tavololaici
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giovedì 24 dicembre 2015
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una boccata d'aria
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Che bel lavoro!!
Una ode, spesso persino ironica (ho trovato infatti davvero spassose le apparizioni di Napoleone Bonaparte), all' arte , alla sua salvezza, agli animi che riescono a riconoscersi su questo piano anche sotto le bombe, come se in petto prendesse forma, di colpo, la decenza, e la bellezza- ovvero tutto l'esatto opposto del mondo in cui erano -e siamo- parte).
Il regista mescola tecniche e stili diversi, muovendoci su piani diversi e temporalità dissonanti che si intersecano.
Il quadro è delicatissimo.
Il Louvre, protagonista silente di tutto questo, tace; e si lascia accarezzare dalla follia umana
-una volta indirizzata in una direzione di bellezza.
Questo non è un film, è una boccata d'aria; uno sguardo sull'utopia che per una volta, per qualche strano percorso del destino, o vero e proprio miracolo, ha preso forma nella storia.
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Che bel lavoro!!
Una ode, spesso persino ironica (ho trovato infatti davvero spassose le apparizioni di Napoleone Bonaparte), all' arte , alla sua salvezza, agli animi che riescono a riconoscersi su questo piano anche sotto le bombe, come se in petto prendesse forma, di colpo, la decenza, e la bellezza- ovvero tutto l'esatto opposto del mondo in cui erano -e siamo- parte).
Il regista mescola tecniche e stili diversi, muovendoci su piani diversi e temporalità dissonanti che si intersecano.
Il quadro è delicatissimo.
Il Louvre, protagonista silente di tutto questo, tace; e si lascia accarezzare dalla follia umana
-una volta indirizzata in una direzione di bellezza.
Questo non è un film, è una boccata d'aria; uno sguardo sull'utopia che per una volta, per qualche strano percorso del destino, o vero e proprio miracolo, ha preso forma nella storia.
Gianni Buganza
Padova
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fabiofeli
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domenica 20 dicembre 2015
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cosa saremmo senza l'europa?
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L’immagine angosciosa di un mercantile, che come la famosa Zattera della Medusa di Géricault rischia di essere inghiottito con un prezioso carico di opere d’arte da un mare in tempesta, irrompe via Skype sullo schermo del computer del regista. Il dialogo a pezzi con il capitano Dirk sul mercantile viene interrotto da immagini del passato: appare la Parigi occupata dai nazisti nel 1940, che si accingono a perpetrare il sacco del Louvre grazie all’acquiescenza del governo collaborazionista di Pétain. La situazione è drammatica: il Museo di Leningrado, L’Hermitage, rischia la distruzione sempre ad opera dei nazisti, che non sono interessati alle opere magnifiche che contiene.
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L’immagine angosciosa di un mercantile, che come la famosa Zattera della Medusa di Géricault rischia di essere inghiottito con un prezioso carico di opere d’arte da un mare in tempesta, irrompe via Skype sullo schermo del computer del regista. Il dialogo a pezzi con il capitano Dirk sul mercantile viene interrotto da immagini del passato: appare la Parigi occupata dai nazisti nel 1940, che si accingono a perpetrare il sacco del Louvre grazie all’acquiescenza del governo collaborazionista di Pétain. La situazione è drammatica: il Museo di Leningrado, L’Hermitage, rischia la distruzione sempre ad opera dei nazisti, che non sono interessati alle opere magnifiche che contiene. La repubblica di Vichy è insensibile alle esortazioni di Marianna (Johanna Korthais Altes), il simbolo della rivoluzione del 1799, che si aggira nel Museo parigino deserto ripetendo la formula”libertà, eguaglianza, fratellanza”. Un Napoleone tronfio (Vincent Nemeth) le spiega che il Louvre è cresciuto grazie a lui e ai suoi saccheggi in terre straniere: il Museo è il suo ritratto a cavalcioni di un asino, quasi un Cristo benedicente; il Museo e la stessa Francia, o addirittura la Gioconda!, sono lui medesimo. Perirà il Louvre? Per fortuna Jaujard (Louis-Do de Lencquesaing), il direttore del Museo, e Wolff-Metternich (Benjamin Utzerath), il militare tedesco incaricato del trasferimento delle opere d’arte in Germania, collaborano per impedire il misfatto ricoverando i dipinti nei castelli francesi. Ma il presente distruttivo come il mare in tempesta rischia di inghiottire il passato: i ritratti, peculiari della pittura occidentale, i paesaggi, i capolavori artistici che sono la nostra stessa storia. “Cosa saremmo senza l'Europa?“- si chiede il regista - “ Cosa sarebbe Parigi, capitale della cultura occidentale, senza il Louvre?”. Che cosa bisogna fare per impedire la perdita di identità paventata dal regista continua a ripeterlo sempre più flebilmente Marianna nel Museo, che vediamo rappresentato negli stessi dipinti che custodisce, con le tre parole fondamentali …
Il misfatto di Palmira è emblematico di una volontà di cancellazione e azzeramento di umanità e bussa alle porte dell’Europa: Parigi, l’Europa, l’occidente tutto sanguinano per gli attentati che sconvolgono il vivere civile. La risposta giusta non può essere la guerra, un’altra guerra: è da cercare nelle tre fatidiche parole del Secolo dei Lumi. Solo così salveremo la nostra identità dal mare in tempesta del Tempo e anche l’identità di quello che resta di tutte le Civiltà del nostro passato.
Un film tra documentario e storia, tra riflessioni filosofiche e affermazioni convinte, girato con uno stile peculiare che ricorda quello degli autori della Nouvelle Vague, è recitato dallo stesso regista, doppiato da Orsini nell’edizione italiana: un grande film come di consueto per le pellicole di Sokurov. Da non mancare.
Valutazione ****
FabioFeli
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des esseintes
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sabato 2 gennaio 2016
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mamma mia...
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Un film pazzesco fatto da un regista del cavolo, dotato di grande eleganza e talento di affabulatore ma sempre regolarmente inconcludente e mellifluo sui contenuti e le intenzioni di fondo. Basta vedere la demenziale trilogia del potere su Hitler, Hirohito e Lenin o l'imbarazzante Alexandra. L'Arca Russa era venuto meglio ma nasceva da un sentimento forte, molto profondo, finalmente autentico e esplicito cioè un appassionato panrussismo apertamente filozarista: un inno all'ancien régime e al pre moderno. Aveva un senso. Francofonia invece non si sa che diavolo voglia significare. Sì, ovviamente se mettete insieme la nave del marinaio filoeuropeo con il carico di opere d'arte che fa naufragio, aggiungete l'ambientazione durante l'invasione tedesca in Francia nella seconda guerra mondiale (con accenni alla prima causata sempre dai teutonici), tenete presente che oggi l'Europa è nuovamente in tempesta proprio perché si trova per la terza volta sotto la tirannia germanica, allora una vaga ipotesi può anche timidamente prendere corpo.
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Un film pazzesco fatto da un regista del cavolo, dotato di grande eleganza e talento di affabulatore ma sempre regolarmente inconcludente e mellifluo sui contenuti e le intenzioni di fondo. Basta vedere la demenziale trilogia del potere su Hitler, Hirohito e Lenin o l'imbarazzante Alexandra. L'Arca Russa era venuto meglio ma nasceva da un sentimento forte, molto profondo, finalmente autentico e esplicito cioè un appassionato panrussismo apertamente filozarista: un inno all'ancien régime e al pre moderno. Aveva un senso. Francofonia invece non si sa che diavolo voglia significare. Sì, ovviamente se mettete insieme la nave del marinaio filoeuropeo con il carico di opere d'arte che fa naufragio, aggiungete l'ambientazione durante l'invasione tedesca in Francia nella seconda guerra mondiale (con accenni alla prima causata sempre dai teutonici), tenete presente che oggi l'Europa è nuovamente in tempesta proprio perché si trova per la terza volta sotto la tirannia germanica, allora una vaga ipotesi può anche timidamente prendere corpo. Ma anche se fosse si tratterebbe di nient'altro che un abbozzo approssimativo e scarabocchiato in un mare di fesserie a volte addirittura disarmanti (come quando dice che la prima guerra mondiale è stata "una lite in famiglia ma dalle conseguenze molto più tragiche"... e forse ci sarebbe qualcos'altro da dire...).
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robroma66
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lunedì 8 febbraio 2016
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cosa resta dopo di noi
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Cinema, storia, arte, rimbalzi temporali, memoria, identità collettiva. In Francofonia c'è tutto ciò che afferisce alla identità collettiva europea (ammesso che sia una categoria univocamente individuabile).
Diversi frammenti visionari e diacronici si intessono intorno alla vicenda principale, quella della preservazione del patrimonio artistico del Louvre durante l'occupazione nazista della Francia. Jacques Jaujard era il conservatore in carica nel momento in cui la Francia fu occupata dai nazisti.
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Cinema, storia, arte, rimbalzi temporali, memoria, identità collettiva. In Francofonia c'è tutto ciò che afferisce alla identità collettiva europea (ammesso che sia una categoria univocamente individuabile).
Diversi frammenti visionari e diacronici si intessono intorno alla vicenda principale, quella della preservazione del patrimonio artistico del Louvre durante l'occupazione nazista della Francia. Jacques Jaujard era il conservatore in carica nel momento in cui la Francia fu occupata dai nazisti. Il conte Franziskus Wolff-Metternich era invece l'uomo mandato da Berlino per trasferire in Germania una parte degli immensi tesori del Louvre. I due, pur molto diversi e nemici, troveranno il filo comune della volontà di preservare le opere (messe al sicuro in castelli fuori città nell'imminenza dell'invasione nazista), consapevoli che il tempo dell'arte va oltre quello dell'Uomo. La narrazione è giustapposta e interferita da Napoleone e dalla Marianna -che aleggiano nelle stanze del museo-, dai "padri russi" Chekov e Tolstoj, dal collegamento via internet con un cargo partito da Rotterdam carico di beni artistici e sferzato dalla tempesta, dall'assedio di Leningrado con tutto il suo insopportabile fardello di annientamento e di morte. Un bel film che offre infiniti spunti di riflessione e una visione teleologica dell'Uomo.
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enzo70
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domenica 20 dicembre 2015
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un omaggio alla cultura
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Il film racconta la storia del rapporto tra Jacques Jaujard, il responsabile del Louvre durante l’occupazione nazista di Parigi e il conte Franziskus Wolff Metternich, il delegato dal governo di Hitler di gestire il patrimonio artistico dei paesi occupati. Ma Sokurov ci mette la magia di un cinema surreale e esteticamente innovativo con un film in cui la storia narrativa declina verso un passo documentaristico, con una ricostruzione addirittura puntuale di episodi della storia che vengono intelligentemente ricondotti ad unitarietà: la differenza tra la sorte del Louvre e quello dell’Hermitage, le contraddizioni del Governo di Petain, la funzione della ritrattistica nella cultura occidentale, l’eredità artistica lasciata da Napoleone, rivalutato dal regista russo.
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Il film racconta la storia del rapporto tra Jacques Jaujard, il responsabile del Louvre durante l’occupazione nazista di Parigi e il conte Franziskus Wolff Metternich, il delegato dal governo di Hitler di gestire il patrimonio artistico dei paesi occupati. Ma Sokurov ci mette la magia di un cinema surreale e esteticamente innovativo con un film in cui la storia narrativa declina verso un passo documentaristico, con una ricostruzione addirittura puntuale di episodi della storia che vengono intelligentemente ricondotti ad unitarietà: la differenza tra la sorte del Louvre e quello dell’Hermitage, le contraddizioni del Governo di Petain, la funzione della ritrattistica nella cultura occidentale, l’eredità artistica lasciata da Napoleone, rivalutato dal regista russo. Ma tutte queste storie diventano un grande omaggio corale al Louvre, culla della cultura mondiale, mentre lo vedi non pensi alla prossima volta in cui varcherei l’ingresso di quello straordinario tempio di cultura e conoscenza. E anzi pensi ai limiti della massificazione della cultura, a gruppi che velocemente passano in rassegna centinaia di capolavori dove la storia di ognuno meriterebbe il viaggio a Parigi. E’ un film che emoziona ma ci vuole la disponibilità a farsi emozionare, bisogna entrare nella sala con la curiosità giusta per gustarsi un film, a dir poco, inusuale.
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maumauroma
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sabato 2 gennaio 2016
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francofonia
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Come definire Francofonia? Un film documentario? Un film inchiesta? Un progetto cinematografico? Un esercizio,seppur sofisticato,di stile? In qualsiasi modo la si possa definire questa opera di Sokurov affascina.La bellezza dell'arte contro l'orrore della guerra. Nella Parigi occupata dai nazisti il direttore del Louvre e un colonnello del terzo Reich collaborano per la salvezza di un patrimonio artistico di inestimabile valore per l'intera umanita'. Una invasione nemica va subita passivamente pur di salvare il salvabile o bisogna affrontare l'invasore a costo della distruzione di tutto ? Le opere d'arte rappresentano la memoria storica del genere umano, i volti dei ritratti dipinti o scolpiti ci guardano e ci giudicano.
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Come definire Francofonia? Un film documentario? Un film inchiesta? Un progetto cinematografico? Un esercizio,seppur sofisticato,di stile? In qualsiasi modo la si possa definire questa opera di Sokurov affascina.La bellezza dell'arte contro l'orrore della guerra. Nella Parigi occupata dai nazisti il direttore del Louvre e un colonnello del terzo Reich collaborano per la salvezza di un patrimonio artistico di inestimabile valore per l'intera umanita'. Una invasione nemica va subita passivamente pur di salvare il salvabile o bisogna affrontare l'invasore a costo della distruzione di tutto ? Le opere d'arte rappresentano la memoria storica del genere umano, i volti dei ritratti dipinti o scolpiti ci guardano e ci giudicano. Due colpetti di dita sulla teca di una mummia non sono sufficienti a trovare una risposta dentro la nostra coscienza. . Per distruggere la rappresentazione simbolica dell'umanita' o l'umanita' stessa basta una tempesta in mare o la follia iconoclasta di una religione. Sokurov utilizza diversi piani temporali, servendosi di preziose foto d'epoca. filmati originali. accurate ricostruzioni di ambienti.La voce fuori campo del regista russo (doppiata da un grande Umbero Orsini) a volte illustra le opere d'arte,a volte giudica gli avvenimenti e i personaggi con un tocco di ironia e sarcasmo che fa rabbrividire. La consapevolezza della caducita' delle nostre vite, il memento mori, e' sempre li' a ricordarci della inutilita' delle guerre. A Leningrado non ando' come a Parigi e la macabra distorsione sonora finale dell'inno sovietico su sfondo rosso sangue sta ad ammonire che la perdita di un solo quadro equivale alla perdita della nostra coscienza di uomini.
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zarar
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martedì 5 gennaio 2016
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l'arte è un presente continuo
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Non è un film politicamente corretto. Pensa che si possa raccontare di Parigi occupata dalle sale del Louvre quasi vuote, ma silenziose e incontaminate, nella prospettiva di due ‘anime belle’ separate da tutto meno che da una comune passione per la grandezza dell’arte. Sale di un museo in cui un Napoleone malridotto e una Marianne scarmigliata si aggirano come fantasmi smarriti, sovrastati da qualcosa che li supera nettamente. Mostra di credere che ci sia un’arte che definisce una ‘civilisation’ e – sotto sotto, che questa civilisation (europea?) sia insuperabile. Si interroga in modo naif e un po’ brutale sui rapporti tra rapina, violenza storica e culto della bellezza, ma lascia l’interrogativo aperto, ancor peggio che Harry Lime nel “Terzo uomo”.
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Non è un film politicamente corretto. Pensa che si possa raccontare di Parigi occupata dalle sale del Louvre quasi vuote, ma silenziose e incontaminate, nella prospettiva di due ‘anime belle’ separate da tutto meno che da una comune passione per la grandezza dell’arte. Sale di un museo in cui un Napoleone malridotto e una Marianne scarmigliata si aggirano come fantasmi smarriti, sovrastati da qualcosa che li supera nettamente. Mostra di credere che ci sia un’arte che definisce una ‘civilisation’ e – sotto sotto, che questa civilisation (europea?) sia insuperabile. Si interroga in modo naif e un po’ brutale sui rapporti tra rapina, violenza storica e culto della bellezza, ma lascia l’interrogativo aperto, ancor peggio che Harry Lime nel “Terzo uomo”. Nel più profondo è convinto che la bellezza salverà il mondo, che il suo fragile carico messo mille volte a rischio ce la farà a restare a galla nelle tempeste della storia anche là dove la tecnologia più avanzata mostra i suoi bachi e ci restituisce solo una dimensione deformata del reale. Come Wislava Szymborska, suggerisce che finchè quella donna del Rijksmuseum / nel silenzio dipinto e in raccoglimento / giorno dopo giorno versa /il latte dalla brocca nella scodella / il Mondo non merita /la fine del mondo. No, decisamente non è un film politicamente corretto né storicamente rigoroso, nonostante il taglio documentario. E – se vogliamo - non è neanche un film, in senso stretto. E’ un lungo soliloquio per immagini, stratificazione composita e liberamente alternata di documentario, documentario ricostruito ad arte, squarci fotografici d’epoca, biografia/cronologia in stile quasi burocratico, i personaggi di Clouet e quelli di Leonardo che ci fissano dal fondo dei quadri come Tolstoj dalla profondità di una foto d’epoca, marce militari e musica classica, momenti più propriamente filmici e affondi nel dettaglio della zattera di Géricault. Come se offrisse materiali per una riflessione (il più delle volte dichiaratamente mostrati nella loro natura di materiali di lavoro, ciascuno con le sue specificità, i suoi supporti e tecniche e colori diversi per tipo e qualità…), il regista incanala i frammenti della sua memoria storica e culturale di visitatore del passato in cerca della sua e della nostra identità. E può essere conversazionale, divagante, ironico, autoironico e persino didattico e pedante in modo provocatorio. La ricomposizione la faccia lo spettatore. Per questa inedita libertà di approccio e questa spudorata fiducia nella cultura come zattera di salvataggio in un’epoca di mercificazione e sciatteria il film conquista (almeno me). Tre stelle e mezzo.
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lbavassano
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domenica 6 marzo 2016
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un'dea, forse, troppo alta di cinema
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Il cinema come luogo (pretesto?) per un saggio storico-filosofico. Il Louvre come simbolo della storia della civiltà, con le proprie intrinseche, inevitabili, contraddizioni che non possono non sollevare una serie ininterrotta di domande. La grandezza, umana e sovrumana, dell'arte e la smisurata (umana e disumana) volontà di potenza degli uomini. La devozione agli ideali più sublimi e la rapina come moventi inestricabilmente intrecciati nell'edificazione dei monumenti più alti (immortali?). Un'idea franco-centrica (o franco-germano-centrica) dello spirito europeo e la Russia bolscevica come grande esclusa. Un finale che rilancia tali questiti in forma tragicamente ironica (l'ironia della Storia?).
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Il cinema come luogo (pretesto?) per un saggio storico-filosofico. Il Louvre come simbolo della storia della civiltà, con le proprie intrinseche, inevitabili, contraddizioni che non possono non sollevare una serie ininterrotta di domande. La grandezza, umana e sovrumana, dell'arte e la smisurata (umana e disumana) volontà di potenza degli uomini. La devozione agli ideali più sublimi e la rapina come moventi inestricabilmente intrecciati nell'edificazione dei monumenti più alti (immortali?). Un'idea franco-centrica (o franco-germano-centrica) dello spirito europeo e la Russia bolscevica come grande esclusa. Un finale che rilancia tali questiti in forma tragicamente ironica (l'ironia della Storia?). Un'idea alta di cinema, talmente alta da rischiare di dimenticare le ragioni stesse del fare cinema.
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stefanoangelo
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giovedì 16 marzo 2017
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perplesso
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ho visto il film solo ieri (cineforum) e l'ho trovato faticoso da seguire. il tema dominante della preservazione e del ruolo dell'arte nella storia è svolto con un linguaggio diciamo "sperimentale", non certo accattivante.
Mi è parso un film dedicato agli addetti ai lavori, agli iniziati più che ad un pubblico generico (non il "grande pubblico") di gente a cui piace il cinema.
La cosa che più mi ha interessato è il racconto di una Franca collaborazionista e consenziente nei versi della Germania, al di là della retorica con cui ci hanno raccontato questo pezzo di storia. Atteggiamento che ha contribuito a salvaguardare le opere del Louvre e a tenerle in terra francese, invece di vederle migrate in Germania.
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ho visto il film solo ieri (cineforum) e l'ho trovato faticoso da seguire. il tema dominante della preservazione e del ruolo dell'arte nella storia è svolto con un linguaggio diciamo "sperimentale", non certo accattivante.
Mi è parso un film dedicato agli addetti ai lavori, agli iniziati più che ad un pubblico generico (non il "grande pubblico") di gente a cui piace il cinema.
La cosa che più mi ha interessato è il racconto di una Franca collaborazionista e consenziente nei versi della Germania, al di là della retorica con cui ci hanno raccontato questo pezzo di storia. Atteggiamento che ha contribuito a salvaguardare le opere del Louvre e a tenerle in terra francese, invece di vederle migrate in Germania...ma probabilmente non disperse o distrutte.
In fondo la Francia è riuscita a "vincere" una guerra a buon prezzo, a differenza di altri Paesi che il prezzo l'hanno pagato e molto alto..e allora vive la France et le Louvre!
Tornando al film, troppe cose sullo schermo e solo accennate, mai risolte: oltre al pezzo di storia di cui sopra, il rapporto tra i due protagonisti, i "fantasmi" del Louvre, gli spostamenti pericolosi delle opere d'arte, il ruolo di questa nella storia dell'uomo, il flash su l'Ermitage e il pezzo di storia russa, la zattera della medusa...
Linguaggio cinematografico sperimentale, metaforico, dicevo...o gran pasticcio?
Giudizio sostanzialmente negativo..2/5.
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apropositodicinema
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lunedì 28 dicembre 2015
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l'ultima opera del maestro russo.
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Aleksandr Sokurov torna a girare all’interno di un museo, il Louvre, anni dopo la realizzazione di ‘Arca russa’ all’interno dell’Hermitage, e ci mostra il valore inestimabile dell’arte come testimonianza del corso del tempo attraverso filmati, fotografie e reperti storici, opere d’arte di epoche diverse, panoramiche parigine e immagini di finzione in cui lo stesso regista russo non esita, in alcuni casi, a mettersi (e a metterci, anche) al centro dell’attenzione, perché anche lui è un testimone del tempo, così come lo siamo noi spettatori.
La voce narrante di Sokurov (Umberto Orsini nella versione italiana) commenta, riflette, coinvolge e accompagna ciò che stiamo vedendo, facendo compiere alla sua stessa opera un vero e proprio viaggio nel tempo, come già aveva fatto nel sopracitato ‘Arca russa’, intervenendo, anche fisicamente, nella vicenda tra Jacques Jaujard, direttore del Louvre ai tempi dell’occupazione tedesca, e Franz Wolff-Metternich, conte tedesco responsabile della conservazione del patrimonio artistico, facendosi addirittura medium di quelle che saranno le loro sorti.
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Aleksandr Sokurov torna a girare all’interno di un museo, il Louvre, anni dopo la realizzazione di ‘Arca russa’ all’interno dell’Hermitage, e ci mostra il valore inestimabile dell’arte come testimonianza del corso del tempo attraverso filmati, fotografie e reperti storici, opere d’arte di epoche diverse, panoramiche parigine e immagini di finzione in cui lo stesso regista russo non esita, in alcuni casi, a mettersi (e a metterci, anche) al centro dell’attenzione, perché anche lui è un testimone del tempo, così come lo siamo noi spettatori.
La voce narrante di Sokurov (Umberto Orsini nella versione italiana) commenta, riflette, coinvolge e accompagna ciò che stiamo vedendo, facendo compiere alla sua stessa opera un vero e proprio viaggio nel tempo, come già aveva fatto nel sopracitato ‘Arca russa’, intervenendo, anche fisicamente, nella vicenda tra Jacques Jaujard, direttore del Louvre ai tempi dell’occupazione tedesca, e Franz Wolff-Metternich, conte tedesco responsabile della conservazione del patrimonio artistico, facendosi addirittura medium di quelle che saranno le loro sorti.
Non manca la riflessione sul potere, portata avanti, soprattutto, tramite la figura-fantasma (e si torna, ancora una volta, ad ‘Arca russa’) di Napoleone, ritratto in tutta la sua megalomania, che si aggira indisturbato all’interno del Louvre e che, quindi, compie anch’esso un viaggio attraverso il tempo. Un personaggio che, sicuramente, si distanzia notevolmente dall’Hitler di ‘Moloch’ o dal Lenin di ‘Taurus’ o, ancora, dall’Hirohito de ‘Il sole’. Figure, queste, in realtà deboli, demistificate e sull’orlo della fine, vere e proprie antitesi di Imperatori.
‘Francofonia’ non è solo un’opera sul tempo e sulla testimonianza dell’arte, ma è essa stessa testimonianza di ciò che era e di ciò che è; un’opera grandiosa e unica che condensa varie forme d’arte in un’unica forma d’arte: il cinema, nei suoi formati e stili più variegati.
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