tdurden96
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martedì 5 marzo 2013
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come una pioggia di rane!!!
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il bello delle pellicole di registi/sceneggiatori (semi)esordienti è il fatto che gli ideali maturati nei primi venti/trenta anni di età che non hanno trovato sbocco in alcuna opera commerciale o comunque soggetta ad una distribuzione in larga scala si sprigionino in film dall'ampio respiro,libere dalle pressanti esigenze speculativi dei produttori del cinema che conta. Dopo le prime avvisaglie di Sydney e Boogie Night,questo cratere a nome P.T.Anderson esplode con Magnolia,cogliendo di sorpresa il proscenio cinematografico internazionale come una pioggia di rospi. Opera corale con molti pregi e pochi difetti (vedi eccessiva prolissità),la pellicola è una riflessione sui sensi di colpa e sui limiti del perdono,diluita in nove storie che finiscono "fatalmente" (le virgolette sono d'obbligo dopo il curioso prologo) per incrociarsi fino all'incredibile finale,quando cioè Anderson decide di far piovere le già citate rane dal cielo nell'apice di drammaticità del film,una notte in cui sfociano silenziosamente l'angoscia e la disperazione dei protagonisti.
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il bello delle pellicole di registi/sceneggiatori (semi)esordienti è il fatto che gli ideali maturati nei primi venti/trenta anni di età che non hanno trovato sbocco in alcuna opera commerciale o comunque soggetta ad una distribuzione in larga scala si sprigionino in film dall'ampio respiro,libere dalle pressanti esigenze speculativi dei produttori del cinema che conta. Dopo le prime avvisaglie di Sydney e Boogie Night,questo cratere a nome P.T.Anderson esplode con Magnolia,cogliendo di sorpresa il proscenio cinematografico internazionale come una pioggia di rospi. Opera corale con molti pregi e pochi difetti (vedi eccessiva prolissità),la pellicola è una riflessione sui sensi di colpa e sui limiti del perdono,diluita in nove storie che finiscono "fatalmente" (le virgolette sono d'obbligo dopo il curioso prologo) per incrociarsi fino all'incredibile finale,quando cioè Anderson decide di far piovere le già citate rane dal cielo nell'apice di drammaticità del film,una notte in cui sfociano silenziosamente l'angoscia e la disperazione dei protagonisti. Ma è la musica, ad accomunarli tutti in un canto liberatorio,una resa formale al destino,musica come collante malinconico di questo triste mosaico nel quale tuttavia serpeggia una flebile speranza,come nel sorriso di claudia nell'ultimo fotogramma.
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eli
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mercoledì 21 novembre 2007
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faticoso
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Tanti buoni spunti di riflessione, tante belle trovate, ottimi attori..eppure..eppure mi chiedo, erano davvero necessarie tre ore? Non direi proprio. Chiaramente nessuno vieta di indugiare volontariamente anche sul superfluo...basta non diventare ripetitivi o prolissi. Se il regista voleva vedere lo sforzo sui volti degli spettatori a fine film per quanto mi riguarda ha ottenuto lo scopo..e perchè no? può benissimo essere uno scopo anche questo. Penso però che il film sarebbe risultato molto più efficace se fosse stato più conciso..lo sforzo per mantenere l'attenzione alle volte impedisce la riflessione e non fa cogliere la bellezza delle inquadrature, movimenti, ecc...Film faticoso.
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nick simon
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lunedì 15 luglio 2013
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intense e struggenti pillole di antropologia
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Una voce fuori campo ci narra di tre assurdi, inspiegabili avvenimenti: piuttosto che su strane coincidenze, ci si trova a riflettere sull'esistenza di qualcosa di diverso, una sorta di ordine superiore. Questo il prologo a "Magnolia" di Paul Thomas Anderson, regista e sceneggiatore moderno e consapevole, appartenente a quella cerchia di autori che hanno conosciuto il cinema più guardandolo che studiandolo. Le storie dei protagonisti (addirittura nove) sono a prima vista separate ma in realtà drammaticamente connesse: il risultato è un chiaro, intenso, a tratti cinico sguardo alla società odierna, non soltanto quella americana. Il cast è validissimo e differenziato, e presenta alcuni tra gli attori-feticcio di Anderson.
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Una voce fuori campo ci narra di tre assurdi, inspiegabili avvenimenti: piuttosto che su strane coincidenze, ci si trova a riflettere sull'esistenza di qualcosa di diverso, una sorta di ordine superiore. Questo il prologo a "Magnolia" di Paul Thomas Anderson, regista e sceneggiatore moderno e consapevole, appartenente a quella cerchia di autori che hanno conosciuto il cinema più guardandolo che studiandolo. Le storie dei protagonisti (addirittura nove) sono a prima vista separate ma in realtà drammaticamente connesse: il risultato è un chiaro, intenso, a tratti cinico sguardo alla società odierna, non soltanto quella americana. Il cast è validissimo e differenziato, e presenta alcuni tra gli attori-feticcio di Anderson. Altrettanto eterogenei sono i caratteri dei personaggi e le vicende da essi vissute: c'è chi è malato, chi è oppresso e in cerca di pace, chi è divorato dai sensi di colpa, chi tenta disperatamente di essere compreso. I temi che costituiscono il leitmotiv del racconto sono quelli del distacco, della perdita e del bisogno di ricevere e dare amore; più o meno tutti i personaggi sono impegnati nell'estenuante lotta contro un passato traumatico o un ambiente familiare non troppo sereno. Le prestazioni attoriali sono eccellenti e gli interpreti si mostrano a proprio agio anche nelle scene corali: Julianne Moore, Tom Cruise, Philip Seymour Hoffman e William H. Macy i più ispirati, ma fondamentali contributi pervengono altresì da Philip Baker Hall, Jason Robards, John C. Reilly, Melora Walters e dal piccolo Jeremy Blackman. Per una pellicola della lunghezza di tre ore è già un successo mantenere viva la curiosità dello spettatore, ma il regista riesce a fare di più: ci introduce intimamente nelle storie e nell'animo dei personaggi, ci turba e a volte ci confonde, anche con l'ausilio di una colonna sonora incalzante, il cui volume diventa lentamente ossessivo, tanto da sovrapporsi totalmente ai dialoghi. Il film ha il sapore di una spietata condanna verso aspetti preponderanti nel mondo attuale: la frenetica corsa al denaro, lo sfruttamento della popolarità, l'assuefazione al lavoro che porta alla distruzione dei legami affettivi principali. Anderson omaggia i suoi maestri: Altman nella struttura dell'intreccio, Scorsese nei piani sequenza e nei movimenti di macchina in generale, Lumet nella raffigurazione del famelico mondo dei media. Quest'ultimo aspetto è riscontrabile con evidenza nella figura del giovane concorrente del quiz televisivo: egli è, infatti, ferito profondamente da un padre freddo e deciso a trarre lucro dalla sua notorietà. Il suo personaggio è un chiaro tributo a "Quinto Potere" del già citato Sidney Lumet, dichiaratamente scelto da Anderson come suo film preferito di sempre. Tom Cruise, infine, ci dà l'ennesima conferma di quanto la sessualità sia una tematica basilare nella cinematografia del regista californiano. L'insieme si ricompone circolarmente in un'opera matura, sapientemente orchestrata, originale più nei contenuti e nell'indagine psicologica che nella forma. Si è spinti nuovamente verso il dubbio iniziale, e un'incredibile pioggia di rane suggerisce che qualsiasi cosa può succedere: non bisogna far altro che stare al gioco della vita, seppur talvolta non conoscendone le regole.
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mario
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martedì 7 agosto 2007
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bellissimo
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è un film dove tante storie si intrecciano sia direttamente sia indirettamente. Il film ci vuole spiegare come tutto ciò che siamo nel presente è il risultato di quello che siamo stati nel passato. Frank, ad esempio, maschilista 100%: pur odiando il padre, Earl, ne ha subito l'influenza sin da bambino e ora lo piange sul letto di morte. Jimmy Gator, presentatore di successo, deve fare i conti con il rimorso di avere sbagliato nei confronti della figlia e della moglie ed ora in punto di morte si ritrova senza nessuno,solo con se stesso. Ma ecco la pioggia di rane, cade sulle teste dei protagonisti come una sorta di punizione, che ha l'intento di aprire la mente. Segna una linea di confine tra ciò che è stato e ciò che potrebbe essere.
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è un film dove tante storie si intrecciano sia direttamente sia indirettamente. Il film ci vuole spiegare come tutto ciò che siamo nel presente è il risultato di quello che siamo stati nel passato. Frank, ad esempio, maschilista 100%: pur odiando il padre, Earl, ne ha subito l'influenza sin da bambino e ora lo piange sul letto di morte. Jimmy Gator, presentatore di successo, deve fare i conti con il rimorso di avere sbagliato nei confronti della figlia e della moglie ed ora in punto di morte si ritrova senza nessuno,solo con se stesso. Ma ecco la pioggia di rane, cade sulle teste dei protagonisti come una sorta di punizione, che ha l'intento di aprire la mente. Segna una linea di confine tra ciò che è stato e ciò che potrebbe essere. Ecco Frank che perdona il padre grazie a Phil, Donnie aiutato da Jim, che a sua volta aiuta la figlia di Gator ad uscire dalla droga e il bambino che salva la fragile Julian Moore. Insomma nella vita si verificano degli eventi che ti rimettono in contatto col tuo passato, anke se pensi di averlo cancellato del tutto. Ma non si è cancellato, si è solo messo da parte, pronto ad uscire nel momento più adatto a farti capire cosa è giusto per te.
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lunetta
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venerdì 7 gennaio 2011
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disperazione e perdono...
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...mi sembrano i fili conduttori di un film bellissimo, difficile, che descrive le vite di alcuni esseri umani che, come petali di un fiore, sono anche vicini, ma destinati a vite proprie e proprie solitudini. Tante storie di disperazione, umanità e peccati che si incrociano, che sembrano imperdonabili, che portano uonini e donne in tunnell senza apparente vie d'uscita, fino ad un quadro catartico finale, con urla di dolore e confessioni che sembrano aprire un varco alla speranza, ad un perdono implorato, con una immagine impressionante ma efficace di una pioggia di rane.
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valetag
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domenica 18 maggio 2014
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ancorarsi al passato non serve a nulla
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Magnolia: 9 petali, 9 protagonisti. Tutti costretti a fronteggiare quello che il fato ha destinato alle loro vite. Malati terminali che devono trovare pace con sé stessi prima di lasciare il loro posto nel mondo; figli abbandonati, derubati, abusati, sfruttati; mogli costrette ad accettare le condizioni dei mariti; uomini che hanno un disperato bisogno di dare amore.
Tutti annegano nel rancore, nella rabbia, nel rimorso; incapaci di superare il dolore. Servirà un fatto straordinario, una pioggia apocalittica di rane, per ricordare a tutti che le cose semplicemente accadono, a volte senza un perché, a volte senza alcuna connessione logica. Ed è grazie all'evento inaspettato che ognuno ritrova il proprio motivo per chiudere con il passato: chi può perdonare, perdona, chi non ce la fa, impara a lasciarsi tutto alle spalle; c'è chi trova qualcuno di cui prendersi cura e c'e' chi impara a lasciarsi amare; chi esige rispetto da sé stesso e dagli altri.
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Magnolia: 9 petali, 9 protagonisti. Tutti costretti a fronteggiare quello che il fato ha destinato alle loro vite. Malati terminali che devono trovare pace con sé stessi prima di lasciare il loro posto nel mondo; figli abbandonati, derubati, abusati, sfruttati; mogli costrette ad accettare le condizioni dei mariti; uomini che hanno un disperato bisogno di dare amore.
Tutti annegano nel rancore, nella rabbia, nel rimorso; incapaci di superare il dolore. Servirà un fatto straordinario, una pioggia apocalittica di rane, per ricordare a tutti che le cose semplicemente accadono, a volte senza un perché, a volte senza alcuna connessione logica. Ed è grazie all'evento inaspettato che ognuno ritrova il proprio motivo per chiudere con il passato: chi può perdonare, perdona, chi non ce la fa, impara a lasciarsi tutto alle spalle; c'è chi trova qualcuno di cui prendersi cura e c'e' chi impara a lasciarsi amare; chi esige rispetto da sé stesso e dagli altri.
Anderson con la sua visione di cinema sperimentale e altmaniano osa e ottiene grandi risultati.
Una delle scene più apprezzate è quella in cui i nove protagonisti cantano, ognuno immerso nei propri tormenti, "wise up": 'Til you wise up; No, it's not going to stop; So just...give up."
William H. Macy, Julianne Moore, Tom Cruise, Jeremy Blackman, Philip Seymour Hoffman, Melora Walters, Jason Robards; Philip Baker Hall, John C. Reilly: questi i nomi dei fantastici attori che hanno dato volto ai personaggi travagliati della storia. Tra tutti, però, spicca Tom Cruise: tremendamente sgradevole nei panni di Frank il predicatore, assolutamente commovente al capezzale del padre morente.
Unico difetto: tre ore di film sono veramente troppe. Vorrei rivederlo subito per capire meglio certe sfaccettature, ma 180 minuti (seppur spesi bene) sono troppo impegnativi.
Aspettando che Anderson ritorni a stupire, consiglio a tutti la visione di questa pellicola, specialmente perché racconta di quei momenti in cui si tocca il fondo e si deve trovare la forza di darsi la spinta per ritornare a galla.
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sam asso
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martedì 28 luglio 2015
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un film struggente,un viaggio a ciò che cicirconda
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struggente appunto credo che sia questo il termine che riesce a spiegare meglio l'essenza del film poichè ognuna di queste storie perfettamente elaborate all'apparenza sembrano così lontane da noi ma in realtà ognuno di noi ogni giorno magari anche senza accorgersene vive quelle esperienze,struggente perchè nel giro di tre ore queste vicende ci fanno provare ogni genere di emozione,si ride,si piange,ci si pone domande,si cercano risposte appunto come tutti i protagonisti che in modo diverso cercano risposte per capire cos'è che li ha portati a vivere quella determinata vita ma credo proprio che alla fine il messaggio con anche la pioggia di rane e il sorriso finale di una protagonista sia che con il dolore bisogna spesso convivere così come con il proprio passato ma non bisogna mai far si che questo sentimento ci faccia da padrone e sperare che qualsiasi cosa può accadere e che magari,un giorno,dio poserà i suoi occhi anche su ognuno di noi facendoci vivere una vita in cui il dolore sparisce.
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struggente appunto credo che sia questo il termine che riesce a spiegare meglio l'essenza del film poichè ognuna di queste storie perfettamente elaborate all'apparenza sembrano così lontane da noi ma in realtà ognuno di noi ogni giorno magari anche senza accorgersene vive quelle esperienze,struggente perchè nel giro di tre ore queste vicende ci fanno provare ogni genere di emozione,si ride,si piange,ci si pone domande,si cercano risposte appunto come tutti i protagonisti che in modo diverso cercano risposte per capire cos'è che li ha portati a vivere quella determinata vita ma credo proprio che alla fine il messaggio con anche la pioggia di rane e il sorriso finale di una protagonista sia che con il dolore bisogna spesso convivere così come con il proprio passato ma non bisogna mai far si che questo sentimento ci faccia da padrone e sperare che qualsiasi cosa può accadere e che magari,un giorno,dio poserà i suoi occhi anche su ognuno di noi facendoci vivere una vita in cui il dolore sparisce.forse è un'illusione ma bisogna pur credere in qualcosa.
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giorpost
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lunedì 7 marzo 2016
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discreta opera corale a tratti sboccata ma intensa
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Uno dei film che ha fatto parlare più di se a cavallo tra la fine degli anni '90 e l' inizio dei 2000 è stato il fortunato Magnolia (USA, 1999), scritto e diretto da Paul Thomas Anderson. Il terzo lavoro del regista californiano mescola in un' unica sceneggiatura, solo apparentemente complicata, 9 personaggi protagonisti di storie particolari collegate fra esse.
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Uno dei film che ha fatto parlare più di se a cavallo tra la fine degli anni '90 e l' inizio dei 2000 è stato il fortunato Magnolia (USA, 1999), scritto e diretto da Paul Thomas Anderson. Il terzo lavoro del regista californiano mescola in un' unica sceneggiatura, solo apparentemente complicata, 9 personaggi protagonisti di storie particolari collegate fra esse. Anche se non ufficialmente, il volto centrale del palcoscenico appartiene a Tom Cruise, efficace nei panni di Frank, guru del maschilismo più agguerrito che impartisce lezioni sul rimorchio facile e sulla difesa a oltranza dell' attributo, in una società sempre più sbilanciata verso la donna; la sua ascesa in questo particolare segmento nasconde, in realtà, un passato tragico caratterizzato da un padre scappato via e da una madre malata che ha dovuto accudire tra mille sofferenze. Proprio quel genitore rinnegato è il magnate Earl Partridge, in fin di vita, che chiede al suo infermiere Phil (Hoffman, qui non ancora all' apice del suo talento) di rintracciare il figlio che non vede da anni; nel mentre la sua giovane seconda moglie Linda (Moore) cerca disperatamente conforto nei farmaci, in quanto scopre solo ora di amare l' anziano coniuge che aveva spostato solo per interesse e tradito decine di volte ma dal quale, adesso, non vuole più ricevere l' ingente eredità patrimoniale che gli spetterebbe ma che non sente sua.
Sullo sfondo, il famoso presentatore di quiz Jimmy Gator (l' ottimo Philip Baker Hall), anch' egli in procinto di passare a miglior vita, presenta il suo ultimo spettacolo con grande fatica mentre il piccolo concorrete di punta, Stanley, si rifiuta di rispondere alle domande perché non vuole più sottostare allo sfruttamento della sua intelligenza da parte del padre e capisce che il mondo dello showbiz non fa per lui. Frattanto un poliziotto ed un ex concorrente ultra quarantenne del medesimo quiz cercano svariati modi per poter offrire al mondo il proprio amore: tra i due, che s' incontreranno in circostanze rocambolesche, spicca lo sbirro idealista Jim (un convincente John C. Reilly) che conosce Claudia, tossicomane figlia di Gator, molestata da bambina da quest' ultimo e ora in cerca di salvezza.
Il doppio filo che accomuna queste persone, incentrato su drammi familiari e inquietudini personali, pare trovare un punto d' incontro nel tradimento. Tradire il partner per sesso, per gioco, o per sentirsi vivi, o tradire la fiducia di un proprio familiare per egoismo, salvo capire in punto di morte che al proprio fianco c' è sempre stata la persona giusta al momento giusto.
Molti i temi affrontati, non sempre con la dovuta delicatezza: appare, infatti, fuori luogo e controproducente l' utilizzo forzoso e gratuito di un linguaggio sboccato ed impregnato di parolacce che, talvolta, risultano ridondanti fino allo sfinimento. Se posso muovere un altro appunto, lo faccio per la colonna sonora, composta da canzoni (a mio modesto avviso) leggermente sopravvalutate, ma certamente propedeutiche al contesto; inoltre l' introduzione del narratore e la pioggia di rane finale potevano essere risparmiate se è vero che, dal punto di vista dello spettatore, l' opera non parla di casualità ma di destino che prende forma e si trasforma e che, come spesso capita di intuire, dipende dalle scelte degli individui. Film che ha generato “repliche” (Crash del 2006), ma che a sua volta attinge volontariamente (e a distanza di soli 6 anni) da Short Cuts, col quale ha in comune 3 cose: la città (Los Angeles), le storie (9) e Julianne Moore, curiosamente presente in entrambi i lungometraggi, questo Magnolia è un' opera corale ed intensa, forte di un cast sontuoso ma che non inventa nulla, perciò non chiamatelo capolavoro.
Voto: 6,5
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ennio
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domenica 10 giugno 2018
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tentativo di imitazione non proprio riuscito
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Il genere intreccio-di-storie, mutuato dalla letteratura, ha avuto talvolta ottimi risultati nel cinema, ma Anderson non è Altman e “Magnolia” non è “America oggi”, nonostante ottimi attori e caratteristi (Macy,Hoffman,Reilly). I personaggi sono più blandi, a volte ripetuti (perchè due anziani entrambi moribondi ed entrambi sessuomani?), a volte già stravisti come la nevrotica morfinomane Moore (adattissima al ruolo), o il poliziotto cuore solitario in cerca di nuove ragioni di vita.
Irritante è l'uso eccessivo, anzi abuso, della colonna sonora. Le musiche di Jon Brion sono chiaramente una copertura, mal riuscita, per mascherare le parti più prolisse e inutili di un film che non doveva durare 3 ore, 2 rendeva meglio.
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Il genere intreccio-di-storie, mutuato dalla letteratura, ha avuto talvolta ottimi risultati nel cinema, ma Anderson non è Altman e “Magnolia” non è “America oggi”, nonostante ottimi attori e caratteristi (Macy,Hoffman,Reilly). I personaggi sono più blandi, a volte ripetuti (perchè due anziani entrambi moribondi ed entrambi sessuomani?), a volte già stravisti come la nevrotica morfinomane Moore (adattissima al ruolo), o il poliziotto cuore solitario in cerca di nuove ragioni di vita.
Irritante è l'uso eccessivo, anzi abuso, della colonna sonora. Le musiche di Jon Brion sono chiaramente una copertura, mal riuscita, per mascherare le parti più prolisse e inutili di un film che non doveva durare 3 ore, 2 rendeva meglio.
La trovata delle rane è visivamente scenografica ma simbolicamente sterile e pretenziosa.
Solo per cinefili con molto tempo da perdere.
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radamanto
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mercoledì 2 luglio 2014
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à la recherche du nombre 82
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Molti si saranno accorti che fin dalle prime scene e per tutto il film compare sempre lo stesso numero : 82 nascosto in forme diverse (sulla maglia dell'impiccato, sul fianco del velivolo, nelle carte da gioco, sul terrazzo, sulla porta dell'appartamento, su orologi, etc...). Solo verso la metà del film, all'inizio del quiz televisivo, analizzando fotogramma per fotogramma, si osserva come qualcuno tra il pubblico inalberi un cartellone con la scritta "Exodus 8,2" subito sequestrato da un uomo che qualcuno identifica con P.T. Anderson stesso. Ebbene: aprite la Bibbia e leggete il secondo versetto del capitolo ottavo di Esodo.... Ecco la predizione del finale cratofanico.
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