Il treno dei bambini |
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Un film di Cristina Comencini.
Con Barbara Ronchi, Serena Rossi, christian cervone, Francesco Di Leva.
continua»
Drammatico,
durata 106 min.
- Italia 2024.
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di gabriellaFeedback: 19982 | altri commenti e recensioni di gabriella |
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venerdì 13 dicembre 2024 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Una pagina poco conosciuta, di cui nemmeno io ero a conoscenza, prima di aver letto il bel libro di Viola Ardone e che Cristina Comencini ha poi trasformato in un film, presentato quest’anno alla festa del cinema a Roma, una storia bella, chissà perché si parla così poco delle cose belle. Si tratta dell’iniziativa del partito comunista , insieme con l’UDI ( unione donne italiane), nel primo dopoguerra, attraverso i cosidetti “treni della felicità”di trasportare dei bambini dal merdione al nord Italia per strapparli dalla miseria, dalla strada , dalla fame, nel periodo invernale per consentire loro di frequentare la scuola e avere un’istruzione E’ la storia di Amerigo, che vive a Napoli con mamma Antonietta, ( una bravissima Serena Rossi che sembra di vedere Anna Magnani nella sua intensità), e del suo viaggio verso una terra sconosciuta e con la paura originata dalle assurde dicerie sui comunisti che mangiavano i bambini, fino ad arrivare a Modena. Tutti i bambini troveranno ospitalità presso delle famiglie affidatarie che si prenderanno cura di loro, sono famiglie povere, di contadini o di operai, con figli a carico , ma disponibili a dividere ciò che hanno e offrire, oltre un pasto caldo e un letto per dormire, il caldo abbraccio di un affetto sincero. Di Amerigo si dovrà occupare Derna, ( meravigliosa Barbara Ronchi), una donna che vive sola , militante convinta ,che sa poco sui bambini e che vive nel ricordo del fidanzato ucciso dai fascisti., entrambi impareranno a conoscersi, a comprendersi e a volersi bene. Diviso tra due madri, quella del sud e quella del nord, Amerigo scoprirà dopo molti anni la grandezza dell'amore materno, che non è solo quello di accudire, ma anche quello di lasciare andare, se questo significa la possibilità di un futuro migliore. Il film della Comencini è sobrio e commovente nel presentare senza eccessi o forzature un'Italia che si tende la mano e si aiuta vicendevolmente nella ricostruzione di un paese e di un tessuto sociale coese e dignitoso, in immagini di grande respiro, perchè ad altezza di bambino e dal suo sguardo limpido e pulito. L’aspetto umano è sicuramente quello messo in risalto dalla regista, quello che le sta più a cuore, anche se ci sono dei cenni di prevaricazione maschile all’interno del partito di Derna, compagni poco inclini a farsi comandare da una donna e una ribellione femminile che deve ancora emergere. Una bella storia, che sarebbe piaciuta al padre, Luigi Comencini, che abbiamo avuto il piacere di vedere recentemente nel dolcissimo ricordo della figlia Francesca nel film autobiografico "Il tempo che ci vuole". Decisamente un anno ispirato per le sorelle Comencini, così come per Napoli che ultimamente il cinema la vede spesso protagonista.
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