orione95
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sabato 14 novembre 2015
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il più ambizioso "docu-film" della tv italiana
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"Fango e gloria" ricrea la cruda ed estrema violenza delle battaglie consumatesi nel fronte italo-austriaco durante il primo conflitto mondiale, avvalendosi a tal fine di un'elegante quanto riuscita commistione di immagini di repertorio e scene realizzate da attori, che non minano, bensì collegano tra loro, i costanti intermezzi firmati "Istituto LUCE" (rendendo peraltro l'intero prodotto godibile anche per un pubblico più "casual"). Esattamente per questo motivo considero il film-documentario in esame tra le più ambiziose produzioni storiche che costellano la televisione italiana, forse la più ambiziosa, nella sua pretesa di dar voce a tutti quegli eroi resi muti dalle sequenze fotografiche dell'epoca.
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"Fango e gloria" ricrea la cruda ed estrema violenza delle battaglie consumatesi nel fronte italo-austriaco durante il primo conflitto mondiale, avvalendosi a tal fine di un'elegante quanto riuscita commistione di immagini di repertorio e scene realizzate da attori, che non minano, bensì collegano tra loro, i costanti intermezzi firmati "Istituto LUCE" (rendendo peraltro l'intero prodotto godibile anche per un pubblico più "casual"). Esattamente per questo motivo considero il film-documentario in esame tra le più ambiziose produzioni storiche che costellano la televisione italiana, forse la più ambiziosa, nella sua pretesa di dar voce a tutti quegli eroi resi muti dalle sequenze fotografiche dell'epoca.
Mario, il giovane soldato protagonista, che proprio grazie alla sua natura di fittizio anonimato assurgerà alfine al triste ma supremo onore del milite ignoto, è un uomo che sfugge all'umano per divenire simbolo di gioventù, speranze e vite spezzate da un conflitto la cui insensatezza fu più grande del numero di vittime da esso causate.
Che l'intento di Leonardo Tiberi nella realizzazione di "Fango e gloria" sia squisitamente divulgativo appare alquanto palese, pur tuttavia sarebbe un grandissimo errore ridurre tale produzione ad una mera "lezione di storia interattiva", infatti "Fango e gloria" si pone come ulteriore obiettivo quello di concretizzare l'immedesimazione totale dello spettatore nella sporca, fredda, crudele e soffocante violenza della guerra. Obiettivo, secondo il sottoscritto, sicuramente centrato.
Convincono abbastanza le performance di Eugenio Franceschini (il soldato Mario), di Valentina Corti (Agnese, la fidanzata di Mario) e di Francesco Martino (Emilio, l'amico di sempre), un po' meno la recitazione di Domenico Fortunato (il padre di Mario), più vicina ad una banale soap opera che ad un progetto così ambizioso.
In conclusione ritengo "Fango e gloria" un film che tutti, soprattutto gli italiani (ma non solo), dovrebbero vedere, anche solo per far sì che fatti così luttuosi non vadano mai perduti nel susseguirsi inesorabile del tempo e che siano di insegnamento tanto per le future generazioni quanto per quelle attuali.
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alessandro vanin
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giovedì 9 aprile 2015
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ottima idea
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L'idea di mischiare immagini originali della prima guerra mondiale (ovviamente restaurate) a un racconto che, anche se inventato, è reale come se fosse avvenuto veramente è ottima. Infatti rende un'idea di come la storia possa modificare la vita anzi, l'esistenza delle persone. Noi che per fortuna non abbiamo mai vissuto una guerra, non possiamo immaginarcelo. Solo questa crisi economica epocale che ha messo in discussione le nostre certezze (diritto/dovere di poter studiare, avere un lavoro, farsi una famiglia, avere una casa etc) ha stravolto l'esistenza di molti di noi e può farci immaginare cosa significhi una guerra. Buona la regia e bravi gli attori
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saaar
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domenica 18 ottobre 2015
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si salva solo la parte documentaria
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Stendendo un velo pietoso sulla sceneggiatura zuccherosa da fiction per la tv e sulla recitazione rigida e inespressiva (quando non addirittura ridicola nella forzatura dell’accento romagnolo) degli attori, la cosa peggiore è la filosofia di questo film, il messaggio che vuole dare allo spettatore: l’idea che i soldati al fronte combattessero sì con insofferenza verso le privazioni e la durissima vita di trincea (che peraltro non traspare dal film) e la paura di essere uccisi o feriti in battaglia, ma anche con coraggio e spirito patriottico. Non c’è nessun senso critico verso l’assurdità della guerra e della morte di migliaia di giovani mandati a difendere interessi che certamente non erano i loro, per motivazioni che non capivano e non condividevano.
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Stendendo un velo pietoso sulla sceneggiatura zuccherosa da fiction per la tv e sulla recitazione rigida e inespressiva (quando non addirittura ridicola nella forzatura dell’accento romagnolo) degli attori, la cosa peggiore è la filosofia di questo film, il messaggio che vuole dare allo spettatore: l’idea che i soldati al fronte combattessero sì con insofferenza verso le privazioni e la durissima vita di trincea (che peraltro non traspare dal film) e la paura di essere uccisi o feriti in battaglia, ma anche con coraggio e spirito patriottico. Non c’è nessun senso critico verso l’assurdità della guerra e della morte di migliaia di giovani mandati a difendere interessi che certamente non erano i loro, per motivazioni che non capivano e non condividevano. Non viene posto l’accento sul fatto che i soldati combattevano non per coraggio ma per paura, perché se si fossero rifiutati sarebbero stati fucilati (viene sì fatto un brevissimo accenno alla fucilazione dei disertori e al fenomeno delle decimazioni, ma giusto per dovere di cronaca, non c’è spirito di denuncia). Non si dice che ai soldati veniva elargita grappa prima delle battaglie, perché non si poteva mandarli incontro ad una morte insensata a mente lucida. Non viene fatto cenno alla freddezza intrisa talvolta di follia o di sadismo di tanti alti ufficiali che mandavano con noncuranza i loro soldati a morire in battaglie o in azioni che si sapevano perse in partenza. Dove sta il coraggio e lo spirito patriottico in tutto questo? Fortunatamente ci sono stati anche film di tutt’altro valore, come “Orizzonti di gloria” e “Uomini contro”, che hanno evidenziato questi aspetti tutt’altro che gloriosi della Grande Guerra. Qui invece si glorifica a cuor leggero: il senso del film, lo dice il titolo stesso, è proprio quello di restituire gloria al milite ignoto morto anonimamente nel fango. Se si vuole attribuire un omaggio al milite ignoto, non sarebbe un omaggio più appropriato e rispettoso verso di lui (oltreché più educativo verso le generazioni future) narrare le cose per come realmente sono andate? O magari chissà, che l’osannato spirito glorioso della guerra non si abbatta prima o poi di nuovo su di noi…
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