samanta
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lunedì 21 ottobre 2019
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carnefice e vittima
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Il film del 1945 ha la regia di John M.Stahl, il regista prima del muto e poi del parlato, morto pochi anni dopo il film ancora giovane, era un solido mestierante di Hollywood con alle spalle numerosi film pregevoli (Lo specchio della vita antesignato nel' esposizione dei problemi razziali e che avrà un remake di successo nel 1959, Le chiavi del Paradiso che lanciò Gregory Peck).
La trama: il film è narrato come un lungo flash back in cui Glen Robie (Ray Collins per intenderci il tenente Tragg della serie Perry Mason) narra le vicende di Ellen Berent (Gene Tierney) che con la madre vedova e la sorellastra (in realtà una cugina adottata) Ruth, conosce in treno Richard scrittore che casualmente è stato invitato insieme ad Ellen e famiglia a casa di Glen come suoi ospiti in uno splendido ranch del West.
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Il film del 1945 ha la regia di John M.Stahl, il regista prima del muto e poi del parlato, morto pochi anni dopo il film ancora giovane, era un solido mestierante di Hollywood con alle spalle numerosi film pregevoli (Lo specchio della vita antesignato nel' esposizione dei problemi razziali e che avrà un remake di successo nel 1959, Le chiavi del Paradiso che lanciò Gregory Peck).
La trama: il film è narrato come un lungo flash back in cui Glen Robie (Ray Collins per intenderci il tenente Tragg della serie Perry Mason) narra le vicende di Ellen Berent (Gene Tierney) che con la madre vedova e la sorellastra (in realtà una cugina adottata) Ruth, conosce in treno Richard scrittore che casualmente è stato invitato insieme ad Ellen e famiglia a casa di Glen come suoi ospiti in uno splendido ranch del West. Ellen si inamora fulmineamente di Richard e rompe immediatamente il fidanzamento con Russel (Vincent Price) e dopo pochi giorni si sposa con Richard all'inizio perplesso e poi affascinato dal lei che fa la moglie perfetta ma che non vuole intrusi in casa. In realtà Richard ha un fratello storpio che uscito dall'ospedale vuole ritornare nella casa che posseggono vicino ad un lago, Ellen malvolentieri acconsente e poi la sua follia scoppia, lascia affogare nel lago Danny che lei incitava a nuotare, poi scoprendo la simpatia che Richard ha per Ruth fa di tutto per allontanarla, incinta temendo che il figlio possa distrarre l'amore del marito abortisce fingendo un incidente, il marito che scopre tutto questo davanti alla sua confessione la lascia. Ma lei si vendica atrocemente: si suicida con il veleno facendo in modo che la colpa ricada su Ruth che viene processata, ma alla fine davanti alla confessione del marito in Tribunale, la ragazza viene assolta e Richard dopo avere scontato 2 anni di prigione per non avere detto subito la verità troverà nell'affetto di Ruth la felicità.
Il film risulta di un'estrema modernità, descrive l'amore esclusivo e possessivo, in questo film prima verso il padre morto improvvisamente (suicida?) e poi verso il marito, amore che non permette alcuna intromissione nel rapporto con l'altro e che è stato richiamato in più film : ad esempio: Obsession con Jessica Lange o Attrazione fatale di Adrian Lyne con Glenn Close; il titolo originale Leave Her to Leaven "lasciala in paradiso (lei e le spine che la pungono)" è scespiriano tratto da l'Amleto. In questo film avvalendosi di una Gene Tierney, validissima attrice oltre che bellissima (ebbe la nomination all'Oscar), il regista narra come le follie lucidamente represse, ad un tratto esplodano nella mente umana, portando a gesti inconsulti e alla propria distruzione. La follia della protagonista consiste nel fatto che l'amore deve essere assoluto e nessuno (neppure un figlio) può entrare in questo recinto esclusivo Della ottima recitazione di Gene Tierney si è già detto, rimane un'attrice tra le migliori del cinema americano e che venne definita la più bella di Hollywood; Gene Tierney 10 anni dopo il film dovette affrontare 7 anni di cure psichiatriche prima di ritornare al cinema e ad una vita tranquilla con il secondo marito, malattia causata da una serie di tragedie familiari: una figlia gravemente handicappata e sentimentali: tra l'altro innamorata di John F. Kennedy che non la sposò per non compromettere la sua iniziale carriera, fidanzata ufficiale con Ali Khan, venne lasciata all'improvviso, venne pure ingannata da Spencer Tracy. Per quanto riguarda gli altri attori: bravi Jeanne Crain e Vincent Price, un pò ingessata la recitazione di Cornel Wilde. Ottima l'ambientazione, l'agilità delle scene, una fotografia splendida (ebbe l'Oscar) in un magnifico Technicolor. Martin Scorsese definì questo film che apprezza "un noir in Technicolor", rimangono indimenticabili le scene del funerale del padre di Ellen con la figlia che sparge a cavallo le sue ceneri nelle montagne e la morte di Danny che chiede aiuto e affoga sotto gli occhi gelidi di Ellen.
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paolp78
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domenica 10 aprile 2022
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non spinge fino in fondo
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Pellicola che accanto ad alcune marcate imperfezioni, che ne fanno scadere il livello complessivo, vanta elementi di pregio assoluto: in special modo la sceneggiatura e la performance di Gene Tierney che interpreta un’inquietante dark lady capace di colpire lo spettatore e restargli impressa nella memoria per il contrasto tra la stupenda estetica della Tierney ed il lato oscuro del suo personaggio, vittima di ossessioni morbose.
Come si diceva la sceneggiatura è sicuramente uno dei punti di forza del film, benché resti la percezione che non venga sviluppata nel modo migliore e più completo, lasciando un senso di indefinitezza che impedisce di classificare l’opera, che difatti resta a metà tra il melodramma ed il thriller.
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Pellicola che accanto ad alcune marcate imperfezioni, che ne fanno scadere il livello complessivo, vanta elementi di pregio assoluto: in special modo la sceneggiatura e la performance di Gene Tierney che interpreta un’inquietante dark lady capace di colpire lo spettatore e restargli impressa nella memoria per il contrasto tra la stupenda estetica della Tierney ed il lato oscuro del suo personaggio, vittima di ossessioni morbose.
Come si diceva la sceneggiatura è sicuramente uno dei punti di forza del film, benché resti la percezione che non venga sviluppata nel modo migliore e più completo, lasciando un senso di indefinitezza che impedisce di classificare l’opera, che difatti resta a metà tra il melodramma ed il thriller. In particolare, in certi snodi fondamentali sembra che si potesse spingere molto di più su alcuni elementi inquietanti della storia, che già come sono proposti ben funzionano, ma che avrebbero potuto risultare ancor più incisivi spostando la pellicola verso il genere noir-thriller.
Non convince invece la parte finale della sceneggiatura, quella processuale; sebbene si tratti di una componente funzionale alla conclusione della storia, le forzature appaiono eccessive ed onestamente troppo poco credibili.
Nel cast oltre alla Tierney, che per la sua straordinaria prova ricevette una nomination all’Oscar, figurano Cornel Wilde, Jeanne Crain e Vincent Price. Mentre gli ultimi due se la cavano bene, pur senza incantare, non può dirsi altrettanto per Wilde che è sicuramente uno dei punti deboli dell’opera, risultando largamente insoddisfacente con la sua recitazione ingessata nella parte del protagonista maschile.
Apprezzabile la regia di John M. Stahl che propone una narrazione sempre interessante, riuscendo ad avere delle ottime punte di eccellenza in alcune scene chiave, davvero molto ben girate, dove Stahl riesce a creare un’atmosfera carica di suspense che fa palpitare gli spettatori.
Buona l’idea di far iniziare il film quando gli eventi sono già avvenuti e farli raccontare da capo con lo spettatore che già è a conoscenza di una parte importante dell’epilogo della storia.
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gigi de grossi / red
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martedì 11 marzo 2008
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amore & distruzione
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Una vena non troppo occulta di misoginia e un inquietante senso di morte attraversano la vicenda di LEAVE HER TO HEAVEN in un crescendo di lucida e fredda follia che trascinerà la protagonista - preda di una devastante gelosia per il suo uomo - fino all'omicidio e all'autoannientamento finale. Ma la storia di Ellen più che a una storia di ordinaria follia, sembra voler ricondurre al fatale "eterno femminino" e perciò stesso al patrimonio genetico di tutte le donne, facendo di Ellen una figura emblematica che impedisce di provare per lei comprensione o pietà. Persino il proprio suicidio è solo un estremo espediente per poter mettere in atto la sua vendetta contro quelli che lei immagina abbiano contrastato e ormai irrimediabilmente contaminato il suo amore: la sua morte quindi non ha nulla di catartico, non purifica e non redime come accadeva a certe eroine del mélo hollywoodiano.
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Una vena non troppo occulta di misoginia e un inquietante senso di morte attraversano la vicenda di LEAVE HER TO HEAVEN in un crescendo di lucida e fredda follia che trascinerà la protagonista - preda di una devastante gelosia per il suo uomo - fino all'omicidio e all'autoannientamento finale. Ma la storia di Ellen più che a una storia di ordinaria follia, sembra voler ricondurre al fatale "eterno femminino" e perciò stesso al patrimonio genetico di tutte le donne, facendo di Ellen una figura emblematica che impedisce di provare per lei comprensione o pietà. Persino il proprio suicidio è solo un estremo espediente per poter mettere in atto la sua vendetta contro quelli che lei immagina abbiano contrastato e ormai irrimediabilmente contaminato il suo amore: la sua morte quindi non ha nulla di catartico, non purifica e non redime come accadeva a certe eroine del mélo hollywoodiano. John Stahl, regista di solido mestiere che, come George Cukor, ma con una dose maggiore di cattiveria e di misoginia,aveva sempre privilegiato i personaggi femminili, non aveva mai raggiunto una tale raffinatezza di introspezione e complessità psicologiche.
Fa da sfondo, o piuttosto da contraltare, alla vicenda un paesaggio da cartolina fin troppo idilliaco, irrealistico o, meglio, iperrealistico e una natura incontaminata (esaltata dalla fotografia smagliante di Leon Shamroy, premiato con l'Oscar), dietro cui sembrano celarsi il marcio e il patologico dell'opulenta società americana, grondante benessere e falsi principi. Indimenticabile la scena in cui Ellen lascia affogare nelle tranquille acque del lago il giovane cognato paraplegico che si frappone tra lei e il marito. Gene Tierney, spaventosamente bella, che la malattia mentale l'aveva conosciuta davvero, conferisce al film una fosca aura mitica.
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(di angie)
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