Uno dei tanti piccoli capolavori dimenticati del neorealismo italiano, come “Il posto” dello stesso Olmi, realizzato quando il cinema era poesia e le immagini in bianco e nero impresse sulla celluloide restituivano, come le parole tinte d’inchiostro delle pagine veriste di fine ottocento, una realtà più autentica di quella vera.
La povera gente della società italiana degli anni ’60, ancora espressione di un popolo ricco di tradizioni, con un proprio linguaggio e costumi atavici non omologati dalla modernità, è la protagonista del film, che, prende spunto dalla storia d’amore, una fra le tante, di un operaio, per lavoro trasferitosi in Sicilia, e la fidanzata rimasta al nord, per raccontare mondi apparentemente agli antipodi.
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Uno dei tanti piccoli capolavori dimenticati del neorealismo italiano, come “Il posto” dello stesso Olmi, realizzato quando il cinema era poesia e le immagini in bianco e nero impresse sulla celluloide restituivano, come le parole tinte d’inchiostro delle pagine veriste di fine ottocento, una realtà più autentica di quella vera.
La povera gente della società italiana degli anni ’60, ancora espressione di un popolo ricco di tradizioni, con un proprio linguaggio e costumi atavici non omologati dalla modernità, è la protagonista del film, che, prende spunto dalla storia d’amore, una fra le tante, di un operaio, per lavoro trasferitosi in Sicilia, e la fidanzata rimasta al nord, per raccontare mondi apparentemente agli antipodi.
Il carnevale di Paternò, con la baldoria sfrenata dei vecchi contadini ubriachi, mascherati per la festa, la ressa rumorosa della gente accalcata nella piazza del paese, si contrappone alla triste sala da ballo della provincia emiliana della scena iniziale, che appare enorme e silenziosa, come una cattedrale vuota o la sala d’attesa di una stazione ferroviaria all’alba, prima che inizino le danze e che si anima compostamente per un timido lancio di coriandoli nei ricordi di un altro carnevale.
Il volto impassibile dell’operaio attraversa e riannoda in un senso comune e profondo delle cose, nell’amore per il duro e onesto lavoro, nell’accettazione della vita intesa come sacrificio, i due popoli lontani, quello dei cantieri e delle fabbriche e quello delle saline e dei campi, nella coralità mesta di un mondo che si avvia a scomparire.
I tre minuti di interurbana che l’uomo può permettersi la domenica per sentire la voce dell’amore lontano ed una giornata al mare sono le uniche gioie di una vita imprigionata nel quotidiano tran tran, dalla stanza in affitto al cantiere; ma quanta semplicità, ormai persa, che innocenza, negli sguardi pudichi dei due innamorati, quando l’Italia era fatta di gente onesta.
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