peppe97
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giovedì 17 marzo 2011
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una pellicola "da clint,alla guerra"
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Forse se il suddetto film avesse vinto qualche premio oscar,la sua importanza non sarebbe stata poi così "limitata". Sicuramente almeno un oscar se lo meritava,sia perchè è un film ricco di particolari (tipici di Eastwood),sia perchè possiede molti significati da comunicare,quante sono le interpretazioni del pubblico:una di queste può essere la "denuncia" nei confronti della guerra,che,da ciò che ho capito,possiede buoni e cattivi da tutti i fronti.
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omero sala
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mercoledì 11 gennaio 2012
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gli occhi del nemico
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Film asciutto, efficace, pulito, essenziale: ancora una volta Eastwood si dimostra capace di raccontare la guerra senza retoriche, di celebrare la pace senza proclami antimilitaristi e senza appelli alla fratellanza, di trattare emozioni evitando banalità, di mandare messaggi forti con voce sommessa.
Particolare e coraggiosa è prima di tutto l’idea di porsi dal punto di vista del “nemico” e di rimarcare questa prospettiva facendo recitare gli attori in giapponese, coi sottotitoli.
Straordinario poi è l’equilibrio che Eastwood mette nel descrivere con uguale compassione il furore del fanatico e la paura del disertore, lo spirito di “immolazione” e l’istinto di sopravvivenza; e straordinario è il senso della misura che gli consente, senza incoerenza, di assegnare uguale dignità al senso dell’onore e all’orrore, di rappresentare con pari efficacia la voglia di morire e quella di vivere; di alternare scene di ferocia cruda con scene di struggente tenerezza; di trovare efficacia nel suscitare pietà senza cadere nel pietismo.
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Film asciutto, efficace, pulito, essenziale: ancora una volta Eastwood si dimostra capace di raccontare la guerra senza retoriche, di celebrare la pace senza proclami antimilitaristi e senza appelli alla fratellanza, di trattare emozioni evitando banalità, di mandare messaggi forti con voce sommessa.
Particolare e coraggiosa è prima di tutto l’idea di porsi dal punto di vista del “nemico” e di rimarcare questa prospettiva facendo recitare gli attori in giapponese, coi sottotitoli.
Straordinario poi è l’equilibrio che Eastwood mette nel descrivere con uguale compassione il furore del fanatico e la paura del disertore, lo spirito di “immolazione” e l’istinto di sopravvivenza; e straordinario è il senso della misura che gli consente, senza incoerenza, di assegnare uguale dignità al senso dell’onore e all’orrore, di rappresentare con pari efficacia la voglia di morire e quella di vivere; di alternare scene di ferocia cruda con scene di struggente tenerezza; di trovare efficacia nel suscitare pietà senza cadere nel pietismo. Eastwood abbraccia con identico affetto e con sincerità le certezze del grande generale e le incertezze del piccolo fornaio, rispetta la scelta di morire del primo e la tenace voglia di tornare a casa del secondo.
Ci dice che la dignità, come del resto la stupidità, non ha bandiere; che è “onorevole” fare quello che detta la coscienza o il cuore, con tutte le sue contraddizioni; che negli occhi di un nemico è possibile specchiarsi; che le donne sanno veder più vicino ma anche più lontano …
La sceneggiatura è scarna, la regia è accurata ma non invadente, i colori denaturati creano atmosfere livide, l’ambientazione è angosciante, gli esterni (sull’arida isola) sono inquietanti, gli interni (nelle caverne e nei camminamenti) sono oppressivi e claustrofobici ed evocano nello stesso tempo la sepoltura e, nella loro provvisoria sicurezza, la protezione del ventre materno.
L’orgoglio nipponico in quegli antri è compresso, dolente, soffocato, tragico. Nulla è più desolante e disperato del “banzai” che vi echeggia, l’urlo di guerra e di morte che i soldati – morti che camminano – lanciano prima di morire, dopo aver ripiegato nello zaino la loro ultima lettera a casa, piena di nostalgia, di tenerezza e di rimpianti.
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filippo catani
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sabato 7 gennaio 2012
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ritratto dei soldati giapponesi duro e toccante
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Iwo Jima 1945. Gli Americani stanno per arrivare nell'isola dove un manipolo di soldati giapponesi si appresta ad offrire l'ultima eroica resistenza.
Clint Eastwood dopo Flag of our fathers torna ad occuparsi della battaglia di Iwo Jima e lo fa "prendendo le parti" dei giapponesi. Attraverso un lunghissimo flashback che scaturisce dal ritrovamento delle lettere dei soldati nel 2005, il regista ci mostra come gli odiati nemici giapponesi non erano altro che uomini con le loro vite e passioni. C'è il soldato che ha vinto l'oro alle Olimpiadi, chi ha frequentato un corso negli USA, chi sta aspettando un bimbo. Tutto mentre non solo i soldati semplici ma anche i comandanti sono tenuti all'oscuro da parte dello stato maggiore della terribile piega che sta prendendo la guerra per il Giappone.
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Iwo Jima 1945. Gli Americani stanno per arrivare nell'isola dove un manipolo di soldati giapponesi si appresta ad offrire l'ultima eroica resistenza.
Clint Eastwood dopo Flag of our fathers torna ad occuparsi della battaglia di Iwo Jima e lo fa "prendendo le parti" dei giapponesi. Attraverso un lunghissimo flashback che scaturisce dal ritrovamento delle lettere dei soldati nel 2005, il regista ci mostra come gli odiati nemici giapponesi non erano altro che uomini con le loro vite e passioni. C'è il soldato che ha vinto l'oro alle Olimpiadi, chi ha frequentato un corso negli USA, chi sta aspettando un bimbo. Tutto mentre non solo i soldati semplici ma anche i comandanti sono tenuti all'oscuro da parte dello stato maggiore della terribile piega che sta prendendo la guerra per il Giappone. E poi viene mostrata quella che è il cardine della mentalità e cultura giapponese e cioè l'etica dell'onore. Fa decisamente sobbalzare dalla sedia il vedere giovani soldati che, piuttosto che essere fatti prigionieri, decidono di farsi esplodere portandosi al petto una bomba a mano. Così come fa un grande effetto vedere che chi cerca di sottrarsi a questa morte viene indicato come codardo e traditore. Insomma un ennessimo disperato e accorato urlo contro le atrocità e le insansatezze di ogni guerra che finisce per portare via centinaia di migliaia di uomini.
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robbe
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giovedì 12 febbraio 2009
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bella l'idea ma...
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Concordo con quanti prima di me hanno sostenuto che la bellezza di questo film risiede principalmente per il progetto in cui è inserito. Una volta esaltato quest'ultimo si può anche esclamare a cuor leggero di non trovarsi dinanzi ad un capolavoro. La lentezza del film è angosciante, da un film di guerra ci si aspetterebbe maggiore azione, mentre in questo caso il buon vecchio Clint dimostra un insufficente dosaggio delle pause. Inoltre credo che la visione giapponese della guerra risenti comunque di un americanismo di fondo (sarebbe utile leggere il libro da cui è tratto, scritto dal figlio del generale per capire quanto questa influenza sia realmente presente).
La visione a breve distanza dei due film permette di cogliere alcune finezze quali inquadrature capovolte che altrimente sarebbe difficile da cogliere.
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Concordo con quanti prima di me hanno sostenuto che la bellezza di questo film risiede principalmente per il progetto in cui è inserito. Una volta esaltato quest'ultimo si può anche esclamare a cuor leggero di non trovarsi dinanzi ad un capolavoro. La lentezza del film è angosciante, da un film di guerra ci si aspetterebbe maggiore azione, mentre in questo caso il buon vecchio Clint dimostra un insufficente dosaggio delle pause. Inoltre credo che la visione giapponese della guerra risenti comunque di un americanismo di fondo (sarebbe utile leggere il libro da cui è tratto, scritto dal figlio del generale per capire quanto questa influenza sia realmente presente).
La visione a breve distanza dei due film permette di cogliere alcune finezze quali inquadrature capovolte che altrimente sarebbe difficile da cogliere. In definitiva; guardatelo ma senza troppe aspettative.
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ottaviano della bitinia
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sabato 11 agosto 2007
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gli americani nel ruolo dei cattivi
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prima di tutto è contro gli stereotipi della seconda guerra mondiale ,ma quando mai un giapponese avrebbe curato un soldato americano e avrebbe fraternizzato.per chi ha detto che è un film non americano lo comprendo pienamente stavolta i cattivi sono ritratti nella bandiera a stelle e striscie.tranne questo è un buon film,certo non c'è lo spettacolo e la suspense dei grandi film di guerra alla soldato ryan o caccia a ottobre rosso,però è un bel film.una cosa che non mi è piaciuta è che viene fatto riferimento piu volte nel film il codice dell'onore dei giapponesi dei banzai e l'esempio dei disertori o quello del cane ucciso dal tenente macellaio e questo mi ha stuccato il film che diventa parecchio monotono e ripetitivo ,comunque è guardabile anche se non vi credete chi sa cosa perchè non
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prima di tutto è contro gli stereotipi della seconda guerra mondiale ,ma quando mai un giapponese avrebbe curato un soldato americano e avrebbe fraternizzato.per chi ha detto che è un film non americano lo comprendo pienamente stavolta i cattivi sono ritratti nella bandiera a stelle e striscie.tranne questo è un buon film,certo non c'è lo spettacolo e la suspense dei grandi film di guerra alla soldato ryan o caccia a ottobre rosso,però è un bel film.una cosa che non mi è piaciuta è che viene fatto riferimento piu volte nel film il codice dell'onore dei giapponesi dei banzai e l'esempio dei disertori o quello del cane ucciso dal tenente macellaio e questo mi ha stuccato il film che diventa parecchio monotono e ripetitivo ,comunque è guardabile anche se non vi credete chi sa cosa perchè non è poi cosi bellissimo cosa invece che gli altri che hanno scritto le recensioni non saranno d'accordo con me
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