vincenzoambriola
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martedì 3 ottobre 2017
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tutto è vanità
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Chi è Norman Oppenheimer? Alla fine del film non lo sappiamo, così come non lo sanno neanche gli investigatori che cercano di ricostruire la sua vita. Eppure Norman non si nasconde, anzi, fa di tutto per essere notato, per partecipare, per organizzare, per aiutare. La mancanza di un passato rende Norman un personaggio difficile da capire, con una, cento, mille interpretazioni. Nel breve periodo in cui lo vediamo agire è un faccendiere coinvolto in attività che toccano aspetti importanti della sua vita: gli affetti, la religione, gli affari, la politica internazionale, la pace e la guerra. Si muove sicuro su terreni scivolosi, in acque pericolose è "un buon nuotatore", come ama ripetere spesso, intreccia reti sociali secondo logiche che solo lui conosce e capisce.
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Chi è Norman Oppenheimer? Alla fine del film non lo sappiamo, così come non lo sanno neanche gli investigatori che cercano di ricostruire la sua vita. Eppure Norman non si nasconde, anzi, fa di tutto per essere notato, per partecipare, per organizzare, per aiutare. La mancanza di un passato rende Norman un personaggio difficile da capire, con una, cento, mille interpretazioni. Nel breve periodo in cui lo vediamo agire è un faccendiere coinvolto in attività che toccano aspetti importanti della sua vita: gli affetti, la religione, gli affari, la politica internazionale, la pace e la guerra. Si muove sicuro su terreni scivolosi, in acque pericolose è "un buon nuotatore", come ama ripetere spesso, intreccia reti sociali secondo logiche che solo lui conosce e capisce. Sarà proprio la vanità a tradirlo (" ... perché tutto è vanità" Ecclesiaste 3.19), quella voglia irrefrenabile di raccontarsi, purtroppo alla persona sbagliata. Un film molto bello, in cui la splendida recitazione di Richard Gere risalta per merito di una regia attenta e raffinata.
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luca scialo
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sabato 4 luglio 2020
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le vie del potere sono infami
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Joseph Cedar ha dedicato fino ad oggi la sua filmografia - ancora breve, costituita da 3 film - al potere politico che muove i fili di Israele. Tutti gli intrecci che avvengono nel retroscena, invisibili a chi guarda dall'esterno. Pur avendo consapevolezza che certe cose sicuramente accadano. Protagonista della vicenda è Norman Oppheneimer, persona onesta, spesso ingenua e fin troppo disponibile. La cui professione è quella di consulente per privati ed aziende. Un giorno però si introduce in un gioco troppo più grande di lui, fatto di intrighi di potere ed arrivismo. Dove religione e politica si mescolano e si confondono. Soprattutto se riguarda uno stato, come quello di Israele, giustificato proprio dalla religione.
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Joseph Cedar ha dedicato fino ad oggi la sua filmografia - ancora breve, costituita da 3 film - al potere politico che muove i fili di Israele. Tutti gli intrecci che avvengono nel retroscena, invisibili a chi guarda dall'esterno. Pur avendo consapevolezza che certe cose sicuramente accadano. Protagonista della vicenda è Norman Oppheneimer, persona onesta, spesso ingenua e fin troppo disponibile. La cui professione è quella di consulente per privati ed aziende. Un giorno però si introduce in un gioco troppo più grande di lui, fatto di intrighi di potere ed arrivismo. Dove religione e politica si mescolano e si confondono. Soprattutto se riguarda uno stato, come quello di Israele, giustificato proprio dalla religione. Norman sarà tradito da tutti i personaggi che gli muovono intorno, anche quelli più vicini e fidati. Ma anche dalla propria eccessiva propensione verso gli altri. La pellicola si apprezza soprattutto per il fatto che sia stata scritta dallo stesso regista. Il quale mette in campo una storia intrigante e intrigata. Una sorta di spionaggio e controspionaggio tipico di una Guerra Fredda 2.0. Dove ai sentimenti umani si antepongono quelli del potere e dell'arrivismo. Del politically correct freddo e spietato. Manca forse un po' di dinamismo in più tipico del genere. Ma Richard Gere è sempre ottimo.
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felicity
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mercoledì 17 febbraio 2021
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commedia ironica che racconta il dramma dei vinti
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Norman Oppenheimer, lo sfuggente protagonista di questo film dal sapore dolce-agro che ha l’aspetto di una tragedia,è come un agnello fra i lupi.
Ha una predisposizione alla nobiltà d’animo che tradisce il suo untuoso agire e, a ben vedere, è un uomo semplice, buono, dominato da una solitudine severa e mortificante. Non sembra avere una famiglia (benché finga di averne una), né affetti, né casa: si rifugia saltuariamente in una sinagoga dove si ristora e si ripara dal freddo.
È il suo luogo di lavoro, la sede della sedicente “Oppenheimer Strategies” che Norman ostenta sui biglietti da visita in modo tanto goffo da far quasi tenerezza.
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Norman Oppenheimer, lo sfuggente protagonista di questo film dal sapore dolce-agro che ha l’aspetto di una tragedia,è come un agnello fra i lupi.
Ha una predisposizione alla nobiltà d’animo che tradisce il suo untuoso agire e, a ben vedere, è un uomo semplice, buono, dominato da una solitudine severa e mortificante. Non sembra avere una famiglia (benché finga di averne una), né affetti, né casa: si rifugia saltuariamente in una sinagoga dove si ristora e si ripara dal freddo.
È il suo luogo di lavoro, la sede della sedicente “Oppenheimer Strategies” che Norman ostenta sui biglietti da visita in modo tanto goffo da far quasi tenerezza. Qui riflette, struttura la maglia delle proprie ventilate conoscenze, studia come aggrapparsi a chi può trarlo fuori dalla vita che conduce, cerca una boccata d’aria.
Norman vive solo per mettersi in gioco. La sceneggiatura e la regia di Cedar lasciano ampio spazio di manovra a pensieri e azioni del protagonista, riuscendo a costruire un’indagine psicologica non banale senza forzature o invadenze: Cedar sa valorizzare (con molti insistiti primissimi piani per esempio) dettagli e sfumature della notevole interpretazione di Richard Gere: l’espressione, la gestualità, i movimenti dimessi e impacciati.
Malauguratamente ingenuo, inevitabilmente solo, Norman si dimostra capace di trasformare in bene tutto il male che gli piove addosso proprio consacrandosi all’eterno anonimato, come fosse l'ironica sublimazione di una vita passata a fare in modo che il proprio nome conti qualcosa, ma ancora di più a cercare di contare qualcosa per qualcuno.
Gere butta gli abiti eleganti per diventare quello che tutti evitano: il rompiscatole di professione, l’imbucato alle cene di famiglia, che millanta conoscenze ai piani alti quando non sa dove passare la notte. Strega ancora con il suo fascino, diverte nella burrasca e si destreggia in una sterminata rubrica telefonica. Norman brama la felicità e cerca di soddisfare la sua anima e il prossimo, come un antieroe alla ricerca della redenzione. Ma gli squali non hanno il cuore tenero.
Il regista Joseph Cedar gira una commedia ironica, che gioca con l’umorismo in salsa yiddish per raccontare il dramma dei vinti. Il protagonista crede nei principi della Torah e si comporta come un ebreo – cortigiano al servizio dei potenti, che accarezza Shakespeare e punta al cinema irraggiungibile di Woody Allen. Tutti conosciamo un “Norman” e ancora una volta il cinema si dimostra il più grande testimone del nostro tempo.
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loland10
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mercoledì 4 ottobre 2017
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nor(male) man(ipolatore)
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“L’incredibile vita di Norman” (Norman: The Moderate Rise and Tragic Fall of a New York Fixer, 2016) è il quinto lungometraggio del regista di New York Joseph Cedar.
“Sono come un burattino nelle vostre mani”. Un uomo qualunque questo Norman, un uomo che non ha un luogo questo metropolitano, un uomo che conosce molti questo girovago, un uomo nella mischia questo Oppenheimer. E’ solo per cercare altri che non disdegna di aiutare. In Una New York di belle strade e di vetrine attraenti, Norman cammina, si ferma, osserva e cerca compratori del suo saper fare.
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“L’incredibile vita di Norman” (Norman: The Moderate Rise and Tragic Fall of a New York Fixer, 2016) è il quinto lungometraggio del regista di New York Joseph Cedar.
“Sono come un burattino nelle vostre mani”. Un uomo qualunque questo Norman, un uomo che non ha un luogo questo metropolitano, un uomo che conosce molti questo girovago, un uomo nella mischia questo Oppenheimer. E’ solo per cercare altri che non disdegna di aiutare. In Una New York di belle strade e di vetrine attraenti, Norman cammina, si ferma, osserva e cerca compratori del suo saper fare. Basta un paio di scarpe lussuose e carissime per cercare di salire verso l’alto.
Il titolo originale già dice tutto del nostro personaggio: il moderato successo e la tragica discesa. E dell’incredibile come recita il titolo in italiano è solo un vezzo per aggiustare il tiro a un uomo che lascia delle pretese, ne vuole molte o forse poche e crede di essere sulla strada della buona sorte (col candore della neve newyorkese).
Norman con cappotto, sciarpa e cappello è sulla strada, diseredato e cerca giuste amicizie per mettersi in alto nelle prime file della New York che conta, accaparrarsi il gioco dei potenti della politica e insegue la pace tra i volti rabbini per meglio sentirsi a proprio agio e non lasciarsi andare. Distribuisce il suo viso, ora dimesso e ora sognante, ora legato e ora leggero. I suoi modi non comuni o, forse, ripugnano le vetrine di molti, si adagiano e accarezzano (untuosamente) i vicini che accomodanti non sono. I suoi piccoli occhialini lasciano viste e ricordi tra bigliettini di presentazione, saluti angusti, sguardi diretti e mani da toccare. Cerca lavoro e compagnia, amici, storie e invenzioni per mai sentirsi escluso, vuole presentarsi e presentare altri.. Dice di avere una figlia e la moglie morta quando la bimba aveva tre anni, dice di conoscere molti e molte vite, dice di essere un buon faccendiere e di considerare la sua generosità utile, Ma sarà vero , tutto inventato o è solo una pietas per se stesso o il racconto convincente per gli altri?
Norman è sempre indaffarato, con le sue rughe da tenerezza e quel piccolo movimento di guance alla ricerca del suo sorriso, uno sguardo ora attonito, ora spento ora quasi vispo, è in debolezza di intenti e di compassione quasi senso di ripiego per chi guarda: un viso che racchiude tanti misteri e tante cose, tanti nomi e tanto vuoto. E’ il povero (in elemosina) con un filo e telefonino della voce di tutti spacciandosi per molti senza forse essere qualcuno (veramente).
La prova di Richard Gere è convincente e piena di afflato verso il personaggio di Norman e il suo entrare in scena di spalle chiarisce lo stupore nostro e suo di essere fuori onda e umorale sul set. Entra nella storia dei giorni senza volerlo e ci propina la sua vita mascherandola con racconti e conoscenze che non mostra che nasconde che confina con argomentazioni di aiuto verso gli altri facendo finta e non solo di presentarsi e presentare delle persone molto importanti.
Il paio di scarpe di oltre 1000 dollari (le più care di New York dice Norman) che compra e regala all’israeliano Eshel (Lior Ashkenazi) hanno il sapore di un lasciapassare per la carriera e da politico mediocre ecco arrivare un uomo di potere invidiato da molti. Norman diventa amico dei grandi senza arrivare mai in alto. E pensa anche di avere dei donatori (a milioni di dollari) per salvare la casa comune ebrea nella Grande Mela. L’investitore fantasma e il buon Norman si ritrovano in mezzo ai rifiuti di un sottoscala newyorkese tra una telefonata di scarico di un amico che allo specchio finge di commiserarti. Metafora degli altril, potenti, scarto di chi vuole esserci, parole vuote che colmano silenzi e cellulare di compagnia che affonda in una vasca piena d'acqua.
È finita Norman. Chiudi il telefono che non ha più numeri per te e da chiamare… Finché il lascito generoso di un anonimo (vero o falso che sia non ha importanza) val bene una targa per una giusta inquadratura. Lo schermo ripiega a mo di quadri con scritte e produzioni per titoli iniziali e finali;mentre la coda si contorna, con nuvole a fumetto, con nomi e personaggi di un cast tutto attorno all’uomo Oppenheimer. E mentre la sala accende le luci attendi l’arrivo (da un momento all’altro) di Woody Allen che salti fuori dallo schermo... (‘una rosa purpurea…a New York).
Musiche del giapponese Jun Miyake che creano un giusto alone di scherzo-mistero al film.
Regia di leggerezza sospinta (con modi) di realismo post-moderno..
Voto: 7½ /10 (***½)
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flyanto
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venerdì 29 settembre 2017
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norman: un uomo fondamentalmente solo
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"L'Incredibile Vita di Norman" è un film in cui il protagonista, il suddetto Norman appunto, è un faccendiere di New York di origini israeliane che si pone al servizio delle persone, cercando di accontentarle in ciò che vogliono o, meglio, di dare loro ciò che più desiderano e che invece hanno difficoltà ad ottenere. Pertanto egli trascorre le proprie giornate dispensando beni e favori agli altri e volendo però da questi avere in cambio rispetto, ammirazione e gratitudine infinita. Avendo un giorno Norman individuato un personaggio interessante in un politico ebreo in ascesa, lo aiuta, nella sua scalata professionale, comprandogli al primo incontro un paio di costosissime scarpe.
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"L'Incredibile Vita di Norman" è un film in cui il protagonista, il suddetto Norman appunto, è un faccendiere di New York di origini israeliane che si pone al servizio delle persone, cercando di accontentarle in ciò che vogliono o, meglio, di dare loro ciò che più desiderano e che invece hanno difficoltà ad ottenere. Pertanto egli trascorre le proprie giornate dispensando beni e favori agli altri e volendo però da questi avere in cambio rispetto, ammirazione e gratitudine infinita. Avendo un giorno Norman individuato un personaggio interessante in un politico ebreo in ascesa, lo aiuta, nella sua scalata professionale, comprandogli al primo incontro un paio di costosissime scarpe. Quando, dopo tre anni, il politico diventerà finalmente Primo Ministro in Israele, Norman si incontrerà di nuovo con lui che nel frattempo non si è affatto dimenticato del suo passato benefattore. Ma non tutto va come sperato ....
Un film che funziona in realtà quasi come una parabola yiddish in cui l'israeliano regista Joseph Cedar porta sullo schermo, adattandola in chiave moderna, la figura biblica dell'"ebreo cortigiano", colui, cioè, che aiuta e dispensa beni agli altri ma che non sempre ne riceve in cambio la gratitudine sperata. Se non si appartiene o non si conosce a fondo la cultura ebraica molti significati del film probabilmente non vengono colti od afferrati completamente e, pertanto, ciò rischia di far perdere all'intera opera cinematografica un pò del suo valore, ma nel contempo non si può che non ammirare l'interpretazione di Richard Gere che, abilmente truccato da uomo anziano di modesta apparenza, interpreta molto bene il ruolo del singolare Norman. Anche dal punto di vista della mimica, facciale e della postura, Gere riesce perfettamente a rendere l'idea di codesto personaggio che appare un poco misterioso, in abiti sempre uguali e con un'espressione ironica che non si comprende appieno ed ovunque onnipresente come persona al punto da rasentare addirittura l'invadenza.
Interessante.
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vanessa zarastro
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giovedì 5 ottobre 2017
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un “faccendiere” solitario
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Gli ultimi film che ho visto di Richard Gere mi sembrano un po’ inconsistenti. Invecchiando Gere ha anche imparato a recitare, ma mi pare che siano proprio i film nei quali recita che non vanno. Franny di Andrew Renzi del 2015, ad esempio poteva essere una tematica anche interessante e Gere ce l’ha messa tutta, ma il film era proprio scarso! Qui poi è totalmente fuori luoghi così WASP che non si riesce proprio a vederlo in un personaggio ebreo. Io ci avrei visto James Caan che di parti sbruffoncelle ne ha interpretate nella sua lunga carriera. La figura dell’”ebreo cortigiano” si ritrova nella letteratura ebraica (dalla Bibbia al Mercante di Venezia e all’Ulisse di Joyce).
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Gli ultimi film che ho visto di Richard Gere mi sembrano un po’ inconsistenti. Invecchiando Gere ha anche imparato a recitare, ma mi pare che siano proprio i film nei quali recita che non vanno. Franny di Andrew Renzi del 2015, ad esempio poteva essere una tematica anche interessante e Gere ce l’ha messa tutta, ma il film era proprio scarso! Qui poi è totalmente fuori luoghi così WASP che non si riesce proprio a vederlo in un personaggio ebreo. Io ci avrei visto James Caan che di parti sbruffoncelle ne ha interpretate nella sua lunga carriera. La figura dell’”ebreo cortigiano” si ritrova nella letteratura ebraica (dalla Bibbia al Mercante di Venezia e all’Ulisse di Joyce). Oggi tale persona può essere chiamato ”faccendiere” (ma il mondo è pieno di questi personaggi anche ariani!).
L’idea poteva suggerire forse un film comico, o almeno divertente. Oppure un film decisamente drammatico dove la mancanza di autostima fa soffrire il protagonista che la cerca disperatamente negli altri cercando di essere utile. Norman è un imbroglione con manie di grandezza che si intrufola nei meandri della politica e dei businessmen cercando di metterli a contatto e risolvendo con bugie e piccoli inganni varie questioni. Finirà per diventare amico di Lior Ashkenazi che diventerà Primo Ministro d’Israele che lo nomina ambasciatore a New York. Ma poi gli antipacifisti vogliono fare le scarpe al Primo Ministro e lo accusano di corruzione proprio per aver accettato favori da Norman. Un finale agrodolce di un film noioso e troppo L’incredibile vita di Norman è il terzo film di Joseph Cedar (il primo in inglese), un newyorkese trasferitosi a sei anni in Israele. Qui è la prima volta che la Charlotte Gainsbourg recitare “normalmente” senza quell’aer di erotismo di cui la cinematografia europea l’ha sempre graziata. Il film è troppo parlato e risulta piuttosto noioso. Gere fa simpatia ma non fa ridere.
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marionitti
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sabato 30 settembre 2017
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piccoli (non troppo innocente) inganni
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Tutto nella presentazione del film è fuorviante. Dal titolo italiano, che alterando l’originale “Norman”, evoca eventi strani e straordinari, al manifesto, dove il protagonista pare vestito da dandy, con un cappotto blu e un foulard, che nel film si riveleranno essere indumenti scialbi e sempre fuori luogo (il cappotto che non cambierà mai è marroncino e il foulard è una sciarpa da vecchio): anche il trailer porta fuori strada, accompagnando le immagini con una musica allegra che evoca l’idea di una commedia ilare e divertente. Sembra che chi ha studiato la promozione del film abbia voluto conformarsi alla figura del protagonista, invincibile bugiardo che millanta amicizie e relazioni fasulle per ottenere favori e considerazione.
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Tutto nella presentazione del film è fuorviante. Dal titolo italiano, che alterando l’originale “Norman”, evoca eventi strani e straordinari, al manifesto, dove il protagonista pare vestito da dandy, con un cappotto blu e un foulard, che nel film si riveleranno essere indumenti scialbi e sempre fuori luogo (il cappotto che non cambierà mai è marroncino e il foulard è una sciarpa da vecchio): anche il trailer porta fuori strada, accompagnando le immagini con una musica allegra che evoca l’idea di una commedia ilare e divertente. Sembra che chi ha studiato la promozione del film abbia voluto conformarsi alla figura del protagonista, invincibile bugiardo che millanta amicizie e relazioni fasulle per ottenere favori e considerazione. Il film, non si può negare, è recitata bene, intelligente, con una sceneggiatura in cui i pezzi si incastrano senza fatica e va riconosciuto che il regista è abile nell’analisi psicologica dei personaggi. C’è però un problema, cioè che durante la visione ci si annoia: tanto nel primo tempo, abbastanza nel secondo e tutta la storia è avvolta da un velo di tristezza. A meno che uno sia amante dei film lenti, con personaggi imbarazzanti destinati a incastrarsi in situazioni senza uscita, lo sconsiglio.
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