scavadentro65
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martedì 21 febbraio 2017
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più che del treno del vino...
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Sarò tacciato di scarsa obiettività, ma questo film proprio non mi ha convinto. La ragazza che si rifugia nell'alcool in quanto lasciata dal marito e madre mancata, è personaggio centrale di una trama assoltamente insulsa e piatta, ove anche le fasi drammatiche sono come avvolte da cotone e nebbia. Questo atteggiamento irritante della protagonista, lagnosa e inane, continua per tutto il lungometraggio esilmente narrato su un delitto crudo ed efferato, per il quale ad un certo punto la stessa protagonista pensa di essere responsabile in deliri autolesionisti. La coppia spiata dal treno nei viaggi inutili si rivela posticcia e la povera disgraziata prima si avvicina al marito della defunta, poi si convince che l'assassino sia l'analista della vittima, il quale è credibile quanto Banderas quando parla con la gallina della pubblicità delle fette biscottate.
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Sarò tacciato di scarsa obiettività, ma questo film proprio non mi ha convinto. La ragazza che si rifugia nell'alcool in quanto lasciata dal marito e madre mancata, è personaggio centrale di una trama assoltamente insulsa e piatta, ove anche le fasi drammatiche sono come avvolte da cotone e nebbia. Questo atteggiamento irritante della protagonista, lagnosa e inane, continua per tutto il lungometraggio esilmente narrato su un delitto crudo ed efferato, per il quale ad un certo punto la stessa protagonista pensa di essere responsabile in deliri autolesionisti. La coppia spiata dal treno nei viaggi inutili si rivela posticcia e la povera disgraziata prima si avvicina al marito della defunta, poi si convince che l'assassino sia l'analista della vittima, il quale è credibile quanto Banderas quando parla con la gallina della pubblicità delle fette biscottate. In più il professionista ha un accento spagnolo ridicolo, e ci fanno sapere che ha rifiutato le avances della bionda assassinata, peraltro leggermente ninfomane e bisognosa di affetto in quanto nella gioventù bruciata aveva perso una figlia essendo fattissima.... Ed udite ecco che nel finale la ragazza etilista si rende conto che i suoi ricordi sono diversi dal reale, e che l'ex marito era in realtà un mostro e quindi l'alcool/rifugio e solo colpa del cattivone che si trasforma in delinquente quando apprendiamo che è stato proprio lui ad uccidere la bionda frustrata perchè ne era l'amante imprudente, avendola messa incinta e assolutamente deciso a non lasciare la seconda moglie per la quale aveva lasciato la nostra ragazza del treno... Ridicola poi la detta seconda moglie, negante l'evidenza sino al finale e poi complice della etilista nel massacrare il marito traditore e assassino: gli uomini ne escono malissimo; anche il marito della vittima, geloso e violento, non è che faccia una gran figura se non del cornuto disperato. Naturalmente la polizia con la machia detective sospetta ciclicamente di tutte le persone sbagliate dalla ragazza del treno a marito della vittima, all'analista ed infine raccolgie i pezzi. Meno male che il finale ci dona una nuova ragazza che ora è serena e probabilmente quando viaggia in treno si fa un mucchio di c......suoi.
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kayako
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giovedì 24 novembre 2016
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una buona trasposizione cinematografica
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Comincio col dire che ho letto il romanzo e mi è piaciuto moltissimo. Quando sono entrata nella sala del cinema, avevo il timore che il film non avesse rispettato la trama o comunque che non riuscisse a trasmettermi le stesse sensazioni che il libro ha saputo darmi. Devo dire che sono rimasta piacevolmente sorpresa! Hanno saputo rispettare fedelmente la trama e sono davvero pochi e di scarsa importanza i dettagli mancanti (come ad esempio il fatto che nel film non viene neanche citato il fidanzato dell'amica di Rachel). Emilia Blunt ha eseguito una performance davvero incredibile, ha saputo infondere sia la tristezza che prova la protagonista che l'angoscia dei momenti dei vuoti di memoria. A mio parere, il film è riuscito egregiamente a trasmettere ansia e la voglia di scoprire chi fosse il responsabile della scomparsa di Megan, perfino io che sapevo come andava a finire la storia sono stata incollata alla poltrona per non perdermi neanche un minuto.
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Comincio col dire che ho letto il romanzo e mi è piaciuto moltissimo. Quando sono entrata nella sala del cinema, avevo il timore che il film non avesse rispettato la trama o comunque che non riuscisse a trasmettermi le stesse sensazioni che il libro ha saputo darmi. Devo dire che sono rimasta piacevolmente sorpresa! Hanno saputo rispettare fedelmente la trama e sono davvero pochi e di scarsa importanza i dettagli mancanti (come ad esempio il fatto che nel film non viene neanche citato il fidanzato dell'amica di Rachel). Emilia Blunt ha eseguito una performance davvero incredibile, ha saputo infondere sia la tristezza che prova la protagonista che l'angoscia dei momenti dei vuoti di memoria. A mio parere, il film è riuscito egregiamente a trasmettere ansia e la voglia di scoprire chi fosse il responsabile della scomparsa di Megan, perfino io che sapevo come andava a finire la storia sono stata incollata alla poltrona per non perdermi neanche un minuto. Apprezzo molto anche il rispetto del metodo di narrazione, che passa dal punto di vista di ogni domna della storia. Un thriller davvero avvincente, sia su carta che su pellicola!
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maopar
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martedì 15 novembre 2016
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dal finestrino del treno...
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Trovandosi in treno in vicinanza di posti conosciuti, la casa del mare o i luoghi della gioventù ecc. si è portati a guardare in modo attento, per riconoscere velocemente i luoghi familiari…e perché no di individuare persone note.. Figurarsi se, dovendo passare tutti i giorni sulla stessa tratta ,davanti la casa dove la giovane sposa Rachel ha visto svanire le sue speranze di moglie e di madre.. Uno sguardo lanciato su quello che fù che poteva essere…ma che ormai appartiene ad altri.. Sembrerebbe un film romantico destinato a strappare lacrime…ma non è così. Tra la carrozza del treno e quel quartiere di villette si instaura un rapporto temporale di eventi che sorprendono lo spettatore.
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Trovandosi in treno in vicinanza di posti conosciuti, la casa del mare o i luoghi della gioventù ecc. si è portati a guardare in modo attento, per riconoscere velocemente i luoghi familiari…e perché no di individuare persone note.. Figurarsi se, dovendo passare tutti i giorni sulla stessa tratta ,davanti la casa dove la giovane sposa Rachel ha visto svanire le sue speranze di moglie e di madre.. Uno sguardo lanciato su quello che fù che poteva essere…ma che ormai appartiene ad altri.. Sembrerebbe un film romantico destinato a strappare lacrime…ma non è così. Tra la carrozza del treno e quel quartiere di villette si instaura un rapporto temporale di eventi che sorprendono lo spettatore..delineando un triller insospettato, per chi non ha letto il libro, dove si delineano storie di donne diverse tra loro ma che troveranno intesa e comprensione . Un romanzo scritto da una donna, che racconta di tre donne diverse tra loro ma unite da una esperienza comune di maternità ..cercata disperatamente da una, rifiutata da una altra.. e difesa dalla terza.. Tutto si chiarirà nella drammaticità del racconto ..sotto lo sguardo materno e comprensivo del detectiv ,anch’essa donna …Un bel film che consiglio , anche in tarda ora perché non rischierete di addormentarvi…
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samanta
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domenica 16 dicembre 2018
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il treno nella nebbia
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Ho visto recentemente il film alla TV e ritengo che sia un film decoroso ma con molte ambiguità e che desti alcune perplessità. Non ho letto il romanzo da cui è tratto e quindi non ho pregiudizi e non posso fare confronti circa la fedeltà della sceneggiatura al romanzo. Ma una prima osservazione è che il film salvo nel finale non scioglie il dilemma se sia una commedia drammatica ovvero un thriller mancato.
Protagonisti del film sono una serie di personaggi intrecciati tra di loro: Rachel (una bravissima Emily Blunt, The Young Victoria, Il pescatore dei sogni) alcolizzata, appena divorziata da Tom (Justin Teroux) che ha sposato Anna (Rebecca Ferguson) un'amica di entrambi e hanno una piccola bambina, c'è poi Megan (Haley Bennet) sposata con Scott (Luke Evans) vicini di casa di Tom, si scopre che Megan (baby sitter della figlia di Anna), tradisce il marito con lo psichiatra dr.
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Ho visto recentemente il film alla TV e ritengo che sia un film decoroso ma con molte ambiguità e che desti alcune perplessità. Non ho letto il romanzo da cui è tratto e quindi non ho pregiudizi e non posso fare confronti circa la fedeltà della sceneggiatura al romanzo. Ma una prima osservazione è che il film salvo nel finale non scioglie il dilemma se sia una commedia drammatica ovvero un thriller mancato.
Protagonisti del film sono una serie di personaggi intrecciati tra di loro: Rachel (una bravissima Emily Blunt, The Young Victoria, Il pescatore dei sogni) alcolizzata, appena divorziata da Tom (Justin Teroux) che ha sposato Anna (Rebecca Ferguson) un'amica di entrambi e hanno una piccola bambina, c'è poi Megan (Haley Bennet) sposata con Scott (Luke Evans) vicini di casa di Tom, si scopre che Megan (baby sitter della figlia di Anna), tradisce il marito con lo psichiatra dr. Abdic e anche con Tom. Rachel che ha perso il lavoro va su e giù in treno dalla città ove vive a New York, fingendo di avere un lavoro che non ha più, Megan sparisce, viene trovata morta uccisa e indiziatì sono lo psichiatra e il marito. Non racconto nel dettaglio la trama, ma mentre una parte del film, almeno due terzi, è concentrato su delle dinamiche di coppia: la moglie abbandonata, le relazioni intrecciate lo psichiatra aveva avuto in cura Rachel e il marito; il disagio delle coppie che non si sa bene che cosa li unisca o li univa, sfocia poi in thriller con il finale in cui si scopre che il vero colpevole era Tom che cerca di uccidere e poi viene ucciso dalla ex moglie e che Rachel in realtà viveva una seconda vita immaginaria causata dall'alcool la cui dipendenza provocava incubi che le facevano confondere la realtà.
Il fatto è che come thriller è abbastanza inverosimile a cominciare dal treno che sembra andare al rallentatore quando passa vicino alle case di Anna e Megan che Rachel spia attentamente, così come le allucinazioni di Rachel, ma cosa più importante viene meno la tensione, il flashback continuo, si va indietro prima di 6 mesi, poi di 4, poi di due e così via , rallenta in modo notevole l'azione, confonde la trama, e certamente la priva di suspence. Il colpevole di tutto è Tom, ma manca una spiegazione logica perché abbia combinato una tale messinscena con la moglie (in molti film c'é il marito cattivo che fa una messinscena per ucccidere la moglie ricca: Delitto perfetto, Merletto di mezzanotte, Le verità nascoste e tanti altri), ma qui non si capisce il motivo: sono divorziati, lui le passa gli alimenti si è fatto un'altra vita e la ex non è ricca. La regia di Tate Taylor che ha un modesto curriculum (anche se aveva dato una buona prova con The Help) sembra non avere il polso per tenere una direzione ferma e realizzare un'azione avvincente, mentre il film specie nella prima parte ha tratti noiosi. La mancanza di una direzione adeguata si rivela anche nell'interpretazione dei protagonisti, salvo l'ottima performance di Emily Blunt, i rimanenti attori compresi la Ferguson e la Bennet hanno una recitazione mediocre.
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eleonorapanzeri
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lunedì 27 novembre 2017
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dietro il velo dell'apparenza
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Rachel, Anna e Megan, tre donne legate da un sottile filo invisibile fatto di violenza, follia e bisogno d’amore. Tre mondi apparentemente distanti che condividono tuttavia la stessa sofferenza. Rachel, confusa, disorientata ed alla deriva, distrutta dalla fine di una relazione che non riesce ad accettare; sola, tra alcool ed amnesie, apparentemente una mina vagante, imprevedibile ed inaffidabile. Anna, l’altra, la donna che ha preso il posto di Rachel nella vita dell’uomo che amava, dandogli la figlia che avrebbe da sempre voluto ma che non ha mai potuto avere. Megan, bellissima, cinica ed inarrivabile, una semplice sconosciuta per Rachel, divenuta tuttavia nel tempo l’immagine di tutto quello che avrebbe voluto essere.
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Rachel, Anna e Megan, tre donne legate da un sottile filo invisibile fatto di violenza, follia e bisogno d’amore. Tre mondi apparentemente distanti che condividono tuttavia la stessa sofferenza. Rachel, confusa, disorientata ed alla deriva, distrutta dalla fine di una relazione che non riesce ad accettare; sola, tra alcool ed amnesie, apparentemente una mina vagante, imprevedibile ed inaffidabile. Anna, l’altra, la donna che ha preso il posto di Rachel nella vita dell’uomo che amava, dandogli la figlia che avrebbe da sempre voluto ma che non ha mai potuto avere. Megan, bellissima, cinica ed inarrivabile, una semplice sconosciuta per Rachel, divenuta tuttavia nel tempo l’immagine di tutto quello che avrebbe voluto essere. Basta una flebile scintilla, l'infrangersi di un apparente perfezione per dar vita ad un intricato e contorto mistero. Un film coinvolgente, tormentato e ben strutturato. Déjà vu, ricordi, mezze verità, immagini che volutamente depistano e confondono. A tratti viene in mente Amore Bugiardo di Fincher, restando tuttavia meno brutale e nettamente più scontato e prevedibile. Un film che vale la pena guardare che lascia comunque non pochi dubbi e perplessità. Credo che il romanzo di Paula Hawkins da cui il film è ispirato meriti il suo successo.
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marcobrenni
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sabato 3 febbraio 2018
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un thriller psicologico troppo ambizioso
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Condivido la critica. L'unica eccellenza nel film è l'ottima interpretazione di Emily Blunt - Rachel - la nevrotica protagonista attorno a cui ruota il tutto. La storia è pesante macchinosa, a tratti di diffcile comprensione per via dei continui ma inutili, persino pretenziosi, salti spazio-temporali. Insomma: c'è tanta voglia di farne un'opera d'arte, ma la sola ambizione non basta se manca il genio cinematografico. Buoni gli altri interpreti, ma senza altre eccellenze se non la protagonista. Un thriller velatamente femminista, laddove presenta un marito-macho dispotico, falso, pure maniacalmente erotomane e violento e in netto contrasto con le vittime femminili, sin troppo buone e arrendevoli.
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Condivido la critica. L'unica eccellenza nel film è l'ottima interpretazione di Emily Blunt - Rachel - la nevrotica protagonista attorno a cui ruota il tutto. La storia è pesante macchinosa, a tratti di diffcile comprensione per via dei continui ma inutili, persino pretenziosi, salti spazio-temporali. Insomma: c'è tanta voglia di farne un'opera d'arte, ma la sola ambizione non basta se manca il genio cinematografico. Buoni gli altri interpreti, ma senza altre eccellenze se non la protagonista. Un thriller velatamente femminista, laddove presenta un marito-macho dispotico, falso, pure maniacalmente erotomane e violento e in netto contrasto con le vittime femminili, sin troppo buone e arrendevoli. Solo alla fine ci sarà il riscatto per legittima difesa, quando il bruto machista dispotico verrà abbattuto dalle due vittime femminili, prima antagoniste, poi divenute complici.
Scontato, troppo scontato.
Marco Brenni
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claudiagallosti23
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mercoledì 30 novembre 2016
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"la ragazza del treno": un film senza scrupoli
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Esco dal cinema e affondo pesantemente le mani nelle tasche del mio giubbotto. Il freddo che mi accarezza il viso è pungente e il buio che mi circonda si accorda perfettamente col mio stato d’animo. La prossima volta guardo un film comico, penso tra me e me mentre mi allontano sempre di più da quel luogo pieno di luci e voci. La tensione emotiva, che mi ha perseguitata per tutta la durata del thriller tratto dal bestseller di Paula Hawkins, La ragazza del treno, (2015) non accenna a lasciarmi. Se l’intento del regista (Taylor Tate) era questo, ha centrato l’obiettivo. Ma se il suo intento era quello di ricalcare le atmosfere eleganti ed empatiche di registi del noir come Lynch o Hanson, allora ha fallito.
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Esco dal cinema e affondo pesantemente le mani nelle tasche del mio giubbotto. Il freddo che mi accarezza il viso è pungente e il buio che mi circonda si accorda perfettamente col mio stato d’animo. La prossima volta guardo un film comico, penso tra me e me mentre mi allontano sempre di più da quel luogo pieno di luci e voci. La tensione emotiva, che mi ha perseguitata per tutta la durata del thriller tratto dal bestseller di Paula Hawkins, La ragazza del treno, (2015) non accenna a lasciarmi. Se l’intento del regista (Taylor Tate) era questo, ha centrato l’obiettivo. Ma se il suo intento era quello di ricalcare le atmosfere eleganti ed empatiche di registi del noir come Lynch o Hanson, allora ha fallito. Non si può, infatti, pensare di trasportare sul grande schermo una storia basata per lo più sui pensieri ossessivi e cattivi dei protagonisti, senza lasciare neanche un attimo di respiro allo spettatore. Senza donargli almeno una parvenza di normalità all’inizio o un barlume di speranza alla fine. Emily Blunt, attrice di fama e, probabilmente unica vera nota di interesse verso il film per chi non ha letto il libro è, però, una bellezza troppo eterea e morbida per riuscire bene nell’interpretazione della protagonista, Rachel, donna in grave crisi esistenziale che, dopo essere stata lasciata dal marito perché poco adatta a ricoprire il ruolo di ruolo di moglie, si rifugia nell’alcool e nella menzogna. Le altre due protagoniste, Rebecca Ferguson e Haley Bennett, rispettivamente nei ruoli di Anna e Megan, tanto belle quanto poco sfaccettate, incarnano, come nella migliore tradizione Dannunziana, casa e alcova, purezza e peccato, moglie e amante di quello che in realtà è il vero protagonista della storia: un marito aguzzino che si muove con facilità e totale mancanza di umanità tra tre donne senza sfumature e, soprattutto, senza volontà di salvezza. Le loro storie si intrecciano in un alternarsi di quotidianità spiata, flashback e momenti dall’alto tasso erotico. Il finale veloce ed infinitamente triste non aiuta nel ristabilire i valori che sono andati a mano a mano perdendosi durante tutta la durata del film: verità, fedeltà e giustizia. Vengono qui, infatti, ricalcati quelli che sono i più labili e miserevoli stereotipi sociali: l’uomo è una bestia senza scrupoli e la donna è la sua vittima sacrificale. L’atmosfera patinata e borghese della periferia americana del New England non fa che acuire l’infinito squallore di queste vite alla deriva. Vite che se guardate dal finestrino di un treno appaiono all’apparenza perfette ed invidiabili, ma che poi si rivelano in tutta la loro miseria non appena si varca il tappetino pulito della porta di casa.
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[+] bello
(di emanuele 1968)
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elgatoloco
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domenica 3 dicembre 2017
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non frammentazione, confusione
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Nella decisa noluntas di leggere il testo di Paula Hawkins da cui il film(testo anch'esso, ma filmico, non letterario)di Tate Taylor , "THe Girl on the Train"(2016)è tratto, vedo e guardo il film e mi delude profondamente. In un"thriller", psicologico o meno(ogni thriller, in qualche modo, lo è)una precondizione essenziale è la non- confusione di situazioni e personaggi e qui, invece, essa domina imperturbabilmente, quasi con totale"atarassia"verso chi guarda il film, con sprezzo totale di quella regola statuita, tra gli altri, ma meglio degli altri, da Alfred Hitchcock, per il quale"imbrogliare le carte"nel senso della confusione non ha alcun senso, il che non vuol dire cedere totalmente alla logica cartesiana della chiarezza ed evidenza, come sembra di per sé chiaro(pardon per l'involontaria ripetizione).
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Nella decisa noluntas di leggere il testo di Paula Hawkins da cui il film(testo anch'esso, ma filmico, non letterario)di Tate Taylor , "THe Girl on the Train"(2016)è tratto, vedo e guardo il film e mi delude profondamente. In un"thriller", psicologico o meno(ogni thriller, in qualche modo, lo è)una precondizione essenziale è la non- confusione di situazioni e personaggi e qui, invece, essa domina imperturbabilmente, quasi con totale"atarassia"verso chi guarda il film, con sprezzo totale di quella regola statuita, tra gli altri, ma meglio degli altri, da Alfred Hitchcock, per il quale"imbrogliare le carte"nel senso della confusione non ha alcun senso, il che non vuol dire cedere totalmente alla logica cartesiana della chiarezza ed evidenza, come sembra di per sé chiaro(pardon per l'involontaria ripetizione). La confusione è quella tra le tre donne, con grave attentato all'intelligenza dello spettatore(non la"girl on the train", Emily Blunt, ma le altre due tendono decisamente a confondersi e a sfumare...), in quanto l'involontaria e anche solo minima disattenzione crea confusione in chi guarda-se ciò sia voluto o meno da Taylor non so , ma questo è l'effetto, non opportuno, che ne deriva. Non si opera per flash-back né per "frammenti filmici", ma in una sorta di ductus continuus faticosissimo per chi guarda, senza alcun rispetto per chi cerca di capire qualcosa... Le scene"on the train", poi, sono incongrue, con elmenti aggiuntivi decisamente superflui; la recitazione di tutti è approssimativa(un errore clamoroso è opportunamente segnalato nella recensione"ufficiale", si perde, francamente, la voglia di andare oltre, di approfondire, seguitando a guardare senza intendere, finché, quasi "inopportuno deus ex machina"sopraggiunga a"schiarire"nel sottofinale; che poi l'alcolizzata Rachel, comunque, veda meglio di altre/i, è vero, ma non ha senso dircelo in questa maniera, dato che una costruzione differente sarebbe stata deccisamente più congrua e adatta allo scopo. Viene il sospetto che il film sia stato realizzato-"confezionato"in gran fretta, in omaggio al best-seller da rincorrere.... El Gato
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serialwatcher
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lunedì 6 marzo 2017
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un thriller da non perdere
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Personalmente mi è piaciuto molto. La trama era intricata il giusto da tenere lo spettatore con gli occhi fissi sullo schermo ma senza fargli perdere il senso di ciò che stava vedendo. In film di questo genre ciò che conta è la tensione e questo film è riuscito a dosarla nel modo giusto.
La protagonista ha un carattere molto complesso e trovo che l'attrice sia riuscita in pieno a esprimere ogni suo stato d'animo. Pienamente soddisfatta di averlo visto.
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luigi chierico
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giovedì 17 novembre 2016
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da dimenticare come il libro
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“Entrai nel treno. Mi insinuai lungo la sovraffollata corsia fra i sedili,e in un attimo il palmo della mia mano fu sulla bocca del bambino. Nessuno se ne accorse. Il treno correva, tranne la ragazzina.” Così scrive Markus Zusac nel bellissimo romanzo “Storia di una ladra di libri”.
Non crediate di incontrare anche in questo treno Liesel, interpretata dalla giovanissima quattordicenne Sophie Nelisse,qui la ragazza per la scrittrice Paula Hawkins è Rachel Watson, una donna sposata, separata dal marito, una pendolare, una bugiarda, una perdente posto, visionaria, beve sempre alcolici, curiosa, interpretata da Emily Blunt di 33 anni. Per Rachel sono anche ragazze Megan, interpretata da Haley Bennett di 28 anni e Anna, interpretata da Rebecca Ferguson di 33 anni.
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“Entrai nel treno. Mi insinuai lungo la sovraffollata corsia fra i sedili,e in un attimo il palmo della mia mano fu sulla bocca del bambino. Nessuno se ne accorse. Il treno correva, tranne la ragazzina.” Così scrive Markus Zusac nel bellissimo romanzo “Storia di una ladra di libri”.
Non crediate di incontrare anche in questo treno Liesel, interpretata dalla giovanissima quattordicenne Sophie Nelisse,qui la ragazza per la scrittrice Paula Hawkins è Rachel Watson, una donna sposata, separata dal marito, una pendolare, una bugiarda, una perdente posto, visionaria, beve sempre alcolici, curiosa, interpretata da Emily Blunt di 33 anni. Per Rachel sono anche ragazze Megan, interpretata da Haley Bennett di 28 anni e Anna, interpretata da Rebecca Ferguson di 33 anni. La prima delle due ragazze ha una lunga vita alle spalle, tante storie da raccontare, piuttosto spregiudicata; la seconda ad una moglie ha portato via il marito a cui ha dato un figlio.
Rachel dal treno spia Megan ed Anna, ma lei non è Lisa Carol Fremont, la splendida e bravissima Grace Kelly del film “La finestra del cortile”, e non è il voyeur mr. Hire, il grande Michel Blanc, del film “L’insolito caso dei mr. Hire”. Dopo aver letto il libro ricco di contraddizioni ed inconcludente, piuttosto disordinato, ho voluto vedere questo film nella certezza che lo spettacolo sarebbe stato meglio della lettura,una volta tanto. Non mi sono sbagliato. I tre diari diventano tre racconti frammentari, pagine sciolte da rimettere al loro posto, un puzzle da ricomporre, un’altalena di date per giungere ad una conclusione che i lettori di gialli si aspettano. Il film ha dalla sua parte una buona fotografia, delle belle riprese, una interpretazione piuttosto modesta, degli scollamenti. Lo spettatore è costretto a leggere le date, i mesi , i giorni, le ore piuttosto che ad assistere ai fatti. All’inizio sarebbe stato meglio presentare prima le tre “ragazze” e precisare che i fatti narrati sono stati ricostruiti attraverso la lettura dei loro diari. Il treno è il protagonista di tantissimi film ed è un po’ come la vita, quanti sono rimasti soltanto dietro un finestrino senza mai scendere per terra! quanti ancora sempre seduti al loro posto non si sono neanche mai affacciati al finestrino per vedere almeno da dietro i vetri cosa c’era fuori dallo scompartimento!. Una finestra che si apre, un bambino, una coppia che si bacia. Non è così per Rachel che vede tutto e il 9 luglio annota : “Il mucchietto di "vestiti che ho visto la settimana scorsa è ancora allo stesso posto più impolverato e triste di prima” ed ancora il 13 agosto:”Sono rimasta in treno a guardare un mucchietto di vestiti abbandonati lungo i binari…”. Il mucchietto anacronisticamente non può essere collegato ai fatti a cui assisterete, temo che Paula Hawkins scriva un seguito, ma mi auguro che il regista Tate Taylor non debba ripetersi. Il film visto con una certa superficialità e senza andare per il sottile non raggiunge comunque le tre stelle, neanche una per ragazza, peraltro sono cresciute in età ed esperienze, mentre Emily Blunt, Haley Bennett e a Rebecca Ferguson hanno dato la loro partecipazione senza infamia e senza lodo. chibar22@libero.it
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