rosalinda gaudiano
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lunedì 9 gennaio 2006
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...se fanciulla il sarò...
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“Addio mia Concubina”
Il regista cinese Chen Kaige con il film “Addio mia Concubina”
realizza un' importante opera artistica, grazie alla sua capacità di appropriarsi di una sintassi cinematografica, con cui crea un vocabolario iconografico proprio.
Il film può considerarsi un significativo documento cinematografico, per lo stile, la struttura, il montaggio delle immagini, i valori culturali relativi alla cultura cinese che il film media.
Chen Kaige usa come soggetto culturale il melodramma, elemento culturale distintivo della cultura cinese.
La compagnia teatrale dell'opera di Pechino è stata nei secoli elemento d'identità culturale importante per il popolo cinese.
Interessante è nel film, il mettere in evidenza da parte del regista, che la rappresentazione teatrale del melodramma non subiva nel tempo alcun cambiamento.
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“Addio mia Concubina”
Il regista cinese Chen Kaige con il film “Addio mia Concubina”
realizza un' importante opera artistica, grazie alla sua capacità di appropriarsi di una sintassi cinematografica, con cui crea un vocabolario iconografico proprio.
Il film può considerarsi un significativo documento cinematografico, per lo stile, la struttura, il montaggio delle immagini, i valori culturali relativi alla cultura cinese che il film media.
Chen Kaige usa come soggetto culturale il melodramma, elemento culturale distintivo della cultura cinese.
La compagnia teatrale dell'opera di Pechino è stata nei secoli elemento d'identità culturale importante per il popolo cinese.
Interessante è nel film, il mettere in evidenza da parte del regista, che la rappresentazione teatrale del melodramma non subiva nel tempo alcun cambiamento.
E a tale proposito, il regista contrappone, in parallelo, il delicato aspetto dell'evoluzione culturale e sociale avvenuta tra il 1920 ed il 1970 in Cina, mentre la compagnia teatrale di Pechino si proponeva sempre e costantemente come soggetto artistico, con le stesse opere melodrammatiche, senza cambiare neanche un gesto, una mimica del viso, un suono.
Per la varietà degli intrecci scenici, il film presenta nella sua struttura una narrazione ed un montaggio complessi.
Il nucleo centrale del racconto è costituito per l'appunto dall'opera cinese “ Addio mia Concubina” , scritta nei primi anni del novecento dal drammaturgo cinese Mai Lanfang.
L'opera in questo contesto rappresenta l'elemento unificante tra gli attori che la interpretano ed il contesto sociale di cui fanno parte.
Essere attore della compagnia dell'opera di Pechino, vuol dire essere investiti da un ruolo che caratterizza in modo determinate l'identità degli stessi attori. La loro identità di persone combacia con quella dei personaggi che interpretano nelle rappresentazioni teatrali.
Basta soffermarsi sui costumi che gli attori indossano per interpretare i ruoli nel melodramma. I loro colori simboleggiano l'autorità del ruolo. Dal giallo al rosso, al violetto, al rosa, al verde chiaro e scarlatto. Anche le maschere, dipinte sui visi, forniscono l'informazione necessaria per decifrare l'enigma della distribuzione dei ruoli, nonché il ritratto morale del personaggio.
Rappresentare un'opera teatrale, per il teatro di Pechino significava e significa a tutt'oggi rappresentare uno spazio ed un tempo immutabili, cristallizzati, a cui veniva attribuita una simbologia che molto si avvicinava ad un senso di sacralità inviolabile, senza possibilità di cambiamento.
Nel film, il melodramma, nella sua rappresentatività, è immerso appunto nella sua forma di sacralità intoccabile, e vive la sua storia in parallelo all'evoluzione degli eventi sociali che si dipanano nella Cina di quegli anni.
La storia rappresenta, nella sua lunga evoluzione che lega il montaggio filmico, significati valoriali, comportamenti legati ad una educazione rigida ed indiscussa, legami relazionali forti e passionali, modi di vivere un tempo ed uno spazio in contraddizione con ciò che si è e ciò che si dovrebbe essere.
In effetti ciò che rende il film fruibile allo spettatore, nonostante la complessità della sua forma narrativa, è la relazione fra le sue parti rispettosa di regole organizzative precise, coese fra loro. L'immagine, le emozioni rappresentate, sia esplicite che implicite, il colore, il suono, il campo come spazio visibile all'interno dell'inquadratura, la storia che prende forma grazie al sapiente intreccio delle parti che costituisce il sistema formale, connotano l'effetto di senso dell'opera del regista.
Sin dal suo inizio, il film ci pone di fronte a situazioni emotive, che coinvolgono decisamente lo spettatore.
Il piccolo Douzi viene affidato dalla madre, una prostituta, alla prestigiosa scuola di teatro dell'opera di Pechino, dopo avergli amputato un dito che il piccolo aveva in più dalla nascita.
La scuola, racchiusa nel suo spazio nel suo tempo, ancorata a rigidissime regole di formazione, rappresenta per i futuri giovanissimi attori il luogo di vita, dove apprendono a forgiare la loro personalità, a rinunciare ai propri bisogni, ad accettare solo chi sono e a rinunciare a cosa vorrebbero essere.
E come in molti casi, le angherie si sopportano meglio in due, Douzi si lega in maniera morbosa a Shitou, con il quale fa coppia fissa nell'apprendere a recitare l'opera” Addio mia Concubina”, in cui Douzi è Chen Dieyi, la concubina, parte che gli si confà per il suo aspetto femmineo innato, ( ma a cui si converte anche psicologicamente dopo costrizioni violente!!) e Shitou è Duan Xiaolou. Il re, che la concubina amerà fino alla morte.
Intorno alla rappresentazione di quest'opera che si perpetuerà per ben 30 anni, immutata nella sua forma recitativa a carattere rigido, ruotano le storie di vita dei personaggi del film, e la stessa vita sociale e politica del paese.
L'autorità del maestro di teatro Guan, rappresenta per i futuri attori l'autorevolezza, un riferimento di sicurezza emotiva.
L'affermazione dei due “amici” d'arte e di vita, Douzi e Shitou, come attori degni di acclamazione, non li sottrae, in ogni caso, al patteggiamento con una realtà che impera fuori dal loro ambiente del teatro.
Vedi l'incontro di Shitou con una splendila prostituta, Juxian, con la quale si sposa, provocando la tumultuosa gelosia di Douzi.
Intanto la Cina subisce l'invasione giapponese, a cui fa seguito la scalata al potere del partito comunista cinese.
La Cina vive anni di inesorabile cambiamento politico!
L'accusa per Douzi di aver collaborato con i giapponesi per salvare l'amico amato Shitou, incrina in maniera irreparabile i rapporti fra i due amici particolari.
Per di più Juxian perde il suo bambino, perché travolta dalla folla durante scontri politici.
Inoltre Douzi dimostra una fragilità caratteriale non controllabile con la sua dedizione all'oppio, che lo distruggerà in maniera irreversibile.
Infine anche il teatro viene politicizzato, rielaborato nella sua struttura immobile, dagli eventi di forte cambiamento di politica interna.
E la coscienza degli attori, anch'essa subisce sconvolgimenti nei riferimenti valoriali. Shitou rinnega l'amore per Juxian , che si suicida.
Infine, durante l'ultima rappresentazione del melodramma “Addio mia Concubina”, nel 1977, nella coscienza dei due attori-amici, la percezione del cambiamento è forte.
Gli animi sono stati inesorabilmente scossi dagli eventi luttuosi accaduti, ma la concubina professa fino all'ultimo l'amore per il suo re, e si uccide realmente alla fine della rappresentazione.
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mario_platonov
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lunedì 18 ottobre 2010
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un delicato racconto di formazione
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Pare esserci una sorta di maledizione intorno a molti film di “formazione”, ossia quella che vede il racconto scorrere in modo più armonioso quando i protagonisti sono bambini/adolescenti e farsi invece più farraginoso con la fase “adulta”.
Neanche il bellissimo Addio mia concubina sembra sfuggire a questo schema. L’infanzia di due giovani attori dell’opera di Pechino, il loro durissimo addestramento per diventare stelle di primo piano, il rapporto ambiguo che si instaura tra i due, sono narrati in modo toccante ed equilibrato, con una regia sicura e affascinante che non perde mai le redini del racconto. Il film comincia a complicarsi nella seconda parte: con l’arrivo dei giapponesi, la seconda guerra mondiale, l’instaurazione del regime comunista, pare quasi che la Storia fagociti le storie e la trama diventa inevitabilmente più convulsa: i tre protagonisti sono inghiottiti nel vortice delle vicende politiche e sociali passando quasi in secondo piano.
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Pare esserci una sorta di maledizione intorno a molti film di “formazione”, ossia quella che vede il racconto scorrere in modo più armonioso quando i protagonisti sono bambini/adolescenti e farsi invece più farraginoso con la fase “adulta”.
Neanche il bellissimo Addio mia concubina sembra sfuggire a questo schema. L’infanzia di due giovani attori dell’opera di Pechino, il loro durissimo addestramento per diventare stelle di primo piano, il rapporto ambiguo che si instaura tra i due, sono narrati in modo toccante ed equilibrato, con una regia sicura e affascinante che non perde mai le redini del racconto. Il film comincia a complicarsi nella seconda parte: con l’arrivo dei giapponesi, la seconda guerra mondiale, l’instaurazione del regime comunista, pare quasi che la Storia fagociti le storie e la trama diventa inevitabilmente più convulsa: i tre protagonisti sono inghiottiti nel vortice delle vicende politiche e sociali passando quasi in secondo piano.
Ma nel complesso il film rimane eccellente, con una sequenza conclusiva di altissima poesia e tre attori in stato di grazia. Rimane una delle pietre miliari della “scoperta” del cinema cinese da parte dei mercati occidentali.
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molenga
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martedì 30 agosto 2011
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i sentimenti bloccati
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"addio mia concubina" e` un film di grandissimo spessore culturale: si occupa della storia della cina nel secolo breve- che per i cinesi poi cosi` breve non dev`essere stato- attraverso l`epopea di due attori del teatro di pechino, partner inseparabili sulla scena, dove uno interpreta il re e l`altro la sua concubina, differenti nella vita di ogni giorno. dove" la concubina" leslie cheung rimane legatoai traumi che ne hano condizionato l`esistenza, a partire dall`abbandono da parte della madre prostituta, mentre il re di chu, smesso il trucco, si gode la vita e la fama, sposa una mondana-la bravissima e bellissima gong li-. Tutto complotta contro la loro amicizia: l`invasione giapponese, l`arrivo dei nazionalisti e poi dei comunisti, per non parlare della rivoluzione culturale del`66, volta a riadattare tutta la vecchia cultura in senso maoista.
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"addio mia concubina" e` un film di grandissimo spessore culturale: si occupa della storia della cina nel secolo breve- che per i cinesi poi cosi` breve non dev`essere stato- attraverso l`epopea di due attori del teatro di pechino, partner inseparabili sulla scena, dove uno interpreta il re e l`altro la sua concubina, differenti nella vita di ogni giorno. dove" la concubina" leslie cheung rimane legatoai traumi che ne hano condizionato l`esistenza, a partire dall`abbandono da parte della madre prostituta, mentre il re di chu, smesso il trucco, si gode la vita e la fama, sposa una mondana-la bravissima e bellissima gong li-. Tutto complotta contro la loro amicizia: l`invasione giapponese, l`arrivo dei nazionalisti e poi dei comunisti, per non parlare della rivoluzione culturale del`66, volta a riadattare tutta la vecchia cultura in senso maoista....prima del finale, inevitabilmente tragico- perche` laconcubina puo` vivere solo sul palco- le guardie rosse costringeranno tutti gli artisti dell`opera di pechino alla piu` classica delle umiliazioni dei regimi comunisti, la pubblica autocritica, in cui il re confessera` i peccati di tutti, rinneghera` la moglie e la concubina.
Critica rassegnata al regime ma, piu` ancora, alla natura umana, confezionata in grande stile e con una fotografia impeccabile, scenografia da oscar: sfido chiunque a non avere in testa per almeno un paio di giorni il motivo di viola che percorre tutta la pellicola. Da vedere
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