luca scialo
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sabato 18 luglio 2020
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tanta violenza, poca sostanza
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Jee-woon Kim propone una pellicola sul dovere e sui sentimenti. Quando occorre scegliere tra i due e non è facile. C'è chi sceglie l'uno o l'altro, ma costa sacrifici. Ora professionali, ora affettivi. E' il bivio a cui si trova davanti il protagonista di questa vicenda, Sun-Woo, abile lottatore a mani libere e armato, Al quale viene dato in custodia la giovane fidanzata del Boss per cui lavora. La quale, però, sta già frequentando un altro uomo. La scelta che farà porterà con sé una infinita scia di sangue e morte. Il regista sceglie soprattutto la dimensione della violenza per raccontare questa storia. Riducendo al minimo l'incontro tra i due protagonisti. Scelte di stile che possono non piacere.
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Jee-woon Kim propone una pellicola sul dovere e sui sentimenti. Quando occorre scegliere tra i due e non è facile. C'è chi sceglie l'uno o l'altro, ma costa sacrifici. Ora professionali, ora affettivi. E' il bivio a cui si trova davanti il protagonista di questa vicenda, Sun-Woo, abile lottatore a mani libere e armato, Al quale viene dato in custodia la giovane fidanzata del Boss per cui lavora. La quale, però, sta già frequentando un altro uomo. La scelta che farà porterà con sé una infinita scia di sangue e morte. Il regista sceglie soprattutto la dimensione della violenza per raccontare questa storia. Riducendo al minimo l'incontro tra i due protagonisti. Scelte di stile che possono non piacere. Ma che forse trovano come ratio il volersi distinguere dal solito racconto visto e rivisto, di chi sceglie una comoda via di mezzo.
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contrammiraglio
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lunedì 23 settembre 2019
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mah
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Scopiazzature a gogo per una storia senza pathos; notevole il primo combattimento, poi molta noia.
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laurence316
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giovedì 7 settembre 2017
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insulso e noioso, pura macelleria senza senso
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4a regia di Kim, ma 2° ad essere distribuito in Italia (con oltre un anno di ritardo), Bittersweet Life (Vita dolceamara, ma il titolo originale coreano significa invece “La dolce vita”) è un gangster-movie che vorrebbe essere profondo, ma è solo banale, un po’ troppo lento, in particolare nella prima parte, per essere un film d’azione, iperviolento, ma privo di sostanza e privo di vero sentimento. Non c'è reale tensione e non si respira l'aria del cinema noir, anche sudcoreano, migliore.
La violenza non è poi così estrema, mentre estrema è la sensazione di noia oltre che la prevedibilità del tutto.
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4a regia di Kim, ma 2° ad essere distribuito in Italia (con oltre un anno di ritardo), Bittersweet Life (Vita dolceamara, ma il titolo originale coreano significa invece “La dolce vita”) è un gangster-movie che vorrebbe essere profondo, ma è solo banale, un po’ troppo lento, in particolare nella prima parte, per essere un film d’azione, iperviolento, ma privo di sostanza e privo di vero sentimento. Non c'è reale tensione e non si respira l'aria del cinema noir, anche sudcoreano, migliore.
La violenza non è poi così estrema, mentre estrema è la sensazione di noia oltre che la prevedibilità del tutto.
Spiazzante la parentesi da commedia slapstick riguardante il tentativo di acquisto di un’arma. Meglio tacere poi della parentesi pseudo-poetiche e pseudo-filosofiche, su cui è decisamente meglio gettare un velo pietoso.
Il personaggio, che tra l’altro pare indistruttibile, continua a ripetere "Perché mi hai fatto questo?" non ricevendo in cambio alcuna risposta, così che a non riceverla è anche lo spettatore, che non capisce di conseguenza minimamente quale sia il senso di ciò a cui ha appena assistito, e non può che arrivare a porsi una domanda simile a quella che si pone il protagonista, ovvero come abbia potuto farsi questo, costringersi alla visione di un film così fondamentalmente insulso.
Il cinema, d'azione ma anche e soprattutto quello sudcoreano, offre ben di meglio. Bella, comunque, la fotografia e, in generale, buona la regia di Kim. Grande successo in patria, è passato abbastanza inosservato in Italia. Non ingiustamente.
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kondor17
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sabato 19 gennaio 2013
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un'occasione mancata
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Non so come si possa definire gioiello o capolavoro un film del genere. Avrà sì una bella fotografia e delle belle inquadrature, ma un film che vuole essere "tutti i generi - nessun genere" non può ovviamente funzionare, lascerà sempre l'amaro in bocca. Interessante la prima parte: da gangster movie a delicato viaggio nella mente, che sfiora i sentimenti di due giovani, diversamente uniti e separati da un cinico boss della mala. Orribile la seconda: invece di proseguire nella buona strada inboccata, sfocia in trucida violenza, con dita mozzate, scene alla saw, crani grattuggiatii sui muri, sepolti vivi e sangue a tutto spiano. Surreale e quasi ridicola poi la capacità di resistenza del protagonista, che nonostante 5 coltellate alla pancia, il cranio perforato da un proiettile, la mano sinistra spappolata da una martellata, riesce non solo ad eludere e mettere ko un'intera banda che lo teneva in custodia, ma anche a raggiungere il meeting della "famiglia" per farsi giustizia.
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Non so come si possa definire gioiello o capolavoro un film del genere. Avrà sì una bella fotografia e delle belle inquadrature, ma un film che vuole essere "tutti i generi - nessun genere" non può ovviamente funzionare, lascerà sempre l'amaro in bocca. Interessante la prima parte: da gangster movie a delicato viaggio nella mente, che sfiora i sentimenti di due giovani, diversamente uniti e separati da un cinico boss della mala. Orribile la seconda: invece di proseguire nella buona strada inboccata, sfocia in trucida violenza, con dita mozzate, scene alla saw, crani grattuggiatii sui muri, sepolti vivi e sangue a tutto spiano. Surreale e quasi ridicola poi la capacità di resistenza del protagonista, che nonostante 5 coltellate alla pancia, il cranio perforato da un proiettile, la mano sinistra spappolata da una martellata, riesce non solo ad eludere e mettere ko un'intera banda che lo teneva in custodia, ma anche a raggiungere il meeting della "famiglia" per farsi giustizia. Il film dovrebbe, vorrebbe avere come leit- motif la ricorrente domanda fatta al boss "perchè mi hai fatto questo" nonchè la sua risposta "dimmi la verità, è stata lei a convincerti"; fatto sta che sono sviluppate male ed entrambe restano senza risposta, lasciando il vuoto nello spettatore anche nello studio sentimentale e introspettivo dei protagonisti. Costruire castelli di sabbia o interi racconti su una frase inespressa o sul sentimento strozzato, d'altronde, questo sì, rispecchia ahimè un leit-motif di coreani e giapponesi: l'incapacità di esternazione dell'attrazione, generalmente intesa come debolezza, ed il suo soffocamento provocano i risultati che tutti conosciamo. Anche la poesia, che però non è di casa qui. Peccato. Falsa Partenza.
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storyteller
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lunedì 22 febbraio 2010
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un capolavoro tra le righe
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Ci sono ben più che patina "fotografica" e ambientazioni arredate con gusto in questo film che definire "gangster movie" è molto riduttivo.
L'opera del regista coreano ha il pregio esclusivo (e ormai molto difficile da rintracciare in produzioni odierne) di toccare con sensibilità sfuggente e poetica le sofferenze amorose al pari delle furibonde e sanguinosissime lotte che mai si susseguono senza un perché.
I piccoli gesti che compie la ragazza in grado di stravolgere (e distruggere, pur dandovi senso)la vita dell'adimensionale e freddo protagonista si stampano come scintille di fuoco nella mente di chi guarda: ravviarsi i capelli dietro l'orecchio, alzare timidamente gli occhi...Tutto lo struggimento e il melodramma interiore che colgono Sunwoo vengono suggeriti tra le righe, con trascinante, lacerante indifferenza.
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Ci sono ben più che patina "fotografica" e ambientazioni arredate con gusto in questo film che definire "gangster movie" è molto riduttivo.
L'opera del regista coreano ha il pregio esclusivo (e ormai molto difficile da rintracciare in produzioni odierne) di toccare con sensibilità sfuggente e poetica le sofferenze amorose al pari delle furibonde e sanguinosissime lotte che mai si susseguono senza un perché.
I piccoli gesti che compie la ragazza in grado di stravolgere (e distruggere, pur dandovi senso)la vita dell'adimensionale e freddo protagonista si stampano come scintille di fuoco nella mente di chi guarda: ravviarsi i capelli dietro l'orecchio, alzare timidamente gli occhi...Tutto lo struggimento e il melodramma interiore che colgono Sunwoo vengono suggeriti tra le righe, con trascinante, lacerante indifferenza. Ma sanno toccare le corde più sensibili in chi riesce a cogliere queste sfumature.
Un plauso alla sequenza del violoncello, che viene mostrata di sfuggita, quasi distrattamente, nella prima parte del film, e nel tragico finale ritorna, ampliata e ripresa da un punto di vista differente, capovolgendo completamente l'ottica della vicenda.
Nell'opera, poi, trovano posto anche momenti di umorismo nero (vedi gli sgangherati e allucinati mafiosi maniaci delle armi) e non manca una riflessione, abbozzata ma efficace, sul rapporto servo-padrone e sull'indifferenza della società moderna.
Come già detto, ogni scontro ha ragion d'essere, e buona parte del film si comporta egregiamente sul fronte dialoghi e montaggio.
Da rivalutare.
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beefheart
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venerdì 2 febbraio 2007
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sufficiente
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Un film, tra il pulp ed il noir, esteticamente valido, dove fotografia e scenografie molto raffinate si fanno notare più di ogni altro aspetto.
L'impronta drammatica e violenta è tipica del genere e della provenienza Sud Coreana della pellicola stessa, così come l'espressione grave e solenne perennemente impressa sul volto dei pur bravi protagonisti. La trama non ha nulla di originale ed è facilmente intuibile a partire dal minuto decimo/undicesimo; dunque un film con poche sorprese e molte conferme che non delude gli amanti del genere e non rapisce il rimanente pubblico. Parere personale: sufficiente.
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alessia
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venerdì 12 maggio 2006
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meraviglioso
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Un film di straordinaria intensità visiva.
Probabilmente il film più bello che c'è al cinema al momento
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matt
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martedì 9 maggio 2006
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solito
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Solita vendetta feroce dopo umiliazione fisica e morale, solito esibizionismo violento, solite amenità sanguinarie (uomini sepolti vivi, teste grattugiate contro il cemento,…), solito versante coreano che tanto piace a Quentin Tarantino. Per il resto vedere alla voce Old Boy. Insistito ed insistente
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the boss
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mercoledì 3 maggio 2006
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grandissimo
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Finalmente arriva in Italia un gioiello.
Un film che supera il tarantino delle Iene e che sicuramente reinventa un genere con trovate incredibili e fulminanti.
Adrealina e violenza per un prodotto geniale che esalterà tutti gli spettatori.
Consigliatissmo.
p.s. mi sono perso qualche battuta perchè l'avevo visto a cannes in lingua originale. Mi dicono che la versione italiana godrà del doppiaggio del grande Luca ward.
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