La madre di Quinn Brenner è morta di cancro. La ragazza vuole contattarla e decide di affidarsi alla medium Elise che suo malgrado dovrà rinunciare all'incarico perchè perseguitata da una presenza oscura che vuole ucciderla ogni qualvolta prova a contattare il marito anch'esso defunto. Ma nel tentativo di farlo da sola, Quinn porta con se un demone malvagio che la perseguiterà per impossessarsi del suo corpo in modo da poter tornare nel mondo dei vivi.
Di fronte alla trama del terzo capitolo di Insidious si potrebbe presumere di trovarsi di fronte alla fotocopia dei primi due e per molti versi è ciò che accade. Ma l'ovvio intento del novizio regista Leigh Whannell, già cosceneggiatore di Wan nei capitoli precedenti, non era certamente stravolgere l'essenza di un franchise che funziona benissimo già cosi ma chiudere la saga con un prequel che potesse ridarci l'amato personaggio di Elise (Lin Shaye) senza doverla per forza evocare e poterne approfondire il suo lato Psicologico. In effetti qui non siamo di fronte alla donna senza paura e sicura di se del primo capitolo ma bensi' possiamo ammirare una personalità straziata per la perdita del marito suicida e impaurita da ciò che la perseguita dall'oltretomba, quella Sposa in nero che poi sarà antagonista nel 2 capitolo. Nonostante la scontatezza dell'epilogo e l'ormai ovvio evolversi dei fatti il neoregista riesce a regalarci comunque una pellicola piacevolmente spaventosa in grado di farci saltare sulla sedia più e più volte e abilissimo a utilizzare i tanto criticati jump scared con uno scopo preciso e mai senza senso. Il pericolo è tangibile e reale, l'uomo che non respira, per quanto non paragonabile alla spaventosa Sposa in nero per estetica, è un demone che si presenta per aggredire, fare del male e impossessarsi di ciò che vuole. Interagisce direttamente con la sua preda menomata e costretta a letto per un incidente che le ha rotto entrambe le gambe, cosa che rende ancor più soffocante il terrore di non potersi difendere o meglio scappare. La regia di Whannell si fa ammirare più volte, non si limita a scopiazzare Wan ma cerca, per quanto difficile, di migliorarlo con riprese spesso dal basso, con l'intento riuscito di aumentare il fattore impotenza della giovane protagonista. La nota stonata, se cosi si puo' dire sta nel rallentamento dovuto a ripetizioni evitabili e la mancanza come detto in precedenza di un qualcosa di fresco e diverso dai capitolo precedenti. La prova recitativa dei protagonisti non fa sobbalzare, nonostante una sempre encomiabile Lin Shaye e un convincente Dermot Mulroney. Un bel tre stelle se non altro per la prova registica e l'assoluta sostenibilità della pellicola.
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