"Terken in trouble" non è nè un film pedagogico nè rassicurante. Lo scopo non è quello di dare una morale o una lezione ma semplicemente di descrivere quello che è l'adolescenza, ovvero un inferno da cui si esce (forse) solo traumatizzati. Ed è da questyo presupposto che bisogna considerare questo piccolo esperimento dell'animazione danese. Un film d'animazione pensato per gli adulti più che per i bambini o i ragazzi, per ricordargli quella che è stata anche la loro esperienza, un mondo fatto di vessazioni continui da parte dei più forti, d'incomprensione, di ansia e noia continua, chiusi in un microcosmo sempre uguale come quello della scuola.
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"Terken in trouble" non è nè un film pedagogico nè rassicurante. Lo scopo non è quello di dare una morale o una lezione ma semplicemente di descrivere quello che è l'adolescenza, ovvero un inferno da cui si esce (forse) solo traumatizzati. Ed è da questyo presupposto che bisogna considerare questo piccolo esperimento dell'animazione danese. Un film d'animazione pensato per gli adulti più che per i bambini o i ragazzi, per ricordargli quella che è stata anche la loro esperienza, un mondo fatto di vessazioni continui da parte dei più forti, d'incomprensione, di ansia e noia continua, chiusi in un microcosmo sempre uguale come quello della scuola. Per questo il film non giudica nè condanna Terkel, l'adolescente normale in un mondo anormale che è descritto in maniera (purtroppo) molto realistica. Così come non vengono giudicati Jason, l'amico undeground di sempre, i due bulli Stan e Staki e la chiattona. Tutti sono descritti in maniera omologata ma non banale e la concretezza dei loro atteggiamenti e del loro slang (ben realizzato sia nella versione originale sia in quella italiana da Elio e le Storie Tese) che ricalca quello esistente dei gggiovani.
Tecnicamente la computer grafica con cui è realizzato Terken è molto grezza e stilisticamente inferiore a quella di altre pellicole d'animazione ma è proprio questa sua semplicità dei linemanti che la rende ancora più verosimile. Le gag continue (il papàche risponde sempre sì è solo una delle perle di questa pellicole) inoltre si sposano bene con l'ambientazione e con i personaggi e le canzoni rendono la narrazione avvincente trasformando un conflitto adoelscenziale in un thriller horror dal risvolto interessante perché pone in causa il ruolo educativo che spesso è causa e non soluzione dei problemi, una scelta certamente non convenzionale che da solo rappresenta il verosignificato dell'innovazione di questa pellicola. Una pellicola che, ripetiamo, non è rivolta ai ragazzi ma agli stessi adulti che speso si comportano esattamente come quelli rappresentati nel film.
Ottimo, infine, il lavoro degli Elii che, con il loro stile, rescono a rendere il doppiaggio, per una volta, veritiero e non pesante e falso, immedesimandosi completamente nei loro personaggi che sembrano usciti da Tapparella e Servi della Gleba e che mostrano come ci sia del marcio, acora oggi, nel paese di Amleto.
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