ziogiafo
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martedì 25 novembre 2008
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un’appassionante storia di un uomo solo…
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ziogiafo - L'ultimo Imperatore – Cina/Francia/Gran Bretagna/Italia, 1987 - Il maestro Bernardo Bertolucci, rappresenta sicuramente uno degli esponenti italiani più autorevoli a livello mondiale, della cosiddetta cinematografia «dell’impegno», regista e sceneggiatore di rilievo che mosse i suoi primi passi nella «settima arte» da giovanissimo, come assistente di Pier Paolo Pasolini, che lo guidò durante le sue prime esperienze. «L'ultimo imperatore» è un film altamente spettacolare, un kolossal, diretto in maniera egregia dal famoso regista italiano, maestro del genere, abituato a gestire in maniera sapiente le grandi masse di attori e comparse nei vari set cinematografici da lui coordinati, sempre con grandi risultati… la sua importante filmografia lo conferma ampiamente.
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ziogiafo - L'ultimo Imperatore – Cina/Francia/Gran Bretagna/Italia, 1987 - Il maestro Bernardo Bertolucci, rappresenta sicuramente uno degli esponenti italiani più autorevoli a livello mondiale, della cosiddetta cinematografia «dell’impegno», regista e sceneggiatore di rilievo che mosse i suoi primi passi nella «settima arte» da giovanissimo, come assistente di Pier Paolo Pasolini, che lo guidò durante le sue prime esperienze. «L'ultimo imperatore» è un film altamente spettacolare, un kolossal, diretto in maniera egregia dal famoso regista italiano, maestro del genere, abituato a gestire in maniera sapiente le grandi masse di attori e comparse nei vari set cinematografici da lui coordinati, sempre con grandi risultati… la sua importante filmografia lo conferma ampiamente. Siamo nel 1909, il film parte dalla vita del principino cinese Pu Yi, (piccolo erede al trono), un bambino di appena tre anni (figlio del principe Chun) che viene condotto nella «Città proibita» per essere incoronato come nuovo Imperatore della Cina. Dopo la sontuosa cerimonia il bambino viene tenuto quasi come un prigioniero nell’austera città imperiale, dove cresce sotto il “controllo” di balie e servitori ambigui. Con gli anni Pu Yi, viene affidato ad importanti educatori, in particolare allo scozzese Sir Reginald Johnston, - un superlativo Peter O'Toole - che ne farà un uomo colto e raffinato, scuotendone la coscienza sociale e politica. All’Imperatore Pu Yi (John Lone), dopo una serie di vicissitudini, gli viene affidato il regno della Manciuria, che amministrerà in maniera fittizia, in quanto gli arroganti giapponesi invasori lo avevano collocato in quel ruolo come “fantoccio” di uno stato inesistente. Pu Yi, pur essendo cosciente di avere nemici ovunque si ribella al potere nipponico, cercando di mantenere l’indipendenza della Manciuria per non farla diventare una colonia giapponese. Al termine della guerra nel 1945, Pu Yi, purtroppo, sarà abbandonato da tutti alla sua crudele sorte… verrà catturato dai Russi che lo metteranno in carcere per molto tempo, rilasciandolo dopo anni, “trasformato” e disorientato, secondo i dettami della nascente società comunista di Mao Tse-Tung. Pu Yi, vivrà in seguito come un uomo comune, continuando a subire umiliazioni, confinato come criminale di guerra a Pechino nella sua ex reggia a fare il giardiniere. Storia di un uomo perennemente prigioniero, prima fra le “sue” mura prestigiose, poi in un triste esilio imposto dagli eventi storici che ne distrussero totalmente l’esistenza. Bravissimo John Lone, straordinario nel suo ruolo, che riesce a mettere in risalto la complessa psicologia del tormentato protagonista del film. «L'ultimo Imperatore», è un capolavoro giustamente pluripremiato, che offre - grazie alla magnifica arte del maestro Bertolucci - indimenticabili e maestose scene di questa appassionante storia vera, in uno spettacolo unico, sulle eleganti e struggenti note del grande Ryuichi Sakamoto. Un’appassionante storia di un uomo solo… Da rivedere assolutamente! Cordialmente,ziogiafo
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antonio canzoniere
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martedì 25 settembre 2012
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il trionfo di bertolucci
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La storia dell’ultimo imperatore cinese Pu Yi (1906-1967), monarca bambino diventato poi uomo comune sotto la Repubblica Popolare Cinese. Bertolucci alza il tiro e partendo come una mitragliatrice, non sbaglia neanche volendo. Questa volta però il più grande sessantottino italiano mostra una realtà opposta a quella narrata di solito: dai possenti melodrammi in bilico tra passione ed ideologia qui si ha invece una storia dove il comunismo è visto come risvolto negativo, qualcosa che toglie, anziché dare qualcosa in cui credere. Lo straordinario John Lone è Pu Yi, autentica maschera pirandelliana del film, che nata nello splendore, desidera rimanerci in virtù di principi dinastici che per tutti sono formalità, per lui, marchi a vita.
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La storia dell’ultimo imperatore cinese Pu Yi (1906-1967), monarca bambino diventato poi uomo comune sotto la Repubblica Popolare Cinese. Bertolucci alza il tiro e partendo come una mitragliatrice, non sbaglia neanche volendo. Questa volta però il più grande sessantottino italiano mostra una realtà opposta a quella narrata di solito: dai possenti melodrammi in bilico tra passione ed ideologia qui si ha invece una storia dove il comunismo è visto come risvolto negativo, qualcosa che toglie, anziché dare qualcosa in cui credere. Lo straordinario John Lone è Pu Yi, autentica maschera pirandelliana del film, che nata nello splendore, desidera rimanerci in virtù di principi dinastici che per tutti sono formalità, per lui, marchi a vita. Con la sua performance, supportata dalle possente sceneggiatura del grande B.B., ci regala un ritratto decadentista di un uomo che sconvolto dagli avvenimenti, smarrisce la sua strada diventando (o meglio rimanendo) un fantoccio per esseri più scaltri e perfidi di lui. Una figura umana che lascia perplessi: in quanto protagonista, si fa amare, ma in quanto uomo, ci si trova indispettiti al suo confronto. Eppure, sotto la sua facciata, questo piccolo grande uomo sogna la libertà che non gl’è mai stata concessa. Aveva tutto: un precettore che divenne un padre, due mogli, uno stuolo di servitori infiniti, un piccolo mondo, quello della Città Proibita. Ma era il ragazzo più solo della terra. La storia mondiale fa da sfondo epico ma come nella migliore tradizione di Bertolucci, è l’intimo a prevalere e la galleria di personaggi ne è la prova: la moglie, che ricorda molto la Sanda di Novecento e che diventerà anche lei un’involontaria pedina di sottomissione nel gioco dei giapponesi; il precettore (eccellente O’Toole), che in virtù di una morale occidentale, tornerà in Europa desideroso di lasciare quel mondo fasullo, portando in cuore il ricordo del suo infelice alunno e infine la seconda moglie, che desiderando libertà, fuggirà con un americano da Hong Kong. Cinefilissimo anche questo kolossal: la presenza del grande O’Toole infatti, è già un atto d’amore al cinema di David Lean, di cui vengono citati sottilmente soprattuttoIl ponte sul fiume Kwai, Lawrence d’Arabia e con qualche reminiscenza,Il dottor Zivago; Kurosawa nella gestione dei grandi spazi della Città Proibita. In Pu Yi qualcosa di Ran si nota eccome. Glorificato con 8 Oscar!: film, regia (finalmente!), sceneggiatura non originale, fotografia (3° premio a Storaro), musica per l’immenso Sakamoto qui anche attore, scenografia per Scarfiotti, costumi, sonoro e montaggio. Questo non è cinema alla grande ma grande puro cinema!
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the_film_collector
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domenica 11 agosto 2013
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fascino , immensità e goliardia dell'impero cinese
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Film-capolavoro di Bernardo Bertolucci nel quale narra in modo caldo e vivido , senza risparmiare colori , seta , e architetture magnifiche l'immensità e la goliardia di un'impero ( quello cinese ) forgiato con fascino e incanto nei secoli , dominato dal personaggio chiave dell' imperatore , l'ultimo di una regale dinastia ricca di tradizione e storia. Racconta la vita di quest'ultimo venerato come una divinità , dalla sua iniziazione fino al suo apice , percorrendo con imponenza i cerimoniali e le usanze dell'epoca prima che la Cina stessa poco a poco si trasformasse da uno stato tradizionale ad uno moderno , e con abile stile registico ne sottolinea gradualmente i passaggi fondamentali.
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Film-capolavoro di Bernardo Bertolucci nel quale narra in modo caldo e vivido , senza risparmiare colori , seta , e architetture magnifiche l'immensità e la goliardia di un'impero ( quello cinese ) forgiato con fascino e incanto nei secoli , dominato dal personaggio chiave dell' imperatore , l'ultimo di una regale dinastia ricca di tradizione e storia. Racconta la vita di quest'ultimo venerato come una divinità , dalla sua iniziazione fino al suo apice , percorrendo con imponenza i cerimoniali e le usanze dell'epoca prima che la Cina stessa poco a poco si trasformasse da uno stato tradizionale ad uno moderno , e con abile stile registico ne sottolinea gradualmente i passaggi fondamentali.
Nella parte iniziale il film sà contrastare sapientemente il serioso e dignitoso contesto storico con scene che fanno sorridere, in cui il piccolo imperatore che non comprende appieno le sue facoltà , " scherza " con il suo vasto potere , fino a rendersi conto gradualmente della realtà e della sua gravosa responsabilità.
Interessante come il film sottolinei fra le righe che un uomo seppur potente imperatore , possa vivere in una " gabbia d'oro " anche se splendida , preziosa e magnifica facendo riflettere sul significato della libertà e talvolta sul suo paradossale senso.
A me personalmente ha fatto riflettere sul potere che si può concedere ad un'uomo , il quale può essere innalzato con grandiosità fino ad essere definito figlio del cielo , ma fondamentalmente esso non può che confrontarsi comunque con le sue grandi fragilità ed emozioni umane in contrasto tra sofferenze , gioie ed emozioni , con le sue battaglie e sfide da combattere e quindi , anche se elevato dal potere rimane pur sempre un'uomo e la sua alta carica non gli impedisce di soffrire o di patire delusioni ed amarezze.
Una pellicola sublime , un must-have per chi ama l'oriente , le sue tradizioni , i suoi costumi nonché la sua affascinante storia. Non per niente ha vinto ben 9 Oscar ! Per chi non l'avesse fatto e cerca l ' " ispirazione " , spero di avergliene fornita a sufficienza perchè il film merita davvero di essere visto.
Una pellicola sublime , un must-have per chi ama l'oriente , le sue tradizioni , i suoi costumi nonché la sua affascinante storia. Non per niente ha vinto ben 9 Oscar ! Per chi non l'avesse fatto e cerca l ' " ispirazione " , spero di avergliene fornita a sufficienza perchè il film merita davvero di essere visto.
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[+] ciao " the film collector" ... forse non sai ...
(di giofredo')
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shiningeyes
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lunedì 22 aprile 2013
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fastoso e immenso (come la cina)
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Fastosissimo e complesso kolossal che narra le vicende dell'ultimo imperatore cinese Pu Yi, incoronato a soli due anni, per passare poi, una vita di solitudine e scherno.
Si, perché nonostante Pu Yi sia il padrone assoluto di quella terra vasta che è la Cina, esso è limitato dalle questioni politiche che stanno cambiando il paese(non più un impero), facendogli “possedere” solo quella meravigliosa città proibita, che è anche segno della sua prigionia, non potendo, per legge, uscire da lì. Crescendo, Pu Yi, avrà una sfrenata voglia di libertà, ma al tempo stesso vorrà sempre mantenere quei vizi e formalità regali a cui è sempre stato abituato e verrà abbindolato dai finti amici giapponesi per la sua ingenuità, finendo poi col perdere tutti gli agi che ha avuto e rendersi inconsapevole complice delle barbarie loro in Manciura, finendo poi in galera per poi uniformarsi alla Cina comunista di Mao.
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Fastosissimo e complesso kolossal che narra le vicende dell'ultimo imperatore cinese Pu Yi, incoronato a soli due anni, per passare poi, una vita di solitudine e scherno.
Si, perché nonostante Pu Yi sia il padrone assoluto di quella terra vasta che è la Cina, esso è limitato dalle questioni politiche che stanno cambiando il paese(non più un impero), facendogli “possedere” solo quella meravigliosa città proibita, che è anche segno della sua prigionia, non potendo, per legge, uscire da lì. Crescendo, Pu Yi, avrà una sfrenata voglia di libertà, ma al tempo stesso vorrà sempre mantenere quei vizi e formalità regali a cui è sempre stato abituato e verrà abbindolato dai finti amici giapponesi per la sua ingenuità, finendo poi col perdere tutti gli agi che ha avuto e rendersi inconsapevole complice delle barbarie loro in Manciura, finendo poi in galera per poi uniformarsi alla Cina comunista di Mao.
Una storia epica quanto triste, che ci spiega anche dei cambiamenti di una nazione così attaccata alle sue millenarie tradizioni; tradizioni che sono uno specchio ingannatore di un popolo che faticosamente decide di stare al passo con i tempi.
Bertolucci ci regala un grande esempio di cinema, filmandoci anche le bellissime e ultra riservate locations della Città proibita, i fantastici e coloratissimi costumi delle migliori sete della zona; ci offre una visione mastodontica della grandiosità esterna della Cina e ci fa sentire le malinconiche e armoniose musiche di Sakamoto. Certo, a volte lo sbadiglio ci sta in un'opera di così grande tradizione e di vecchiume di una durata non indifferente (due ore e mezza), ma merita senz'altro tutti i riconoscimenti che ha avuto, a parte forse, il riconoscimento più importante che deve portare via il film allo spettatore: il cuore.
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great steven
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venerdì 18 luglio 2014
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dalla magnificenza alla banalità: un'epica discesa
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L'ULTIMO IMPERATORE (IT, 1987) diretto da BERNARDO BERTOLUCCI. Interpretato da JOHN LONE – JOAN CHEN – PETER O'TOOLE – VICTOR WONG – DENNIS DUN – RYUICHI SAKAMOTO § Sterminato affresco di oltre mezzo secolo di storia cinese, dalla designazione (1906) di Pu-Yi, bambino di tre anni, come imperatore della Cina, fino alla sua morte come semplice giardiniere nell’orto botanico di Pechino e cittadino qualunque della Repubblica Popolare Cinese. Dai fasti della Città Proibita all’esilio dorato, dalla prigione in Siberia ai campi di rieducazione politica nella Cina di Mao, passando attraverso l’intesa con il Giappone in un disperato tentativo di ritornare sul trono.
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L'ULTIMO IMPERATORE (IT, 1987) diretto da BERNARDO BERTOLUCCI. Interpretato da JOHN LONE – JOAN CHEN – PETER O'TOOLE – VICTOR WONG – DENNIS DUN – RYUICHI SAKAMOTO § Sterminato affresco di oltre mezzo secolo di storia cinese, dalla designazione (1906) di Pu-Yi, bambino di tre anni, come imperatore della Cina, fino alla sua morte come semplice giardiniere nell’orto botanico di Pechino e cittadino qualunque della Repubblica Popolare Cinese. Dai fasti della Città Proibita all’esilio dorato, dalla prigione in Siberia ai campi di rieducazione politica nella Cina di Mao, passando attraverso l’intesa con il Giappone in un disperato tentativo di ritornare sul trono. Vicenda straordinaria di una solitudine, l’infruttuoso combattimento di un uomo ambizioso ma fragile contro la Storia, nel vano aggrapparsi a rituali millenari, il tutto mirabilmente diretto da un eccezionale Bertolucci in una pellicola che ha conquistato nove premi Oscar: film, regista, sceneggiatura adattata con Mark Peploe ed Enzo Ungari basata sulle memorie di Pu-Yi e su quelle di Reginald Johnstone (un bravissimo e parco P. O’Toole), il suo istitutore scozzese, fotografia (Vittorio Storaro), montaggio (G. Cristiani), colonna musicale (Ryuichi Sakamoto, David Byrne e Cong Su), scenografie (Ferdinando Scarfiotti, Osvaldo Desideri, Bruno Cesari), costumi (James Acheson), sonoro (Bill Rowe, Ivan Sharrock). Tragitto di un uomo dall’onnipotenza alla normalità, dall’oscurità della nevrosi al lume della quotidianità, ma anche parabola di un attore coatto, di qualcuno obbligato – fanciullo da compatrioti, adulto dai giapponesi aggressori – a recitare una parte che, in fondo, gradisce. Cinema alla grande e talora eccelso cinema. Nella prima parte, la più operistica, bloccata nel regno imperativo isolato e superprotetto, il regista deve arginare le trappole del kolossal in costume, nella seconda gli ostacoli vigili e rigorosi del bio-pic agiografico. Il film più accademico e armonioso di Bertolucci, sicuramente quello in cui la sua verve produttiva e immaginativa e il suo estro tranquillizzante e proteiforme trovano la piena diffusione delle proprie molteplicità espressive. J. Lone è doppiato da Giancarlo Giannini. Nel 1998 B. B. autorizzò una nuova versione di 219 minuti, 59 in più di quella europea, 80 in più di quella statunitense.
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dario fireman
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lunedì 31 dicembre 2012
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dall'onnipotenza"cinese",alla normalità"popolare"
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Il kolossal del maestro Bernardo Bertolucci non ha certo bisogno di sponsorizzazioni, dopo gli innumerevoli premi Oscar conseguiti. E' la storia di un bambino "nato" imperatore cinese, che nei vari cambiamenti storici che hanno afflitto la sua terra, si ritrova solo e dimenticato da tutti. Trattato prima con assoluta sovranità, dove ogni suo desiderio era un ordine ad una normalità che lo rende un "semplice" cinese. L'imperatore difenderà in tutti i modi l'indipendenza della sua Manchuria, dagli attacchi giapponesi che invasero il territorio. Più avanti si inchinerà anche all'evolversi del movimento popolare cinese, con a capo Mao Tse-Tung. Magnifica interpretazione di Peter O'Toole nella parte del diplomatico britannico al servizio di sua maestà l'imperatore.
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Il kolossal del maestro Bernardo Bertolucci non ha certo bisogno di sponsorizzazioni, dopo gli innumerevoli premi Oscar conseguiti. E' la storia di un bambino "nato" imperatore cinese, che nei vari cambiamenti storici che hanno afflitto la sua terra, si ritrova solo e dimenticato da tutti. Trattato prima con assoluta sovranità, dove ogni suo desiderio era un ordine ad una normalità che lo rende un "semplice" cinese. L'imperatore difenderà in tutti i modi l'indipendenza della sua Manchuria, dagli attacchi giapponesi che invasero il territorio. Più avanti si inchinerà anche all'evolversi del movimento popolare cinese, con a capo Mao Tse-Tung. Magnifica interpretazione di Peter O'Toole nella parte del diplomatico britannico al servizio di sua maestà l'imperatore. Un film impegnativo e ricco di significati, che nel superficiale cinema del nuovo millennio e dei pochi grandissimi registi, fa più che la differenza.
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kwisatzhaderach
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martedì 1 aprile 2014
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la potenza delle immagini
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Film meraviglioso, che avvinghia sin dalle prime immagini, l'Ultimo Imperatore è probabilmente l'opera più colossale di Bernardo Bertolucci. Tratta dal libro autobiografico di colui che fu l'ultimo imperatore del Celeste Impero, "Sono stato imperatore" di Aisin Gioro Pu Yi, la pellicola ripercorre 50 anni di storia contemporanea vista attraverso gli occhi di uno dei protagonisti che forse è troppo definire marginale, e lo fa con sfruttando la potenza delle immagini per raccontare gli eventi che, dalla rivoluzione di Sun-Yat-Sen a quella di Mao Tse-Tung, hanno cambiato per sempre un paese. E' un film da ascoltare, non solo da vedere, specialmente durante le fasi dell'incoronazioni di Pu Yi, che alla tenera età di tre anni viene strappato alla famiglia e condotto al cospetto dell'Imperatrice Vedova Cixi per diventare l'ultimo imperatore dei 10.
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Film meraviglioso, che avvinghia sin dalle prime immagini, l'Ultimo Imperatore è probabilmente l'opera più colossale di Bernardo Bertolucci. Tratta dal libro autobiografico di colui che fu l'ultimo imperatore del Celeste Impero, "Sono stato imperatore" di Aisin Gioro Pu Yi, la pellicola ripercorre 50 anni di storia contemporanea vista attraverso gli occhi di uno dei protagonisti che forse è troppo definire marginale, e lo fa con sfruttando la potenza delle immagini per raccontare gli eventi che, dalla rivoluzione di Sun-Yat-Sen a quella di Mao Tse-Tung, hanno cambiato per sempre un paese. E' un film da ascoltare, non solo da vedere, specialmente durante le fasi dell'incoronazioni di Pu Yi, che alla tenera età di tre anni viene strappato alla famiglia e condotto al cospetto dell'Imperatrice Vedova Cixi per diventare l'ultimo imperatore dei 10.000 anni, il cui destino, tanto favoloso, finisce per trasformarsi ben presto nel dramma di un uomo che, pur essendo in grado di sognare, è solo e sfruttato da giochi di palazzo e di potere. 9 oscar pienamente meritati per un film che è entrato nell'immaginario collettivo e che fu il primo, tra quelli girati da registi occidentali, a ricevere il permesso dal governo cinese per essere realizzato dentro il meraviglioso palazzo proibito, nel cuore di Pechino. Una storia che invita a riflettere e che resta di importanza campale nella storia recente della Cina, e che i dirigenti comunisti probabilmente dovettero apprezzare, visto che preferirono chiudere il palazzo alla regina Elisabetta II, giunta in Cina in visita, pur di lasciarlo al nostro regista, il quartultimo italiano, in ordine cronologico, a ricevere il meritatissimo oscar.
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filippo catani
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giovedì 19 febbraio 2015
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l'uomo più solo della cina
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Il film ripercorre la vita di Pu Yi e cioè dell'ultimo imperatore cinese. Dalla sua incoronazione alla tenera età di tre anni fino alla morte passando per gli anni di prigionia e rieducazione.
Ci troviamo davanti a quello che possiamo letteralmente definire un capolavoro. Non risulta infatti esserci una sola cosa fuori posto. La storia è bella e appassionante e tocca tutte le corde di un personaggio che ha vissuto un'esistenza incredibile e che lo ha portato a essere da imperatore a un cittadino comune. Terribili per lui gli anni di reclusione dentro la Città proibita (il suo precettore parlerà infatti di lui come dell'uomo più solo della Cina) così come tragici furono i tentativi per tornare imperatore passando dalla parte dei giapponesi.
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Il film ripercorre la vita di Pu Yi e cioè dell'ultimo imperatore cinese. Dalla sua incoronazione alla tenera età di tre anni fino alla morte passando per gli anni di prigionia e rieducazione.
Ci troviamo davanti a quello che possiamo letteralmente definire un capolavoro. Non risulta infatti esserci una sola cosa fuori posto. La storia è bella e appassionante e tocca tutte le corde di un personaggio che ha vissuto un'esistenza incredibile e che lo ha portato a essere da imperatore a un cittadino comune. Terribili per lui gli anni di reclusione dentro la Città proibita (il suo precettore parlerà infatti di lui come dell'uomo più solo della Cina) così come tragici furono i tentativi per tornare imperatore passando dalla parte dei giapponesi. Difficili anche i rapporti con la moglie anche a causa dell'utilizzo dell'oppio. Bellissime anche le sequenze in cui l'ormai ex imperatore deve dimostrare ai carcerieri comunisti di essersi rieducato. Detto questo c'è la perfezione delle inquadrature, della fotografia, dei vestiti, le ricostruzioni storiche, un cast sopraffino e per non farsi mancare nulla anche una straordinaria colonna sonora. Insomma il film che fece letteralmente e giustamente passare Bertolucci alla storia e sicuramente quello che è stato il suo capolavoro.
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