La domestica

Un film di Ki-young Kim. Con Ahn Sung-Ki, Aeng-ran Eom, Jeung-nyeo Ju, Seok-je Kang, Jin Kyu Kim.
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Titolo originale Hanyo. Drammatico, durata 90 min. - Corea del sud 1960.
   
   
   

Torbido melodramma al topicida Valutazione 3 stelle su cinque

di gianleo67


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domenica 21 aprile 2013

Professore di musica sposato e padre di due figli, si vede costretto ad assumere una governante avendo traslocato nella nuova casa a due piani dove poter vivere piu' comodamente con la famiglia. Qui, in un momento di debolezza e approfittando della momentanea assenza dei congiunti, si fa irretire dalle lusinghe sessuali della spregiudicata servetta. Conseguenze tragiche e colpo di scena finale.
Curando personalmente quasi tutte le fasi del film (soggetto,sceneggiatura,montaggio, produzione e regia) Kim Ki-young imbastisce un torbido melodramma dalle atmosfere malsane rielaborando da un lato gli stereotipi di genere desunti dai classici americani ed europei e dall'altro introducendo gli elementi riconoscibili di una palingenesi sociale e culturale a cui ascrivere la deriva etica di una moderna società dei consumi. Benchè il discorso sociologico appaia solo prodromico allo sviluppo di una coerente e credibile drammaturgia, il punto di vista si sposta presto dai segni esteriori di questa smania del possesso a quelli meno visibili delle insane pulsioni umane da cui scaturisce l'inevitabile escalation di una degenerazione psicologica e morale quasi a sottolineare, in un curioso esperimento 'da camera', le devastanti conseguenze di una ferale trasgressione ai valori familiari in un contesto di eccessiva rigidità dei costumi (il professore che denuncia il comportamento sconveniente dell'allieva subisce le tragiche conseguenze di una sua momentanea debolezza nell'ironico contrappasso di uno studiato e consapevole meccanismo cinematografico).
Oltre agli indubbi elementi di critica sociale e culturale poi, emerge il chiaro intento di una elaborazione del soggetto nel segno di una esasperazione dei canoni del melodramma, dove crudeltà ed ironia, follia e ordinarietà concorrono alla creazione di un climax  che si sviluppa secondo la direttrice di una feroce e truculenta resa dei conti, un gioco al massacro dove non si risparmia neppure l'innocenza di un'età acerba (nel volgere di poche scene si assiste ad un aborto, un infanticidio tentato ed uno riuscito) sconvolta e coinvolta nel turbine di passioni e ritorsioni degli adulti, tutti in un modo o nell'altro responsabili di una inarrestabile spirale di violenza fisica e psicologica: dalla fatale debolezza di un uomo che abdica ai sacri principi dell'unità familiare alla colpevole accondiscendenza della moglie che asseconda solo le grette ragioni di una convenienza sociale ed economica e che alimenta le turpi e nefaste conseguenze di un inesorabile clima ricattatorio, per finire alla figura di una laida servetta che si avvinghia alla sua preda con le viscide spire di una presa tentacolare, come la orrida maschera di una mostruosa sirena che si trascina fino agli indicibili recessi di un inferno domestico. Il pauperismo scenografico poi (il film si svolge in prevalenza in pochi ambienti chiusi) è funzionale alla creazione di una malsana atmosfera claustrofobica dove le 'cavie umane' di un crudele esperimento sociale sono preda di una folle agitazione, vittima degli insopportabili spasmi causati da un potente agente topicida. Un'opera che sconcerta e diverte e che si puo' apprezzare pienamente solo come artificioso e geniale 'divertissement' che utilizza la esasperata teatralità della messa in scena ed una sottile manipolazione degli stereotipi che tuttavia mai neppure sfiora il grottesco ma si mantiene in un insostenibile equilibrio sul filo della strenua tensione di un registro orrifico.
Una forza espressiva che non si stempera neppure nel 'coup de théâtre' finale di una rivelazione aperta del meccanismo cinematografico, dove l'autore scopre le carte di una speculazione narrativa quale pirandelliana concessione alla divertita presenza dello spettatore.
Rifatto nel 2010 dal regista coreano Im Sang-soo che tuttavia sembra non aver appreso la lezione del suo illustre connazionale e vira meno coraggiosamente verso le atmosfere patinate e stucchevoli di un blockbuster internazionale. Restaurato nel 2008 grazie al contributo della Korean Film Archive e della World Cinema Foundation di Martin Scorsese. Torbido melodramma al topicida.

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