fabrizio friuli
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lunedì 19 aprile 2021
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un'' unica scena per la salvezza del film
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Il professor Paolo Martinelli, vedovo e con una figlia che incarna pienamente lo stereotipo della giovane dipendente dal cellulare , capisce che lei vuole svolgere la professione di influencer e lui , essendo refrattario a tutte le mode attuali, come quella , si oppone fermamente. Tuttavia, per la salvezza della loro abitazione, prende la decisione di lavorare lui stesso come influencer , grazie al supporto di sua figlia , subendo una sorta di lavaggio del cervello.
Come il lungometraggio del 2016 intitolato UN NATALE AL SUD , anche questa commedia del 2021 tratta un tema attuale, ma in modo piuttosto approssimativo , per via del mancato approfondimento sulla moda degli influencer, e questo viene dimostrato dal personaggio di Ele-O-Nora , uno dei personaggi principali del film che raffigura l' influencer secondo l' ottica degli italiani : si tratta di una giovane che si guadagna la pagnotta soltanto mettendosi in mostra, proprio come gli youtuber di Un Natale al Sud che sono raffigurati come due babbei che si arricchiscono facendo degli stupidi video .
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Il professor Paolo Martinelli, vedovo e con una figlia che incarna pienamente lo stereotipo della giovane dipendente dal cellulare , capisce che lei vuole svolgere la professione di influencer e lui , essendo refrattario a tutte le mode attuali, come quella , si oppone fermamente. Tuttavia, per la salvezza della loro abitazione, prende la decisione di lavorare lui stesso come influencer , grazie al supporto di sua figlia , subendo una sorta di lavaggio del cervello.
Come il lungometraggio del 2016 intitolato UN NATALE AL SUD , anche questa commedia del 2021 tratta un tema attuale, ma in modo piuttosto approssimativo , per via del mancato approfondimento sulla moda degli influencer, e questo viene dimostrato dal personaggio di Ele-O-Nora , uno dei personaggi principali del film che raffigura l' influencer secondo l' ottica degli italiani : si tratta di una giovane che si guadagna la pagnotta soltanto mettendosi in mostra, proprio come gli youtuber di Un Natale al Sud che sono raffigurati come due babbei che si arricchiscono facendo degli stupidi video . Fortunatamente per il film , è stata inserita la scena in cui la figlia del protagonista viene umiliata tramite una foto particolare a causa di un fraintendimento ad una festa , e lei , nonostante l'atroce sconforto, decide di fare una storia ( di Instagram ) in cui afferma che lei ritornerà a scuola senza vergogna, piuttosto che compiere lo sconsiderato gesto riconosciuto come suicidio , e questa scena ha garantito la salvezza del film per il rotto della cuffia, però, è anche sensata la scena in cui il professore critica la "moda" del selfie in punti pericolosi durante una delle sue lezioni , anche se lui stesso considera i cellulari degli oggetti malefici , come se fosse un amish . Il casting attoriale è composto da interpreti capaci, come Massimiliano Vado , anche se veste i panni di un personaggio stravagante ( come al solito ) ed anche l'attore pugliese Marco Zingaro , che ( purtroppo ) ha interpretato un incrocio tra un omosessuale tipico delle commedie italiane ( con un terrificante look da pagliaccio ) ed un meridionale baffuto . La sceneggiatura è discreta ma non di più e , apparte i due personaggi descritti precedentemente gli altri sono abbastanza autentici, ma l'intero film può soltanto essere ritenuto sufficiente, anche a causa del contrasto padre e figlia , una cosa già vista.
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eugenio
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venerdì 30 aprile 2021
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scontro generazionale
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Fabio Volo mette un pò di musica leggera, anzi leggerissima per dirla con le parole di Colapesce e di Martino. Da maschera di professore di filosofia di un liceo privato (si sa nella fiction tutto è possibile), si trasforma per amore della figlia in un influencer, fino a degenerare inesorabilmente non riuscendo più a distinguere il sottile confine tra analogico, lo studio su carta di cui era sostenitore e digitale, quei momenti di celebrità che Warlhol sosteneva essere solo quindici.
E di minuti, in realtà, la nuova commedia di Michela Andreozzi, Genitori vs influencer, dura ben di più, un’ora e mezza ma poco importa, perché, si, è vero, si tratta del “solito” conflitto generazionale visto decine di volte (come dimenticare Sconnessi, Figli?), della “solita” prosopopea macchiettistica (c’è pure il salotto di Rai uno, Frassica in testa come vicino di casa) del “solito” rapporto tra la generazione Z coi social; eppure, c’è qualcosa in questo film che convince e tutto sommato restituisce, al termine, giunti ai titoli di coda con la classica riappacificazione buonista quella sensazione, appunto di leggerezza, necessaria oggigiorno.
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Fabio Volo mette un pò di musica leggera, anzi leggerissima per dirla con le parole di Colapesce e di Martino. Da maschera di professore di filosofia di un liceo privato (si sa nella fiction tutto è possibile), si trasforma per amore della figlia in un influencer, fino a degenerare inesorabilmente non riuscendo più a distinguere il sottile confine tra analogico, lo studio su carta di cui era sostenitore e digitale, quei momenti di celebrità che Warlhol sosteneva essere solo quindici.
E di minuti, in realtà, la nuova commedia di Michela Andreozzi, Genitori vs influencer, dura ben di più, un’ora e mezza ma poco importa, perché, si, è vero, si tratta del “solito” conflitto generazionale visto decine di volte (come dimenticare Sconnessi, Figli?), della “solita” prosopopea macchiettistica (c’è pure il salotto di Rai uno, Frassica in testa come vicino di casa) del “solito” rapporto tra la generazione Z coi social; eppure, c’è qualcosa in questo film che convince e tutto sommato restituisce, al termine, giunti ai titoli di coda con la classica riappacificazione buonista quella sensazione, appunto di leggerezza, necessaria oggigiorno.
Fabio Volo interpreta un personaggio ancorato al passato (buffo ma così), tal professor Martinelli, vedovo con un figlia a cui badare (Ginevra Francesconi) la quale, crescendo, manifesta sempre più quell’assoluta dipendenza dai social tale da spingerla al desiderio di diventare influencer allo scopo di emulare il suo mito, Ele-O-Nora, interpretata da una ottima Giulia De Lellis che influencer di successo lo è davvero.
Il padre che chiaramente, da boomer (per usare un termine di moda oggigiorno), mal comprende questa “ansia” da cellulare della giovane figlia, un meccanismo psicologico di un like e hashtag a lui alieno, si scontra con la logica vanesia ma chiaramente speculatrice di chi, con questi video ci vive. E anche bene. Ecco quindi che nello scontro, che via via diviene confronto tra due modi di intendere i social, palestra di visi, sguardi, adolescenti e video, chat e dialoghi su hater, insomma, mare magnum di frustrazioni represse che oggigiorno divengono proprio per dirla alla Bauman “liquide”, prive di fondamento ben costituito su cui definire una chiara visione di esistenza futura e la dubbia resistenza di Martinelli che rimarrà invischiato nell’oscura trama sempre più, l’identità diviene costrutto astratto, avatar di una soddisfazione genitoriale da cui si esige più libertà ma al tempo stesso, da cui vorrebbe una maggiore presenza autoriale.
In questo contesto, Genitori vs influencer, nel virtuale ring tra social e riservatezza (leggasi condizione da sfigato), getta una luce interessante e abbastanza veritiera della situazione adolescenziale, dove gli stessi influencer sono mira di haters (la scena del video di Volo al supermercato, con diramazione sino alla sessualità senza nemmeno capire alla fine di cosa si sta litigando è ben esemplificativa) e coloro che li seguono (non tutti giovani) preda dei social, vengono da essi “abusati” nella degenerazione spinta di foto assai poco caste.
Si sa, questo è abbastanza noto di questi tempo e va dato atto al film dell’Andreozzi di rappresentare un onesto, talune volte superficiale ma riuscito social-film, uno spaccato di commedia generazionale, mai volgare, ma anzi capace di far riflettere, grazie all’empatia di Volo, sul difficile ruolo di essere genitori oggi. Senza la “fatica” (sic) di leggere duecento pagine di romanzo. Di Volo, s’intende.
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felicity
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martedì 17 agosto 2021
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caotica e ambigua commedia
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Genitori vs influencer è una caotica e ambigua commedia che non indaga mai quei social network di cui vorrebbe essere intelligente satira, perdendo l’occasione di raccontare internet attraverso la lente del cinema popolare.
La sensazione è che in quel versus che definisce lo scontro di Genitori vs influencer si siano voluti riassumere anche i termini di altri, più ambiziosi, scontri.
Il film vorrebbe infatti partire dal confronto tra mondo analogico e digitale per contrapporre vecchi e nuovi stilemi della commedia all’italiana e tuttavia non riesce a trovare una sintesi tra le sue istanze risultando non solo un prodotto innocuo ma anche ambiguo nei confronti della realtà che intende rappresentare.
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Genitori vs influencer è una caotica e ambigua commedia che non indaga mai quei social network di cui vorrebbe essere intelligente satira, perdendo l’occasione di raccontare internet attraverso la lente del cinema popolare.
La sensazione è che in quel versus che definisce lo scontro di Genitori vs influencer si siano voluti riassumere anche i termini di altri, più ambiziosi, scontri.
Il film vorrebbe infatti partire dal confronto tra mondo analogico e digitale per contrapporre vecchi e nuovi stilemi della commedia all’italiana e tuttavia non riesce a trovare una sintesi tra le sue istanze risultando non solo un prodotto innocuo ma anche ambiguo nei confronti della realtà che intende rappresentare.
La storia di Paolo, professore apprensivo e contrario ai social che si scontra con la figlia Simone e con l’influencer Ele-O-Nora, salvo poi venire sedotto dal patinato mondo di internet, sarebbe stato il terreno ideale per descrivere il nuovo contesto digitale ma confrontandosi con il film viene da chiedersi quanto alla diegesi interessi farlo davvero.
Genitori vs influencer racconta infatti la dimensione social senza dare l’impressione di conoscerla, limitandosi a considerarla un buco nero che inghiotte il reale e spinge gli utenti a comportamenti insensati. Le argomentazioni del film si reggono su un’impalcatura sottile, la stessa che sostiene il ritratto superficiale delle nuove generazioni al centro del racconto, la cui psicologia è ridotta ad astruso bigino di definizioni usa e getta.
Più preoccupante è tuttavia notare quanto il film adotti un atteggiamento di convenienza nei confronti del mondo degli influencers, su cui la diegesi ironizza salvo poi indulgere in pratiche non dissimili da quelle che vorrebbe criticare, come l’insistito product placement. È chiaro, dunque, che più che un illuminato pamphlet sull’internet di oggi, Genitori vs influencer è una comedy italiana, che prova ad affrancarsi da certi stilemi del genere, non risultando tuttavia convincente neanche su questo versante “linguistico”.
Tutto sembra piuttosto muoversi senza la giusta consapevolezza, con la regia che si preoccupa di fare tabula rasa attorno a sé di tutto il “già visto”, anche a costo di porre in secondo piano un gruppo di interessanti comprimari e di dare il film in mano ad un cast inadatto a qualsiasi proposito rivoluzionario. La regia rilegge certe fondamenta della commedia degli equivoci senza comprenderli fino in fondo e risolvendo in una scrittura frettolosa e a tratti abbozzata. Non stupisce, dunque, che qualsiasi scelta che porta il genere ad uscire dal proprio seminato sia priva della potenza necessaria a colpire davvero lo spettatore, che la accoglie più confuso che incuriosito.
Genitori vs influencer, un po’ come The Social Dilemma, non approccia criticamente la novità. Piuttosto fa leva sulle sue ambiguità parlando alla pancia del suo pubblico e perdendo l’occasione per un auspicabile ripensamento dello status quo nel rapporto tra digitale e utenti.
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