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Franco Rossetti, insieme a Corbucci, è l’artefice della sceneggiatura del giustamente celebrato “Django”. Forse per questa ragione in questo film da lui diretto e scritto a quattro mani con Ugo Guerra non mancano similitudini, agganci e suggestioni con il film di Corbucci, a partire dal fango nel quale si muovono i protagonisti per tutto il tempo in cui l’azione si svolge nel villaggio abbandonato. A differenza di Django il personaggio di El Desperado per gran parte della storia non è mosso dall’idea di antiche vendette ma dal più semplice e concreto desiderio di mettere le mani su un bel malloppo che il destino ha messo per caso sulla sua strada. Con il procedere della narrazione le motivazioni sono però destinate a cambiare e alla fine proprio il desiderio di vendetta prevarrà anche sulla tentazione di arricchirsi facilmente e senza troppi scrupoli. Film amato da Quentin Tarantino è stato inserito nei ventidue scelti per l’omaggio del Festival di Venezia al western all’italiana. Andrea Giordana, all’epoca reduce dal grandissimo successo popolare dello sceneggiato televisivo sul Conte di Montecristo, appare un po’ troppo rigido mentre Piero Lulli riesce a essere efficace anche quando non veste i pani del cattivo.
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