Camera con vista

Nella sua filmografia, il regista americano James Ivory ha sovente affrontato storie romantiche d'altri tempi, soprattutto in quella Gran Bretagna che fu e che è stata sepolta assieme a Elisabetta II. Qui traspone un romanzodello scrittore inglese E. M. Forster, con protagonista una giovane inglese, Lucy, "educastrata" dall'epoca eduardiana. Ma in una Firenze dei primi del '900 scoprirà le proprie pulsioni represse e troverà il vero amore.
Una commedia delicata, che scorre lenta con tempi oggi impensabili. Una camera con vista sui primi del '900, quando tutto si scopriva lentamente e la vita si assaporava un po' alla volta.

Sfugge che Ivory abbia avuto un meritatissimo oscar per la sceneggiatura di Chiamami con il tuo nome di Guadagnino, ad 89 anni.. Evento che zittisce ogni vana parola di critici che i pasticcini se li sono fatti andare di traverso. Quel che rimane del giorno é un film potente e freddissimo, come il romanzo da cui è tratto.

Ciommento ricco e acculturato :D

 

Nel 1995, in occasione del flop commerciale e critico “Jefferson in  Paris?”il direttore di un’autorevole rivista scrisse che, anche quando Ivory era stato oggetto di elogi, “c’era qualcosa di sospetto” (cit;test.) nel modo in cui questo tessitore di orpelli trasponeva per il grande schermo determinate opere letterarie, fossero  anche “mediocri romanzi” (CIT.), come “Quel che resta il giorno” di Kazuo Ishiguro: in quel momento, dunque, “Jefferson” avrebbe  fornito la dimostrazione che, avendo elaborato un soggetto scevro da ispirazioni letterarie, i nodi erano venuti al pettine.
Mi tornavano in mente queste parole alcuni giorni fa, durante la mi prima “visione integrale” di questo film. [+]

 

Nel 1995, in occasione del flop commerciale e critico “Jefferson in  Paris?”il direttore di un’autorevole rivista scrisse che, anche quando Ivory era stato oggetto di elogi, “c’era qualcosa di sospetto” (cit;test.) nel modo in cui questo tessitore di orpelli trasponeva per il grande schermo determinate opere letterarie, fossero  anche “mediocri romanzi” (CIT.), come “Quel che resta il giorno” di Kazuo Ishiguro: in quel momento, dunque, “Jefferson” avrebbe  fornito la dimostrazione che, avendo elaborato un soggetto scevro da ispirazioni letterarie, i nodi erano venuti al pettine.
Mi tornavano in mente queste parole alcuni giorni fa, durante la mi prima “visione integrale” di questo film. Chi scrive non era rimasto entusiasta  per “Maurice” (NON VISTO IN VERSIONE INTEGRALE), era stato un poco severo con “Mr e Mrs. Bridge ed aveva apprezzato “Quel che resta del giorno” . Si era aggiunto ai veri ammiratori   di Ivory solo in occasione di “Casa Howard”.
Non credo che questo film abbia dissipato totalmente i miei dubbi: l’eleganza è indiscutibile, forse alcuni momenti sono cinemtograficamente rilevanti, ma nell'insieme mi resta il sospetto di “cinema laccato”, quasi come il regista non prendesse le distanze da quelle anziane signore su cui apparentemente ironizza. Non a caso, altri autorevoli commentatori coniarono espressioni come “cinema al pasticcino, per signore”o, addirittura, “signore non più giovani ed affette dal morbo di Ivory”.
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bello

Primo dei tre film di Ivory tratti da altrettanti romanzi di Forster. Eppure, nonostante le interpretazioni e le ambientazioni, secondo me è il meno riuscito.

Che noia...

fantastico

un ottimo cast un film grandioso

un capolavoro da oscar