Il cammino per Santiago |
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Un film di Emilio Estevez.
Con Martin Sheen, Emilio Estevez, Deborah Kara Unger, Yorick van Wageningen, James Nesbitt.
continua»
Titolo originale The Way.
Azione,
durata 94 min.
- USA 2010.
- 01 Distribution
uscita mercoledì 27 giugno 2012.
MYMONETRO
Il cammino per Santiago
valutazione media:
3,20
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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un'insalata insipidadi sirioFeedback: 277 | altri commenti e recensioni di sirio |
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venerdì 6 luglio 2012 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
«Una foglia di lattuga senza olio, né sale né aceto»: questo il commento mentre scorrevano i titoli di coda. Una pellicola insipida, in cui il regista vorrebbe rappresentare un uomo alla scoperta di se stesso, lungo il Camino de Santiago, la Via della Stella, quel tragitto che anche il sommo Dante indicava come l'unico Pellegrinaggio degno di tal nome. Un percorso a piedi lungo il nord della Spagna, affrontato da più di mille anni da milioni di persone: chi per sciogliere un voto, chi per ritrovare la sua identità, chi per moda, chi per curiosità... Un percorso difficile e faticoso, 800 e più kilometri verso la Basilica di Santiago de Compostela, una mèta che non è una mèta, ma l'essersi messi alla prova e l'aver dimostrato a noi stessi di essere capaci di potervi arrivare. Un evento inaspettato e terribile, la morte del figlio Daniel, spinge l'oftalmologo Tom a portare le ceneri del figlio morto sul Cammino e spargerle per tutto il percorso, affinché il Cammino stesso diventi la sua tomba e la sua gloria. Un progetto tanto affascinante quanto scivoloso, col quale nemmeno indiscussi maestri dell'epopea (ad es. John Ford)o dell'introspezione (mi vengono in mente Fellini o Antonioni) si sono mai cimentati. Il Cammino di Santiago è un viaggio alla scoperta di noi, un percorso in cui devi lasciare, per citare Gaber, «le tue presunte comode poltrone» e trovarti a dormire in improvvisate camerate, a mangiare con pochi spiccioli, a lavarti in bagni di fortuna... ma anche a condividere con persone di ogni razza e colore attimi indimenticabili della tua vita. Persone che non vedrai mai più, ma che in quel momento, solo perché stanno camminando accanto a te, sono indispensabili e si fisseranno per sempre nella tua mente. E lungo il cammino s'inventa un metalinguaggio, un misto di inglese, spagnolo, italiano, francese, tedesco, gesti... quasi una lingua primigenia che sembra nata direttamente a Babele poco prima della dispersione delle lingue. Ma nel film tutti, perfino il gitano (sic!) parlano perfettamente l'inglese. Quanto sarebbe stato bello se fosse stato tutto nelle lingue dei quattro protagonisti: olandese, inglese oxfordiano, inglese con accento irlandese, slang americano (magari con i sottotitoli,) e durante il cammino tutti avessero inventato e fatto proprio un linguaggio comune... Durante il Cammino le persone cambiano, si rivelano le radici di ognuno; ma i quattro restano troppo legati a loro stessi: il bambinone olandese schiavo della sua infantile golosità, la nevrotica canadese che nasconde a se stessa il rimorso per aver abortito l'unica figlia, lo scrittore irlandese in crisi di idee e Tom, intento nel suo personale rito a spargere lungo la via le ceneri del figlio. Solo nelle ultime sequenze, alla fine del film, si capisce come siano tutti cambiati... I personaggi secondari, che dovrebbero essere un'infinità (come nella migliore epopea) si riducono a poche e frammentarie apparizioni: dal prete che indossa la kippà per nascondere una cicatrice alla testa al gitano che difende l'onore della sua gente, dall'albergatore schizofrenico al patriota basco... nessuno di loro riesce a sbocciare, rimangono solo frammenti nella mente dello sceneggiatore. E anche il "Buen Camino", quell'augurio che accompagna i pellegrini, non diventa un leitmotiv. Almeno il paesaggio poteva avere un qualche fascino, ma si presentano solo campi coltivati e anonimi boschi... Doveva affascinare? Doveva stimolare ad affrontare il "Buen Camino"?Ha solo annoiato.
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