giovanni morandi
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martedì 11 ottobre 2022
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una neve che sa di morte giovanni morandi
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Regia di Ermanno Olmi.
Film 2014
Una storia realmente accaduta sul fronte Nord-Est, dopo gli ultimi sanguinosi scontri del 1917 sugli Altipiani.
In un avamposto d''alta quota, verso la fine della prima guerra mondiale, un gruppo di militari combatte a pochi metri di distanza dalla trincea austriaca, "così vicina che pare di udire il loro respiro". Intorno, solo neve e silenzio. Dentro, il freddo, la paura, la stanchezza, la rassegnazione. E gli ordini insensati che arrivano da qualche scrivania lontana, al caldo. Ordini telefonati che mandano i soldati a farsi impallinare come tordi.
Ottima anche la fotografia, che utilizza già la nuova tecnica del 4k.
È un film neanche di condanna, di più,evidenzia la follia della guerra, in questo caso di trincea,quando non si sa bene chi siano i nemici, gli austriaci o addirittura i superiori gerarchici.
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onufrio
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mercoledì 4 dicembre 2019
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una guerra in trincea
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1917, Prima Guerra Mondiale, Altopiano di Asiago, rinchiusi in trincea sotto la neve dei soldati attendono al gelo l'avvicinarsi del nemico, il tutto vissuto quasi con rassegnazione, ormai le forze sono al minimo e l'unica nota lieta della giornata sono le lettere che arrivano dai propri cari, per chi li ha. Racconto lento e riflessivo su di un periodo storico triste che coinvolse l'Italia.
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greatsteven
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domenica 18 marzo 2018
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niente combattimenti, ma tanto dolore dei soldati.
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TORNERANNO I PRATI (IT, 2014) diretto da ERMANNO OLMI. Interpretato da CLAUDIO SANTAMARIA, ALESSANDRO SPERDUTI, FRANCESCO FORMICHETTI, ANDREA DI MARIA, CAMILLO GRASSI, NICCOLò SENNI, DOMENICO BENETTI, FRANCESCO NARDELLI, ANDREA BENETTI
Fronte Nord-Est, Prima Guerra Mondiale, 1917: la neve ha bloccato tutto, perfino il conflitto armato. Anche l’arrivo del rancio arranca, e un plotone di circa venti soldati accampati in una trincea sotterranea è più occupato a spalare i residui delle precipitazioni ghiacciate che ad imbracciare le baionette per combattere gli austriaci. Fra i suddetti uomini, v’è un capitano influenzato, un comprensivo maggiore, un sergente, un caporale e numerosi soldati semplici, tutti accomunati dalla repulsione per la violenza dell’uomo contro l’uomo e desiderosi di tornare a casa dalle proprie famiglie, come testimoniano le lettere che vengono distribuite all’interno del fortino e le fototessere ingiallite che conservano gelosamente nei taschini dei cappotti.
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TORNERANNO I PRATI (IT, 2014) diretto da ERMANNO OLMI. Interpretato da CLAUDIO SANTAMARIA, ALESSANDRO SPERDUTI, FRANCESCO FORMICHETTI, ANDREA DI MARIA, CAMILLO GRASSI, NICCOLò SENNI, DOMENICO BENETTI, FRANCESCO NARDELLI, ANDREA BENETTI
Fronte Nord-Est, Prima Guerra Mondiale, 1917: la neve ha bloccato tutto, perfino il conflitto armato. Anche l’arrivo del rancio arranca, e un plotone di circa venti soldati accampati in una trincea sotterranea è più occupato a spalare i residui delle precipitazioni ghiacciate che ad imbracciare le baionette per combattere gli austriaci. Fra i suddetti uomini, v’è un capitano influenzato, un comprensivo maggiore, un sergente, un caporale e numerosi soldati semplici, tutti accomunati dalla repulsione per la violenza dell’uomo contro l’uomo e desiderosi di tornare a casa dalle proprie famiglie, come testimoniano le lettere che vengono distribuite all’interno del fortino e le fototessere ingiallite che conservano gelosamente nei taschini dei cappotti. Qualche volta si chiamano fra loro per nome, ma i nomi han poca importanza: si è tutti uguali, non v’è nessuna differenza di fronte all’ineluttabilità di un destino inclemente cui ognuno di loro è condotto, volente o nolente. Un bombardamento nemico uccide parte del plotone accampato sottoterra, e i cadaveri vengono sepolti con tanto di croci nel suolo innevato. La Storia non si ricorderà di questi piccoli combattenti che pure sudarono e sparsero sangue, sempre malvolentieri, credendo di farlo per nobili ideali quando invece era solo per la miseria e l’oblio che faticavano: l’erba tornerà a rinverdire i campi in primavera dopo che la neve si sarà disciolta, e i corpi sepolti sotto i prati finiranno in un dimenticatoio eterno, come eterna è l’incapacità dell’essere umano di vivere in pace col proprio simile. Il maestro bergamasco non si smentisce mai, mai una volta che sbagli un colpo: la terra è sempre al centro del suo repertorio cinematografico, e questa volta nelle vesti di cimitero vivente che accoglie coloro che furono costretti a praticare la guerra pur non avendone nozioni previe, magari addirittura odiandola e sognando sempre la bellezza di un mondo che le armi di distruzione di arma si apprestavano a far scomparire. Come del resto lo fanno ancor oggi, e con maggior potenza. Non è un caso che il film sia stato girato nel 2014: un secolo esatto prima scoppiò la Grande Guerra, e in occasione di un centenario ben poco illustre Olmi ha voluto omaggiare la povertà, la carità, l’amicizia, la fraternità e forse anche le minuscole gioie che si possono tutte sperimentare in condizioni estreme, laddove basta scrivere una lettera alla propria madre interrogandosi sul significato del perdono ed immaginare un larice fatto tutto d’oro. Spiare gli animali che se ne infischiano degli umani che guerreggiano dalle feritoie, mangiare una minestra bianca tutt’altro che nutriente, gridare un chi-va-là da uno spioncino metallico, assistere al suicidio di un soldato che predilige la morte in trincea che nella terra di nessuno, abbracciare un commilitone sconfortato: tutte azioni che impediscono ad antieroi (ma non per questo persone biasimevoli, al contrario molto coraggiose ed efficienti) involontari di perdere i loro brandelli di umanità. La fotografia poco illuminata, quasi in filigrana e talora in bianco e nero, di Fabio Olmi è di una stupenda ricchezza creativa che getta luce tanto sull’ambiente che i soldati popolano perché vi sono obbligati dagli ordini dall’alto quanto sul loro animo che si trasforma conservando però intatta la loro voglia di beneficiare di qualunque cosa non arrechi danno al prossimo. Ma Olmi va oltre: se la prende con la memoria corta della Storia, che è sempre stata scritta dai vincitori, che ha sempre guardato ai trionfi e mai alle sconfitte (seppur tollerate con onore), che ha premiato chi ha ammazzato di più e governato con maggior tirannia e che ha fatto passare sotto silenzio le sofferenze immani di quelli che costituivano pedine in una scacchiera enorme. Ma codeste pedine costituivano la differenza tra vincere rabbuiandosi e perdere restando sereni e in pace con sé stessi, perciò la loro importanza non va presa sotto gamba, ed è proprio su questo aspetto fondamentale che il discorso del regista (che mescola l’umanesimo alla sociologia, il pathos alla tensione) si impernia. Interpreti eccezionali, con un Santamaria straordinario nella parte del maggiore, i due fratelli Benetti, Domenico nel ruolo del sergente ed Andrea in quello del caporale, e bravo anche N. Senni, finalmente in un ruolo drammatico che per altro gli si addice assai. Candidato a vari David di Donatello, nessuna vittoria. Sarebbe stata preferibile un’esclusione da una simile premiazione: i film che valgono davvero meritano l’attenzione della critica e il favore del pubblico, non certo l’accumulazione di riconoscimenti che andrebbero bene più che altro per quelle pellicole che se li aspettano e che spesso li ricevono pure. Olmi non è mai andato in cerca di gloria: l’ha creata intorno a sé raccontando sempre, con cipiglio lucido e pacato, di storie di contadini, gente di campagna, uomini e donne semplici, figli degli stenti che non hanno mai dismesso i panni dei lottatori permanenti in cerca di una dignità da difendere con fatica, ma sempre a testa alta.
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contrammiraglio
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giovedì 20 aprile 2017
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olmi .....
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Noioso e pretenzioso; la lentezza é un pregio solo in Bergman.
Assolutamente da evitarsi.
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stefano73
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lunedì 31 ottobre 2016
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dentro la guerra dei nostri nonni
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Film che é quasi un cortometraggio/documentario sulla prima guarra mondiale vissuta dai nostri nonni. Anche se molto lento e quasi noioso si vivono i momenti di disperazione e abbandono in una trincea del nostro estremo nord-est. La neve, il silenzio e le voci in dialetto vengono turbate dai bombardamenti del fronte nemico. In guerra si é soli e dimenticati...nessun vincitore. Bellissima la colonna sonora con degli strumenti folkloristici dell'epoca. Il maestro Ermanno Olmi lascia ancora traccia della sua sensibilità .
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paolocorsi1967
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giovedì 14 luglio 2016
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per questi e altri crimini, solo chiedere scusa
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Come "Uomini contro" di Rosi, Olmi stigmatizza la stupidità della guerra e l'inutilità di quella carneficina che fu la Prima Guerra Mondiale, purtroppo ancora oggi celebrata o peggio ancora strumentalizzata da certi politici che, più che militaristi, sono semplicemente indegni di fare commenti sulla profonda onestà dei loro simili (si fa per dire) di cent'anni fa, come i contadini e gli operai mandati a uccidere o a farsi uccidere in una guerra insensata e criminale, oltre che pessimamente condotta. Centinaia, migliaia di morti per un montarozzo di terra. Quale uomo che non sia un pazzo o un criminale può ammettere questo? Una guerra non condivisa dal popolo italiano, che pure dimostrò un altissimo senso del dovere, al contrario di chi citerò.
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Come "Uomini contro" di Rosi, Olmi stigmatizza la stupidità della guerra e l'inutilità di quella carneficina che fu la Prima Guerra Mondiale, purtroppo ancora oggi celebrata o peggio ancora strumentalizzata da certi politici che, più che militaristi, sono semplicemente indegni di fare commenti sulla profonda onestà dei loro simili (si fa per dire) di cent'anni fa, come i contadini e gli operai mandati a uccidere o a farsi uccidere in una guerra insensata e criminale, oltre che pessimamente condotta. Centinaia, migliaia di morti per un montarozzo di terra. Quale uomo che non sia un pazzo o un criminale può ammettere questo? Una guerra non condivisa dal popolo italiano, che pure dimostrò un altissimo senso del dovere, al contrario di chi citerò. Vittime della sete di gloria di pochi, delle fregnacce che vennero raccontate (e che vengono ammannite, cosa gravissima soprattutto per i giovani, che finalmente stanno reagendo, ancora oggi da gentaglia come alcuni degli ultimi Capi di Stato, come l'orribile Giorgio Napolitano, un uomo che, per i suoi atti del suo scellerato settennato - e della sua polizia da far orrore alla Gestapo quand'era ministro dell'Interno -, meriterebbe - lui e altri - una condanna per una serie di crimini, a cominciare dall'alto tradimento). Kubrick - un uomo non contrario alla guerra in assoluto come linea di principio - ha detto la parola definitiva su quella guerra con "Orizzonti di gloria". Ma più che il ridestarsi dell'antimilitarismo, che grazie a Dio sembra avvenire nelle giovani generazioni (assieme alla battaglia contro gli abusi delle cosiddette forze dell'ordine che hanno coperto l'Italia di vergogna come al G8 di Genova, si badi bene con la importante complicità di altri ordini professionali dello Stato), il grande valore del film è la superiore umanità di Olmi, forse anche ingenua ma sincera e toccante, che indica l'unica via possibile di uscire da tutto questo, cioè l'amore e il perdono: "Se un uomo non sa perdonare, che uomo è?". Olmi meriterebbe per questo film il Premio Nobel per la Pace, anche se è un riconoscimento discutibile visto che è stato conferito a (o ne sono stati canditati) persone che dovrebbero passare alla storia piuttosto come terroristi o criminali di guerra. Tra i pregi di questo capolavoro la meravigliosa fotografia. Ricorda il capolavoro di Kubrick anche nella sua claustrofobia e angoscia. Nella sua essenzialità la sceneggiatura è impeccabile. Olmi approfondisce le la psicologie. Purtroppo, quando ho visto questo santo film al cinema, in una sala piccola e non molto piena, ho sentito più critiche che altro. Prova ne sia che in un paese di merda, coerentemente rappresentato dagli stronzi succitati, non basta (e qui Kubrick aveva ancora una volta ragione) un film per ridestare la coscienza sotto sedazione di gran parte degli italiani contemporanei, anche se riscattata dalla generosità di tanti giovani, come l'anonimo tiratore di sasso al G8 del 2001, un uomo e un combattente infinitamente migliore dei banditi che vi erano lì riuniti e di quelli nel governo che hanno orchestrato gli incidenti, attraverso la Polizia, i Carabinieri e i militari provocatori. Questi sono film (una volta lo facevano) che andrebbero proiettati nelle scuole. La poesia di Olmi è fuori discussione, speriamo anche sia anche profezia. Torneranno i prati, magari con quelli che meritano davvero di finire sottoterra, non la brava gente ma i vili delinquenti succitati, che sono peggio di Provenzano o Riina.
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g_andrini
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mercoledì 20 aprile 2016
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breve ma molto intenso
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Trasmette buone sensazioni, ci si immedesima immediatamente. Raramente vedo un film senza pausa, ma in questo caso è stato un ottimo "tutto di un fiato". Consigliato.
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filippo catani
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lunedì 23 novembre 2015
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il dramma della trincea
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1917 fronte austro-italiano. Un gruppo di soldati in trincea cerca di sopravvivere alle durezze della guerra.
Ermanno Olmi in poco più di un'ora di pellicola riesce a rendere al meglio il dramma del primo conflitto mondiale e di chi lo combattè in prima persona. Un contingente formato da povere persone e tutt'altro che militari di professione e che a malapena si esprimevano in italiano prediligendo il dialetto. E dopo tanti mesi di combattimento ormai non ci sono più gradi che tengano in quanto si è sviluppata una sorta di fratellanza e ciò che traspare è il disprezzo per una guerra lunga e percepita come inutile con le sue insensate azioni e carneficine (e anche nella pellicola ne avremo un piccolo esempio).
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1917 fronte austro-italiano. Un gruppo di soldati in trincea cerca di sopravvivere alle durezze della guerra.
Ermanno Olmi in poco più di un'ora di pellicola riesce a rendere al meglio il dramma del primo conflitto mondiale e di chi lo combattè in prima persona. Un contingente formato da povere persone e tutt'altro che militari di professione e che a malapena si esprimevano in italiano prediligendo il dialetto. E dopo tanti mesi di combattimento ormai non ci sono più gradi che tengano in quanto si è sviluppata una sorta di fratellanza e ciò che traspare è il disprezzo per una guerra lunga e percepita come inutile con le sue insensate azioni e carneficine (e anche nella pellicola ne avremo un piccolo esempio). Pochi ma incisivi dialoghi ma sono soprattutto le immagini a parlare: rancio congelato, spazi angusti e bombardamenti dei mortai nemici. Un film che ci fa riflettere sulla Grande Guerra e sul dramma di qualsiasi guerra.
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orione95
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venerdì 20 novembre 2015
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un silenzioso palcoscenico di guerra e malinconia
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"torneranno i prati" è un film molto difficile da recensire, infatti occorre partire dal presupposto che il suddetto non è un film, o perlomeno non nel senso comune del termine. "torneranno i prati", ultima fatica del brillante regista Ermanno Olmi, si presenta infatti come una malinconica parabola di storia e di guerra, il cui significato si palesa in tutta la sua brutalità nel monologo finale (saggiamente implementato nella scrittura di una lettera, altro argomento centrale della pellicola), capace di unire il pathos squisitamente cinematografico ad una crudele realtà storica, il tutto però tradendo volontariamente un'evidente anima teatrale (ben presente negli intensi e significativi sguardi dei protagonisti, che talvolta appaiono rivolgersi direttamente allo spettatore).
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"torneranno i prati" è un film molto difficile da recensire, infatti occorre partire dal presupposto che il suddetto non è un film, o perlomeno non nel senso comune del termine. "torneranno i prati", ultima fatica del brillante regista Ermanno Olmi, si presenta infatti come una malinconica parabola di storia e di guerra, il cui significato si palesa in tutta la sua brutalità nel monologo finale (saggiamente implementato nella scrittura di una lettera, altro argomento centrale della pellicola), capace di unire il pathos squisitamente cinematografico ad una crudele realtà storica, il tutto però tradendo volontariamente un'evidente anima teatrale (ben presente negli intensi e significativi sguardi dei protagonisti, che talvolta appaiono rivolgersi direttamente allo spettatore). I soldati non sono più uomini, hanno perso la loro dignità di esseri umani nel momento in cui la guerra li ha accolti, costringendoli a vivere tante "vite sospese", nel gelo di una trincea.
L'assordante silenzio che regna sovrano per quasi tutta la durata del film viene squarciato esclusivamente dagli spari e dai colpi di mortaio: in una tale rassegnata alienazione i soldati sono privati persino dei loro nomi, salvo riacquistare la propria identità nel momento salvifico e catartico della consegna della posta, unico tramite con il mondo esterno, unico barlume di luce nella grottesca oscurità che li avvolge. Anche i più puri sentimenti patriottici vengono traditi da una violenza così lontana dai propositi originari di pace e felicità propri di ogni uomo, tradimento questo che si esplica oltretutto negli ordini spietati e talvolta insensati dei superiori al comando militare.
"torneranno i prati", dunque, presenta allo spettatore un frammento assolutamente minimale all'interno di un contesto mondiale come quello della Grande Guerra, del resto questa volontà di fare della storia niente più che una didascalia la si evince dal titolo stesso, scritto in minuscolo.
In conclusione un plauso a parte merita il comparto tecnico: fotografia, scenografia e costumi eccelsi si sposano meravigliosamente con una regia di prim'ordine e convincono appieno nel restituire intatta la cruda realtà della guerra, inscenata in un palcoscenico di malinconia sulle note della tromba di Paolo Fresu.
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enigmista12
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venerdì 28 agosto 2015
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noioso
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Ho un vero rispetto per la Prima Guerra Mondiale, per tutti coloro che si sono battuti e morti per noi al fronte, ma sono rimasta veramente annoiata. E' stata mia madre a volere vedere questo film, e io ho pensato di guardarlo anch'io, tanto per fare. Ma dopo neanche cinque minuti me ne sono pentito: per quanto mi sforzassi di concentrarmi sulle parole dette dai personaggi, la mente mi si annebbiava continuamente, e mi veniva da pensare ad altro. I motivi sono tanti: di sottofondo c'è un silenzio di tomba, che mi dava un senso di oppressione. I personaggi non hanno nomi, e quindi non mi sembrava potessero avere personalità; poi, visto che il film è in bianco, nero e grigio, continuavo a confondermi e mi parevano tutti uguali.
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Ho un vero rispetto per la Prima Guerra Mondiale, per tutti coloro che si sono battuti e morti per noi al fronte, ma sono rimasta veramente annoiata. E' stata mia madre a volere vedere questo film, e io ho pensato di guardarlo anch'io, tanto per fare. Ma dopo neanche cinque minuti me ne sono pentito: per quanto mi sforzassi di concentrarmi sulle parole dette dai personaggi, la mente mi si annebbiava continuamente, e mi veniva da pensare ad altro. I motivi sono tanti: di sottofondo c'è un silenzio di tomba, che mi dava un senso di oppressione. I personaggi non hanno nomi, e quindi non mi sembrava potessero avere personalità; poi, visto che il film è in bianco, nero e grigio, continuavo a confondermi e mi parevano tutti uguali. Il ritmo è assolutamente lento, anche l'attacco delle bombe da parte degli austriaci non mi ha smosso più di tanto. Meno male che è durato solo un'ora e venti, perchè anche solo altri dieci minuti in più, e me ne sarei andato. E' quasi meglio cercare sui libri o nei musei informazioni sulla Prima Guerra Mondiale che guardare questo film; l'unica cosa da cui ho ricavato vedendolo è che mi sono fatta un'idea su come vivevano i soldati italiani al fronte. Quindi un lato "positivo" c'è.
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