figliounico
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mercoledì 15 febbraio 2023
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l'ultimo capolavoro
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L’ultimo film di Bergman. Un film terribile, il preludio della morte. Erland Josephson, orami vecchio, ancora una volta è il suo alter ego Johan, Liv Ulmann è di nuovo Marianne, una sintesi di tutte le donne che ha amato, compresa lei stessa, la medesima coppia di Scene da un matrimonio di trent’anni prima. Tutti i personaggi sono proiezioni drammatiche dell’inconscio dell’autore e delle figure che lo abitano come fantasmi, fantasma è il Johan-Ingmar stesso, la cui immagine è riprodotta in una delle tante fotografie che affollano il tavolo davanti al quale siede la Ulmann all’inizio e alla fine del film, rievocato tra i tanti ricordi della donna, per lo spazio di tempo del racconto, diventa uno dei protagonisti dei dieci episodi, uno per ogni incontro duale, perché soltanto nella relazione esclusiva tra due persone ci può essere la speranza che emerga la verità, anche se amara, altrimenti si finge.
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L’ultimo film di Bergman. Un film terribile, il preludio della morte. Erland Josephson, orami vecchio, ancora una volta è il suo alter ego Johan, Liv Ulmann è di nuovo Marianne, una sintesi di tutte le donne che ha amato, compresa lei stessa, la medesima coppia di Scene da un matrimonio di trent’anni prima. Tutti i personaggi sono proiezioni drammatiche dell’inconscio dell’autore e delle figure che lo abitano come fantasmi, fantasma è il Johan-Ingmar stesso, la cui immagine è riprodotta in una delle tante fotografie che affollano il tavolo davanti al quale siede la Ulmann all’inizio e alla fine del film, rievocato tra i tanti ricordi della donna, per lo spazio di tempo del racconto, diventa uno dei protagonisti dei dieci episodi, uno per ogni incontro duale, perché soltanto nella relazione esclusiva tra due persone ci può essere la speranza che emerga la verità, anche se amara, altrimenti si finge. Se Schubert con le sue canzoni in Vanità e affanni del 1997 aveva accompagnato l’annuncio lieve dell’irruzione del clown-morte nell’insensatezza della vita, Bach con la sua dolce marzialità segna la marcia lenta ma inesorabile della decadenza fisica, che preannuncia la fine, e della solitudine del vecchio Johan-Ingmar, infine la dimenticanza. Di tutte le tragedie e i drammi di Johan, Marianne non rammenterà col tempo più nulla, ma di quell’incontro con l’ex marito nel rifugio nella casa in mezzo alla foresta le è rimasta una sensazione, quella della lontananza abissale che separa gli individui più vicini e sarà presa dall’angosciante pensiero di non aver mai toccato la figlia malata.
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nalipa
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giovedì 20 gennaio 2011
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ogni elogio sarebbe superfluo....
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Semplicemente MERAVIGLIOSO!
Ogni scena, ogni dialogo colpiscono direttamente la molla alla quale sono dirette.
Attori eccellenti!
Assolutamete imperdibile per gli estimatori di quello che é stato e sarà sempre un Mito dela settima arte.
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riccardo di cesare
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domenica 5 luglio 2009
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"uomo in attesa"
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Pur essendo un profondo sostenitore delle opere del Maestro,rimando ogni mio commento alla visione della pellicola di cui non conosco attualmente i contenuti.grz.
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mario ausoni
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giovedì 27 marzo 2008
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il canto di un cigno
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struggente epilogo di un'intera vita condivisa, ne rimane un ricettacolo di ricordi soffusi, e sofferenza lancinante. la visuale sembra spostarsi sulle vicende del del padre e figlia nipote di johan, eppure l'immarscescibile coppia diventa spettatore passivo di ancora tanto dolore, rancori che avvelenano ogni rapporto.
solo chi ha l'intelligenza di mettere da parte vani risentimenti pùò godersi quel lucore di vita concessaci, così come fanno marienne e johan.
bergman è unico nel rivelarci l'incosistenza delle nostre grame e trascurabili esistenze.
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