blackandwhite
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domenica 4 febbraio 2018
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una commedia "politica"
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E' una commedia piacevole, ma affronta temi importanti e ancora attuali, come:
il pericolo dell'energia atomica;
il potere e i suoi eccessi;
il controllo e la dissuasione delle masse operato dal potere per la conservazione dei suoi interessi;
i monopoli economici, testimoni della mancata realizzazione del libero mercato proposto dai teorici del capitalismo;
i media strumentalizzati e le false notizie;
il capitalismo che implica che ormai si fa tutto solo per denaro e tutto è falso, gonfiato e privo di valore reale, tutto ridotto al ridicolo;
il consumismo e la sua martellante e banale pubblicità;
il disorientamento della donna dopo la perdita del suo ruolo naturale nella famiglia;
la mancata attuazione dei propositi di libertà e uguaglianza delle costituzioni;
la distruzione della dignità stessa delle persone, subordinate ora ad assurde ragioni economiche e politiche, che ha creato una società insopportabile per le gente di valore, impotente e costretta ormai solo a fuggire.
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E' una commedia piacevole, ma affronta temi importanti e ancora attuali, come:
il pericolo dell'energia atomica;
il potere e i suoi eccessi;
il controllo e la dissuasione delle masse operato dal potere per la conservazione dei suoi interessi;
i monopoli economici, testimoni della mancata realizzazione del libero mercato proposto dai teorici del capitalismo;
i media strumentalizzati e le false notizie;
il capitalismo che implica che ormai si fa tutto solo per denaro e tutto è falso, gonfiato e privo di valore reale, tutto ridotto al ridicolo;
il consumismo e la sua martellante e banale pubblicità;
il disorientamento della donna dopo la perdita del suo ruolo naturale nella famiglia;
la mancata attuazione dei propositi di libertà e uguaglianza delle costituzioni;
la distruzione della dignità stessa delle persone, subordinate ora ad assurde ragioni economiche e politiche, che ha creato una società insopportabile per le gente di valore, impotente e costretta ormai solo a fuggire.
Memorabile la scena del dialogo tra il Re interpretato da Chaplin e il piccolo anarchico figlio di comunisti, in una scuola americana pretenziosamente progressista.
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greatsteven
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lunedì 2 ottobre 2017
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per l'ultima volta... chapeau all'ormai ex charlot
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UN RE A NEW YORK (UK, 1957) diretto da CHARLES S. CHAPLIN. Interpretato da CHARLES S. CHAPLIN, DAWN ADDAMS, OLIVER JOHNSTON, MICHAEL CHAPLIN
Il monarca europeo Shedov, sovrano del (fantomatico) stato di Estrovia, in seguito ad un moto insurrezionale popolare dovuto a certi suoi piani atomici, è costretto a riparare a New York insieme al fedele primo ministro Gémier. Scopre, appena ricevuti i fotografi, i giornalisti e le accoglienze di rito, che la stragrande maggioranza delle sue ricchezze son finite nelle mani dei suoi ex collaboratori che l’hanno tradito, appoggiando il popolo rivoluzionario.
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UN RE A NEW YORK (UK, 1957) diretto da CHARLES S. CHAPLIN. Interpretato da CHARLES S. CHAPLIN, DAWN ADDAMS, OLIVER JOHNSTON, MICHAEL CHAPLIN
Il monarca europeo Shedov, sovrano del (fantomatico) stato di Estrovia, in seguito ad un moto insurrezionale popolare dovuto a certi suoi piani atomici, è costretto a riparare a New York insieme al fedele primo ministro Gémier. Scopre, appena ricevuti i fotografi, i giornalisti e le accoglienze di rito, che la stragrande maggioranza delle sue ricchezze son finite nelle mani dei suoi ex collaboratori che l’hanno tradito, appoggiando il popolo rivoluzionario. Shedov s’aspetta di ricevere in quella che considera la sua nuova patria un benvenuto caloroso e una permanenza tranquilla, ma passa poco tempo e le sue giornate vengono complicate da quattro persone che non si aspettava di incontrare: la regina di Estrovia, la moglie di Shedov, che lo raggiunge in America, molto più giovane di lui, per chiedere il divorzio, salvo poi ripensarci in extremis e chiedergli di andarle a far visita a Parigi; Anna Kay, invadente rappresentante di dentifrici e deodoranti, che coinvolge il re detronizzato in vari spot pubblicitari realizzati e trasmessi dalla TV ad insaputa del monarca e lo spinge ad un intervento chirurgico che ne ringiovanisca il volto, ma che poi viene rimosso; Johnson, fastidioso agente pubblicitario che reclamizza formaggi e whiskey e che propone a Shedov di girare caroselli molto banali per i quali gli promette però incassi da favola (che Shedov è tuttavia obbligato ad accettare per rimpinguare le sue finanze, avendo in banca a malapena 915 dollari); Rupert McAbin, insolente bambino scozzese precocemente geniale, membro di una scuola che adotta metodi educativi poco convenzionali e figlio di sovversivi ricercati dalla Polizia Federale. Sarà proprio il rapporto imprevisto, ma alla fine costruttivo, con questo frugoletto, a dare a Shedov i peggiori grattacapi: i genitori di Rupert, insegnanti condannati al carcere per disprezzo verso il Congresso mai poi usciti grazie ad una condizionale, coinvolgono lo stesso regnante in un processo che, da un lato lo taccia di comunismo, ma dall’altro, come gli fa notare Anna Kay, l’ha reso pure l’uomo più popolare della nazione. Comunque, spossato da tutti questi eventi in cui sperava di non incappare, Shedov è libero di far ciò che vuole e dunque sceglie di tornare in Europa, dopo aver ricevuto la lettera della consorte che rinuncia a domandargli gli alimenti. Ma, prima di imbarcarsi sull’aereo di ritorno, un saluto a Rupert, tristissimo per la sorte toccata a papà e mamma, sarà d’obbligo. Com’è logico supporre, almeno per chi conosce la biografia del celeberrimo attore-regista, il film non fu girato negli USA, ma in Europa, in quanto Chaplin fu espulso nel 1952 dal suo Paese d’adozione per presunte simpatie filo-comuniste. Fu la sua quarta pellicola parlata e l’ultima girata in bianco e nero. Non è all’altezza di La febbre dell’oro, Luci della città o Tempi moderni, ma se è per questo nemmeno di Monsieur Verdoux, eppure non si può negare al suo autore di essersi voluto prendere una meritata e vittoriosa rivincita nei confronti del Paese che lo accusò senza giustizia né lungimiranza e lo allontanò da sé credendolo un elemento di pericolosità. Shedov, spodestato da un popolo insorgente, diventa oggetto di venerazione da parte dei mass media statunitensi, che tentano di ridicolizzarlo in ogni maniera, perché in fondo è questo il loro unico scopo; è l’occasione, per Chaplin, di puntare il dito contro la sadica e sarcastica vanità di televisione, giornali, pubblicità, cinema e radio americani, il che ci riporta al discorso della rivalsa e permette a colui che ventuno anni prima dismise i panni di Charlot (intramontabile e memorabile personaggio) di ampliare la propria lunghissima parabola artistica (e, perché no?, pure autobiografica) con una polemica veemente ma saggia sullo strapotere dei mezzi di comunicazione di massa, che possono sì accanirsi perfino contro un sovrano che ormai è stato privato del suo ruolo e della sua autorità, ma sono impediti dalla loro stessa fatuità e inconsistenza di portare a compimento ogni loro singolo obiettivo perché possono a malapena avvicinarsi mediocremente alla verità senza mai afferrarla del tutto. Doppiato in modo magistrale dal compianto Augusto Marcacci, il regista non pretende, come già ribadito, di rinverdire i fasti del glorioso passato in terra statunitense, ma, recuperando in parte anche l’orgoglio delle proprie origini britanniche col mezzo filmico e in modo non poi così velato, conquista l’obiettivo non elementare di trarre una satira intelligente che mette a nudo le problematiche, i dogmatismi, le contraddizioni, i torti e gli errori del Paese che inventò la bomba nucleare per poi continuare a fregiarsi del titolo di prima potenza politico-economica mondiale. Almeno finché, di recente, la Cina non prese il suo posto, ma questo è un discorso che nulla c’entra con questa recensione. Qui concentriamoci sul film di un attore sessantottenne che aveva ancora molto da dire, e lo disse con una precisione e una verosimiglianza da rimanere profondamente fieri di lui, per come adottò un linguaggio incapace di offendere chicchessia, un’accusa contro i progetti di bombardamenti atomici (non dimentichiamo che Shedov viene, in fondo, costretto all’esilio perché contrario ai progressi della scienza ad uso e consumo bellico) e il suo naturale amore per le gag che non dimenticano mai i tempi comici né tradiscono il filone narrativo. Ne fanno macchia almeno due: la batteria che "esplode" col suo fracasso sulla testa di Shedov all’inizio, quando è col suo capo del governo nel ristorante, e l’esilarante pompa dell’estintore quando, diretto al tribunale, il suo dito della mano destra vi si incaglia, producendo un clamoroso quanto divertentissimo incidente. A questo punto, Charles S. Chaplin, ormai diventato mito irripetibile, più unico che raro, nel campo internazionale della settima arte, avrebbe potuto risparmiarsi di girare La contessa di Hong Kong, poiché il suo repertorio, con questo A King in New York (non un capolavoro indiscutibile, ma certo un pezzo di bravura che non tutti i registi, per quanto preparati, saprebbero imbastire), era già denso di temi importanti e significativi da consentirgli di salutare il mondo del cinema a testa alta, avendogli dato tutto ciò che poteva offrirgli col suo smisurato genio ed essendo stato autore di sé stesso come nessun altro grazie ad un elenco infinito di meriti inimitabili ed eccezionali che non nascosero mai tuttavia la modestia di un uomo di cinema che sapeva quel che faceva, ma non si diede mai arie da spaccone, né pretese che la sua filmografia costituisse un panegirico indiscriminato dei tempi non certo facili in cui gli toccò di vivere. E con ciò, tanto di cappello al maestro Chaplin!
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renato c.
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giovedì 25 novembre 2010
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chaplin è sempre chaplin (grande!)
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E' il quarto film parlato di Chaplin, ed il terzo in cui non interpreta Charlot (ne "Il grande dittatore" il barbiere ebreo era il classico Charlot!) ed il primo girato in Europa dopo aver lasciato gli Stati Uniti a causa del maccartismo, la "caccia alle streghe" promossa dal senatore Joseph McCarthy sulle attività antiamericane durante la "guerra fredda". E questo film è proprio una satira contro il maccartimo! Chaplin fa una denuncia contro tutte quelle "esagerazioni" di cui parla alla fine del film e di cui egli è stato una delle vittime più illustri assieme ad altri colleghi di Hollywood. McCarthy si era messo in mente che la maggior parte di attori, registi e produttori hollywoodiani fossero comunisti! Chaplin fa la parte di un re di non precisato paese europeo, che scappa in America a causa di una rivoluzione, portandosi tutti beni che aveva, ma il primo ministro gli da una grande fregatura scappando a sua volta in sud-America con tutti i suoi beni.
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E' il quarto film parlato di Chaplin, ed il terzo in cui non interpreta Charlot (ne "Il grande dittatore" il barbiere ebreo era il classico Charlot!) ed il primo girato in Europa dopo aver lasciato gli Stati Uniti a causa del maccartismo, la "caccia alle streghe" promossa dal senatore Joseph McCarthy sulle attività antiamericane durante la "guerra fredda". E questo film è proprio una satira contro il maccartimo! Chaplin fa una denuncia contro tutte quelle "esagerazioni" di cui parla alla fine del film e di cui egli è stato una delle vittime più illustri assieme ad altri colleghi di Hollywood. McCarthy si era messo in mente che la maggior parte di attori, registi e produttori hollywoodiani fossero comunisti! Chaplin fa la parte di un re di non precisato paese europeo, che scappa in America a causa di una rivoluzione, portandosi tutti beni che aveva, ma il primo ministro gli da una grande fregatura scappando a sua volta in sud-America con tutti i suoi beni. A Re Shahdow non rimane che accettare di essere protagonista di spot pubblicitari ai quali è invitato grazie alla sua fama. E qui Chaplin fa una denuncia sull'eccessiva commercializzazione del mondo americano, disposto a pagare fior di dollari per avere un personaggio famoso nella pubblicità, che era stato già ripreso a tradimento in televisione a recitare Amleto, grazie ad una seducente giornalista di cui il re un po' s'innamora. La denuncia più forte viene comunque fatta dal ragazzo interpretato dal figlio di Chaplin, Michael, che praticamente dice pubblicamente quello che forse lo stesso Chaplin pensava e che era inconcepibile nella libera America, che in questo caso adottava metodi non troppo dissimili dalla sua avversaria URSS. Il film termina comunque in modo ottimista "Quando tutte queste esagerazioni saranno finite, tutto andrà meglio". Comunque non tornerà più a lavorare in America, ci tornerà in visita dopo molti anni accolto molto calorosamente e commuovendosi dopo che gli hanno fatto nuovamente indossare la bombetta di Charlot! Anche in questo film la colonna sonora è stata composta dallo stesso Chaplin, che era diventato famoso anche come musicista dopo aver composto la meravigliosa colonna sonora di "Luci della ribalta" (che, a mio avviso rimane il suo capolavoro!). E' un piacevole film basato soprattutto sulla comicità, il numero dei due comici in un locale si rifà completamente allo stile "vecchie comiche" così come la scena finale della pompa dell'acqua in tribunale! Certo che "Tempi moderni" "Il circo", "La febbre dell'oro", ecc. erano un'altra cosa! In ogni caso è un film piacevole, autobiografico, da conservare assieme ai suoi capolavori! Tra l'altro è l'ultimo film interpretato da Chaplin come protagonista!
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luca scialò
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sabato 3 aprile 2010
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critica ai media,al consumismo,alla guerra fredda
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Un Sovrano di uno stato europeo, Re Shahdow, viene destituito da una rivoluzione popolare e fugge in aereo negli Stati Uniti, patria democratica e libera, dove egli cerca pace e riparo. Ma giunto lì ben presto farà i conti con una società caotica, dedita al consumismo e alla futilità, sarà preda dei media e della pubblicità, infine anche di una Commissione d'inchiesta anti-comunista. Conoscerà prima una ragazza, Anna Kay, carina e gentile con lui, ma che in realtà nasconde un secondo fine, ossia sfruttare la classe e il savoir faire del Re per futili pubblicità; poi conoscerà un ragazzino vispo e grande oratore, che nel suo modo di fare nasconde un profondo disagio, legato ai genitori perseguitati da una Commissione perchè iscritti al partito comunista.
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Un Sovrano di uno stato europeo, Re Shahdow, viene destituito da una rivoluzione popolare e fugge in aereo negli Stati Uniti, patria democratica e libera, dove egli cerca pace e riparo. Ma giunto lì ben presto farà i conti con una società caotica, dedita al consumismo e alla futilità, sarà preda dei media e della pubblicità, infine anche di una Commissione d'inchiesta anti-comunista. Conoscerà prima una ragazza, Anna Kay, carina e gentile con lui, ma che in realtà nasconde un secondo fine, ossia sfruttare la classe e il savoir faire del Re per futili pubblicità; poi conoscerà un ragazzino vispo e grande oratore, che nel suo modo di fare nasconde un profondo disagio, legato ai genitori perseguitati da una Commissione perchè iscritti al partito comunista. Del resto, siamo agli inizi della Guerra Fredda.
Con la sua solita e disarmante ironia, Chaplin ne ha per tutti: la società americana solo apparentemente libera ed in fondo ipocrita; il potere della TV che iniziava a prendere piede; l'ossessione della pubblicità; l'aggressività e le menzogne della stampa; l'anticomunismo esasperato americano da un lato e i ridicoli e anacronisti Re dall'altro.
Chaplin ci ha visto lungo per quanto concerne la destituzione dei Re messi a nudo dai loro popoli, anche se ciò in Europa accadrà ai dittatori, e l'aggressività e le manie della televisione.
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piccolo
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sabato 11 aprile 2009
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grande chaplin
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grande chaplin il numero uno questo è stato il suo ultimo film bello da ridere alcune scene tristi è bravissimo il film è da vedere fidatevi
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