pio antonio romano
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sabato 25 luglio 2015
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chi ha paura di babadook?
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La vita di Amelia consiste in una triste e stancante routine: lavorare all’ospizio con gli anziani – ormai abbandonate le ambizioni da scrittrice – e occuparsi del problematico figlio di sette anni Sam, che non le permette di vivere un attimo di tranquillità. Vedova a causa di un incidente stradale avvenuto in concomitanza alla nascita del bambino, la donna sembra non avere la forza per reagire e continua a trascinarsi nell’oblio; fin quando, un giorno, il piccolo Sam trova un libro intitolato “Mr. Babadook”…
Chiunque si dichiari appassionato di cinema horror non può negare di aver sentito nominare almeno una volta in questi mesi il nome “Babadook”, la creatura nata dalla penna dell’australiana Jennifer Kent alla sua opera prima.
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La vita di Amelia consiste in una triste e stancante routine: lavorare all’ospizio con gli anziani – ormai abbandonate le ambizioni da scrittrice – e occuparsi del problematico figlio di sette anni Sam, che non le permette di vivere un attimo di tranquillità. Vedova a causa di un incidente stradale avvenuto in concomitanza alla nascita del bambino, la donna sembra non avere la forza per reagire e continua a trascinarsi nell’oblio; fin quando, un giorno, il piccolo Sam trova un libro intitolato “Mr. Babadook”…
Chiunque si dichiari appassionato di cinema horror non può negare di aver sentito nominare almeno una volta in questi mesi il nome “Babadook”, la creatura nata dalla penna dell’australiana Jennifer Kent alla sua opera prima. E’ tanto il rumore attorno a questo mostro e capirne il motivo non è per nulla difficile: l’atipicità.
Babadook è un film horror bello perché atipico. E’ un film horror che, finalmente, dopo anni di pellicole eccessivamente (e inutilmente) violente con storia tutte simili fra loro, propone qualcosa di diverso in modo diverso; e così si prediligono non gli effetti speciali, non le impennate sonore improvvise o le urla più forti, ma la storia, i personaggi, le loro caratterizzazioni sono il vero cuore pulsante dell’orrore. A Jennifer Kent non interessa mostrarci il mostro più terrificante, non le interessa farci sobbalzare dalla sedia con qualche repentina apparizione studiata a tavolino, ciò che vuole la talentuosa regista è ben altro, cioè raccontare una favola nera e vera.
Ci riesce? Assolutamente sì.
Babadook non è un film che mette paura, ma è un film che scuote, che impressiona. Ancora una volta il disturbo non è ricercato nelle immagini più raccapriccianti o negli scenari più sanguinosi, bensì nelle parole, nelle atmosfere, nei gesti, nella realtà. Si potrebbe azzardare nel dire che l’obiettivo prefissato sia un terrore psicologico alla Shining. E, ovviamente, seppur non consegua gli stessi risultati, riesce comunque a lasciare il suo segno.
Il Babadook, infatti, è una metafora del non-superamento della morte del marito da parte di Amelia, ostinata a restare ferma. Tutto quello che le succede, ciò in cui si trasforma, è una conseguenza del non riuscire a elaborare il lutto. E non a caso il film si apre proprio con la scena dell’incidente in macchina con il coniuge.
Sono passati sette anni, ormai, eppure Amelia non riesce ancora a relazionarsi con gli oggetti dell’uomo lasciati nel seminterrato, non riesce ancora a considerare la possibilità di un nuovo compagno – nonostante l’interesse di Robbie –, limitandosi nei suoi confini mentali e nei piaceri nascosti della masturbazione, come se questi fossero l’unico piacere che le è permesso provare.
E così il Babadook ha campo libero e può nutrirsi di lei, della sua debolezza umana, della sua paura di voltare pagina. Comincia, quindi, il lungo delirio della donna attraverso le allucinazioni in cui cerca di uccidere il figlio, le visioni di scarafaggi che pullulano ovunque (prima nella sua cucina, poi su lei stessa), i comportamenti inspiegabilmente crudeli e violenti (quando maltratta Sam o gli brandisce il coltello contro). Ma il Babadook non è soltanto allucinazioni e astrazione, al contrario è soprattutto realtà e concretezza: ecco, allora, comparire gli assistenti sociali o ancora l’allontanarsi da parte di chiunque nella sua vita (Claire su tutti).
Tuttavia, la cosa peggiore, ciò che realmente turba e scuote, resta che in fondo Amelia sa che il Babadook non sta inventando nulla: se il mostro è nato, l’ha fatto dal suo subconscio, dai suoi pensieri, da quel disprezzo malcelato per Sam nutrito già da qualche tempo, da quando è stata costretta a dire addio al marito. Eccolo, l’orrore vero, manifestatosi in una tetra esplosione di scomode verità e desideri repressi.
Non tutto, però, è perduto.
Quasi al termine del film, Amelia riesce a rigurgitare fuori (letteralmente) la presenza infima del mostro e ad aprire gli occhi; così, quando in teoria riesce a “sconfiggere” Babadook, intimandogli di uscire dalla sua casa, in realtà sta sconfiggendo il suo mostro interiore, cioè sta avviando pian piano quel processo di accettazione della perdita. Quella che potrebbe sembrare una scena priva d’inventiva (scaccia via il mostro semplicemente urlandogli contro), va vista, in realtà, da un punto di vista più intimo, personale, in altre parole da quello di una donna che si riappropria della sua vita. Lei stessa urla decisa: “Stai violando la mia casa”, volta a indicare un qualcosa, un ricordo che le sta logorando la vita – il ricordo di suo marito.
Il finale è stato spesso reputato parte debole del film, ma in realtà si dovrebbe considerare come il punto più alto: il mostro nel seminterrato è un parallelismo perfetto per rappresentare il dolore della perdita, perché un dolore come questo non può essere semplicemente eliminato o “sconfitto” dalla nostra vita, ma bisogna imparare a conviverci e a “domarlo” giorno per giorno. Proprio come fa Amelia con il Babadook, con il suo Babadook. (Lo dice la stessa tagline del film: “You can’t get rid of the Babadook”, mai come in questo caso perfetta!).
In uno dei momenti finali, Sam chiede alla madre se un giorno potrà mai vederlo e lei gli risponde che potrà farlo solo quando sarà più grande. Se non altro i bambini non affrontano la morte come gli adulti, è qualcosa che s’impara a fare soltanto quando si cresce. E’ qualcosa che Amelia impara a fare prima che sia troppo tardi, riprendendosi la sua vittoria dopo un’infinita serie di rinnegazioni e sconfitte.
Alla domanda, dunque, “chi ha paura di Babadook?”, la risposta dovrebbe essere “tutti”, perché in ognuno di noi si nasconde, in profondità, qualcosa con cui non riusciamo a venire a patti, qualcosa che non abbiamo ancora risolto, magari perché ne abbiamo troppa paura. Ed è quello il nostro intimo e raccapricciante Babadook.
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[+] colto il segno.
(di rustin)
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laurence316
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lunedì 23 gennaio 2017
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buon film di genere che si eleva dalla media
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Il film d’esordio della regista-sceneggiatrice australiana, acclamato, abbastanza insolitamente, alla quasi unanimità dalla critica, è indubbiamente uno dei migliori horror della stagione, anche se non l’evento epocale che alcune recensioni entusiastiche porterebbero a pensare. E’ un buon esercizio di paura, d’atmosfera, privo di risaputi effetti splatter o gore che dir si voglia, privo di altrettanto risaputi, ed analoghi, squartamenti, sbudellamenti e zampilli di sangue alla maniera dei film slasher. The Babadook è, molto più semplicemente, un classico horror d’ambiente, che si svolge per la gran parte all’interno delle pareti domestiche, che si fanno, ancora una volta, custodi di orrori indicibili.
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Il film d’esordio della regista-sceneggiatrice australiana, acclamato, abbastanza insolitamente, alla quasi unanimità dalla critica, è indubbiamente uno dei migliori horror della stagione, anche se non l’evento epocale che alcune recensioni entusiastiche porterebbero a pensare. E’ un buon esercizio di paura, d’atmosfera, privo di risaputi effetti splatter o gore che dir si voglia, privo di altrettanto risaputi, ed analoghi, squartamenti, sbudellamenti e zampilli di sangue alla maniera dei film slasher. The Babadook è, molto più semplicemente, un classico horror d’ambiente, che si svolge per la gran parte all’interno delle pareti domestiche, che si fanno, ancora una volta, custodi di orrori indicibili. Ancor più inquietante per il fatto che il ruolo del genitore viene sovvertito: da "‘mediatore’ tra il figlio e l’esperienza della paura, diventa lui stesso ‘mostro’ […], facendo del film ‘oltre che un efficace meccanismo pauroso, un’acuta parabola sulla famiglia e la maternità (Morreale)’” (Mereghetti). Babadook è, dunque, un horror intelligente, ben congegnato, anche se risulta riuscito soprattutto nella prima parte mentre, nella seconda, finisce per farsi molto più scontato e scivola, come spesso accade nel cinema dell’orrore, nel quasi ridicolo involontario al momento di trarre le conclusioni. Si riscatta con un finale originale e, stavolta, per nulla scontato, che svela la profonda natura di favola morale del film. Apologo sul lutto, il dolore e la famiglia, visto da un’insolita prospettiva al femminile, nonostante le debolezze, è certamente un ondata di aria fresca nel panorama horror contemporaneo, carico di citazioni (da Shock di Bava, al kubrickiano Shining, al polanskiano Rosemary’s Baby) e suggestioni (con inevitabili rimandi all’espressionismo tedesco, da Dreyer a Murnau). Beninteso: non è di certo un capolavoro, ma, come detto, nel panorama abbastanza desolante dell'horror cinematografico contemporaneo, si mantiene su un livello più che discreto, seppur senza particolari guizzi. Particolarmente apprezzato da Stephen King e dai cultori del genere, non ha però riscosso un grandissimo successo di pubblico
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kinglc
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sabato 29 novembre 2014
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un terrificante incubo dal nome babadook
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Premessa: da amante dell'horror non posso non ammettere come si sia ridotto in basso il genere negli ultimi anni. Nonostante alcuni progetti molto interessanti, purtroppo sopratutto le grandi produzioni americane ci hanno abituato oramai costantemente a vedere spaventosi film dell'orrore tutti uguali sia nei pregi ma sopratutto nei difetti. Quante volte vi è capitato di vedere un personaggio di un horror che, sentendo un orribile rumore fuori dalla porta, invece di nascondersi ci va incontro sapendo che morirà malissimo? Troppe. Ebbene questo non è quello che troverete in questo favoloso film australiano girato e scritto dall'esordiente regista Jennifer Kent. Ma questo è solo uno dei tanti pregi per cui elogiare il film.
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Premessa: da amante dell'horror non posso non ammettere come si sia ridotto in basso il genere negli ultimi anni. Nonostante alcuni progetti molto interessanti, purtroppo sopratutto le grandi produzioni americane ci hanno abituato oramai costantemente a vedere spaventosi film dell'orrore tutti uguali sia nei pregi ma sopratutto nei difetti. Quante volte vi è capitato di vedere un personaggio di un horror che, sentendo un orribile rumore fuori dalla porta, invece di nascondersi ci va incontro sapendo che morirà malissimo? Troppe. Ebbene questo non è quello che troverete in questo favoloso film australiano girato e scritto dall'esordiente regista Jennifer Kent. Ma questo è solo uno dei tanti pregi per cui elogiare il film. Innanzitutto la trama, l'aggettivo migliore per descriverla è: semplice. Amelia (interpretata dalla FANTASTICA Essie Davis) è una donna di mezz'età con una vita disastrata, senza un buon marito accanto ma con un fastidiosissimo figlio sulle spalle. Ciò che sconvolgerà le vite dei due protagonisti sarà un interessantissimo libro chiamato Babadook, il libro si rivelerà maledetto, e da lì in poi inizierà l'incubo per Amelia e suo figlio. I personaggi del film sono relativamente pochi ed inutili ai fini della trama, ma allo stesso tempo perfetti per dare vita ai personaggi principali. Essi sono caratterizzati in maniera divina, Amelia è un personaggio decisamente complicato, talmente dolce e paziente da permettere a suo figlio qualsiasi cosa, quest'ultimo è invece irritante ed odioso come un vero bambino di 6 anni dovrebbe essere. Ma ciò che stupisce della caratterizzazione dei personaggi è la capacità ad un certo punto del film di renderli totalmente il contrario di quanto erano prima. Amelia diverrà aggressiva e pericolosa, mentre il povero Samuel sarà invece debole e timoroso. Tutto questo grazie al terrificante intervento del Babadook, creatura originale ed incredibilmente paurosa a metà tra la classica concezione dell'uomo nero e la ridondante figura dell'entità demoniaca, utile quindi sia per spaventare lo spettatore, ma anche per svelare il lato più umano e contorto dei due protagonisti. Sul lato tecnico il film è impeccabile, la regia è molto ordinata e convincente. Il sonoro è curato in maniera maniacale, con rumori sempre spaventosi ed azzeccati, forse il punto migliore del film. La fotografia è perfetta per un horror, sempre scura ed opprimente. In fine non resta che parlare del finale, forse unica vera parte che potrebbe far storcere il naso a qualcuno, sia chiaro: non rovina assolutamente il film. Ma forse guardandolo più e più volte sembra quasi che la brava Jennifer Kent si fosse fermata sul più bello, rendendo il terrificante incubo del Babadook una sorta di entità incapace di svolgere il suo compito. Nulla di scandaloso eh, ma se il finale fosse stato da VERO film horror 100% allora il film avrebbe meritato 5 stelle e lode. Ma non importa, perché tra la mediocrità generale del cinema horror odierno, questo film riesce ad uscirne con una coccarda d'oro sul petto sul cui sopra vi è scritto: PRIMO.
...Ah! Ultima cosa e poi basta: degna di nota è la scena della masturbazione di Amelia, probabilmente la miglior parte del film, non per motivi sporcaccioni, ma semplicemente perché fa capire la solitudine della madre più di quanto migliaia di altre stupide scene avrebbero potuto fare, brava Jennifer Kent che ha voluto osare!
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[+] il trauma babadook
(di giovannino ricci)
[ - ] il trauma babadook
[+] pellicola interessante e di qualità
(di tom87)
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vanessa zarastro
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lunedì 20 luglio 2015
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amore di mamma
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In generale non sono un’appassionata di film dell’horror ma ho voluto vedere BABADOOK perché mi sono incuriosita per l’ottima recensione che Roberto Nepoti ha scritto su “La Repubblica” evocando perfino Shining, (il film di Kubrick che, comunque, ho amato di meno).
Amelia vive sola con Samue,l il figlio di sei anni. Il marito è morto in un incidente d’auto proprio per accompagnare Amelia a partorire: una triste storia di solitudine che il bambino vive come diversità.
Il film è girato prevalentemente nell’interno - come molti di questi film tra l’horror e lo psicologico - di una casetta minimalista della suburbia, dove presumibilmente vive la midlle-class australiana. L’inizio è molto promettente, gli interni arredati con cura, la fotografia ben studiata: tutto è giocato su allusioni e sono mostrate solo le stranezze del bambino affascinato più dai giochi di prestigio e dalle bizzarre armi che crea lui stesso, piuttosto che da giochi con altri bambini (ricordate le stranezze che faceva Harold per attrarre l’attenzione della madre in quel delizioso film di Hal Ashby Harold e Maude del 1971?). Il thriller psicologico è impostato così bene che la mia compagna di cinema, molto più preparata ed esperta di me, ha addirittura evocato Repulsion di Polanski del 1965, con una giovanissima e affascinate Catherine Denevue.
La regista Jennifer Kent in BABADOOK man mano accelera fino a farci perdere il senso del dramma delle difficoltà e delle proiezioni psicologiche di una vita a due sempre più emarginata (lui lascia la scuola, lei si dà malata al lavoro…) per esagerare con la spettacolarizzazione di figure grottesche (Nosferratu con gli artigli) nelle scene horror, dove sembra che l’urlo sia sempre più forte un po’ come i fuochi d’artificio che aumentano in crescendo. E qui giù con tutto il tutto il repertorio: il coltellone da macellaio, le lotte, le fughe, i ripostigli, l’innocente cagnolino…
Le parti quindi si ribaltano: è il bambino adesso a “prendersi cura” della madre malata che fa e dice cose strane. Alla fine invece dell’esorcismo sarà l’amore di mamma a vincere sul mostro! Mi chiedo perché la malattia psichiatrica – se questo era l’intento della Kent - debba per forza assomigliare all’“essere posseduti” dal demonio.
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filippo catani
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lunedì 20 luglio 2015
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finalmente un ottimo e originale horror
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Una giovane madre vive da anni sola con il figlio in quanto il marito è morto mentre la portava a partorire in ospedale. Una sera mamma e figlio leggono un inquietante libro che sconvolgerà le loro vite.
Finalmente un horror intenso e originale che anzi potrebbe anche quasi essere inserito nel genere dei thriller psicologici. Questo film tiene lo spettatore costantemente attento e sul filo del rasoio attingendo con parsimonia ai trucchi del mestiere (porte scricchiolanti ecc.) e mostrando come si possa fare una bella opera senza bisogno di sangue o motoseghe oppure esorcismi. Fra l'altro l'intero film può essere letto come l'uomo nero che purtroppo si insinua nella mente di tante donne sole e stressate da lavoro e figli e che purtroppo tante volte finiscono in tragedia.
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Una giovane madre vive da anni sola con il figlio in quanto il marito è morto mentre la portava a partorire in ospedale. Una sera mamma e figlio leggono un inquietante libro che sconvolgerà le loro vite.
Finalmente un horror intenso e originale che anzi potrebbe anche quasi essere inserito nel genere dei thriller psicologici. Questo film tiene lo spettatore costantemente attento e sul filo del rasoio attingendo con parsimonia ai trucchi del mestiere (porte scricchiolanti ecc.) e mostrando come si possa fare una bella opera senza bisogno di sangue o motoseghe oppure esorcismi. Fra l'altro l'intero film può essere letto come l'uomo nero che purtroppo si insinua nella mente di tante donne sole e stressate da lavoro e figli e che purtroppo tante volte finiscono in tragedia. Inevitabile in questo notare il tocco di una regista femminile che risponde al nome di Jennifer Kent che ci regala una storia meravigliosa e una caratterizzazione dei personaggi ottimale. Inoltre sono perfette le ambientazioni d'interno. Infine non si può tacere la prova davvero superlativa di Essie Davis che si e ci regala un pezzo di autentica bravura passando dall'interpretazione dolce e dolente di una mamma e donna sola alle prese con un figlio problematico per poi passare alla donna sconvolta dalle apparizioni di Babadook. Arrivato in Italia con colpevolissimo ritardo, il film è assolutamente il gioiellino di questa estate cinematografica. Consigliatissimo agli amanti del genere ma anche a chi non ama o pensa di essere saturo di film horror; questo ne vale la pena.
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ely57
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lunedì 27 luglio 2015
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l'horror che c'è in noi!
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Solitamente i film horror hanno trame avulse dai problemi reali delle persone, anzi sono quasi sempre un'evasione forte dalla vita reale, ma questo bel film al contrario, tocca profondamente il nostro essere attraverso la conoscenza e la vicinanza al dolore, di un tipo di dolore quello non risolto, ne elaborato, quel traumatico dolore, dovuto alla perdita del proprio marito-futuro padre, sottratto ad un progetto di famiglia, progetto che viene annientato proprio nel giorno della nascita del figlio Samuel, nel giorno- incipit della costruzione di una famiglia contemporanea tipo. La bravissima sceneggiatrice-regista Jennifer Kent, ci fa conoscere la doppia declinazione del dolore, da parte dei due protagonisti, madre e figlio, in particolare quando esso è conseguenza di una grave perdita e lo fa attraverso due visioni che hanno percorsi ed intrecci a volte simmetrici ed a volte crescenti-decrescenti.
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Solitamente i film horror hanno trame avulse dai problemi reali delle persone, anzi sono quasi sempre un'evasione forte dalla vita reale, ma questo bel film al contrario, tocca profondamente il nostro essere attraverso la conoscenza e la vicinanza al dolore, di un tipo di dolore quello non risolto, ne elaborato, quel traumatico dolore, dovuto alla perdita del proprio marito-futuro padre, sottratto ad un progetto di famiglia, progetto che viene annientato proprio nel giorno della nascita del figlio Samuel, nel giorno- incipit della costruzione di una famiglia contemporanea tipo. La bravissima sceneggiatrice-regista Jennifer Kent, ci fa conoscere la doppia declinazione del dolore, da parte dei due protagonisti, madre e figlio, in particolare quando esso è conseguenza di una grave perdita e lo fa attraverso due visioni che hanno percorsi ed intrecci a volte simmetrici ed a volte crescenti-decrescenti. Nella prima parte del film, il bambino è insopportabile,simboleggiando cosí l'istinto allo stato puro, al dolore reagisce con paure, disturbi di personalità ed aggressività sotto gli occhi di una madre che parrebbe tranquilla, affettuosa col figlio ma giovane vedova ieratica e monoespressiva. Nel passare dei giorni si ha un crescere di disperazione sotto la maschera che da adulti tutti adottiamo, quando tra la facciata pubblica della donna occupata tra casa e lavoro, si ha dentro un dolore immane che è rimosso e non affrontato e che sotto-sotto di giorno in giorno, cresce. Ed è a questo punto che il dolore della madre che non ha potuto continuare ad essere moglie, si trasforma in disperazione-delirio e in questo loop incontrollato, la mente umana a cui basta un qualsiasi parafulmine, in questo caso il Babadook, personaggio materializzato dal cervello, suggerito dal bimbo addolorato, essendo la favola, non a caso, da lui prediletta e anche dalla sua mente scelta, esso il dolore Babadook entra in scena ed Amelia inizia a conviverne la presenza, sino a proiettarne l'agognata sembianza del marito. Ció le permette di scaricare la tensione delirante accumulata, arrivando ad intrecciare, nel crescere delle allucinazioni, il decrescere delle paure di Samuel che dovrà anche difendersi da una madre a tratti una Medea contemporanea. Ed è in questi concitati momenti che per alcuni secondi il film tratta in una maniera molto realistica, sociale e psicologica, una problematica, purtroppo in crescita come casistica nella nostra attuale società portatrice di solitudini familiari nei mononuclei madre-figli ed è l'analogia agli orribili fatti di cronaca di madri che uccidono i figli. Sono anche presenti, come triste corollario alcuni oggetti simboli antropologici che segnano la nostra vita contemporanea e vanno dal vibratore per la solitudine notturna della madre, agli psicofarmaci per bambini utilizzati quando non sai che pesci pigliare! Amelia la protagonista, nella seconda parte del film viene interpretata da una straordinaria Essie Davis che a questo punto affronta il durissimo percorso dolore-delirio-schizofrenia con sdoppiamento di personalità, con una molteplicità di espressioni e timbri di voce che permette allo spettatore un ineguagliabile avvicinamento a quelle ombre-horror che sono dentro a noi esseri umani e che a volte purtroppo si manifestano. Il finale è intelligentemente liberatorio, in quanto cadono tutte quante le tensioni vissute e i due bravissimi protagonisti, guidati dalla presa di coscienza che il dolore-Babadook è qualcosa che purtroppo puoi creare e che puoi conoscere cosí bene che lo puoi anche controllare ed alimentare, convivendoci come possibile configurazione di equilibrio quale via d'uscita per le sofferenze che la vita ci presenta.
Bravissimi Jennifer, Essie e Noah film da vedere per comprendere.
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riots
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martedì 9 dicembre 2014
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you'll see him if you look
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Un tuffo nell'inconscio da cui scaturisce non più la paura, bensì terrore e isteria. L'attrice, nonché regista Jennifer Kent stupisce il pubblico senza bisogno di effetti speciali, superflui, e che avrebbero forzato la suspense della pellicola.
La storia si apre sulle sempre più chiare problematiche di una famiglia allo sbando dopo la morte del padre: una donna incapace di accettare la cruda realtà della vita e un bambino problematico su cui si riversa la frustrazione materna. Per tutti i 95' del film si viene proiettati in una realtà para-psichiatrica, a tratti assillante per la perpetua isteria dei protagonisti.
Già con "Boogeyman" la cinematografia, questa volta americana, tentò di dare forma alle creature degli incubi infantili; il film non riscosse molto successo tra il pubblico che, nel 2005, stava ancora subendo la moda del genere "splatter".
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Un tuffo nell'inconscio da cui scaturisce non più la paura, bensì terrore e isteria. L'attrice, nonché regista Jennifer Kent stupisce il pubblico senza bisogno di effetti speciali, superflui, e che avrebbero forzato la suspense della pellicola.
La storia si apre sulle sempre più chiare problematiche di una famiglia allo sbando dopo la morte del padre: una donna incapace di accettare la cruda realtà della vita e un bambino problematico su cui si riversa la frustrazione materna. Per tutti i 95' del film si viene proiettati in una realtà para-psichiatrica, a tratti assillante per la perpetua isteria dei protagonisti.
Già con "Boogeyman" la cinematografia, questa volta americana, tentò di dare forma alle creature degli incubi infantili; il film non riscosse molto successo tra il pubblico che, nel 2005, stava ancora subendo la moda del genere "splatter".
Contrariamente alla classica figura dell'Uomo Nero, "The Babadook" si proietta oltre le scene macabre e sanguinose, riscoprendo il grande potere della mente che genera mostri. Il finale lascia una scia di drammaticità celata dal rapporto tra madre e figlio che, dopo aver affrontato il medesimo incubo e dopo sei anni dalla morte del padre, si riconciliano.
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nerazzurro
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sabato 25 luglio 2015
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un film con grandi interpreti... ma sopravvalutato
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"Il miglior horror degli ultimi anni"
"Vi gelerà il sangue"
"Terrore vero"
"Agghiacciante"
E grazie a questi slogan promozionali che sinceramente sono rimasto cosi... deluso. Come horror Babadook e alquanto sopravvalutato. Oserei dire che lo considero più un thriller psicologico, ma non assolutamente un horror vero e proprio.
I protagonisti sono decisamnte ben caratterizzati. Bella la regia. Se solo non fosse che tutta la tensione accomulata nella prima mezz'ora la si andra poi a perdere dopo la scena della lettura del libro.
Babadook e senz'altro un bel film ma non lo si puo catalogare come un horror e ne tanto meglio atribuirgli meriti per un qualcosa che non è.
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"Il miglior horror degli ultimi anni"
"Vi gelerà il sangue"
"Terrore vero"
"Agghiacciante"
E grazie a questi slogan promozionali che sinceramente sono rimasto cosi... deluso. Come horror Babadook e alquanto sopravvalutato. Oserei dire che lo considero più un thriller psicologico, ma non assolutamente un horror vero e proprio.
I protagonisti sono decisamnte ben caratterizzati. Bella la regia. Se solo non fosse che tutta la tensione accomulata nella prima mezz'ora la si andra poi a perdere dopo la scena della lettura del libro.
Babadook e senz'altro un bel film ma non lo si puo catalogare come un horror e ne tanto meglio atribuirgli meriti per un qualcosa che non è.
Risulterà disturbante e sicuramente transmetterà molta tensione (specialmente la prima mezz'ora) ma non mantiene nulla di quello che gli slogan promo hanno annunciato.
Consiglio la visione
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claudiofedele93
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domenica 19 luglio 2015
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babadook: cinema horror d'alto livello.
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Quando Stephen King, una leggenda della letteratura del genere horror, descrive il tuo lavoro come “profondamente disturbante” e un maestro del cinema quale William Friedkin, a cui dobbiamo il cult L’Esorcista, lo annovera su Twitter come uno dei film più paurosi di sempre, significa che sei riuscita a portare alla luce un qualcosa di oscuro, carico di tensione, ma sopratutto intriso di quella inquietante bellezza che solo il cinema può regalare.
Dopo settimane di trepidante attesa è arrivato da noi, finalmente, Babadook, con quasi un anno di ritardo per le nostre sale al contrario di gran parte del resto del mondo, tanto che, per fare un esempio, in Francia l’edizione Home-video è uscita già da un po' di giorni, per non parlare poi degli U.
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Quando Stephen King, una leggenda della letteratura del genere horror, descrive il tuo lavoro come “profondamente disturbante” e un maestro del cinema quale William Friedkin, a cui dobbiamo il cult L’Esorcista, lo annovera su Twitter come uno dei film più paurosi di sempre, significa che sei riuscita a portare alla luce un qualcosa di oscuro, carico di tensione, ma sopratutto intriso di quella inquietante bellezza che solo il cinema può regalare.
Dopo settimane di trepidante attesa è arrivato da noi, finalmente, Babadook, con quasi un anno di ritardo per le nostre sale al contrario di gran parte del resto del mondo, tanto che, per fare un esempio, in Francia l’edizione Home-video è uscita già da un po' di giorni, per non parlare poi degli U.S.A. che hanno avuto il piacere di gustarselo in pieno 2014 e inserirlo tra i migliori della scorsa annata.
Fin dal primo momento, partendo proprio dalla scena d’apertura, che fonde un angosciante sogno della protagonista con la realtà, ed al contempo ci mostra non solo su cosa verterà la storia in gran parte, ma anche quelli che saranno le tematiche principali ed i toni scelti dalla regista australiana, si comprende che la pellicola, tanta amata all’estero e nel resto del mondo, non ponga il quesito, allo spettatore, mirato solo ed esclusivamente alla qualità insita in se stesso, allontanandosi così con orgoglio dallo scarso valore artistico dei film dell’orrore di oggi a cui fa concorrenza, ma come, piuttosto, si metta fin da subito in luce per far chiarezza su quanto, quel che stiamo per osservare, abbia un peso nel panorama del genere horror internazionale. Ci si approccia, or dunque, a Babadook per scoprire se questi sia davvero il film di genere tanto atteso e per comprendere se davvero meriti un posto tra i migliori film thriller e dell’orrore dell’ultimo decennio (o di sempre, persino).
Tutto è incentrato sulla figura di Amelia Vanek, vedova ormai da sette anni, che deve prendersi cura di Samuel, un bambino particolarmente vivace, iperattivo, il cui comportamento non fa altro che accrescere gli esaurimenti nervosi della madre, ormai in trappola tra il ricordo dell’amato marito, deceduto in un incidente stradale proprio il giorno in cui il loro figlio veniva alla luce, e la prospettiva di una vita costantemente in crisi, sia economica che emotiva, ed in piena solitudine.
Quello che maggiormente affascina in Babadook sono i continui rimandi ad un cinema ormai passato, antico, primordiale, ma continuamente originale nella sua messa in scena ed una voglia di voler offrire un soggetto che si presta ad essere analizzato su più piani di lettura. Altri, infatti, non è, il Mr. Babadook, che il famoso Bau-Bau, l’uomo nero dei bambini, qui però osservato ed analizzato in più momenti non solo come una presenza fisicamente demoniaca, un poltergeist, che terrorizza i protagonisti, ma un riflesso delle paure, delle angosce, e della depressione di Amelia, che, dopo quasi un decennio, non ha ancora trovato il modo di superare il lutto del marito.
Babadook opera sapientemente su più livelli di interpretazione, aprendo scenari sotto certi aspetti inediti, rivelandosi essere una complessa ed orchestrata matrioska di paure e atteggiamenti umani intrisi a loro volta da particolari e sfumature capaci di attingere alla psicologia, al thriller ed in fine all’horror, mescolando, in questo modo, molti degli elementi che hanno caratterizzato Shining di Stanley Kubrick, quando non a caso le presenze demoniache dell’hotel sprigionavano il male che a sua volta albergava nello spietato protagonista interpretato magistralmente da Jack Nicholson, e ricercando, al suo interno, più volte una messa in scena basata unicamente sul riflesso delle angosce della protagonista che richiama, nella sua dicotomia tra l’essere reale ed irreale, prepotentemente il capolavoro di Roman Polansky: “Rosemary’s Baby”.
Cos’è, perciò, l'entità malefica che perseguita i due protagonisti, una madre vedova ed il suo bambino di sei anni? L'uomo nero delle fiabe, l'orco nascosto dentro l'armadio, il respiro innaturalmente profondo che abbiamo creduto di udire sotto al nostro letto negli anni dell'infanzia? Il diverso che si manifesta ai nostri occhi, che noi consideriamo malvagio solo in quanto estraneo alla nostra realtà; oppure è un riflesso di noi stessi, dei nostri timori e della nostra mente? (tanto per citare una frase di S. King). Una creazione pseudo onirica che l'animo debole dell'uomo rende reale, un'allucinazione glaciale, ma tanto concreta che ci porta a dubitare della ragione, la quale se lasciata a se stessa non fa che generare mostri, quelli con cui conviviamo ogni mattina, razionali o meno, che ci portiamo nei sogni, i quali a loro volta diventano orrendi incubi.
Così Babadook si prende il coraggio di narrare una storia semplice, ma perfetta, il cui unico difetto sta proprio nel voler agire su un piano talmente collaudato di archetipi del genere, ormai noti, da non aver la prepotenza di rivoluzionare molti elementi grazie ai quali riesce a brillare di luce propria.
Jennifer Kent è riuscita nell’impresa di creare un qualcosa di terribilmente affascinante; una delle vette più alte del cinema horror degli ultimi anni, ma non solo, è racchiuso nel set casalingo in questione, gestito e rappresentato con estrema eleganza tecnica, che inneggia all'arte di rendere al massimo un qualcosa utilizzando il minimo indispensabile sulla scena, componendo un mosaico che sfrutta ogni elemento nel modo giusto, dagli attori ai giochi d’ombre e ai ritagli di luce che fanno, della casa, quasi un palco teatrale, nel quale si concentra la vicenda, oscura e viscerale, psicologica ed introspettiva, dove l'entità del sovrannaturale prendono vita da un oggetto comune quale può essere un "libro" (maledetto)”, rivelando proprio tra le pagine di questi, nella rappresentazione cartonata dell’entità malvagia, una forte influenza del cinema di Tim Burton.
Si dica quel che si vuole, magari se ne parli pure male o con toni pacati, purché ci si ricordi di Babadook, al quale va il grande onore di voler attingere ai maestri del genere, riuscendo, in alcuni frangenti, di arrivare ad una cura e ad una maestria artistica riscontrabile nei grandi del passato quali Kubrick (di Shining) e Carpenter, Friedkin, Polansky o Bava.
Oltre a questo, il film della Kent, rimane un attestato di puro cinema, quello vero, che ti entra fin dentro le ossa e non ti molla più, persino quando i titoli di coda e le luci riempiono la sala, e a volte, come in questo caso, incredibilmente, resti ancora lì, al tuo posto, muto, a fissare uno schermo di cinque metri, perso in un altro mondo; il sogno di Méliès, la magia ed il trionfo dell’immaginazione, l’apoteosi della settima arte e Babadook, questo, a suo modo, lo sa fare veramente bene.
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skywalker70
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domenica 26 luglio 2015
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badaboom
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La forza di questo film sta nella rappresentazione drammatica della protagonista, così intensa e umana nel suo alternarsi di forza e debolezza, che suscita empatia.
Il punto debole è il finale. Il castello di suggestioni magiche e dark (molto bello) crolla proprio nel momento in cui sarebbe stato necessario invece dimostrare un di saper concludere la vicenda in modo più chiaro e deciso. Non che manchi l'originalità, ma sicuramente il finale risulta un po' debole, senza mordente, quasi che si sia voluto lasciarlo intenzionalmente così in previsione di un sequel.
Un vero peccato perchè il film è godibilissimo..e proprio per questo il finale lascia l'amaro in bocca più di quanto forse non dovrebbe.
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La forza di questo film sta nella rappresentazione drammatica della protagonista, così intensa e umana nel suo alternarsi di forza e debolezza, che suscita empatia.
Il punto debole è il finale. Il castello di suggestioni magiche e dark (molto bello) crolla proprio nel momento in cui sarebbe stato necessario invece dimostrare un di saper concludere la vicenda in modo più chiaro e deciso. Non che manchi l'originalità, ma sicuramente il finale risulta un po' debole, senza mordente, quasi che si sia voluto lasciarlo intenzionalmente così in previsione di un sequel.
Un vero peccato perchè il film è godibilissimo..e proprio per questo il finale lascia l'amaro in bocca più di quanto forse non dovrebbe.
2 stelle e mezzo (approssimato per difetto 2).
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