renato c.
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martedì 7 giugno 2016
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il mio primo western
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Di questo film ho un ricordo particolare, avevo 8 anni e facevo la IV^ elementare, e siccome sentivo i miei compagni di scuola parlere tanto bene dei films di "Indiani e Cowboys" ho chiesto ai miei genitori, non portati per i western, di accompagnarmi a vederlo; sono stato accontentato e ne sono stato entusiasta! Era la prima volta che vedevo un western, il primo di tanti, e mi sono appassionato al genere, come lo erano poi la maggior parte dei ragazzini di quell'epoca. Subito avevo apprezzato una cosa: sentivo sempre parlare allora di "bianchi buoni" e "Indiani cattivi", invece ho visto che c'erano si gli Indiani cattivi, in questo film i Sioux, ma c'erano anche gli Indiani buoni: i Crow; come del resto c'erano i bianchi buoni: Alan ladd &
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Di questo film ho un ricordo particolare, avevo 8 anni e facevo la IV^ elementare, e siccome sentivo i miei compagni di scuola parlere tanto bene dei films di "Indiani e Cowboys" ho chiesto ai miei genitori, non portati per i western, di accompagnarmi a vederlo; sono stato accontentato e ne sono stato entusiasta! Era la prima volta che vedevo un western, il primo di tanti, e mi sono appassionato al genere, come lo erano poi la maggior parte dei ragazzini di quell'epoca. Subito avevo apprezzato una cosa: sentivo sempre parlare allora di "bianchi buoni" e "Indiani cattivi", invece ho visto che c'erano si gli Indiani cattivi, in questo film i Sioux, ma c'erano anche gli Indiani buoni: i Crow; come del resto c'erano i bianchi buoni: Alan ladd & company, e quelli cattivi: lo sceriffo, che fa una brutta fine, ed i capi delle Giubbe Rosse, quanto mai testardi! Comunque il film ha un ottimo happy-end, non solo per la "love story" tra Alan Ladd e Shelley Winters (dichiarata poi innocente del delitto di cui era accusata!) ma anche per la redenzione dei capi delle Giubbe Rosse che hanno ammesso i loro sbagli! Soprattutto però l'happy-end è stato il fatto che veniva confermata l'amicizia ed il desiderio di pace degli Indiani Crow con i bianchi! Il film si svolgeva in Canada, e forse lì i pellerossa sono stati trattati un po' meglio che non negli Stati Uniti, dove venivano stipulati tanti trattati di pace con i pellerossa, poi sempre disattesi! Comunque è un film che mi ha fatto molto piacere rivedere e debbo dire che mi sono sentito ritornare un po' bambino!
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elgatoloco
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giovedì 14 novembre 2019
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un western classico, ma con qualche elemento in pi
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"Saskatchewan"(Raoul Walsh, 1954)è un western classico, tutto sommato interessante, in quanto abbastanza legato alla contingenza storica, che lega il tentativo dei Sioux di coinvolgere le altre tribù di nativi USA in una lotta senza quartiere contro gli invasori bianchi. E'un film anche abbastanza"concordista", in quanto sposa il tentativo di trvoare una conciliazione con i Nativi, certo considerato da un punto di vista eslucisvamente bianco(non possiamo dire ancora WASP, in quanto questa cristallizzazione culturale si crea soltanto dopo): si parla poi anche della statuizione anche giuridica(oltre che statuale, appunto)che divide gli STates dal Canada. Relativamente poche batttaglie, qualche duello, ma senza esagerare, non siamo a livello dei film che , tra fine degli anni 1940 e inizio dei '50 contrapponevano i due modelli culturali e sociali, cercando di dimostrare, in modo violentista che comunque i Bianchi "portavano la civiltà"e simili sciocchezze, peraltro ancora attuali quando di parla di"esportazione della democrazia"in altri paesi(la tesi dei neocons ma non solo loro.
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"Saskatchewan"(Raoul Walsh, 1954)è un western classico, tutto sommato interessante, in quanto abbastanza legato alla contingenza storica, che lega il tentativo dei Sioux di coinvolgere le altre tribù di nativi USA in una lotta senza quartiere contro gli invasori bianchi. E'un film anche abbastanza"concordista", in quanto sposa il tentativo di trvoare una conciliazione con i Nativi, certo considerato da un punto di vista eslucisvamente bianco(non possiamo dire ancora WASP, in quanto questa cristallizzazione culturale si crea soltanto dopo): si parla poi anche della statuizione anche giuridica(oltre che statuale, appunto)che divide gli STates dal Canada. Relativamente poche batttaglie, qualche duello, ma senza esagerare, non siamo a livello dei film che , tra fine degli anni 1940 e inizio dei '50 contrapponevano i due modelli culturali e sociali, cercando di dimostrare, in modo violentista che comunque i Bianchi "portavano la civiltà"e simili sciocchezze, peraltro ancora attuali quando di parla di"esportazione della democrazia"in altri paesi(la tesi dei neocons ma non solo loro...), in una chiave che rischia di riproprorsi ogniqualvolta si rirproponga un"clash of civilisations"....Walsh sa organizzare il tutto, Alan Ladd è un eroe abbastanza atipico, anche sul piano fisico(curioso che il suo modello, abbastanza anti-John Wayne abbia resistito così a lungo, ma...), Shelley Winters era ancora abbastanza alle prime armi, pur se non precisamente ventenne... Un film che ripropone molti stereotipi anche militari(e militaristi, fatalmente)in modo non proprio "fascistico", una volta tanto... Ma l'abilità dei"creatori"di Hollywood era certo notevole(qui il responsabile di soggetto e sceneggiatura era Gil Doug), sapendo adattarsi a diverse situazioni contingenti. Per il resto nulla di particolare da segnalare, salvo forse il fatto che gli "indiani d'America"sono rappresentati, si fanno sentire, ma non si insiste poi moltissimo sulla loro caratterizzazione ulteriore. Da vedere, da considerare, da salvare senz'altro , per uno studio storico.comparativo dei diversi modelli che portano al modo attuale di rapportarsi con la cultura"altra"che Europei spesso rapaci quanto imperialisticamente feroci hnano saputo adottare nel corso del tempo... El Gato
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paolp78
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domenica 2 agosto 2020
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avventuroso, ma poco originale
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Classico film d'avventura, in chiave western, diretto da Raoul Walsh, un esperto del genere.
Il regista statunitense, come nelle altre sue pellicole, anche stavolta sceglie una narrazione che non divaga in altri generi, concentrandosi unicamente nello sviluppare una trama composta da scene d'azione che si susseguono l'una all'altra, quasi senza soluzione di continuità.
La sceneggiatura ha qualche buono spunto, ma nel complesso è una ripetizione di situazioni e cliché ormai ben noti, in quanto visti e rivisti più volte: la fanciulla da salvare, Shelley Winters, che inizialmente è una piantagrane ingrata, ma poi si addolcisce innamorandosi del protagonista; il comandante troppo ligio alle regole, che fa tutte le scelte sbagliate a discapito dei suoi uomini, nonostante che il protagonista tenti di indicargli ripetutamente le scelte giuste, che puntualmente vengono scartate; la spedizione militare che attraversa terre impervie, braccata dai nemici (gli indiani) e con l'immancabile ferito che rallenta il cammino, ma che poi, quando ormai il pericolo di essere raggiunti è scampato, guarisce dando ragione all'eroe che si è rifiutato di abbandonarlo.
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Classico film d'avventura, in chiave western, diretto da Raoul Walsh, un esperto del genere.
Il regista statunitense, come nelle altre sue pellicole, anche stavolta sceglie una narrazione che non divaga in altri generi, concentrandosi unicamente nello sviluppare una trama composta da scene d'azione che si susseguono l'una all'altra, quasi senza soluzione di continuità.
La sceneggiatura ha qualche buono spunto, ma nel complesso è una ripetizione di situazioni e cliché ormai ben noti, in quanto visti e rivisti più volte: la fanciulla da salvare, Shelley Winters, che inizialmente è una piantagrane ingrata, ma poi si addolcisce innamorandosi del protagonista; il comandante troppo ligio alle regole, che fa tutte le scelte sbagliate a discapito dei suoi uomini, nonostante che il protagonista tenti di indicargli ripetutamente le scelte giuste, che puntualmente vengono scartate; la spedizione militare che attraversa terre impervie, braccata dai nemici (gli indiani) e con l'immancabile ferito che rallenta il cammino, ma che poi, quando ormai il pericolo di essere raggiunti è scampato, guarisce dando ragione all'eroe che si è rifiutato di abbandonarlo.
La sensazione del già visto, oltre che riguardare questi particolari comuni ad innumerevoli film, mi ha riportato alla mente tre pellicole in particolare. La prima è “Tamburi lontani”, dello stesso Raoul Walsh, che ha in comune con questa soprattutto l'inseguimento degli indiani che braccano i militari. Gli altri due film sono i capolavori di John Ford “Il massacro di Fort Apache”, per la figura del comandante che porta alla disfatta i suoi uomini, e “I cavalieri del Nord Ovest”. Con queste ultime due pellicole le differenze sono in realtà molte ed il livello della pellicola di Walsh è chiaramente assai inferiore: tra le differenze più evidenti, l'ambientazione tra le giubbe rosse canadesi del film di Walsh e lo scenario, che non è quello del deserto americano con la mitica Monument Valley, bensì quello meno celebre e mitico, ma comunque suggestivo, delle foreste canadesi.
La regia di Walsh è collaudata per film del genere e funziona egregiamente anche stavolta, mostrando un'ottima tecnica registica nelle riprese dei paesaggi e delle scene di battaglia.
Alan Ladd non sarà il mitico John Wayne, ma non è nuovo al genere e ben figura anch'egli nei panni dell'eroe silenzioso, ma forte e deciso (tra le interpretazioni di Ladd in questa chiave, si ricorda quella di enorme successo nel capolavoro di George Stevens “Il cavaliere della valle solitaria”, risalente appena all'anno prima).
Tutto sommato quindi, benché nient'affatto originale e con qualche pecca di sceneggiatura (evidenti forzature dovute alla ricerca ostinata di creare i presupposti per le continue scene d'azione), il film funziona, offrendo un buon intrattenimento.
Bella la storia di amicizia e fratellanza tra il protagonista e gli indiani Crow: a dimostrazione dell'infondatezza della vecchia storia secondo cui il cinema western americano avrebbe sempre discriminato gli indiani di qualsiasi genere, dipingendoli costantemente in modo malevolo.
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