche le presenze di Matt Damon, Jeffrey Wright, Chris Cooper (visto anche, recentemente, in Jarhead e Capote) e di un grande vecchio come Cristopher Plummer.
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"Syriana" non é un film di facile fruizione: la prima parte è infatti la più difficile da seguire a causa del gran numero di personaggi in campo e delle loro diverse storie che, a prima vista, sembrano totalmente slegate tra loro. Ma è anche un film che va visto con pazienza, attenzione e antenne ritte: tutti i nodi infatti finiscono col venire al pettine, mentre le varie storie e i diversi personaggi saranno, più o meno inconsapevolmente, ingranaggi di un meccanismo perverso ed esplosivo, che vede insieme interessi economici, religione e politica: il tutto amalgato con massicce dosi di menzogna e perbenismo.
Basato su una sceneggiatura studiata nei minimi particolari (dello stesso Gaghan, che è anche regista), Syriana, prodotto da Soderbergh e Clooney (qui molto bravo nel ruolo di uno "smarrito" agente della Cia), é un potente (ma non manicheo) atto d'accusa nei confronti della politica estera americana e di un sistema di interessi corrotto che non esita a soffocare progetti di "democratizzazione" del Medio Oriente nel nome del sacro oro nero (altro che esportazione della democrazia!)
Oltre a Clooney, brillano anche le presenze di Matt Damon, Jeffrey Wright, Chris Cooper (visto anche, recentemente, in Jarhead e Capote) e di un grande vecchio come Cristopher Plummer.
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paride86
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martedì 2 novembre 2010
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molto bello
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La bella struttura narrativa di "Syriana" ricorda molto quella di "Traffic": non è un caso, visto che Sodenbergh figura tra i produttori.
Il fulcro della vicenda sono gli intrighi mediorentali: traffico di armi, fondamentalismo religioso, spionaggio internazionale, tutto affrontato con gran classe e interpretato da bravi attori.
Un film che serve a far riflettere sulle vere ragioni delle guerra in Medio Oriente e sugli interessi che portano in esse le nostre nazioni occidentali.
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gianleo67
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giovedì 13 giugno 2013
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oscura tirannide dell'età dell'oro
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Esperto agente della CIA viene spedito a Damasco per organizzare l'assassinio di un giovane principe arabo dalle idee liberali che potrebbe alterare gli equilibri geopolitici in Medio Oriente danneggiando gli interessi di potenti compagnie petrolifere americane. Quando la sua missione fallisce ed egli viene 'scaricato' dai suoi stessi superiori, cercherà invano di impedire che il progetto stragista venga comunque posto in essere.
Dura requisitoria nella forma di un complicato puzzle di vicende correlate che ricalca la gloriosa tradizione del cinema liberal a stelle e strisce e ripropone un feroce atto d'accusa contro il sistema di potere e le lobby politico-economiche che governano lo scenario globale tra le spinte progressiste di una civiltà giuridica evoluta e complessa e le pulsioni imperialiste dello zio Sam, impegnato come sempre nel controllo ossessivo del mercato energetico mondiale, nella forsennata corsa all'oro nero.
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Esperto agente della CIA viene spedito a Damasco per organizzare l'assassinio di un giovane principe arabo dalle idee liberali che potrebbe alterare gli equilibri geopolitici in Medio Oriente danneggiando gli interessi di potenti compagnie petrolifere americane. Quando la sua missione fallisce ed egli viene 'scaricato' dai suoi stessi superiori, cercherà invano di impedire che il progetto stragista venga comunque posto in essere.
Dura requisitoria nella forma di un complicato puzzle di vicende correlate che ricalca la gloriosa tradizione del cinema liberal a stelle e strisce e ripropone un feroce atto d'accusa contro il sistema di potere e le lobby politico-economiche che governano lo scenario globale tra le spinte progressiste di una civiltà giuridica evoluta e complessa e le pulsioni imperialiste dello zio Sam, impegnato come sempre nel controllo ossessivo del mercato energetico mondiale, nella forsennata corsa all'oro nero.
Lungi dal banalizzare la questione riducendola allo stanco clichè di luohi comuni del genere (l'agente tradito dal sistema, l'avvocato rampante più scaltro dei suoi paludati superiori, l'analista finanziario dalle ciniche e spregiudiucate ambizioni personali) l'opera di Stephen Gaghan si nutre di un respiro più ampio, articolando una solida e complessa sceneggiatura nella forma di un potente meccanismo ad orologeria che vive del sommesso ticchettio delle passioni e dei dolori umani (proponendo una variegata e complessa declinazione del rapporto padre-figlio) per deflagare nel finale con la violenza distruttrice di una oscena e disumana volontà superiore, assecondando le logiche machiavelliche di una spietata ragion di stato (o di parte?). Opera sorvegliata a livello registico risulta ancor più rigorosa in fase di montaggio dovendo far collimare le derive convergenti e interconnesse di vicende apparentemente slegate ma che diventano parte di un oscuro e capriccioso disegno del caso, il segno imponderabile del fatalismo antropologico della cultura occidentale votata alla strenua conservazione dei rapporti di forze attraverso una occulta strategia del piccoli passi, del massimo risultato col minor danno possibile. Strabiliante compagine di attori tra cui spiccano la scaltrezza discreta e ineffabile dell'avvocato Jeffrey Wright e la dolorosa ostinazione di un superlativo George Clooney in una delle sue interpretazioni più intense ed emozionanti. Oscar 2006 proprio a Clooney come miglior attore non protagonista su cui siamo totalmente d'accordo tranne forse, per la riduttiva attribuzione di 'non protagonista' alla qualità di un personaggio chiave nell'economia di una storia corale e articolata, dove comprimari diversi si alternano sull'affollato palcoscenico di un complicato crocevia di destini su scala planetaria.
Oscura tirannide dell'Età dell'oro.
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pppaolo
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lunedì 18 giugno 2007
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una spia poco plausibile
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Il personaggio principale di Syriana non e' per niente plausibile: un agente della CIA, molto bravo e abbastanza avanti negli anni, non avrebbe dovuto avere bisogno di arrivare alle soglie della pensione per capire come funziona il mondo, e la CIA, di porcate deve averne viste e fatte la sua parte anche egli, per cui e' molto strano che abbia aspettato fino a quel momento per inscenare una ribellione da giovane idealista, condotta senza un minimo di professionalita' (per quanto confuso fosse il film, risultava abbastanza evidente che il protagonista era al corrente dell'esistenza delle tecniche di sorveglianza e del missile che lo avrebbe ucciso), quindi decisamente stupida.
Potrei capire un agente segreto che all'inizio della carriera veda che e' difficile fare una netta distinzione tra i buoni e i cattivi, o che venisse persuaso dalla propaganda comunista che URSS o Cina mirassero a migliorare le condizioni di vita dei poveracci di tutto il mondo e passasse dalla loro parte, o che nel corso di una missione si veda incaricato di compiere qualche atto decisamente immorale e ripugnante e che coinvolga degli innocenti, come puo' essere accaduto durante il golpe in Cile nel 1973, ma non riesco a capire perche' dovesse prendersela con la propria parte quando aveva provato sulla propria pelle (era stato torturato dalla concorrenza) che la controparte non era certo migliore, giocavano tutti con i medesimi scopi e secondo le stesse regole, colpi bassi a volonta'.
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Il personaggio principale di Syriana non e' per niente plausibile: un agente della CIA, molto bravo e abbastanza avanti negli anni, non avrebbe dovuto avere bisogno di arrivare alle soglie della pensione per capire come funziona il mondo, e la CIA, di porcate deve averne viste e fatte la sua parte anche egli, per cui e' molto strano che abbia aspettato fino a quel momento per inscenare una ribellione da giovane idealista, condotta senza un minimo di professionalita' (per quanto confuso fosse il film, risultava abbastanza evidente che il protagonista era al corrente dell'esistenza delle tecniche di sorveglianza e del missile che lo avrebbe ucciso), quindi decisamente stupida.
Potrei capire un agente segreto che all'inizio della carriera veda che e' difficile fare una netta distinzione tra i buoni e i cattivi, o che venisse persuaso dalla propaganda comunista che URSS o Cina mirassero a migliorare le condizioni di vita dei poveracci di tutto il mondo e passasse dalla loro parte, o che nel corso di una missione si veda incaricato di compiere qualche atto decisamente immorale e ripugnante e che coinvolga degli innocenti, come puo' essere accaduto durante il golpe in Cile nel 1973, ma non riesco a capire perche' dovesse prendersela con la propria parte quando aveva provato sulla propria pelle (era stato torturato dalla concorrenza) che la controparte non era certo migliore, giocavano tutti con i medesimi scopi e secondo le stesse regole, colpi bassi a volonta'.Per fortuna degli USA non tutti i loro agenti sono cosi'.
Ho trovato interessante la battuta di spirito attribuita a un arabo, che se Allah ha creato l'uomo a propria immagine, Allah non deve essere gran che. Se nei paesi islamici si puo' davvero scherzare cosi' su Allah, non hanno nulla da imparare da noi quanto a liberta' di espressione.
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milomar
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venerdì 4 agosto 2006
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che palle!!! meglio 007.
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Le forme d’arte (musica, pittura, scultura, architettura, ecc.) per essere tali devono avere delle caratteristiche proprie. E’ chiaro che nessuno esclude contaminazioni tra generi ma, ad esempio, se si fa musica mon si può prescindere da almeno uno tra i suoi elementi strutturali che sono la melodia, il ritmo e l’armonia.
Anche il cinema se vuole aspirare all’arte deve avere delle caratteristiche che, a mio avviso, sono le immagini in movimento. C’è però anche da dire che in un buon film la contaminazione di altre forme d’arte (il teatro in primis) è spesso necessaria al suo compimento.
Ma, cosa c’entra tutta questa introduzione con Syriana? Semplice: Syriana non è un film. Non saprei definire cosa è ma sicuramente non è un film.
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Le forme d’arte (musica, pittura, scultura, architettura, ecc.) per essere tali devono avere delle caratteristiche proprie. E’ chiaro che nessuno esclude contaminazioni tra generi ma, ad esempio, se si fa musica mon si può prescindere da almeno uno tra i suoi elementi strutturali che sono la melodia, il ritmo e l’armonia.
Anche il cinema se vuole aspirare all’arte deve avere delle caratteristiche che, a mio avviso, sono le immagini in movimento. C’è però anche da dire che in un buon film la contaminazione di altre forme d’arte (il teatro in primis) è spesso necessaria al suo compimento.
Ma, cosa c’entra tutta questa introduzione con Syriana? Semplice: Syriana non è un film. Non saprei definire cosa è ma sicuramente non è un film. Le immagini e la regia sono sostanzialmente prive di personalità a parte un abuso della cinepresa a spalla; la sceneggiatura è troppo complicata per un film; il montaggio ti leva le forze dopo un quarto d’ora; gli attori, grazie a tutto ciò e per quel poco che fanno, non sono valutabili.
Ora non voglio tirare in ballo i grandi maestri che sapevano o sanno veramente fare cinema (Chaplin, Kubrik, Fellini, Kurosawa, Russell, Spike Lee e molti altri o anche sperimentatori dell’immagine o del cinema come Greenway o Von Trier), basterebbe fermarsi a Soderbergh che tra l’altro ha prodotto Syriana. In Syriana succede tutto come in una fredda relazione del controspianoggio. Lo spettatore non è mai coinvolto se non per cercare di riunire i brandelli di storie che lo compongono. Molto meglio un sano e sempre divertente 007.
Insomma un film noioso e presuntuoso per il quale ho dovuto combattere con tutte le mie forze per non addormentarmi dopo il primo tempo. milomar
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