Il principale problema di Sempre Amici sta nel fatto che, venuta già a mancare l’originalità della storia, i limiti del film di Nakache e Toledano vengono qui amplificati.
La sceneggiatura che riadatta il film francese cerca di restare in una confort zone che ricalca pedissequamente il predecessore – al di là di minime divergenze narrative sulla famiglia del protagonista di colore e sulla parte finale – senza apportare nulla di nuovo al racconto.
Inoltre manca completamente quella verve e quell’omogeneità narrativa che contraddistingueva l’opera prima e che qui sparisce completamente, sostituita da un incedere forzato e stanco, che non riesce a replicare l’ispirazione dei dialoghi originali.
Sempre amici è un remake debole e di cui non c’era necessità, dove manca anche la brillante sintonia tra i due protagonisti che segnava la forza di Quasi amici.
Il film diretto da Neil Burger manca completamente di quel senso dell’umorismo e di quella dolcezza presente nel lavoro originario. Non ci sono mai vere risate durante la visione e non si riesce neppure a stabilire un vero legame tra lo spettatore e i protagonisti, andando così a disperdere anche la componente emozionale della vicenda. D’altra parte a latitare è anche una sincera connessione emotiva tra i due personaggi, per limiti di scrittura sicuramente, ma anche per mancanza di chimica tra gli interpreti.
Bryan Cranston è appropriato per la parte e offre una performance discretamente credibile, tuttavia manca di quell’impronta sofisticata che Francois Cluzet riusciva a dare al suo Philippe. Kevin Hart si dimostra invece una scelta totalmente errata, risultando finanche fastidioso e spesso fuori luogo nel modo di calarsi nella parte, lontano anni luce dalla dirompenza di Omar Sy. Tra i due non si crea mai la giusta intesa – salvo rari passaggi – non riuscendo mai ad andare oltre i cliché che rappresentano o a farli dimenticare, compromettendo così ulteriormente la resa di questo remake. Inoltre viene completamente sprecato il potenziale di Nicole Kidman, con un personaggio secondario abbozzato e lasciato a margine, senza sfruttare a dovere le caratteristiche e la bravura dell’attrice, ridotta a semplice apparizione volta ad attrarre pubblico in sala.
Si sarebbe potuto dare nuova linfa al racconto con un approfondimento sulle diseguaglianze sociali e uno sguardo realistico sul tema della diversità, smussando gli stereotipi – qui invece amplificati – e rinnovando il reparto comico. Invece regista e sceneggiatore scelgono di riproporre un modello già utilizzato, senza metterci un’anima (e privandolo di quella che c’era precedentemente) con il risultato di produrre un lavoro deludente, trascurabile e carente sotto quasi tutti i punti di vista. Si salvano una buona fotografia e la cura delle ambientazioni, ma sono davvero poca cosa nel complesso di un film fiacco e assolutamente non necessario.
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