Questi Ricordi della casa gialla, di João César Monteiro, che nell’89 vinsero a Venezia un Leone d’Argento, sono stanze di vita quotidiana di tale João de Deus (interpretato dallo stesso Monteiro), uno scapolo sulla cinquantina povero e malaticcio, un po’ maniaco sessuale, che vive a pensione assieme ad altri inquilini in un palazzo posto in un quartiere della vecchia Lisbona. L’uomo tira avanti con i pochi denari che guadagna con qualche espediente e con quelli prestatigli dalla madre che lavora come donna delle pulizie nonostante l’età avanzata. Le lamentele della indisponente padrona di casa, la musica, il cinema, l’amicizia con una ragazza venuta da poco ad abitare nel casamento, riempiono la sua squallida esistenza.
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Questi Ricordi della casa gialla, di João César Monteiro, che nell’89 vinsero a Venezia un Leone d’Argento, sono stanze di vita quotidiana di tale João de Deus (interpretato dallo stesso Monteiro), uno scapolo sulla cinquantina povero e malaticcio, un po’ maniaco sessuale, che vive a pensione assieme ad altri inquilini in un palazzo posto in un quartiere della vecchia Lisbona. L’uomo tira avanti con i pochi denari che guadagna con qualche espediente e con quelli prestatigli dalla madre che lavora come donna delle pulizie nonostante l’età avanzata. Le lamentele della indisponente padrona di casa, la musica, il cinema, l’amicizia con una ragazza venuta da poco ad abitare nel casamento, riempiono la sua squallida esistenza. Dopo la morte dell’amica João si impossessa dei suoi risparmi, ma non può goderseli perché è costretto a scappare di casa avendo violentato la figlia della padrona. Derelitto e senza dimora, arrestato dalla polizia e chiuso in manicomio criminale per il furto di una divisa militare e per sospette tendenze sovversive, riuscirà a evaderne grazie a un internato che gli ha affidato il compito di portare scompiglio tra la gente e che per questo gli ha regalato tutti i suoi soldi. Il film è interessante anzitutto per l’ambientazione, dove ci viene descritta una Lisbona malandata, barocca, decadente e vivace che la fanno assomigliare a certe zone della vecchia Napoli (anche per il vociare delle donne e dei ragazzi). E’ poi un esempio di “neorealismo alla portoghese” perché il protagonista, certi personaggi e alcune situazioni hanno, almeno nella prima parte, molte cose in comune con quel capolavoro del nostro cinema che è Umberto D di De Sica, sia pure in forma più miserabile e grottesca. Gli spettatori che hanno voglia d’insolito saranno sicuramente incuriositi dalla storia di questo individuo strambo, senza sorriso, a suo modo colto, in fondo una brava persona pur con qualche comportamento cinico. Un po’ visionario, un po’ surrealista, accompagnato da brani classici e da canzoni popolari anche sboccate, con un ritmo e uno svolgimento lentissimi, il film riflette il ruolo dell’intellettuale libertario in una società chiusa e tradizionalista. Monteiro, morto nel 2003, come attore era la quintessenza dell’antidivo: non bello, magro da fare impressione (si pensi alla scena della visita medica), tuttavia abbastanza interessante. In ogni caso un personaggio che, come il suo João de Deus, non si dimentica facilmente.
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