gianni lucini
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martedì 18 settembre 2012
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l'antieroe non può fuggire dal passato
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«Conosco un uomo solo in tutto il territorio dell'Ovest capace di sparare così». «Vuol dire che siamo in due...» «Oppure quell'uomo sei tu...» In queste poche battute tra lo sceriffo e il suonatore di violino che si fa chiamare Jerry c'è la svolta della narrazione filmica di Uccidi o muori. In quel preciso momento il violinista così svelto con la pistola vede riemergere un passato che pensava di aver cancellato per sempre ma che inaspettatamente è tornato da lui. L'antieroe è stanco di uccidere e vorrebbe lasciarsi dietro alle spalle un percorso di vita costellato di morti, ma non può.
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«Conosco un uomo solo in tutto il territorio dell'Ovest capace di sparare così». «Vuol dire che siamo in due...» «Oppure quell'uomo sei tu...» In queste poche battute tra lo sceriffo e il suonatore di violino che si fa chiamare Jerry c'è la svolta della narrazione filmica di Uccidi o muori. In quel preciso momento il violinista così svelto con la pistola vede riemergere un passato che pensava di aver cancellato per sempre ma che inaspettatamente è tornato da lui. L'antieroe è stanco di uccidere e vorrebbe lasciarsi dietro alle spalle un percorso di vita costellato di morti, ma non può. O, meglio, nel rispetto dei canoni più classici della tragedia greca può farlo solo se l'affronta e lo sconfigge definitivamente. Per questa ragione nella seconda parte del film il violinista Jerry, catturato mentre sta tentando per l'ennesima volta la fuga da se stesso, lascia riemergere Ringo, lo spietato pistolero che ogni sceriffo può espellere dal proprio territorio senza dover in alcun modo giustificare il proprio provvedimento. E Ringo chiude definitivamente i propri debiti liquidando anche il suo alter ego, quel Baltimora Joe vestito di nero che appare e scompare come un fantasma. Con lui seppellisce il suo passato e lascia che il violinista Jerry possa vivere, questa volta per sempre. Non è un caso se il film si chiuda con lo sceriffo che, strizzando l'occhio al protagonista, dice: «Venendo qui ho trovato il cadavere di un pistolero... era Ringo!» Fin dalle prime inquadrature del protagonista si intuisce che il modello è quello elaborato da Sergio Leone per Clint Eastwood. L'uomo che scalda le corde del violino ascoltando le richieste degli avventori del saloon indossa un poncho che sembra il gemello di quello del protagonista della trilogia del dollaro e anche la faida famigliare richiama quella di Per un pugno di dollari, così come il salvataggio e la convalescenza in un luogo nascosto del protagonista creduto morto. Se ci si limita a questi elementi superficiali Uccidi o muori rischia di sembrare un'astuta operazione di scopiazzamento realizzata da quel mago del cinema a basso costo che risponde al nome di Tanio Boccia. In realtà non è così. Il film tenta invece di saldare i codici di genere elaborati dal primo Sergio Leone con alcune delle classiche strutture narrative dei western hollywoodiani. Il personaggio di Jerry alias Ringo si muove su due piani differenti. Il primo, quello dell'impossibilità di sfuggire al passato se non ci si è fatti i conti, attinge alla tragedia greca ed è perfettamente in sintonia con i codici di genere del western all'italiana. C'è però un secondo aspetto del personaggio che invece fa l'occhietto alla classica tradizione delle storie di frontiera hollywoodiane: l'amore per Lisa che lo porta a rinunciare a seguire le proprie scelte personali. L'individualismo che caratterizza l'antieroe disegnato da leone è qui temperato da sentimenti e senso dell'onore che finiscono per complicargli la vita. Lo stesso accade nella dinamica della storia dove la violenza è esplicita e spesso del tutto gratuita come prescritto dai codici di genere del western all'italiana, ma l'amoralità è prerogativa soltanto dei "cattivi" come nella buona tradizione americana.
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gianni lucini
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martedì 18 settembre 2012
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tanio boccia, le nozze coi fichi secchi
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Per anni il nome di Tanio Boccia è stato sbeffeggiato dalla critica e amato dai produttori per la sua capacità di "fare le nozze con i fichi secchi", cioè realizzare pellicole con budget bassissimi adattando la storia alle manchevolezze del materiale. Oggi la sua figura di "artigiano del cinema" è ampiamente rivalutata al punto che si parla di lui come dell'Ed Wood italiano. La sua proverbiale intelligenza nel risolvere i problemi creati dai bassissimi budget che gli venivano messi a disposizione nasce dalla sua lunga esperienza prima come ballerino e coreografo nel teatro di rivista e poi come attore nel teatro popolare dialettale. Proprio sulle polverose assi dei teatri di periferia impara a far di necessità virtù supplendo con qualche trovata alla mancanza di fondi per scenografie, costumi, ecc.
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Per anni il nome di Tanio Boccia è stato sbeffeggiato dalla critica e amato dai produttori per la sua capacità di "fare le nozze con i fichi secchi", cioè realizzare pellicole con budget bassissimi adattando la storia alle manchevolezze del materiale. Oggi la sua figura di "artigiano del cinema" è ampiamente rivalutata al punto che si parla di lui come dell'Ed Wood italiano. La sua proverbiale intelligenza nel risolvere i problemi creati dai bassissimi budget che gli venivano messi a disposizione nasce dalla sua lunga esperienza prima come ballerino e coreografo nel teatro di rivista e poi come attore nel teatro popolare dialettale. Proprio sulle polverose assi dei teatri di periferia impara a far di necessità virtù supplendo con qualche trovata alla mancanza di fondi per scenografie, costumi, ecc. Nato nel 1912 a Potenza arriva al cinema quando ha già quarant'anni. Si dice che fosse solito girare almeno due film contemporaneamente per ottimizzare l'uso di attori e comparse con qualche cambio d'abito. Gli aneddoti su di lui e sulle sue trovate sono infiniti. Un classico era il cambiamento delle condizioni meteorologiche. Tanio Boccia si vantava di non aver mai interrotto la lavorazione di un film a causa di un improvviso acquazzone. In quei casi, secondo lui, bastava aggiungere alla battuta del personaggio che stava parlando nel momento in cui cominciava a piovere: «toh, piove...». Nonostante l'ostilità dei critici godeva di molte simpatie nell'ambiente del cinema. I suoi colleghi registi lo amavano e si divertivano a prenderlo in giro. Si racconta che Alberto Sordi volendo prendersi gioco di Federico Fellini in occasione del suo quarto Oscar per Amarcord gli avrebbe detto di evitare di fare commenti con i giornalisti perché la notizia era sbagliata ed era stata appena diffusa una precisazione dalla quale risultava che la preziosa statuetta dell'Academy era stata assegnata a Tanio Boccia. I suoi peplum con l'attore Adriano Bellini, in arte Kirk Morris, sono oggi considerati dei veri cult così come i suoi western. Tanio Boccia muore a settant'anni nel 1982.
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