ninoraffa
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martedģ 6 marzo 2018
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il cinema come tragedia, e poi come farsa
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Il tempo procede irreversibile dal passato al futuro, eppure contro le apparenze il futuro influenza e in qualche modo riscrive il passato. Due fatti c’impediscono di assistere a “La Corazzata Potëmkin” con l’imparzialità che la quasi centenaria pellicola meriterebbe.
Il primo è il crollo del muro di Berlino, travolto dalla ribellione dei popoli est europei nel 1989, da cui il definitivo discredito del comunismo che il film di Ėjzenštejn intende propagandare.
Il secondo fatto, meno capitale ma altrettanto influente, avviene nel 1976 ad opera di due soli uomini: Luciano Salce e Paolo Villaggio. I fatti sono notissimi: Fantozzi, già reduce da umilianti avventure al seguito del Mega Direttore Duca Conte Pier Carlo Ingegner Semenzara, è vessato dal professor Guidobaldo Maria Ricciardelli, fanatico cinefilo che almeno una volta a settimana abusa dei sottoposti costringendoli alla visione di raffinatissimi film d’essai.
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Il tempo procede irreversibile dal passato al futuro, eppure contro le apparenze il futuro influenza e in qualche modo riscrive il passato. Due fatti c’impediscono di assistere a “La Corazzata Potëmkin” con l’imparzialità che la quasi centenaria pellicola meriterebbe.
Il primo è il crollo del muro di Berlino, travolto dalla ribellione dei popoli est europei nel 1989, da cui il definitivo discredito del comunismo che il film di Ėjzenštejn intende propagandare.
Il secondo fatto, meno capitale ma altrettanto influente, avviene nel 1976 ad opera di due soli uomini: Luciano Salce e Paolo Villaggio. I fatti sono notissimi: Fantozzi, già reduce da umilianti avventure al seguito del Mega Direttore Duca Conte Pier Carlo Ingegner Semenzara, è vessato dal professor Guidobaldo Maria Ricciardelli, fanatico cinefilo che almeno una volta a settimana abusa dei sottoposti costringendoli alla visione di raffinatissimi film d’essai. In coincidenza della partita Inghilterra-Italia, l’intero staff è precettato in sala per una pellicola cecoslovacca sottotitolata in tedesco; all’annunzio del suo mancato arrivo tutti scattano verso l’uscita, ma sono fulminati dalla notizia che in sostituzione assisteranno per l’ennesima volta a “La corazzata Kotiomkin”. Qualcuno crolla svenuto.
L’orecchio clandestino alla radiolina con i commenti di Martellini, la proiezione procede con grande soddisfazione di Ricciardelli, esaltato dal fermento per l’immortale capolavoro russo che crede di percepire intorno. Come d’uso, seguirà il dibattito; ed è a questo punto che Fantozzi erompe nell’altrettanto immortale grido “la corazzata Kotiomkin è una cag*ta pazzesca!”, capeggiando l’insurrezione che porterà al sequestro di Guidobaldo Maria – malmenato e costretto alla visione di volgarissimi film di cassetta, tipo Giovannona Coscialunga – nonché al pubblico rogo della venerata pellicola sovietica.
All’alba del terzo giorno – curiosa resurrezione – le forze dell’ordine, agli ordini del Direttore dei Direttori, irromperanno nella sala con i lacrimogeni. La spontanea sollevazione contro le crudeli vessazioni cinefile imposte dal padronato, finisce con Fantozzi e gli altri rivoluzionari costretti, manu militari, a replicare ogni sabato pomeriggio la scena della scalinata di Odessa, fino all’età pensionabile.
“La corazzata Potëmkin” – il film vero – viene commissionato nel 1925 al ventisettenne Ėjzenštejn, già distintosi come propagandista bolscevico. Figlio del celebre architetto modernista autore di splendidi edifici a Riga ed Helsinki, Sergej ha studiato ingegneria prima di votarsi alla psicologia, all’estetica e quindi alla causa comunista. Quando inizia le riprese,Lenin è morto da un anno lasciando la Russia in una drammatica transizione. Stalin si accinge a liquidare nel sangue la sinistra di Trockij e la stessa Nuova Politica Economica del suo predecessore. In un clima d’indottrinamento e di sempre maggior presa del partito sulla società, il Comitato Governativo per le Celebrazioni della Rivoluzione del 1905, ingaggia il giovane regista con espliciti intenti celebrativi.
Conosciamo le trappole delle opere a tesi, e quanto facilmente finiscano presto nei cestini. Invece Ėjzenštejn, nonostante il cattivo presagio della citazione di Lenin in apertura, riuscirà a realizzare un pezzo di storia del cinema.
Il soggetto ricostruisce reali accadimenti. Agl’inizi del novecento la Russia zarista versa in una grave crisi economica e sociale, esasperata dalla sconfitta nella guerra col Giappone. Nelle principali città avvengono sommosse operaie e studentesche, che lo Zar Nicola II affronta alternando la repressione poliziesca a reticenti e ritrattate riforme. In questo contesto esplosivo, l’equipaggio della corazzata Potëmkin, di stanza nel Mar Nero, dopo essersi ammutinato appoggia gl’insorti di Odessa.
Strutturato nei cinque atti della tragedia classica, La corazzata Potëmkin possiede la trama essenziale del miglior cinema degli albori.
Sulla corazzata viene imbarcata carne avariata che i marinai rifiutano; il disumano comandante Golikov ordina di fucilare chi non mangerà innescando l’ammutinamento. I rivoltosi prendono la nave mettendo fuori combattimento gli ufficiali, ma durante gli scontri muore il loro capo, il marinaio Vakulinchuk. Quando il suo corpo viene sbarcato ad Odessa la gente fraternizza con gli ammutinati, protestando contro il regime e i nobili che affamano il popolo. Intervengono i cosacchi che sparano sulla folla inerme lungo la celebre scalinata; la corazzata reagisce distruggendo a cannonate il loro quartier generale, ma poi deve prendere il largo alla notizia dell’arrivo della flotta zarista. In mare aperto la Potëmkin affronta forze preponderanti, ma le navi lealiste non osano aprire il fuoco; quindi può attraversare trionfante lo schieramento avversario, salutata dal tripudio rivoluzionario dei marinai sulle altre navi.
Reduce dal precedente lungometraggio “Sciopero”, il registra russo applica a “La corazzata Potëmkin” le sue innovative teorie tecniche finalizzate al massimo impatto sullo spettatore. Montaggio serrato, stacchi improvvisi, dettagli simbolici, particolari raccapriccianti, ripetizione dell’azione drammatica, inversione dell’ordine naturale della sequenza, sospensione e ripresa della stessa azione, sono usati per coinvolgere – e condizionare – il pubblico.
Alla maestria tecnica Ėjzenštejn unisce altre qualità: la poesia nella scena delle barche a vela che abbracciano la Potëmkin nel porto di Odessa, l’occhio pittorico nei primi piani, il controllo compositivo delle scene di massa, l’invenzione di alcune figure memorabili. La più celebre – il neonato in carrozzina che rotola fuori controllo lungo la scalinata – suscita angoscia e trepidazione, e insieme sollecita il pensiero verso l’intera umanità sempre in fasce sballottata lungo la china accidentata della storia.
I limiti dell’opera, pure innegabili, sono legati all’intento propagandistico e al suo tempo. La recitazione eccessivamente teatrale tipica dell’epoca, è funzionale ad un pellicola voluta dalla committenza per il grande pubblico e quindi per necessità conforme ai gusti correnti.
L’esclusione della fiction e lo sviluppo documentaristico del soggetto rispondono alla volontà educativa verso le masse e al pregiudizio totalitario verso fantasia e invenzione, intese come elementi di distrazione, futili se non deteriori.
Noi rifiutiamo che letteratura, cinema, e l’arte in generale, possano o debbano innescare rivoluzioni; e forse non crediamo più nemmeno alle rivoluzioni. Ėjzenštejn, come il suo tempo, la pensava diversamente. Noi simpatizziamo per Vakulinčuk e per le sue ragioni, ma sappiamo pure che da quel sacrificio non è scaturito un mondo migliore, ma Stalin, il Grande Terrore, i gulag e tutto l’armamentario delle idee assassine che hanno insanguinato il ‘900.
Al netto dell’impianto ideologico e degli artifici, “La corazzata Potëmkin” rimane comunque una pellicola capitale che resiste e s’impossessa delle opere successive, comprese quelle che aspirerebbero a cancellarla. Salce e Villaggio prendono in ostaggio Ėjzenštejn contro l’esibizionismo pseudo culturale di certa intellighenzia nostrana dai libri incomprensibili, dibattiti fumosi e cineforum soporiferi; ma sono senz’altro consapevoli che l’intera saga di Fantozzi racconta in chiave diversa la stessa storia della Corazzata. Il sessantotto era fresco, e nel ’76 le brigate rosse, oltre a sparare, dilaniavano politica e coscienze nel nostro paese. Il Mega Direttore Galattico Duca Conte sembra nascondere il Comandante Golikov; Fantozzi, i Filini e i Calboni sono la ciurma vessata dagli ufficiali e il popolo di Odessa caricato dai cosacchi; le gerarchie della Megaditta, con i loro titoli sempre più nobiliari, sono la sadica aristocrazia russa fino allo Zar; Fantozzi, una volta tanto dignitoso e ribelle, e comunque vittima sacrificale, è il marinaio Grigorij Vakulinčuk.
Salce rigirò due volte la più famosa sequenza del film russo: sul serio per la scena del cineforum, non potendo usare per motivi legali le sequenze originali; e in chiave grottesca nella scena punitiva. Lo fece con rispettosa cura, non indispensabile al genere di film che stava preparando, replicando alcune inquadrature e altri dettagli di Ėjzenštejn.
Fantozzi interpretò nella parodia l’improbabile neonato della carrozzina, che una perfetta signorina Silvani in gramaglie spinge verso il suo destino, cadendo fulminata dalla fucileria zarista.
La storia – diceva proprio Marx – accade due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa. La regola vale anche per il cinema. Anzi, forse, vale solo per il cinema, dato che la storia ha spesso il vizio d’insistere con la tragedia.
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[+] quando la critica segue il luogo comune
(di luceccarelli)
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onufrio
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martedģ 12 dicembre 2017
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la corazzata potemkin č..... un gran film
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Storico film divenuto negli anni un caposaldo della cinematografia internazionale, racconta le vicende che hanno portato alla Rivoluzione russa nel 1905, e lo fa attraverso un racconto diviso in atti e dettagliato, il tutto narrato attraverso delle riprese tecnicamente perfette che mostrano l'arguta dote del regista Ejzenstejn. Memorabile la scena dello sterminio sulle scalinate di Odessa con dei primi piani raccapriccianti che testimoniano il terrore nel volto delle persone. Da italiani, guardando questo film, è inevitabile non pensare all' "omaggio" di Paolo Villaggio nel suo "Secondo tragico Fantozzi".
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santonit
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giovedģ 26 ottobre 2017
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ancora bello questo film
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Ho rivisto stasera questo film di Eisenstein. Non sono d'accordo con la facile battuta detta a questo riguardo da Paolo Villaggio in uno dei film del personaggio Fantozzi, battuta che però calza a pennello con il personaggio che Villaggio impersonava in quel genere di films ma che per mio conto non e' assolutamente condivisibile. E' un film del 1925, fatto su richiesta del Partito Comunista e quindi a sfondo didascalico e espressivo dei primi fermenti della Rivoluzione che 12 anni dopo sarebbe esplosa con virulenza. Malgrado questi "paletti" obbligati il regista ha saputo dare espressioni artistiche e veramente efficaci al film, vedi la scena della scalinata e il senso delle attese dei marinai della corazzata in vista dell'arrivo della squadra che avrebbe dovuto annientarli.
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Ho rivisto stasera questo film di Eisenstein. Non sono d'accordo con la facile battuta detta a questo riguardo da Paolo Villaggio in uno dei film del personaggio Fantozzi, battuta che però calza a pennello con il personaggio che Villaggio impersonava in quel genere di films ma che per mio conto non e' assolutamente condivisibile. E' un film del 1925, fatto su richiesta del Partito Comunista e quindi a sfondo didascalico e espressivo dei primi fermenti della Rivoluzione che 12 anni dopo sarebbe esplosa con virulenza. Malgrado questi "paletti" obbligati il regista ha saputo dare espressioni artistiche e veramente efficaci al film, vedi la scena della scalinata e il senso delle attese dei marinai della corazzata in vista dell'arrivo della squadra che avrebbe dovuto annientarli...
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geom.calboni
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giovedģ 26 ottobre 2017
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il montaggio analoggico
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Questo film ha sempre incuriosito enormi masse di italiani, stuzzicati in larga parte dalla più famosa, fulminante e tranchant critica cinematografica della storia. Non si può trascendere dal giudizio che ne fece il compianto rag. Ugo Fantozzi affrontando lo scorrere del montaggio analoggico della corazzata Potemkin. Così... trangugiati TRE SCOTCHES mi sono messo davanti allo schermo per vedere finalmente il famoso occhio della madre!
Nel gennaio del 1905, nella Russia zarista si tenne la prima grande prova generale della guerra civile che nell’ottobre del ’17 avrebbe sollevato lo zar e il suo regime autocratico.
Tra gli episodi di rilievo di una crisi che si spense solo nel dicembre, si ricorda l’ammutinamento di una squadra navale sul Mar Nero che divenne il soggetto del film di propaganda per eccellenza, proibito in tutte le democrazie liberali e che aveva invece entusiasmato Goebbels, “La corazzata Potemkin”, appunto.
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Questo film ha sempre incuriosito enormi masse di italiani, stuzzicati in larga parte dalla più famosa, fulminante e tranchant critica cinematografica della storia. Non si può trascendere dal giudizio che ne fece il compianto rag. Ugo Fantozzi affrontando lo scorrere del montaggio analoggico della corazzata Potemkin. Così... trangugiati TRE SCOTCHES mi sono messo davanti allo schermo per vedere finalmente il famoso occhio della madre!
Nel gennaio del 1905, nella Russia zarista si tenne la prima grande prova generale della guerra civile che nell’ottobre del ’17 avrebbe sollevato lo zar e il suo regime autocratico.
Tra gli episodi di rilievo di una crisi che si spense solo nel dicembre, si ricorda l’ammutinamento di una squadra navale sul Mar Nero che divenne il soggetto del film di propaganda per eccellenza, proibito in tutte le democrazie liberali e che aveva invece entusiasmato Goebbels, “La corazzata Potemkin”, appunto.
La prima sorpresa il film la riserva nella sua durata di appena 76 minuti. Chissà perchè avevo sempre immaginato un infinito mattone di 6 ore 45 minuti (minuto più, minuto meno).
Strutturato in 5 atti (come la classica tragedia greca) : Uomini e vermi, Dramma sul cassero, Il morto chiama, La scalinata di Odessa (atto reso immortale dall'avanzare della fanteria sulla scalinata della cittadina che affaccia sul Mar Morto. Una delle sequenze ricreate dagli impiegati della megaditta a seguito della distruzione del prezioso originale durante l'ammutinamento). Quinto ed ultimo atto "Uno contro tutti".
Vale la pena guardare questo film, tenendo presente che ci troviamo di fronte ad una pellicola di ben 82 anni fa. Non possiamo certo aspettarci una tecnica particolare, una trama avvincente e di rimanere incollati alla sedia. Ma su di esso si sente forte il peso della storia. Insomma tutt'altro che una cagata pazzesca.
PS: se ne consiglia la visione in occasione di una qualsiasi partita della nazionale italiana, meglio se contro l'inghilterra. Per la serie... "scusi, chi ha fatto palo?"
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solvrsrf
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martedģ 15 agosto 2017
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et voilą, parlando del resto, che film.
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dunque cosa dire della corazzata. foscoloiano film del
non sense, non conquistano comunque
nessuno, tipo essere del salento in arrivo per Milano,
nonchè facendo 4 salti in padella coi capelli al vento,
le carrozzine che si gettano alla riscossa in
fondo alle scale per desiderio di partecipazione per
poi genuflettersi alle pecore patetic mode come
pecoroni ugo millantante di comicità battezzò con la
cagta pazzsca il nesso della quetione,
da vdere tipo una cocomera,
dopo 4 o 5 fette se non vi è il gusto dello spettacolo
non si sa di che sparlare ne parlare, rimangono
forse qualcosa 5 scene epiche per un film coi
piedi per terra senza quel sogno che molte
persone s'aspettano andando al cinema chissà,
specie quando tra date.
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dunque cosa dire della corazzata. foscoloiano film del
non sense, non conquistano comunque
nessuno, tipo essere del salento in arrivo per Milano,
nonchè facendo 4 salti in padella coi capelli al vento,
le carrozzine che si gettano alla riscossa in
fondo alle scale per desiderio di partecipazione per
poi genuflettersi alle pecore patetic mode come
pecoroni ugo millantante di comicità battezzò con la
cagta pazzsca il nesso della quetione,
da vdere tipo una cocomera,
dopo 4 o 5 fette se non vi è il gusto dello spettacolo
non si sa di che sparlare ne parlare, rimangono
forse qualcosa 5 scene epiche per un film coi
piedi per terra senza quel sogno che molte
persone s'aspettano andando al cinema chissà,
specie quando tra date... e termini per
qualcuno sembrano aver dato e descritto molto e gran chè,
sono comunque 8 mila altre pellicole
da vedere e forse forse sembrano trasmettere comunque
qualcosa di cultural chic pefino film del genere.
buona visione... comunque, ma non è il miglior film.
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great steven
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martedģ 29 novembre 2016
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marinai ammutinati con forte desiderio di libertą!
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LA CORAZZATA POTEMKIN (URSS, 1925) diretto da SERGEJ M. EJZENSTEJN. Interpretato da VLADIMIR BARSKIJ, ALEKSANDR ANTONOV, GRIGORIJ ALEKSANDROV, KONSTANTIN FELDMAN, BEATRICE VITOLDI, JULIA EJZENSTEJN
Esordio nel lungometraggio dell’acclamato regista sovietico e film affidatogli dal regime comunista per celebrare il ventesimo anniversario degli eventi rivoluzionari del 1905, mentre la Russia era impegnata sul fronte orientale con la guerra contro il Giappone.
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LA CORAZZATA POTEMKIN (URSS, 1925) diretto da SERGEJ M. EJZENSTEJN. Interpretato da VLADIMIR BARSKIJ, ALEKSANDR ANTONOV, GRIGORIJ ALEKSANDROV, KONSTANTIN FELDMAN, BEATRICE VITOLDI, JULIA EJZENSTEJN
Esordio nel lungometraggio dell’acclamato regista sovietico e film affidatogli dal regime comunista per celebrare il ventesimo anniversario degli eventi rivoluzionari del 1905, mentre la Russia era impegnata sul fronte orientale con la guerra contro il Giappone. Pensato come una sinfonia e dunque diviso in cinque atti (o movimenti): 1.) "Uomini e vermi"; 2.) “Dramma sul ponte"; 3.) "Il sangue grida vendetta"; 4.) "La scalinata di Odessa"; 5.) "Il passaggio della squadra". A bordo dell’incrociatore Potëmkin, i marinai protestano per il consumo di carne guasta, rifiutano di mangiare la minestra cucinata nella mensa e pensano di unirsi al movimento operaio rivoluzionario che è già insorto in tutta la Russia per contrastare il tirannico regime zarista. Quando lo viene a sapere, il comandante Gorakov ordina la fucilazione, per mano della guardia di bordo, di tutti i dissidenti, coperti dal telone. Ma i marinai condannati, sobillati da Mathiuchenko e Bakulinchouk, insorgono contro gli ufficiali, li gettano a mare e assumono con la forza il comando della corazzata. Ma lo stesso Bakulinchouk paga con la vita il prezzo della rivolta, ucciso barbaramente dal primo ufficiale dell’equipaggio. Il suo cadavere viene esposto, quando i compagni raggiungono terra con una scialuppa, all’interno di una tenda e con un cartello con la scritta Per un cucchiaio di minestra nel molo di Odessa. La popolazione della città costiera lo vede e da lì parte il pensiero comune di ribellarsi al potere dispotico degli zar e organizzare un movimento di protesta violenta contro le oppressioni dei tiranni. Ma l’entusiasmo dei popolani di Odessa viene stroncato dalla comparsa dei cosacchi, che reprimono ferocemente l’insurrezione fucilandoli sulla scalinata principale della città. Solidali coi cittadini che li hanno raggiunti con le barche dalla costa, i marinai della Potëmkin decidono di correre in loro aiuto, ma all’improvviso vengono a sapere che la flotta ammiraglia zarista si sta dirigendo verso di loro. Pronti a far fuoco su coloro che ritengono i loro nemici, i marinai ribelli si rendono presto conto che la squadra non intende cannoneggiarli, e pertanto, fieri di alzare la bandiera rossa, possono passare tranquillamente fra le navi della flotta ammiraglia senza colpo ferire, in quanto trovano in loro dei sinceri alleati. Uno dei film più celebri nella storia del cinema, instancabilmente discusso ed elogiato a più riprese da critici di tutte le epoche, sottoposto a tagli, ridimensionamenti ed infinite riedizioni, più volte musicato e sonorizzato successivamente alla prima assoluta nelle sale sovietiche, avvenuta il 27 aprile 1925. L’edizione italiana migliore che circola attualmente è quella del 1960, con Arnoldo Foà che fa da narratore e legge le didascalie, per altro molto diffuse e numerose nel corso della proiezione. Denso di sequenze famosissime, prima fra tutte quella dei popolani violentemente aggrediti dagli spari dei militari cosacchi sui gradini della scalinata, durante la quale si toccano picchi drammatici come soltanto il cinema muto sapeva a suo tempo creare con straordinaria tensione emotiva, sfruttando anche piccoli dettagli come una madre che fronteggia i soldati col corpo del figlio morto in braccio o un’altra madre che, colpita da un proiettile, si accascia senza vita e spinge involontariamente giù il passeggino che contiene il suo bambino in fasce. Ejzenstejn seppe fare però molto di più che un film celebrativo di una ricorrenza nazionale: la sua abilità artistica va ben al di là proprio perché inventa un modo completamente innovativo e dirompente di intendere la guerra (come specificato all’inizio dalla didascalia che riporta nientemeno che un pensiero autografo di Lenin, datato 1905), senza giustificarla, ma spiegando con sguardo lucido e amplissima veridicità che la rivoluzione è l’unica forma di battaglia violenta che si possa condurre, giacché combatte i dispotismi, restituisce i leciti diritti a coloro cui spettano naturalmente, sopprime le ingiustizie sociali e attua il sistema primigenio e inalienabile della libertà da non negare mai a nessuno in nome di qualsivoglia preconcetto. Le idee libertarie di Mathiuchenko e Bakulinchouk, uomini animati da un forte senso civico e desiderosi di vivere in un mondo dove le divergenze socio-politiche non siano un sanguinario e insensato motivo di distruzione, si trasformano nell’ideale veicolo espressivo per fornire una perfezione stilistica ad un filmone coi fiocchi e controfiocchi che, come poche altre opere perfino del suo medesimo periodo storico, racconta storie di uomini semplici che sanno credere nei propri sogni, che non smettono neanche davanti a cause gravissime e opprimenti di coltivare con ossessione le proprie ambizioni, che cercano con costanza incrollabile di effettuare il bene universale e respingono ogni ideologia repressiva e qualunque tipo di semplificazione totalitaristica. Ejzenstejn ritornerà, con una bravura leggermente incrinata ma pur sempre efficace e unica nel suo genere, sulla rappresentazione caritatevole ma spietata del potere in film successivi come Ottobre (1927) e Ivan il Terribile (1944) che, insieme a La corazzata Potëmkin, costituisce il suo apogeo in termini di denuncia indiscriminata e inappuntabile del potere autoreferenziale e unilaterale, denuncia sempre fondata su una concezione completamente negativa dei governi e degli uomini chiamati, spesso solo per volontà propria, ad eseguirli in modo materiale (o purtroppo materialistico). Un’opera cinematografica pervasiva, potentissima, magnifica, estrema e incisiva che travalica i confini stessi della settima arte per elevarsi a baluardo e colonna di un intero modo di pensare la vita in termini di ricerca della libertà, senso della vita politica e militare e alleanze umane formate allo scopo di conservare l’uguaglianza fra simili.
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il befe
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domenica 1 febbraio 2015
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come dire...
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non è una cagata pazzesca
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g_andrini
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martedģ 1 luglio 2014
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interessante.
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A mio parere non è un capolavoro, ma rimane una pellicola di buona qualità. Belle le musiche di accompagnamento.
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lucac1993
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venerdģ 26 ottobre 2012
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colosso cinematografico russo
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Indubbiamente una delle più alte pellicole del cinema russo/sovietico. Il suo fascino non potrà mai essere rovinato dal tempo.
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critichetti
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venerdģ 10 febbraio 2012
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fantozzi aveva ragione!
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La storia è solo parzialmente vera,ma il film avrebbe potuto essere comunque ottimo,ma ci sono più cose che non mi sono andate giù.
1:I marinai protestano per la scarsa qualità del cibo:mi sembra logico fare lo schizzinoso quando sai che vai in una situazione in cui il cibo immancabilmente scarseggerà...quando penso che mio nonno,che ha combattuto al fronte,gioiva quando trovava da mangiare della carne rancida,altrimenti era costretto spesso a mangiare bucce di patate,perchè non c'era altro.
2:A mio parere,un film deve essere sempre politically-correct,cosa che questo film assolutamente non è,a prescindere dal credo politico di una persona
3:O mio Dio la recitazione in questo film!sono riusciti a far recitare male un film muto!La scena dell'occhio della madre,ad esempio,più che sconvolgimento sembra indicare rabbia
4: Il fatto che quando comincia la fuga dalla scalinata si vede gente che scappa correndo orizzontalmente è davvero aberrante:così intralcia gli altri
5:Le inquadrature sono troppo lente.
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La storia è solo parzialmente vera,ma il film avrebbe potuto essere comunque ottimo,ma ci sono più cose che non mi sono andate giù.
1:I marinai protestano per la scarsa qualità del cibo:mi sembra logico fare lo schizzinoso quando sai che vai in una situazione in cui il cibo immancabilmente scarseggerà...quando penso che mio nonno,che ha combattuto al fronte,gioiva quando trovava da mangiare della carne rancida,altrimenti era costretto spesso a mangiare bucce di patate,perchè non c'era altro.
2:A mio parere,un film deve essere sempre politically-correct,cosa che questo film assolutamente non è,a prescindere dal credo politico di una persona
3:O mio Dio la recitazione in questo film!sono riusciti a far recitare male un film muto!La scena dell'occhio della madre,ad esempio,più che sconvolgimento sembra indicare rabbia
4: Il fatto che quando comincia la fuga dalla scalinata si vede gente che scappa correndo orizzontalmente è davvero aberrante:così intralcia gli altri
5:Le inquadrature sono troppo lente...sembra che il regista si sia addormentato con la macchina da presa in mano!
6:Basta dire che gli italiani a cui questo film non piace sono ignoranti:i gusti sono gusti!Per me è un film troppo sopravvalutato
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[+] errata corrige dell'autore
(di critichetti)
[ - ] errata corrige dell'autore
[+] capisci ben poco...
(di il cinefilo)
[ - ] capisci ben poco...
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