Archiviata la serie dei Sartana (tre con Garko tra il ’69 e il ’70 e uno con Hilton nel ’70), Giuliano Carnimeo avvia con ‘Testa t’ammazzo, croce…sei morto, mi chiamano Alleluja’ (1971) la serie dei suoi western-farsa, alla quale porrà fine nel ’74 con ‘Di Tresette ce n’è uno tutti gli altri son nessuno’. ‘Testa t’ammazzo…’ segna dunque una svolta nel western di Carnimeo. Innanzitutto la singolare contestualizzazione storico-geografica: non il West degli anni ‘80, ove imperversava la mano infallibile di Sartana, ma il Messico di Massimiliano, nella seconda metà degli anni Sessanta. George Hilton, che interpreta il ruolo del pistolero Alleluja, ritrova il dinamismo sottrattogli con Sartana. La trama, benché monocentrica (tutto ruota intorno ad un carico di gioielli e ad un traffico di mitragliatrici), è in grado di stimolare la curiosità dello spettatore fino all’ultimo minuto, quando, dopo molteplici giochi di inganni e controinganni, si scopre imprevedibilmente dove sono i diamanti.
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Archiviata la serie dei Sartana (tre con Garko tra il ’69 e il ’70 e uno con Hilton nel ’70), Giuliano Carnimeo avvia con ‘Testa t’ammazzo, croce…sei morto, mi chiamano Alleluja’ (1971) la serie dei suoi western-farsa, alla quale porrà fine nel ’74 con ‘Di Tresette ce n’è uno tutti gli altri son nessuno’. ‘Testa t’ammazzo…’ segna dunque una svolta nel western di Carnimeo. Innanzitutto la singolare contestualizzazione storico-geografica: non il West degli anni ‘80, ove imperversava la mano infallibile di Sartana, ma il Messico di Massimiliano, nella seconda metà degli anni Sessanta. George Hilton, che interpreta il ruolo del pistolero Alleluja, ritrova il dinamismo sottrattogli con Sartana. La trama, benché monocentrica (tutto ruota intorno ad un carico di gioielli e ad un traffico di mitragliatrici), è in grado di stimolare la curiosità dello spettatore fino all’ultimo minuto, quando, dopo molteplici giochi di inganni e controinganni, si scopre imprevedibilmente dove sono i diamanti. Benché non manchino le ridicolezze (come deretani in fiamme o pistoleri messi fuori combattimento da un potente lassativo), la pellicola, nel suo complesso, riesce ad appassionare e a divertire i cultori del genere in quanto, pur adeguandosi alle mode di Trinità, non abbandona gli aspetti del western tradizionale: il massacro finale, la tortura dei rivali con compiaciuto sadismo (l’annegamento per Alexi e lo scorpione per la suora), l’ossessione dell’arricchimento e, in omaggio al genere politico-rivoluzionario dei ‘Tortilla Western’, la revolución contro l’usurpatore (che tuttavia resta un pretesto narrativo e non ha certo intenti propagandistici come avvenuto invece nei film di Damiani, Sollima e Petroni). Dopo le riuscite esperienze con De Masi e Nicolai, Carnimeo sceglie Stelvio Cipriani quale musicista di Alleluja, con un contratto per due film. Cipriani, che proprio ad una pellicola western deve il suo debutto nel cinema (‘The bounty killer’ dello spagnolo Eugenio Martín, 1966) e che veniva dallo straordinario successo internazionale di ‘Anonimo Veneziano’, compone una colonna sonora argutamente descrittiva e non morriconiana, una sorta di barocco-western che si ritrova tutto, guarda caso, quasi trent’anni più tardi nelle musiche che Cipriani scrisse per la serie video ‘I Musei Vaticani’ (in particolare due brani, Michelangelo’s Frescoes e Allegretto ricordano il tema di Alleluja e quello dei gioielli).
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