Border - Creature di confine

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Un film di Ali Abbasi. Con Eva Melander, Eero Milonoff, Jörgen Thorsson, Ann Petrén.
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Titolo originale Gräns. Fantastico, Ratings: Kids+13, durata 108 min. - Svezia, Danimarca 2018. - Wanted uscita giovedì 28 marzo 2019. - VM 14 - MYMONETRO Border - Creature di confine * * * - - valutazione media: 3,42 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

CONFINI DA ATTRAVERSARE Valutazione 4 stelle su cinque

di carlosantoni


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domenica 28 aprile 2019

Tra i cinque sensi di cui disponiamo, l’olfatto è considerato il più atavico e il più ferino: dalla notte dei tempi, è l’olfatto che prima della vista e dell’udito mette in guardia gli animali contro possibili aggressori nelle vicinanze, e che specularmente informa i predatori della presenza di prede da azzannare. L’olfatto è poi l’unico senso in base al quale molte specie animali stabiliscono un reciproco riconoscimento e apprezzamento tra maschio e femmina.
Tina, che lavora come dipendente della polizia a un varco svedese di frontiera, ha un olfatto straordinario, qualcosa come quei cani che avvertono la presenza di droghe nei bagagli dei viaggiatori aeroportuali, ma molto, molto più raffinato e potente: lei, delle persone, sa “annusare” perfino i sentimenti. Tina, per esempio, avverte se quella tale persona in questo momento sta provando un sentimento di vergogna (molto indicativo!) o di odio, così come avverte chiarissimamente se qualcuno dentro quell’appartamento sta facendo violenza a un bambino. Non è una sensitiva, non è un’indovina: è una ferina.
Ed è terribilmente deforme. Dopo aver visto il film, sono andato a vedere chi mai fosse quella straordinaria interprete femminile (ma il ragionamento vale anche per Eero Milonoff, l’interprete maschile) e sono rimasto letteralmente allibito nel constatare che l’attrice, Eva Melander, non solo non è affatto deforme, ma è addirittura una donna piuttosto bella! Merito dunque dei trucchi e/o degli effetti speciali, se nel film appare come appare, poiché è così che deve apparire.
Fin qui però non ho che menzionato le circostanze, le “condizioni” del film, della cui trama dirò il meno possibile per non guastare la possibile visione di coloro che ancora non l’hanno visto. Dirò che la sostanza, in fondo già dichiarata nel titolo, sta nel mostrarci un mondo, il nostro mondo, che oscilla tra un centro che appare familiare e rassicurante, e un extra-mondo che se ne sta oltre confine, che turba, inquieta le nostre false certezze. Perché è drammaticamente evidente che le nostre certezze sono false, così come la presupposta olimpica armonia di ciò che sta al di qua del confine: vedremo presto, prestissimo anzi, che ciò che sta all’interno del “Border” non è affatto sempre e per sua natura buono, anzi…
Il film c’invita a gettare lo sguardo oltre il confine, in particolare oltre il confine di ciò che è generalmente ritenuto umano (per cui, per differenza, oltre il confine dovrebbe risiedere il non-umano, il disumano). E così vedremo due strani esseri, Tina e Vore, umani e disumani, senz’altro dei “diversi” nella più ampia accezione del termine, innocentemente attratti dalla natura in tutte le sue più umili e universali declinazioni (i muschi, l’acqua di una gora silenziosa in cui immergersi, il silenzio notturno, gl’insetti, gli animali della foresta, e al tempo stesso inaspettatamente spaventati da fenomeni naturali come i lampi: proprio come esseri ferini.
Il sentimento che un po’ alla volta finisce per unire Tina e Vore supera barriere che sembrerebbero veramente impenetrabili, insieme scoprono una dimensione che è solo loro, il loro mondo; e qui trovo che il racconto filmico sia perturbante e al tempo stesso meravigliosamente superbo: si prova simpatia e perfino invidia per quei due orchi che s’immergono nell’acqua cupa della gora, alla ricerca della felicità nel loro mondo infero.
Del film, che mescola la dimensione drammatica con quella poliziesca e quella fantasy, è quest’ultima che mi appare indigesta, e a mio modo di vedere perfino inutile: il film sarebbe stato più pulito e più sconvolgente di quanto già non sia, se il regista ne avesse fatto a meno.
Nel finale mi ricorda molto un altro e assai famoso film perturbante, quale fu “Rosemary’s Baby”, un’allusione così esplicita, secondo me, da farmi immaginare che il regista Ali Abbasi l’abbia decisamente voluta.
“Borders” è un film potente, perfino violento, fortemente perturbante, e a suo modo profondamente romantico. Non posso che consigliarne la visione.

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