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odissea 2001
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sabato 16 febbraio 2008
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il fumo che nasconde la verità
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Fino a che punto è possibile truccare, nascondere, tradire la verità? Fino a che punto è possibile raccontare una bugia, sapendo appunto che è solo un modo di mistificare la realtà? Nick Naylor, il protagonista del film, potrebbe rispondere così: quella bugia fatela raccontare ad un bravo comunicatore e potrà essere così simile alla verità che potreste non riconoscere nè l'una nè l'altra. E' sicuro di sè il tabagista-promotore del fumo da sigaretta, non si fa mai mettere nell'angolo dall'esistenza del dubbio. Lui, sul dubbio ci campa, il contraddittorio è il suo pane perchè solo chi ha un'opinione contraria può essere convinto a saltare il fosso, a cambiare la sua scelta. Quello è il suo lavoro, e lo sa fare bene.
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Fino a che punto è possibile truccare, nascondere, tradire la verità? Fino a che punto è possibile raccontare una bugia, sapendo appunto che è solo un modo di mistificare la realtà? Nick Naylor, il protagonista del film, potrebbe rispondere così: quella bugia fatela raccontare ad un bravo comunicatore e potrà essere così simile alla verità che potreste non riconoscere nè l'una nè l'altra. E' sicuro di sè il tabagista-promotore del fumo da sigaretta, non si fa mai mettere nell'angolo dall'esistenza del dubbio. Lui, sul dubbio ci campa, il contraddittorio è il suo pane perchè solo chi ha un'opinione contraria può essere convinto a saltare il fosso, a cambiare la sua scelta. Quello è il suo lavoro, e lo sa fare bene. Film sull'invadenza, la pervasività e l'illusiorietà del messaggio pubblicitario. Nick Naylor è la sintesi di milioni di talenti che sanno usare bene le parole e non devono fare i conti con gli scrupoli. E' la faccia delle lobby che ogni giorno curano i loro interessi e rovinano chi non ha gli strumenti per contrastarle. Montaggio cadenzato, ritmo incalzante, scrittura che insiste sui toni della commedia arrivando - ma solo talvolta - a sfiorare il confine dove il sorriso, la farsa smaccata e ostentata, la maschera che non cambia mai espressione possono sparire per un istante dietro a uno sguardo più spontaneo e umano, che sembra rivelare un conflitto interiore. Ma è un percorso senza redenzione o ripensamenti. Un'opera ironica e graffiante, anche se i personaggi quasi mai si liberano dal loro involucro di semplici caratteri.
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cinemalife
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lunedì 22 agosto 2011
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profonde verità raccontate con umorismo
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Reitman dirige una singolare commedia che sorride amaramente all’economia del tabacco e al suo influsso sulla popolazione. Al centro della vicenda il lobbista Nick Naylor – interpretato da uno straordinario Aaron Eckhart – che ha il compito di sostenere l’industria del fumo affermando che le sigarette non sono dannose alla salute, o meglio, appoggiandone maggiormente la salubrità piuttosto che la dannosità.
Il punto di forza di questa pellicola risiede certamente nella simpatia del protagonista, ma si basa anche sull’importanza di un problema ancor’oggi irrisolto e sulle innumerevoli questioni che esso scatena nel mondo politico ed economico.
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Reitman dirige una singolare commedia che sorride amaramente all’economia del tabacco e al suo influsso sulla popolazione. Al centro della vicenda il lobbista Nick Naylor – interpretato da uno straordinario Aaron Eckhart – che ha il compito di sostenere l’industria del fumo affermando che le sigarette non sono dannose alla salute, o meglio, appoggiandone maggiormente la salubrità piuttosto che la dannosità.
Il punto di forza di questa pellicola risiede certamente nella simpatia del protagonista, ma si basa anche sull’importanza di un problema ancor’oggi irrisolto e sulle innumerevoli questioni che esso scatena nel mondo politico ed economico. In definitiva, ciò che trapela da questo bizzarro film è storia già conosciuta, ossia che l’uomo, per soldi, è capace di tutto.
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audreyandgeorge
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mercoledì 12 settembre 2012
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big tobacco e un whisky
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La capacità di saper manipolare le parole dà un potere inimmaginabile. Miscelando il tutto col carisma di un leader, la visione strategica di un giocatore di scacchi e, ovviamente, quella dose di cinismo necessaria a rinfoltire la chioma sul proprio stomaco, si diventa rapidamente capaci di manovrare l’opinione pubblica a favore di qualcosa più che oggettivamente orrendo. Questo è il tema fondamentale all’interno di questo film, che a me piace da morire per la genialità di mescolarlo all’interno della società americana, a tutti molto nota per dare un gran peso -a volte anche esagerato- alla questione “immagine”.
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La capacità di saper manipolare le parole dà un potere inimmaginabile. Miscelando il tutto col carisma di un leader, la visione strategica di un giocatore di scacchi e, ovviamente, quella dose di cinismo necessaria a rinfoltire la chioma sul proprio stomaco, si diventa rapidamente capaci di manovrare l’opinione pubblica a favore di qualcosa più che oggettivamente orrendo. Questo è il tema fondamentale all’interno di questo film, che a me piace da morire per la genialità di mescolarlo all’interno della società americana, a tutti molto nota per dare un gran peso -a volte anche esagerato- alla questione “immagine”. È più importante la forma della sostanza (that’s the american way!).
Come se non bastasse la difficoltà di dover proteggere un tema spinoso come l’utilizzo delle sigarette di fronte alla società/opinione pubblica statunitense, ad aggiungere benzina sul fuoco c’è la presenza di un figlio: cavolo, se fossi io in quella situazione morirei di vergogna di fronte agli occhi di mia figlia!
Invece Nick Naylor (il protagonista) è talmente convinto di ciò che fa che riesce a vendere al figlio tutta la filosofia che ha sviluppato per vendere -prima di tutto a se stesso- l’importanza di ciò che fa… e devo dire che questo è uno dei miei punti preferiti del film, e mi è piaciuto tanto da volerlo condividere.
Non devo dire altro su questo film (tratto dall’omonimo libro di Christopher Buckley), o finisco per raccontarlo. Invece va visto! Guardatelo senza prendere posizioni… oppure prendetele pure: Nick Naylor alla fine ve le farà crollare comunque.
Però munitevi di quanto è necessario avere accanto mentre guardate il DVD, seduti comodamente sul divano dopocena: un ottimo Single Malt Scotch Whisky del Seaside, molto famoso per il suo gusto torbato che conquista perlopiù gli uomini (ma non solo) e trova decisamente riscontro positivo tra i fumatori. È prodotto sull’isola scozzese di Islay (si pronuncia Aila) ed è noto col nome di Laphroaig.
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antonello villani
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mercoledì 20 settembre 2006
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fumo, alcool ed armi sul banco degli imputati
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In “Thank you for smoking” alcool, fumo ed armi salgono sul banco degli imputati con l’accusa di omicidio. Il regista Jason Reitman, classe 1977 e figlio del più famoso Ivan, si affida alla dialettica per mostrare le contraddizioni di un sistema che tollera la “morte legalizzata” –decine di migliaia le vittime ogni anno solo nel Paese a stelle e strisce- ad opera di lobby interessate più ai profitti che alle vite umane. Per Nick Naylor, separato e con un figlio da riconquistare, la libertà di pensiero è l’unico valore da salvaguardare, non esiste una ragione assoluta né un torto assoluto, tutti hanno diritto ad esprimere la propria opinione. Commedia graffiante che non teme di inimicarsi le associazioni dei consumatori, “Thank you for smoking” apre un dibattito poco corretto passando per i dialoghi brillanti di imbonitori il cui unico interesse è riempire i portafogli dei fabbricanti di morte.
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In “Thank you for smoking” alcool, fumo ed armi salgono sul banco degli imputati con l’accusa di omicidio. Il regista Jason Reitman, classe 1977 e figlio del più famoso Ivan, si affida alla dialettica per mostrare le contraddizioni di un sistema che tollera la “morte legalizzata” –decine di migliaia le vittime ogni anno solo nel Paese a stelle e strisce- ad opera di lobby interessate più ai profitti che alle vite umane. Per Nick Naylor, separato e con un figlio da riconquistare, la libertà di pensiero è l’unico valore da salvaguardare, non esiste una ragione assoluta né un torto assoluto, tutti hanno diritto ad esprimere la propria opinione. Commedia graffiante che non teme di inimicarsi le associazioni dei consumatori, “Thank you for smoking” apre un dibattito poco corretto passando per i dialoghi brillanti di imbonitori il cui unico interesse è riempire i portafogli dei fabbricanti di morte. Dov’è la verità? Difficile dirlo, il film di Reitman non fornisce risposte ma pone domande: ognuno è libero di accendersi una sigaretta, di bere un bicchiere di whisky o di acquistare un fucile, non esistono ragioni morali per vietare o condannare, il libero arbitrio è il principio ispiratore di ogni paese democratico. Così il film perde il filo da cui era partito –le sigarette devono essere messe al bando?- e si avventura in una disquisizione filosofica che supera il confine tra bene e male; in questo dilemma il regista alza pure il tiro con la manipolazione delle masse ad opera di professionisti della mistificazione, accusa il governo americano di connivenza riuscendo a mantenersi in equilibrio sulle opposte posizioni. A loro agio gli attori Eckhart, Bello e Brody nei panni dei portavoci delle lobby; Sam Elliott – l’uomo Marlboro malato di tumore che viene fatto tacere con una borsa di migliaia di dollari- e Katie Holmes –una giornalista calcolatrice che rende la pariglia al protagonista- divertono il pubblico con una gustosa performance, mentre il maitre à penser Reitman mostra un mondo troppo complesso per prevedere solo il bianco e il nero. Un film arguto e provocatorio che vuole spezzare una lancia in favore della tolleranza. Perché, come ama ripetere il protagonista, alla fine “tutti si ritrovano con un mutuo da pagare”.
Antonello Villani
(Salerno)
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[+] :d
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bruce harper
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venerdì 29 settembre 2006
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nicotintelligence.
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Ma a voi questo film ha fatto venire o no voglia di fumare? Un passo avanti! Al sottoscritto neanche poi tanta ad essere onesti. Del resto siamo proprio sicuri che sia questa la giusta chiave di lettura della pellicola d'esordio di Ivan Reitman? Io non ci metterei la mano sul fuoco(dell'accendino...ovviamente).Ma in compenso ne parlo.
D'altro canto sappiamo quanto il discorso del transfert in un film a soggetto sia troppo ineludibile, anche quando, come in questi casi, il messaggio appare così untuosamente compiaciuto.
Si dia il caso che chi scrive oscilla barcollante e instabile sul sottile confine che separa la zona dei fumatori da quella dei no-grazie-non-fumo(ebbene si, esiste una zona d'ombra, intermedia)e in questa luce si dia il caso che egli non abbia mai sentito l'urgente necessità di accendersi una paglia! ne prima, ne durante, ne in vista del post-cena che a conclusione di film l'attendeva.
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Ma a voi questo film ha fatto venire o no voglia di fumare? Un passo avanti! Al sottoscritto neanche poi tanta ad essere onesti. Del resto siamo proprio sicuri che sia questa la giusta chiave di lettura della pellicola d'esordio di Ivan Reitman? Io non ci metterei la mano sul fuoco(dell'accendino...ovviamente).Ma in compenso ne parlo.
D'altro canto sappiamo quanto il discorso del transfert in un film a soggetto sia troppo ineludibile, anche quando, come in questi casi, il messaggio appare così untuosamente compiaciuto.
Si dia il caso che chi scrive oscilla barcollante e instabile sul sottile confine che separa la zona dei fumatori da quella dei no-grazie-non-fumo(ebbene si, esiste una zona d'ombra, intermedia)e in questa luce si dia il caso che egli non abbia mai sentito l'urgente necessità di accendersi una paglia! ne prima, ne durante, ne in vista del post-cena che a conclusione di film l'attendeva...fumante!
Perchè a starci attenti, è propio questo il punto a mio avviso. Un film d'intrattenimento come questo fatto di immagini e parole, tante parole, ahimè, troppe, non induce a fumare o a smettere di fumare ne più ne meno che le scritte a caratteri cubitali che campeggiano su stecche e pacchetti e ne tantopiù e ne tantomenò di quello che la sinistra visione delle ossa craniali di un uomo o del polmone di un malato di cancro possa fare?
E' tutto nella nostra testa. E sta a noi decidere. Sta a noi godere della libertà di decidere, del libero arbitrio.
Per questo è lecito scherzarci sopre, ridere, rallegrarsi (anche di un bambino malato di cancro, puoi dirlo forte!) perchè se è di un film che si parla in sostanza, va detto che esso non provoca effetti collaterali signore e signori, ne sulla psiche, ne nelle nostre coscienze.
E di questo libertà, solo di questa, e di poco altro ancora( la recitazione) va in questo caso oggett alla più secolare officina di messaggi edificanti che è Hollywod.
E poi...è già tanto che il film non risulti fumoso.
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