ped
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mercoledì 8 agosto 2007
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bellissimo...eppure
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bello, anzi bellissimo! sublimi(!) gli attori, le musiche, la fotografia... anche ciò che raccontava il libro è stato totalmente rispettato. però (ecco il però...) mi ha dato l'idea che mancasse quella introspezione psicologica che presentava il libro. come se abbiano avuto paura di usare troppo il narratore, come invece avviene nel libro, che ci fa capire cosa Grenouille prova e pensa. la psicologia del presonaggio Grenouille non è così semplice da poter essere interpretata dalle sole azioni. ad esempio mi ha colpito molto il fatto che G. non viva, ma sopravviva, solo per raggiungere i propri scopi (che nel corso della storia cambiano). ma tutto ciò sembra mancare nel film.
per il resto come ho già scritto nel commento a "slav" non ho condiviso la lacrima di G.
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bello, anzi bellissimo! sublimi(!) gli attori, le musiche, la fotografia... anche ciò che raccontava il libro è stato totalmente rispettato. però (ecco il però...) mi ha dato l'idea che mancasse quella introspezione psicologica che presentava il libro. come se abbiano avuto paura di usare troppo il narratore, come invece avviene nel libro, che ci fa capire cosa Grenouille prova e pensa. la psicologia del presonaggio Grenouille non è così semplice da poter essere interpretata dalle sole azioni. ad esempio mi ha colpito molto il fatto che G. non viva, ma sopravviva, solo per raggiungere i propri scopi (che nel corso della storia cambiano). ma tutto ciò sembra mancare nel film.
per il resto come ho già scritto nel commento a "slav" non ho condiviso la lacrima di G. e ho un dubbio su chi abbia commesso il gesto d'amore finale (la logica mi dice una cosa, la memoria un'altra...)
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francesco
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mercoledì 18 luglio 2007
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il profumo dell'anima
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E' possibile sentire il profumo dell'anima?Il libro di Suskind, ed il magnifico film di Tom Tykwer, sembra che ci dicano disì. Questa è forse la principale chiave di lettura, di quest'opera immaginifica.Un viaggio attraverso archetipi del corpo e dell'anima. Quando il corpo non pesa più dell'anima, ma è la sua "crudeltà, che costruisce l'anima. SE Antonin Artaud, avesse ipotizzato Anche un "cinema della crudeltà". Possiamo sicuramente dire che gli autori di questo film, vi hanno aderito completamente. Un'opera dei sensi, per i sensi. Le scene finali liberano gli archetipi, dai loro vincoli intellettuali, E' Pan, che muove la scena,panica, appunto. Tutto, insieme, amore e morte. Il protagonista è Dioniso, che si battezza da solo, che sta per morire in croce, che alla fine viene mangiato.
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E' possibile sentire il profumo dell'anima?Il libro di Suskind, ed il magnifico film di Tom Tykwer, sembra che ci dicano disì. Questa è forse la principale chiave di lettura, di quest'opera immaginifica.Un viaggio attraverso archetipi del corpo e dell'anima. Quando il corpo non pesa più dell'anima, ma è la sua "crudeltà, che costruisce l'anima. SE Antonin Artaud, avesse ipotizzato Anche un "cinema della crudeltà". Possiamo sicuramente dire che gli autori di questo film, vi hanno aderito completamente. Un'opera dei sensi, per i sensi. Le scene finali liberano gli archetipi, dai loro vincoli intellettuali, E' Pan, che muove la scena,panica, appunto. Tutto, insieme, amore e morte. Il protagonista è Dioniso, che si battezza da solo, che sta per morire in croce, che alla fine viene mangiato. "mangiate, questo è il mio corpo".
Come nel Mito. Un film profondamente pagano?!
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giugiu
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venerdì 26 ottobre 2007
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profumo tradotto in colore
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Un film di straordinaria bellezza: poesia per i sensi. L'olfatto,anche essendo il vero protagonista, può solo sognare e si mette da parte per lasciare il posto al colore, che con un utilizzo magistrale rende questo film unico e affascinante. L'apoteosi del colore si raggiunge più di una volta grazie ai fiori sopratutto, dallo scarlatto delle rose nel laboratorio del profumiere Baldini al giallo sgargiante dei fiori da Madame Arnulfi e delle prugne portate dalla prima vittima, dall'inebriante viola della lavanda durante il raccolto nei campi nei dintorni di Grasse fino al contrasto tra il casto pallore della pelle e il malizioso rosso della chioma delle vittime preferite dal nostro amato protagonista.
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Un film di straordinaria bellezza: poesia per i sensi. L'olfatto,anche essendo il vero protagonista, può solo sognare e si mette da parte per lasciare il posto al colore, che con un utilizzo magistrale rende questo film unico e affascinante. L'apoteosi del colore si raggiunge più di una volta grazie ai fiori sopratutto, dallo scarlatto delle rose nel laboratorio del profumiere Baldini al giallo sgargiante dei fiori da Madame Arnulfi e delle prugne portate dalla prima vittima, dall'inebriante viola della lavanda durante il raccolto nei campi nei dintorni di Grasse fino al contrasto tra il casto pallore della pelle e il malizioso rosso della chioma delle vittime preferite dal nostro amato protagonista. Inoltre si possono notare un alone plumbeo che corona la cappa di sporco che sovrasta Parigi e invece un filtro ambrato e quasi ocra che caratterizza la seconda parte del film ambientata nella campagna francese che richiama il colore della terra di campagna e la pietra con cui è costruita Grasse. Tutto questo viene incorniciato da una ben scelta colonna sonora e da un finale dall'aspetto metafisico e inaspettato. Quindi col colore cm protagonista e la giusta cornice Profumo è una vera e propria opera d'arte.
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simone carella
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domenica 1 ottobre 2006
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agghiacciante
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A tutti coloro che, usciti dalla sala, hanno affermato con disinvoltura frasi del tipo "mi è parso proprio di sentire gli odori", "che capolavoro", "che coraggio da parte del regista " suggerisco in tutta onestà di mettersi una mano sulla coscienza e di tornare in sé. Senza dubbio non saranno stati sinceri: rendere degli odori sul grande schermo non era davvero possibile, visto e considerato che a rinunciarvi era stato un genio come Stanley Kubrick, e non un Tykwer qualunque... L'intreccio della vicenda si snoda senza la benché minima coerenza logica, i generi si mescolano ed all'improvviso da un ragazzotto timido, con qualche problema di linguaggio ma dall'olfatto straordinariamente sviluppato e voglioso di apprendere l'arte del profumo ci troviamo di fronte ad un assassino spietato e di precisione chirurgica, pronto ad uccidere giovani donne come se fossero formiche.
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A tutti coloro che, usciti dalla sala, hanno affermato con disinvoltura frasi del tipo "mi è parso proprio di sentire gli odori", "che capolavoro", "che coraggio da parte del regista " suggerisco in tutta onestà di mettersi una mano sulla coscienza e di tornare in sé. Senza dubbio non saranno stati sinceri: rendere degli odori sul grande schermo non era davvero possibile, visto e considerato che a rinunciarvi era stato un genio come Stanley Kubrick, e non un Tykwer qualunque... L'intreccio della vicenda si snoda senza la benché minima coerenza logica, i generi si mescolano ed all'improvviso da un ragazzotto timido, con qualche problema di linguaggio ma dall'olfatto straordinariamente sviluppato e voglioso di apprendere l'arte del profumo ci troviamo di fronte ad un assassino spietato e di precisione chirurgica, pronto ad uccidere giovani donne come se fossero formiche. Il protagonista, dall’olfatto ipersensibile ma a sua volta privo di odori, uccide mosso dal bisogno maniacale di catturare l'essenza delle donne, necessaria per creare il profumo perfetto, foriero di pace e amore. L'unico modo consiste tuttavia nell’uccidere le belle malcapitate. Quando (finalmente) la comunità riesce ad incastrarlo, lui ha appena ultimato la sua essenza miracolosa e, ad un passo dalla forca, inebria il pubblico accorso in massa e pronto a gioire nel vederlo impiccato con la sua boccetta di profumo, frutto di ben tredici omicidi. La sequenza che segue (i cittadini pervasi dalla forza dell’amore sprigionata dalla boccetta si lanciano in un’orgia di dimensioni epocali e che coinvolge tutti, preti compresi) è pronta ad entrare di diritto nell’olimpo delle trovate più ridicole ed agghiaccianti della storia del cinema.
Che dire? E’ tutto sbagliato in questa pellicola, tanto arrogante, irritante e pretenziosa nella prima parte quanto delirante in conclusione: dalla voce fuori campo, che venera e giustifica quello che in realtà è un maniaco omicida, alla caratterizzazione dello stesso assassino, specie quando incomprensibilmente si mette ad aizzare la folla con veemenza nel corso dell’orgia più improbabile. E non solo: il sentimento che suscita l’attore protagonista (monoespressivo) è di insopportabile fastidio, nient’altro. Così come l’autocompiacimento del regista, che si lascia andare in pretestuosi esercizi di stile il più delle volte superflui ed eccessivi visto il soggetto. Disseminato costantemente di passaggi tutt'altro che logici, il film scorre lento e pesante, senza alcuna nota positiva, eccezion fatta per il momento in cui svetta un sempre grande Dustin Hoffman.
In conclusione voglio ricordare che la pellicola è tratta dall’omonimo romanzo di Patrick Süskind, a detta dei miei conoscenti un capolavoro. Di loro mi fido, ma so che non troverò mai la forza per leggere il libro dopo un adattamento simile. E quindi consiglio a tutti di lasciarlo perdere. Ve lo dico col cuore in mano.
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[+] mi dispiace per te, che perderai il libro
(di maria flora)
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(di beluga)
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(di martina bada)
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fabal
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mercoledì 5 dicembre 2012
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scorciatoia estetica presuntuosa e incoerente.
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Vedere un film tratto da un libro mai aperto, ma di cui parlano un gran bene, comporta il rischio di rovinare tutto. Tuttavia, se il film ha avuto un certo successo, il rischio diventa una scorciatoia accettabile: chissà che non riesca ad invogliare alla lettura dell'opera originale. Nel caso di "Profumo", no.
Uno stile fortemente narrativo caratterizza i primi momenti della pellicola: l'incipit è da fiaba aulica, con una voce fuori campo (Omero Antonutti) che introduce un Settecento parigino increspato da arie fantasy. Fin dall'inizio l'identikit di Jean Baptiste Grenouille, nemmeno a farlo apposta, "profuma" di messianico, come se si stesse parlando della bella favola di un predestinato, che tanto bene farà al genere umano.
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Vedere un film tratto da un libro mai aperto, ma di cui parlano un gran bene, comporta il rischio di rovinare tutto. Tuttavia, se il film ha avuto un certo successo, il rischio diventa una scorciatoia accettabile: chissà che non riesca ad invogliare alla lettura dell'opera originale. Nel caso di "Profumo", no.
Uno stile fortemente narrativo caratterizza i primi momenti della pellicola: l'incipit è da fiaba aulica, con una voce fuori campo (Omero Antonutti) che introduce un Settecento parigino increspato da arie fantasy. Fin dall'inizio l'identikit di Jean Baptiste Grenouille, nemmeno a farlo apposta, "profuma" di messianico, come se si stesse parlando della bella favola di un predestinato, che tanto bene farà al genere umano.
Ma la regia sembra interessata unicamente all'estetica.
E benché la qualità visiva sia elevatissima, con una fotografia che da sola riassume un calderone sensoriale di grande pregio, questo non basta. Non basta perché è la smania omicida di Grenouille ad esser presentata come l'esercizio estetico più grande, con una presunzione di fondo: non si ha a che fare con un criminale, ma con un artista dell'olfatto i cui delitti sono giustificati da una nobile ossessione. E pazienza se negli occhi di Grenouille non balena mai un senso di pietà per le sue vittime. Tutte donne. Magari anche fiere di aver contibuito alla metafisica creazione dell'essenza perfetta. Che l'abbiano fatto con la morte è secondario: questo e altro in nome dell'arte.
La morale? Roba da matusa.
Quasi al patibolo, però, il nostro Grenouille viene (illogicamente) folgorato da una riconversione ai buoni sentimenti: in uno scenario dionisiaco-woodstockiano un'orgia inattesa introduce simbologie di altissimo livello, la cui connessione con il resto della storia rimane però misteriosa. Non avendo letto il libro però, è difficile dire se questi salti patafisici siano demerito di Tykwer o di Suskind. Poco pungente Ben Whishaw, ingabbiato da una regia celebrativa che obbliga il suo personaggio ad essere spietato e tenero nello stesso tempo. Tra i due litiganti vince l'inespressività.
Troppe pretese. A doppia superbia, doppia caduta.
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(di uffaaaa)
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