francirano
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lunedì 1 febbraio 2016
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l'impossibilità di gridare al capolavoro
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Ultima, breve, ma intensa pellicola di Huston. Difficile sarebbe non gridare al capolavoro. E invece è quello che avviene.
Non perchè non lo meriti, ci si intenda subito. Ma se la prima parte del film, come da più parti rimarcato, non è altro che una sequenza preparativa molto lunga, il fatto è che gli ultimi dieci minuti ti lasciano spiazzato, senza fiato, senza parole. Senza alcuna intenzione di muovere un solo muscolo. Altro che alzarsi e gridare al capolavoro. Il silenzio è l'unica cosa che riecheggia, quando anche i titoli di coda sono inghiottiti dal buio.
L'ora di preparazione della pellicola che sfocia in uno dei finali più lirici e intensi del cinema, pare necessaria, non solo nell'ottica della costruizione emotiva, ma sopratutto per il disvelamento di quella "epifania" (epiphany) che è il nodo centrale di gran parte dell'opera di Joyce.
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Ultima, breve, ma intensa pellicola di Huston. Difficile sarebbe non gridare al capolavoro. E invece è quello che avviene.
Non perchè non lo meriti, ci si intenda subito. Ma se la prima parte del film, come da più parti rimarcato, non è altro che una sequenza preparativa molto lunga, il fatto è che gli ultimi dieci minuti ti lasciano spiazzato, senza fiato, senza parole. Senza alcuna intenzione di muovere un solo muscolo. Altro che alzarsi e gridare al capolavoro. Il silenzio è l'unica cosa che riecheggia, quando anche i titoli di coda sono inghiottiti dal buio.
L'ora di preparazione della pellicola che sfocia in uno dei finali più lirici e intensi del cinema, pare necessaria, non solo nell'ottica della costruizione emotiva, ma sopratutto per il disvelamento di quella "epifania" (epiphany) che è il nodo centrale di gran parte dell'opera di Joyce. Epifania in quanto scoprta intima, rivelazione. Ecco; la rivelazione, l'epifania, non potrà che arrivare al termine di un amalgamarsi di vicende quasi inutili e banali (notare che la cena si svolge esattamente la sera del 6 gennaio, il giorno dell'epifania). Come sempre in Joyce la simbologia è molto importante e forte, ma anche senza andare ad innoltrarci in studi ed interpretazioni, sia sufficiente quell'emozione forte e devastante che il film riesce a produrre nel suo ultimo quarto d'ora per giustificare la quasi ora di chiacchiere inutili (sono poi inutili davvero, dunque, le chiacchiere?). Si puo' aspettare un'ora per provare un'emozione?
Credo proprio di si'. Se poi è un'ora trascorsa in compagnia di attori grandissimi e di un Huston crepuscolare e immenso, allora senza dubbio.
Peccato, solo, non riuscire a gridare al capolavoro.
Ma in questo caso la colpa è solo loro, degli attori, di Huston, di Joyce, che ci strozzano in gola l'emozione e ci tolgono anche la forza di respirare. Altro che che gridare.
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il befe
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lunedì 9 marzo 2015
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capolavoro
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luca scial�
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lunedì 29 aprile 2013
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la media borghesia irlandese di inizio '900
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In una cena post-natalizia, parenti e amici della media borghesia irlandese si ritrovano a Dublino per una cena organizzata da tre sorelle zitelle. Artisti mancate. La cena prosegue in modo tranquillo, di tanto in tanto scossa da qualche ricordo, aneddoto, battuta fuori posto, ballo, musica, canzone, offerta dai commensali.
John Houston traspone Gente di Dublino di Joyce, senza alcuna stucchevole trovata registica o colpo di scena forzato. Si limita a riportare i dialoghi dei protagonisti, lasciando intatto il potenziale naturale del loro interloquire. Molto emozionante il finale, nel quale scorrono le immagini di un'Irlanda malinconica di pieno inverno.
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tiamaster
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martedì 21 febbraio 2012
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l' inevitabilità della morte.
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John Houston diresse "the dead-gente di Dublino" poco prima di morire,inevitabilmente il film affronta anche la morte,il grande mistero che avrebbe presto incontrato.A prima vista può sembrare un film senza senso,ma non e' cosi'.Quasi tutto il film e' ambientato in una casa,e si vede il modo in cui i personaggi interagiscono tra loro.Gente ignorante direbbe che e' un ammasso di chiacchiere,non un film.Invece John Houston guarda il mondo come
Lo guarderebbe una persona che sta' per morire,anche una semplice serata in compagnia.Ingiustamente impopolare,e' un film che non finisce nel dimenticatoio.
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albplet
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domenica 14 agosto 2011
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da vedere
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Essendo molto fedele al racconto di Joyce, se questo vi è piaciuto, così sarà per il film. L'atmosfera magica del periodo natalizio - protagonista nella prima parte del film - lascia poi il posto a pensieri sulla morte e sulla sua ragione, che viene trovata nella vita stessa. E' una pellicola curata, gli attori sono bravi, la regia attenta: ha un certo spessore.
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il cinefilo
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lunedì 4 aprile 2011
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the dead-gente di dublino
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Il film è ispirato a un romanzo di james Joyce,sceneggiato dal figlio del regista John Huston(Tony Huston)e interpretato,tra i vari attori,anche dalla figlia Anjelica che riesce a dare al suo personaggio un grandissimo spessore melodrammatico che si evince con chiarezza solamente nella sua"confessione d'amore"finale per un ragazzo defunto molti anni prima.
Il film sembra voler descrivere,attraverso la lunghissima sequenza della festa di natale in cui i signori e le signore si ritrovano uniti con i loro pregi e difetti,alcune particolarità umane e psicologiche della cosiddetta"buona società"irlandese...accennando anche a tematiche come politica e religione.
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Il film è ispirato a un romanzo di james Joyce,sceneggiato dal figlio del regista John Huston(Tony Huston)e interpretato,tra i vari attori,anche dalla figlia Anjelica che riesce a dare al suo personaggio un grandissimo spessore melodrammatico che si evince con chiarezza solamente nella sua"confessione d'amore"finale per un ragazzo defunto molti anni prima.
Il film sembra voler descrivere,attraverso la lunghissima sequenza della festa di natale in cui i signori e le signore si ritrovano uniti con i loro pregi e difetti,alcune particolarità umane e psicologiche della cosiddetta"buona società"irlandese...accennando anche a tematiche come politica e religione.
L'aspetto veramente interessante,però,resta il bellissimo finale(e dei quali tutti i fatti precedente appaiono quasi solamente come una messa in scena tesa a una mera"preparazione"artistica circa gli ultimi pensieri espressi dal marito della protagonista)dove la riflessione sulla vita e sulla morte si"mescola"alle immagini delle campagne vicine a Dublino avvolte dalla neve.
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mirror
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lunedì 15 novembre 2010
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uno dei capolavori del cinema
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Il racconto di Joyce da cui è stato tratto il libro è una delle opere letterarie più belle e poetiche che esistano in occidente. Huston ha rischiato grosso ma prima di morire ha tirato fuori dal cilindro un'opera che è quasi (o senza quasi) all'altezza del racconto. Gli ultimi 20 minuti sono uno dei momenti più belli e intensi della storia del cinema. Imperdibile per chi ama l'arte. Non adatto a chi vuole il solito intrattenimento commerciale: l'arte non è un mercato
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g. romagna
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domenica 21 marzo 2010
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the dead
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Dublino, inizi del Novecento. Cena di Natale in una dimora della ricca borghesia. Al termine della serata Gretta Conroy rimane rapita nei suoi pensieri udendo una canzone cantata da un tenore presente all’evento. Al ritorno a casa ella spiega al marito il perché di quella commozione: il brano ascoltato era infatti spesso cantato da Michael Fury, un ragazzo che l’aveva amata da giovane e che, già malato, era morto a soli diciassette anni dopo averla a lungo attesa al gelo sotto casa di lei avendola saputa in partenza. Tratto dall’omonima novella di James Joyce contenuta nella raccolta Gente di Dublino, The Dead è un piccolo, breve e semplice gioiellino cinematografico regalatoci da Huston poco prima di morire.
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Dublino, inizi del Novecento. Cena di Natale in una dimora della ricca borghesia. Al termine della serata Gretta Conroy rimane rapita nei suoi pensieri udendo una canzone cantata da un tenore presente all’evento. Al ritorno a casa ella spiega al marito il perché di quella commozione: il brano ascoltato era infatti spesso cantato da Michael Fury, un ragazzo che l’aveva amata da giovane e che, già malato, era morto a soli diciassette anni dopo averla a lungo attesa al gelo sotto casa di lei avendola saputa in partenza. Tratto dall’omonima novella di James Joyce contenuta nella raccolta Gente di Dublino, The Dead è un piccolo, breve e semplice gioiellino cinematografico regalatoci da Huston poco prima di morire. La prima ora della pellicola è prettamente introduttiva (non succede nulla, salvo due fugaci rimandi al cuore narrativo comprensibili solo ex-post) ma scivola via gradevolmente, lasciandoci agli ultimi venti minuti in cui si concentra l’intera vicenda con un’intensità e pacatezza tale da conferire al lavoro tutta la dignità per cui occorre ricordarlo. Il flusso di coscienza con cui ci lascia il marito di Gretta è poi terribilmente commovente e fedele al testo di Joyce: un amaro inno all’amore vero, pieno, sincero, totalizzante ed alle potenzialità tristemente sprecate della vita, così ben simboleggiate da quella neve, che, tenue e costante, copre cadendo indifferentemente tutti, vivi e morti... Sobrio, pacato, commovente, fatto di immagini semplici e parole significative (nemmeno il cuore della vicenda si avvale di alcun flashback visivo), The Dead ha tutti gli elementi necessari a rendere grande un film. Joyce, del resto, è una garanzia, ed il contributo registico di un cineasta capace come Huston non poteva che creare un risultato così stilisticamente elevato, anomalo e bello proprio per la sua spontanea semplicità.
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darkangel - 35anni
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giovedì 12 febbraio 2009
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che dire? non mi e' piaciuto
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Non mi ha colpito per niente trovandolo cosi' noioso. Fosse per me gli darei 1 stella, ma visto che a quanto pare sono io quello diverso che non l'ho capito e amato, mi limito a 2 stelle.
PS Non guardo solo film d'azione hollywoodiani per capirci, spazio dagli anni 30 ad oggi su tutti i generi, tranne i musical.
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antonio
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domenica 6 gennaio 2008
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oggi è la festa dell'epifania.
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L’Epifania, c’è ancora l’atmosfera natalizia, la neve che copre l’Irlanda, la festa sulla quale si aggira per l’intero arco del film l’ombra della morte, come se questa non fosse la cessazione della vita, bensì la sua naturale continuazione. Si parla di papi, di monaci che dormono nelle loro bare, di canto e di musica, tutto, però sussurrato durante le splendide scene della cena, interrogandosi sul mistero della morte. I rimpianti risalgono dal passato simili a fantasmi che non ci lasciano mai, ci accompagnano per tutta la vita e ci fanno avvicinare alla rassegnata presa di coscienza della morte e delle sue ombre. Un film con un’atmosfera terribilmente triste, cosciente però della misteriosa e inesplicabile condizione umana.
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L’Epifania, c’è ancora l’atmosfera natalizia, la neve che copre l’Irlanda, la festa sulla quale si aggira per l’intero arco del film l’ombra della morte, come se questa non fosse la cessazione della vita, bensì la sua naturale continuazione. Si parla di papi, di monaci che dormono nelle loro bare, di canto e di musica, tutto, però sussurrato durante le splendide scene della cena, interrogandosi sul mistero della morte. I rimpianti risalgono dal passato simili a fantasmi che non ci lasciano mai, ci accompagnano per tutta la vita e ci fanno avvicinare alla rassegnata presa di coscienza della morte e delle sue ombre. Un film con un’atmosfera terribilmente triste, cosciente però della misteriosa e inesplicabile condizione umana. Un finale denso di emozione, giusto epilogo al racconto apparentemente insignificante che si svolge per tutto il film. La morte è il naturale epilogo della vita, intesa questa come storia di rimpianti, amarezze, rimorsi, specialmente se quest’analisi avviene al limite dell’età, quando John Huston, affascinato da questo racconto tratto da Joice, volle consegnare ad esso quello che si può definire il testamento spirituale di un uomo che si dichiarava solo apparentemente ateo, senza rendersi conto di essersi avvicinato così tanto al mistero della Fede. Suggestive le musiche, ottime le interpretazioni di Anjelica Huston e Donal McCann. È uno dei migliori film che abbia mai visto. Un finale di vera Poesia.
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