paola di giuseppe
|
martedì 24 agosto 2010
|
un sequel d'autore
|
|
|
|
Girato su commissione per la Toho che voleva replicare il successo del film precedente e far cassa insistendo sulla popolarità del judoka, preso alle strette da una situazione economica non proprio florida (ha messo su famiglia), Kurosawa si adegua, ma lo fa con stile, evitando il rischio di ridurre Sanshiro ad eroe di un serial.
Dice infatti nella sua Autobiografia:“Pare che i produttori di film d’intrattenimento non abbiano mai sentito il proverbio del pesce e del salice lungo il fiume: il fatto che una volta tu abbia preso un pesce all’amo in quel punto non significa che lo ripescherai sempre.Quella gente continua a rifare i film che hanno avuto successo in passato.Non cercano di sognare nuovi sogni, vogliono solo rifare i vecchi”.
[+]
Girato su commissione per la Toho che voleva replicare il successo del film precedente e far cassa insistendo sulla popolarità del judoka, preso alle strette da una situazione economica non proprio florida (ha messo su famiglia), Kurosawa si adegua, ma lo fa con stile, evitando il rischio di ridurre Sanshiro ad eroe di un serial.
Dice infatti nella sua Autobiografia:“Pare che i produttori di film d’intrattenimento non abbiano mai sentito il proverbio del pesce e del salice lungo il fiume: il fatto che una volta tu abbia preso un pesce all’amo in quel punto non significa che lo ripescherai sempre.Quella gente continua a rifare i film che hanno avuto successo in passato.Non cercano di sognare nuovi sogni, vogliono solo rifare i vecchi”.
Carica allora il campione di una bella vis comica e tratta con ironia tutta la vicenda, facendolo combattere con un boxeur americano, tale Lister.
All’ambasciata sono venuti a conoscenza delle prodezze di Sanshiro, vogliono fare il bis dello spettacolo offerto dalla misera sconfitta appena inflitta dal loro boxeur al campione di Ju-Jitsu, ma stavolta non sanno con chi hanno a che fare.
Il judoka mette in scena un duello travolgente, tiene tutti in sospeso dominando la scena fino al volo finale del boxeur fuori dal ring.
I dollari degli yankees non interessano al nostro che se ne va rifiutandoli. Si è divertito e tanto basta.
Notevole il duello finale (per il resto il film scorre senza emozioni, fra citazioni dal primo Sanshiro e qualche doveroso tributo nazionalista di Kurosawa a chi l’aveva accusato di eccessivo americanismo).
Si tratta di uno di quei duelli en plein air in cui senso panico della natura e forza fisica dei corpi avvinghiati collaborano a creare un quadro in movimento in cui gestualità teatrale e forza espressiva dei primi piani si fondono.
I corpi rotolano nella neve dell’altipiano, il ricordo del duello nell’erba alta spazzata dal vento del primo Sugata e il presagio di quello che metterà in scena nel mezzo della vegetazione palustre in Cane randagio è molto presente.
Ad ogni modo Kurosawa non ha amato questo film, forzato rispetto al precedente che meritò tutte le lodi che raccolse per aver trattato una storia convenzionale con tecniche innovative di indubbia efficacia.
Sembra che neppure l’intera sceneggiatura del fim sia stata realizzata, forse per ristrettezze di budget nel clima postbellico
Una volta uscito il film subì un lungo periodo di sequestro voluto dalla censura americana, il “sovversivo” Kurosawa dovrà aspettare il ’48, anno de L’angelo ubriaco, per poter finalmente muoversi in libertà.
Ricordare infine Susumu Fujita, il judoka, per il freddo patito nello stagno prima e nella neve poi dei due Sanshiro (cosa che rinfacciò sempre a Kurosawa, e non simpaticamente) appartiene all’ aneddotica di cui ogni opera si circonda, e ce ne parla il regista stesso con un sorriso divertito, come conviene.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a paola di giuseppe »
[ - ] lascia un commento a paola di giuseppe »
|
|
d'accordo? |
|
gianleo67
|
venerdì 10 agosto 2012
|
la compassionevole via del judo
|
|
|
|
Sugata Sanshiro, già acclamato eroe della scuola Shudokan Judo di Yano Shogoro, prosegue nel suo cammino di affinamento tecnico e spirituale grazie al confronto con un nuovo allievo ed allo scontro con nuovi e temibili combattenti di altre discipline. Uscito nel Marzo del 1945 (poco prima delle bombe di Hiroshima e Nagasaki e della fine del 2 ° conflitto mondiale) il film di Kurosawa è sia ideale prosecuzione del primo, fortunato capitolo delle avventure del judoka dal volto buono, sia vicenda produttiva più decisamente aderente ad una retorica nazionalista come cifra imprescindibile del cinema nipponico in tempo di guerra (nello stesso anno esce "Quelli che camminano sulla coda della tigre").
[+]
Sugata Sanshiro, già acclamato eroe della scuola Shudokan Judo di Yano Shogoro, prosegue nel suo cammino di affinamento tecnico e spirituale grazie al confronto con un nuovo allievo ed allo scontro con nuovi e temibili combattenti di altre discipline. Uscito nel Marzo del 1945 (poco prima delle bombe di Hiroshima e Nagasaki e della fine del 2 ° conflitto mondiale) il film di Kurosawa è sia ideale prosecuzione del primo, fortunato capitolo delle avventure del judoka dal volto buono, sia vicenda produttiva più decisamente aderente ad una retorica nazionalista come cifra imprescindibile del cinema nipponico in tempo di guerra (nello stesso anno esce "Quelli che camminano sulla coda della tigre"). Pur viziato da evidenti limiti ideologici e non privo di qualche eccesso retorico (il judoka che si batte con il pugile yankee ha il sapore, ora come allora, di una goffa e un pò ingenua forzatura coreografica), il secondo lungometraggio del maestro di Tokyo riprende il tema principale del primo episodio, approfondendone lo spirito di intensa ricerca etica e spirituale nel confronto tra le discipline marziali (qui Judo, Ju jitsu e Karate) e nei tormenti interiori di un eroe solitario in perenne conflitto con i propri demoni privati. Intatta è invece la raffinatezza stilistica dell'autore, tanto nella efficace ricostruzione d'ambiente quanto nel rigore esemplare con cui si accosta ai personaggi, spesso colti in primi piani che ne registrino sentimenti e turbamenti, in efficace equilibrio tra parabola umana e intimismo, tra aspirazione al progresso e rispetto delle tradizioni (Sugata deve infrangere le tre regole dello shudokan se vuole raggiungere il suo equilibrio interiore). Meno efficace e compatto del primo capitolo nel riproporre attraverso un realismo simbolico di personale eleganza l'esaltazione dei valori tradizionali, anche qui assistiamo ad almeno due momenti di sincero slancio epico: la progressione (attraverso l'uso insistito della dissolvenza) nell'ordine dei Dan dell'allievo di Sugata (anch'egli non a caso un uomo-risciò umile e bistrattato); la tenzone finale (immersa nelle suggestioni raggelate di un paesaggio innevato) tra lo spirito offensivo e letale del karateta e la umana compassione nella difesa del judoka. Chi vince la sfida aiuta l'altro, realizzando se stesso nella via dell'uomo.Splendida l'immagine finale di Sugata che si apre ad un sorriso di rinnovata speranza e rasserenata coscienza di sè. Un primo piano d'autore, un'opera compassionevole.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a gianleo67 »
[ - ] lascia un commento a gianleo67 »
|
|
d'accordo? |
|
|