toty bottalla
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lunedì 13 giugno 2016
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l'eleganza del dolore!
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Juliette esce dal carcere dopo 15 anni per aver praticato l'eutanasia a suo figlio Pierre gravemente malato, l'accoglie la sorella in casa con la sua famiglia...L'adorabile Kristin Scott Thomas in una interpretazione sottile e profonda allo stesso tempo, senza il supporto di estenuanti dialoghi riesce a dare al personaggio di Juliette un'aria sofferta, malinconica e misteriosa, buona la regia che asseconda il talento e la sua personalità, una storia affascinante, un lavoro che risulta credibile e che t'inchioda fino in fondo, mia valutazione: 3,5 stelle. Saluti.
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no_data
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martedì 7 giugno 2016
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arte cinematografica.
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Attori formidabili. Scene da pelle d'oca. È raro vedere film di questa qualità.
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filippo catani
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venerdì 18 gennaio 2013
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due sorelle
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Nancy. Dopo 15 anni due sorelle si riuniscono a casa della minore delle due in quanto l'altra è appena uscita di prigione. Il suo reinserimento nella società sarà difficile ma la sorella con i figli e gli amici di lei cercheranno di tenerla a galla.
Il film è veramente toccante e indaga sul rapporto tra fratelli e su quanto possa essere conflittuale ma, a meno di incidenti clamorosi, solido e duraturo. Le due sorelle in questione (su cui spicca l'algida Scott Thomas) sono state divise dalla prigione ma specialmente dalla famiglia che ha fatto in modo di eliminare completamente l'esistenza di quella figlia condannata. E così l'altra ragazza è cresciuta e ha fatto carriera nell'università con questo terribile peso addosso e con la madre ormai gravemente malata.
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Nancy. Dopo 15 anni due sorelle si riuniscono a casa della minore delle due in quanto l'altra è appena uscita di prigione. Il suo reinserimento nella società sarà difficile ma la sorella con i figli e gli amici di lei cercheranno di tenerla a galla.
Il film è veramente toccante e indaga sul rapporto tra fratelli e su quanto possa essere conflittuale ma, a meno di incidenti clamorosi, solido e duraturo. Le due sorelle in questione (su cui spicca l'algida Scott Thomas) sono state divise dalla prigione ma specialmente dalla famiglia che ha fatto in modo di eliminare completamente l'esistenza di quella figlia condannata. E così l'altra ragazza è cresciuta e ha fatto carriera nell'università con questo terribile peso addosso e con la madre ormai gravemente malata. Certo il film impone anche un altro genere di riflessione che allo spettatore sarà chiaro al termine del film e che tocca i più rilevanti temi etici ma che non sveleremo quì onde non rovinarne la visione. Meno male che l'arte, l'amicizia e il rispuntare di un sentimento di amore riescono a offrire una ciambella di salvataggio all'ex galeotta al contrario di quanto accadrà al suo sorvegliante per la libertà vigilata ormai provato dalle delusioni della vita. Un film toccante e commovente che non lascia indifferente chi lo guarda e che tocca in profondità le corde del cuore.
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molenga
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venerdì 8 giugno 2012
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una gabbia senza porte
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in un aeroporto della Lorena due donne s'incontrano. sono sorelle, ma quasi non si conoscono, dato che la maggiore, Juliette( scott-thomas), è stata in carcere per 15 anni; adesso, uscita in libertà condizionata, è ospite in casa della minore con il di lei marito, il suocero( che non parla a causa di uno shock) e le due bambine, entrambe adottate in viet-nam. perché Juliette è stata così a lungo in carcere? la risposta è terribile: ha ucciso il figlio di sei anni, si è dichiarata colpevole senza dir niente a suo discapito. lentamente la donna riuscirà a inserirsi nel mondo che la sorella( la Zyberlstein) le offre e scoprirà le carte sul dolore che l'ha resa prigioniera, oltre che fisicamente, nel vuoto della propria anima.
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in un aeroporto della Lorena due donne s'incontrano. sono sorelle, ma quasi non si conoscono, dato che la maggiore, Juliette( scott-thomas), è stata in carcere per 15 anni; adesso, uscita in libertà condizionata, è ospite in casa della minore con il di lei marito, il suocero( che non parla a causa di uno shock) e le due bambine, entrambe adottate in viet-nam. perché Juliette è stata così a lungo in carcere? la risposta è terribile: ha ucciso il figlio di sei anni, si è dichiarata colpevole senza dir niente a suo discapito. lentamente la donna riuscirà a inserirsi nel mondo che la sorella( la Zyberlstein) le offre e scoprirà le carte sul dolore che l'ha resa prigioniera, oltre che fisicamente, nel vuoto della propria anima.
Un film cucito addosso alla scott.thomas, interprete fantastica dalla bellezza emaciata, che ci trascina nel dolore sordo del suo personaggio attraverso l'impossibilità di sorridere, con lo sguardo perso e pieno di paura. Una prova attoriale in generale molto buona, adeguatissima è la location, la fredda nancy, zona di passaggio tra francia e renania. Bravo il regista, esordiente, che si affida all'ottima sceneggiatura. da vedere.
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francesco2
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martedì 28 giugno 2011
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a me piace il titolo italiano
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Mi è parso di notare che varie persone, nel recensire questo film, abbiano mosso obiezioni al titolo italiano. A me invece, che ricorderò più che altro l'interpretazione della Scott-Thomas, questo titolo pare forse migliore dell'originale. E proverò a spiegare perché.
Ho già scritto in un commento su "MyMovies" come, analogamente per certi versi al nostro "L'uomo che ama", si cerchi di valutare tutte le modalità dell'amore.
Il più forte (O più analizzato dal film?) è il legame strano ma certo forte e mai, bisogna riconoscerlo, morboso tra le due sorelle: Léa deve ricostruire un rapporto con qualcuno che durante l'infanzia rappresentava un modello da seguire (E' una sorella maggiore), ma da cui si era successivamente allontanata e da cui quindi bisognava fuggire (A livello psicologico e dei ricordi), o per cui bisognava quantomeno vivere un affetto più critico.
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Mi è parso di notare che varie persone, nel recensire questo film, abbiano mosso obiezioni al titolo italiano. A me invece, che ricorderò più che altro l'interpretazione della Scott-Thomas, questo titolo pare forse migliore dell'originale. E proverò a spiegare perché.
Ho già scritto in un commento su "MyMovies" come, analogamente per certi versi al nostro "L'uomo che ama", si cerchi di valutare tutte le modalità dell'amore.
Il più forte (O più analizzato dal film?) è il legame strano ma certo forte e mai, bisogna riconoscerlo, morboso tra le due sorelle: Léa deve ricostruire un rapporto con qualcuno che durante l'infanzia rappresentava un modello da seguire (E' una sorella maggiore), ma da cui si era successivamente allontanata e da cui quindi bisognava fuggire (A livello psicologico e dei ricordi), o per cui bisognava quantomeno vivere un affetto più critico. In questo
senso, trovo che entrambi i titoli abbiano una logica: quello originale, "E' da molto che ti amo", apparentemente più adatto per un film di amore(Non platonico), potrebbe insinuare il dubbio che l'affetto per chi sia nostro consanguineo può assumere modalità diverse, ma mai, o più difficilmente, s(com)parire. Quello Italiano, in fondo, non esprime che lo stesso concetto, anzi lo rafforza: esiste(rebbe) un tipo di amoreche le circostanze, mai, potranno dissolvere.
Quando però analiziamo le figur(in)e che circondano le protagoniste, da un anziano un tantino stucchevole che ha perso la parola, alla famiglia multietnica stile "American Life" (Ma solo nei risvolti negativi), al marito puramente macchietta, infatuato del calcio e timoroso nei confronti di una cognata colpevole del delitto più atroce), notiamo come l'amore stesso possa assumere varie modalità: oltre a quello per i figli, che come si scoprirà era intenso in entrambe le donne, anche se espresso in maniere diametralmente opposte, può esistere quello per un uomo conosciuto per caso, che in una confezione talora televisiva (Fa eccezione, per esempio, quella provocatoria scena su Rohmer), cerca di insinuare in una delle protagoniste dei dubbi tra il kieszlowskiano ed il pragmatico ( possiamo oggi, con tutte le nostre scoperte, avere dei dubbi sulla foce di un fiume?), che assume contorni tragici: infatti la figura che voleva cambiare vita dedicandosi al suo sogno ha fatto un'altra scelta per tornare alle origini(!,odello "Ritorno a casa " deoliveriano.
Oltre ai difetti che ho già sottolineato il film ne ha altri, forse perché il regista è un esordiente: certe panoramiche "Di gruppo" sui personaggi rafforzano il sospetto che sia più una "Fiction di lusso" che non un film sautetiano modello "Un cuore in inverno", né convincono del tutto scene come quella in cui la sorella "Assassina" rinfaccia all'improvviso: "Mi hai dimenticato per tutti questi anni!".
Tuttavia si distingue l'interpretazione della Scott-Thomas, che in un contesto parigino dona uno sguardo inglese algido ma di grande fascino, in un'opera checomunque evita sdolcinature sentimentali e complessi di colpa niosi stile "Brothers".
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britannico
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lunedì 18 ottobre 2010
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intenso e toccante nell'intimo.
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Film che ha ottimi interpreti, poche due ore per tante situazioni e i temi toccati, Juliette ci confonde nel suo dramma senza soluzione e i personaggi difficili, il capitano di polizia che sogna l'orinico e spazi aperti
e che si toglie la vita, più sofferenze e incapacità di vivere in una routine quotidiana, normalità che è anche il nulla, non c'è mai felicità piena, ritmi del quotidiano e amici multietnici che convivono senza spessore,
un film dai molti temi in una società, quella francese dove le istituzioni tentano la riabilitazione sociale dopo la detenzione, ma Juliette vive un altro dramma che solo l'amore della sorella riuscirà a curare.
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Film che ha ottimi interpreti, poche due ore per tante situazioni e i temi toccati, Juliette ci confonde nel suo dramma senza soluzione e i personaggi difficili, il capitano di polizia che sogna l'orinico e spazi aperti
e che si toglie la vita, più sofferenze e incapacità di vivere in una routine quotidiana, normalità che è anche il nulla, non c'è mai felicità piena, ritmi del quotidiano e amici multietnici che convivono senza spessore,
un film dai molti temi in una società, quella francese dove le istituzioni tentano la riabilitazione sociale dopo la detenzione, ma Juliette vive un altro dramma che solo l'amore della sorella riuscirà a curare.
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angelo umana
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domenica 7 marzo 2010
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cosa è peggio che veder morire il proprio figlio?
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“Il a longtemps que je t’ aime” (ti amo da tanto tempo), tradotto inopinatamente in italiano in “Ti amerò sempre” è un film francese di Philippe Claudel vibrante, intenso, che dà emozione, sono 110 minuti di un film “serio” che non possono far rimpiangere una commedia qualsiasi. E’ stato premiato al Festival di Berlino del 2008.
La protagonista, Kristin Scott-Thomas, esce di prigione dopo aver scontato una condanna a 15 anni, accusata di avere ucciso il suo bambino di 6 anni. L’ unica che può ospitarla è sua sorella (Elsa Zylberstein): si tesse così la rinascita di un rapporto tra sorelle (il “ti amo da tanto tempo” del titolo) ma anche un accenno a superare il dramma che la mamma-protagonista si porta dentro, raccontandolo, esternandolo, urlandolo quasi, finalmente.
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“Il a longtemps que je t’ aime” (ti amo da tanto tempo), tradotto inopinatamente in italiano in “Ti amerò sempre” è un film francese di Philippe Claudel vibrante, intenso, che dà emozione, sono 110 minuti di un film “serio” che non possono far rimpiangere una commedia qualsiasi. E’ stato premiato al Festival di Berlino del 2008.
La protagonista, Kristin Scott-Thomas, esce di prigione dopo aver scontato una condanna a 15 anni, accusata di avere ucciso il suo bambino di 6 anni. L’ unica che può ospitarla è sua sorella (Elsa Zylberstein): si tesse così la rinascita di un rapporto tra sorelle (il “ti amo da tanto tempo” del titolo) ma anche un accenno a superare il dramma che la mamma-protagonista si porta dentro, raccontandolo, esternandolo, urlandolo quasi, finalmente. Vibrante e intenso è lo sguardo di Kristin Scott-Thomas, un viso estremamente espressivo, assorto sulla tragedia che ha con sé.
Il marito la lasciò quando fu riconosciuta la sua colpevolezza, condanna a cui lei non si oppose, contro la quale non protestò, “a che scopo? La condanna peggiore per un genitore è la morte del proprio figlio”.
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margheritag
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martedì 16 giugno 2009
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kristine ecclettica
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4 stelle
quando Kristine Scott Thomas sorride la scena s'illumina..la sua interpretazione è forse la migliore della sua carriera
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luciana
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mercoledì 4 marzo 2009
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la storia del dramma di una madre
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bellissimo, umanissimo film. Ottima la recitazione e la regia condotta senza esagerazioni,che rappresenta la quotidianità di una famiglia borghese che con coraggio, grande semplicità ed equilibrio cresce due figlie adottate, ospita il vecchio padre ammalato e amato,accetta nel proprio nucleo e vissuto equilibrato una donna che viene da 15 anni di prigione, di cui non sa nulla se non che ha ucciso il proprio bambino, ma non sa perchè. Bella la storia della reciproca fiducia che si fa strada, dell'affetto lento che nasce, del rapporto che piano piano si ristabilisce tra le due sorelle che sono tanto diverse ma unite dalla stessa storia familiare. Molto umana la rivelazione della colpa, legata a un dramma infinito che abbiamo vissuto tutti per un reale fatto accaduto recentemente Una madre c
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bellissimo, umanissimo film. Ottima la recitazione e la regia condotta senza esagerazioni,che rappresenta la quotidianità di una famiglia borghese che con coraggio, grande semplicità ed equilibrio cresce due figlie adottate, ospita il vecchio padre ammalato e amato,accetta nel proprio nucleo e vissuto equilibrato una donna che viene da 15 anni di prigione, di cui non sa nulla se non che ha ucciso il proprio bambino, ma non sa perchè. Bella la storia della reciproca fiducia che si fa strada, dell'affetto lento che nasce, del rapporto che piano piano si ristabilisce tra le due sorelle che sono tanto diverse ma unite dalla stessa storia familiare. Molto umana la rivelazione della colpa, legata a un dramma infinito che abbiamo vissuto tutti per un reale fatto accaduto recentemente Una madre che per infinito amore sceglie di uccidere il figlio e di affrontare per sempre il dolore del distacco e il silenzio dsulla sua drammatica decisione
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olgadicom
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venerdì 27 febbraio 2009
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un film alla scuola di bergman
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Una specie di thriller etico, con alcuni punti deboli nella sceneggiatura, ma di una tale intensità che ha il suo antecedente solo in alcune analisi di Bergman, raffinate e profonde, emotivamente incalzanti. Infatti è senza tregua il processo di svuotamento di quel pozzo senza fondo che sono le “cose” dell’animo umano, ma il ritmo (specialmente all’inizio) è lento, sembra faticoso e duro come i tentativi di reinserimento che la protagonista deve affrontare. Juliette (una strepitosa Kristin Scott Thomas, senza trucco, di un fascino antico e imperscrutabile) torna dopo quindici anni a Nancy, la sua città d’origine, e reca stampata nel viso la sofferenza di cui è piena. Estranea a tutto, lontana anche da se stessa, quasi selvatica nell’approccio con altri, reincontra qui la sorella Lea (ha il volto mobile e sensibile di Elsa Zylberstein), che la ospita nella sua grande casa.
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Una specie di thriller etico, con alcuni punti deboli nella sceneggiatura, ma di una tale intensità che ha il suo antecedente solo in alcune analisi di Bergman, raffinate e profonde, emotivamente incalzanti. Infatti è senza tregua il processo di svuotamento di quel pozzo senza fondo che sono le “cose” dell’animo umano, ma il ritmo (specialmente all’inizio) è lento, sembra faticoso e duro come i tentativi di reinserimento che la protagonista deve affrontare. Juliette (una strepitosa Kristin Scott Thomas, senza trucco, di un fascino antico e imperscrutabile) torna dopo quindici anni a Nancy, la sua città d’origine, e reca stampata nel viso la sofferenza di cui è piena. Estranea a tutto, lontana anche da se stessa, quasi selvatica nell’approccio con altri, reincontra qui la sorella Lea (ha il volto mobile e sensibile di Elsa Zylberstein), che la ospita nella sua grande casa. Della famiglia fa parte il marito, un po’ elementare come personaggio, due accattivanti figlie adottive, un suocero che legge sempre ma non può parlare e lo fa con piccoli gesti d’accoglienza o di rifiuto. A questi, via via, si aggiungono vari personaggi: l’anziana madre preda della demenza, i rozzi datori di lavoro, un insegnante collega di Lea, di sensibilità vicina a Juliette, un poliziotto buono e confuso, anche lui in piena crisi. E questo coro si dispone con naturalezza sullo sfondo, ciascuno convincente nella sua piccola parte. Con tutti la protagonista lentamente cerca di confrontarsi, ma non è facile, visto il segreto inconfessabile che si porta dentro e che fa venire a galla, una volta svelato in parte, gli aspetti migliori e peggiori delle relazioni con le persone che incontra. Non solo le donne ma anche gli uomini sono o tristemente consapevoli del dolore connaturato alla vita o superficiali fino a quando non vanno a cozzare contro quello che si rifiutano di vedere; ognuno comunque ha le sue zone d’ombra. Tutti nel racconto conservano emozioni rattenute o abissi psicologici nei quali rischiano di naufragare, perciò si contano “i salvati e i sommersi”. Le donne però sono quelle che attingono dalla loro natura maggior forza per resistere, riadattarsi e (chissà?) rinascere. E il senso vero del film sta in questo come nella capacità del Libro, della Parola e del Silenzio di fare da maieutica alla sofferenza con pari possibilità evocative. Ciò appare evidente al di là della rivelazione shock della fine, per cui tutto quello che si era pensato va rovesciato e rivisto.
Il regista Philippe Claudel per la sua opera prima egli sceglie una tessitura di primissimi piani che cattura come poche: scorrono davanti ai nostri occhi le pieghe dei visi, le attaccature del collo, dei capelli, delle orecchie, su su fino agli sguardi che bucano e addolorano. Rimane comunque sottesa ai particolari l’energia rigenerante che la donna sa scavare per sé e per gli altri anche dalla sofferenza peggiore di cui è metafora, in una scena del film, un quadro ottocentesco molto suggestivo, La douleur di Emile Friant. Tra le tante violenze fisiche e morali che si consumano in Italia e nel mondo contro la donna, è dolce ricevere un così bell’omaggio.
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