giovanni belfiori
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giovedì 27 dicembre 2018
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cattivi, per il fatto d'essere uomini
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Non c'è speranza, nessuna, e non c'è salvezza se non nel tuo intimo, privato mondo di affetti. E anche quella è una salvezza provvisoria, illusoria. Guardatelo, se vi capita, '71' del regista franco-inglese Yann Demange, uscito nelle sale nel 2014 e disponibile in questi giorni su Sky Cinema.
Un film duro, ruvido, sporco. È ambientato a Belfast, nel 1971 appunto. Il protagonista è un ventenne inglese del Derbyshire, Gary Hook, che s'arruola nell'esercito di Sua Maestà. Dovrebbe partire, insieme alla sua brigata, per la Germania Ovest, e invece arriva l'ordine di andare a Belfast, che è come dire l'ordine di andare all'inferno.
Oggi quella guerra lunghissima fra cattolici indipendentisti e protestanti lealisti, che per decenni insanguinò l'Irlanda e la Gran Bretagna, non se la rammenta quasi più nessuno.
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Non c'è speranza, nessuna, e non c'è salvezza se non nel tuo intimo, privato mondo di affetti. E anche quella è una salvezza provvisoria, illusoria. Guardatelo, se vi capita, '71' del regista franco-inglese Yann Demange, uscito nelle sale nel 2014 e disponibile in questi giorni su Sky Cinema.
Un film duro, ruvido, sporco. È ambientato a Belfast, nel 1971 appunto. Il protagonista è un ventenne inglese del Derbyshire, Gary Hook, che s'arruola nell'esercito di Sua Maestà. Dovrebbe partire, insieme alla sua brigata, per la Germania Ovest, e invece arriva l'ordine di andare a Belfast, che è come dire l'ordine di andare all'inferno.
Oggi quella guerra lunghissima fra cattolici indipendentisti e protestanti lealisti, che per decenni insanguinò l'Irlanda e la Gran Bretagna, non se la rammenta quasi più nessuno. Il mio ricordo di Belfast 1986 è fatto di militari ovunque che balzavano giù dai tank con i mitra spianati davanti alla tua faccia non appena c'era un semaforo rosso lungo la strada, murales inneggianti al Sinn Fein e all'Ira, omaggi iconografici a Bobby Sands e ai martiri di Maze, tornelli per entrare nel centro della città. Leggere questa pagina, rinfrescherà la memoria.
La recluta Hook arriva a Belfast. Quando gli chiedono se sia cattolico o protestante, lui se ne sta zitto, poi mormora un 'non so'. Di fronte a due barricate, a due bandiere, a due religioni, Gary non sa. Ma questo non lo salva: ha subito il suo battesimo del fuoco. È notte, è solo, lo inseguono, gli danno la caccia per ucciderlo. Belfast e l'intera Irlanda del Nord bruciano, come ricordano le immagini notturne.
Bruciano per una bomba, per un'auto cui sono state appiccate le fiamme, per le bottiglie incendiarie lanciate nelle strade, per i colpi d'arma da fuoco che cercano una sola cosa: ammazzare il nemico. Il problema è che il nemico è chiunque. In altri film, chi fosse il 'cattivo' era più chiaro. Nel 1993 Jim Sheridan aveva denunciato l'assurda e spietata legislazione d'emergenza inglese nel duro e commovente Nel nome del padre; nel 2002 Paul Greengrass aveva messo in pellicola con Bloody Sunday il massacro a opera di parà britannici contro la popolazione civile a Derry del 1972 e nel 2008 Steve McQueen aveva raccontato, in Hunger, la storia di uno dei simboli della resistenza cattolica: Bobby Sands del Provisional Ira.
Nel film di Demange non ci sono buoni ma solo cattivi. Cattivi al di là della religione, al di là dei gruppi militari di appartenenza, cattivi al di là del fatto che indossino o no una divisa. Cattivi per il fatto d'essere uomini. Non è soltanto una condanna della guerra: è una condanna dell'umanità. Bambini e ragazzetti che imbracciano fucili mitragliatori, che saltano per aria, che sono ammazzati come cani a sangue freddo. Il coraggio che si ferma e diventa terrore davanti a una canna di pistola puntata sulla testa. La fiducia che si trasforma in sorpresa dolorosa, quando ti accorgi il tuo commilitone potrebbe ucciderti, anziché salvarti. Non c'è pietà, da nessuna parte.
Nel film ci sono pochissimi gesti che mostrano come l'uomo, forse, non sia solo una belva, e sono comunque gesti a metà: chi ti aiuta, un secondo dopo è disposto a rivelare dove sei nascosto, pur di salvarsi la vita. E sono gesti che non vengono mai premiati, anche se alla fine lo sguardo del regista è pieno di pietà verso questo animale chiamato essere umano, pietà come invocazione finale, come grido disperato che sembra uscire muto dal volto lacerato, ferito, sporco di Gary Hook.
C'è solo una consolazione: il ritorno in autobus, col fratellino Darren, portato via da una specie di orfanotrofio. Gary e Darren in viaggio, Darren dorme sulle ginocchia di Gary. È il viaggio verso casa: non c'è altro, sembra dirci il film, nessun vincitore da esaltare, nessuna patria da difendere, nessuna religione per cui uccidere, nessun ideale per cui morire.
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jack beauregard
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martedì 23 febbraio 2016
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grande film con tematiche universali
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Belfast, 1971. La lotta per la sopravvivenza di un soldato inglese durante una lunga notte di violenza.
Bello, compatto, estremamente violento, con un ritmo incalzante, a tratti allucinato e allucinante e con momenti di grandissima tensione. Uno dei migliori film ambientati in uno scenario al limite della guerra civile, nel solco della già consistente produzione cinematografica dedicata all'Irlanda del Nord (Loach, Sheridan, O' Sullivan, ecc.
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Belfast, 1971. La lotta per la sopravvivenza di un soldato inglese durante una lunga notte di violenza.
Bello, compatto, estremamente violento, con un ritmo incalzante, a tratti allucinato e allucinante e con momenti di grandissima tensione. Uno dei migliori film ambientati in uno scenario al limite della guerra civile, nel solco della già consistente produzione cinematografica dedicata all'Irlanda del Nord (Loach, Sheridan, O' Sullivan, ecc.), ma con un punto di vista abbastanza inusuale, quello dell'oppressore, momentaneamente anche oppresso.
Al di là delle tematiche così bene espresse nel film: il clima d'odio (che non risparmia neppure i bambini), la violenza esercitata senza la benché minima remora morale da una parte e dall'altra, le lotte intestine delle fazioni in guerra, gli sporchi doppi giochi di traditori e traditi, la mancanza quasi assoluta di pietà e la "ragion di stato" che deve sempre prevalere, anche sulla verità.
Al di là di questo, dicevo, almeno due considerazioni emergono con forza dopo la visione di questa pellicola: la prima riguarda l'assoluta esportabilità di queste situazioni in qualsiasi altro teatro di guerra, che sia l'Irlanda, piuttosto della Palestina o del Congo, le stesse dinamiche violente si ripresentano automaticamente; la seconda, diretta conseguenza della prima, e forse ancora moralmente più atroce, l'impossibilità di rimanere in una posizione neutrale o moderata e/o di ricercare una mediazione o un compromesso.
Il soldato Gary Hook, protagonista del film, non ha preconcetti o rivendicazioni di sorta contro i cattolici irlandesi, eppure deve lottare contro l'odio che subito si scatena contro di lui per la divisa che indossa; l'ingenuo idealismo del nuovo capitano inglese, dettato dall'inesperienza, ma soprattutto dall'illusione di poter instaurare un rapporto di empatia con la popolazione, che lo induce a portare in una zona pericolosa i suoi uomini senza la dovuta protezione, gli si ritorce immediatamente contro; l'atto di umana pietà del medico irlandese nei confronti del protagonista ferito rischia di mettere a repentaglio la sua stessa vita e quella della sua famiglia.
Non c'è spazio per i mezzi toni e le sfumature in una situazione dove prevalgono solo due colori, bianco e nero. E poco importa chi siano i buoni o i cattivi, anzi è decisamente impossibile stabilirlo. Un grande merito della regia, tra i tanti, è anche quello di mostrarci il tutto senza mai prendere una posizione. Sta semmai allo spettatore decidere, ma dubito che qualcuno sano di mente possa sposare totalmente una o l'altra delle due parti in causa.
Un plauso a parte va all'attore protagonista, Jack O'Connoll, che fornisce un'intensa interpretazione, da cui emerge, accanto alla paura causata dalla costante minaccia per la propria vita, il senso di continuo spaesamento, misto quasi a stupore, per l'incomprensibilita degli eventi che è costretto a subire.
Il resto del cast non fa eccezione, tutti molto in parte, specialmente gli agenti infiltrati, freddi, brutti, molto british anni 70, che insieme alla visione in lingua originale sottotitolata, aggiungono un tocco di realismo ulteriore.
Da non perdere.
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lbavassano
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martedì 9 febbraio 2016
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grande cinema antiretorico
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Estremamente realistico, e giustamente "sporco", nell'aspro sonoro dei dialoghi così come nel mosso dell'immagine, per una rappresentazione della guerra lontana da ogni schieramento ideologico e da ogni retorica, di tutte le guerre, ma soprattutto di quelle inestricabilmente intrecciate al terrorismo. Come accadde nell'Irlanda del Nord, come continua ad accadere. L'uso della camera a mano, lungi dall'essere mero esercizio virtuosistico, utilizza appieno la capacità di immergere lo spettatore nei luoghi e nei fatti, nel punto di vista del protagonista, scaraventato dal mondo dell'addestramento, duro quanto schematico, in una realtà ove risulta impossibile distinguere gli amici dai nemici, i buoni dai cattivi, così che il suo disorientamento diviene il nostro.
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Estremamente realistico, e giustamente "sporco", nell'aspro sonoro dei dialoghi così come nel mosso dell'immagine, per una rappresentazione della guerra lontana da ogni schieramento ideologico e da ogni retorica, di tutte le guerre, ma soprattutto di quelle inestricabilmente intrecciate al terrorismo. Come accadde nell'Irlanda del Nord, come continua ad accadere. L'uso della camera a mano, lungi dall'essere mero esercizio virtuosistico, utilizza appieno la capacità di immergere lo spettatore nei luoghi e nei fatti, nel punto di vista del protagonista, scaraventato dal mondo dell'addestramento, duro quanto schematico, in una realtà ove risulta impossibile distinguere gli amici dai nemici, i buoni dai cattivi, così che il suo disorientamento diviene il nostro. Lo schema narrativo consueto della "caccia all'uomo", con quel tanto di suspense che non guasta, risulta conseguentemente piegato ad uno scopo che di gran lunga sopravvanza l'intrattenimento spettacolare. Notevole anche, sempre sotto il profilo cinematografico, la padronanza dei tempi e dei ritmi, che alterna magistralmente il concitato dell'azione alle pause di tregua riflessive. E molto da riflettere resta quando in sala si riaccendono le luci.
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themaster
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giovedì 21 gennaio 2016
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bel film. ottima tecnica
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Yann Demange gira un war movie atipico,in quanto,giudicando il plot poteva venirne fuori decisamente un videogiocone,con scene d'azione esagerate e una trama sviluppata in malomodo,invece il regista decide invece di puntare su una regia emotional ma mai troppo esasperata o sopra le righe,si concede infatti a delle inquadrature suggestive,evocative e che valorizzano i personaggi,che appaiono sempre accattivanti e mai troppo stereotipati a partire dal giovanissimo protagonista,interpretato da Jack O'Connel che si è dimostrato all'altezza del suo ruolo e,un'interprete che sulle prime non avevo riconosciuto,un'uomo di nome Sean Harris,il quale ha interpretato Solomon Lane in Mission Impossible Rogue Nation,un villain carismatico se pur un pò ermetico e,ha interpretato inoltre il posseduto Mick Santino in Deliver Us From Evil,un film horror con Eric Bana e Joel McHale tutto sommato decoroso ma che viveva molto delle interpretazioni degli attori.
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Yann Demange gira un war movie atipico,in quanto,giudicando il plot poteva venirne fuori decisamente un videogiocone,con scene d'azione esagerate e una trama sviluppata in malomodo,invece il regista decide invece di puntare su una regia emotional ma mai troppo esasperata o sopra le righe,si concede infatti a delle inquadrature suggestive,evocative e che valorizzano i personaggi,che appaiono sempre accattivanti e mai troppo stereotipati a partire dal giovanissimo protagonista,interpretato da Jack O'Connel che si è dimostrato all'altezza del suo ruolo e,un'interprete che sulle prime non avevo riconosciuto,un'uomo di nome Sean Harris,il quale ha interpretato Solomon Lane in Mission Impossible Rogue Nation,un villain carismatico se pur un pò ermetico e,ha interpretato inoltre il posseduto Mick Santino in Deliver Us From Evil,un film horror con Eric Bana e Joel McHale tutto sommato decoroso ma che viveva molto delle interpretazioni degli attori.
Harris qui interpreta un uomo misterioso e losco,che non si capisce mai da che parte stia.
La pellicola riesce a tenere in tensione lo spettatore con scene al cardiopalma,infatti Demange gira con grande tecnica e c'è veramente di tutto,dai carrelli alla macchina a mano,tecniche che vengono impiegate con gusto estetico e senza mai dare l'impressione di voler piacere a tutti i costi o di strafare,per fare un'esempio la sequenza del blitz iniziale e dell'inseguimento che ne consegue è girata in maniera perfetta e senza sbavature,inoltre è bello vedere come un film che poteva puntare su ben altro si conceda molto spesso degli sfondoni nel noir metropolitano,teso e sempre appassionante.
Le scene action sono rarissime e anche in quelle poche occasioni in cui ne si può godere,ci si ritrova davanti al più totale realismo,da questo punto di vista 71 è l'anticinema,in senso buono e per anticinema intendo che non intende spettacolarizzare nulla,nemmeno un colpo di pistola.
71 è caratterizzato da una cattiveria rara in film di questo tipo,non è raro vedere infatti bambini dilaniati dalle esplosioni di bombe,sommosse che terminano in tragedia ed esecuzioni sommarie da parte di plotoni d'esecuzione.
In questo film nessuno è innocente,la guerra non è mai rappresentata come qualcosa di giusto e i personaggi che ne sono coinvolti sono tutti un pò morti dentro,inoltre assistiamo ad una messa in scena calibratissima e ad una storia antimilitarista fino al midollo,il tutto coadiuvato con una fotografia livida che rende le immagini ancora più disturbanti di quanto già non siano. Un film più che decoroso,anzi uno dei migliori film semi indipendenti usciti nel 2014,da noi purtroppo arrivato solo nel 2015. Voto 8/10
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filippo catani
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lunedì 30 novembre 2015
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un soldato inglese disperso a belfast
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Belfast 1971. Durante una perquisizione, un soldato britannico non riesce a ricongiungersi con i propri compagni e dovrà cercare di passare indenne la notte nel quartiere cattolico.
Un buon film sulla lotta che per anni ha insanguinato l'Irlanda del Nord. Diciamo che il valore della storia sta sia nella parte chiamiamola così di azione in cui il giovane soldato cerca di sopravvivere in un clima ostile con alleati di fortuna ma ha la sua parte più cruda nel mostrare le ambiguità che si celavano dietro al conflitto. Fazioni in lotta fra loro, doppiogiochisti ed elementi brittannici conniventi. Il tutto per una miscela esplosiva che ha lasciato sul campo centinaia di vittime così come viene ben mostrato anche nella pellicola.
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Belfast 1971. Durante una perquisizione, un soldato britannico non riesce a ricongiungersi con i propri compagni e dovrà cercare di passare indenne la notte nel quartiere cattolico.
Un buon film sulla lotta che per anni ha insanguinato l'Irlanda del Nord. Diciamo che il valore della storia sta sia nella parte chiamiamola così di azione in cui il giovane soldato cerca di sopravvivere in un clima ostile con alleati di fortuna ma ha la sua parte più cruda nel mostrare le ambiguità che si celavano dietro al conflitto. Fazioni in lotta fra loro, doppiogiochisti ed elementi brittannici conniventi. Il tutto per una miscela esplosiva che ha lasciato sul campo centinaia di vittime così come viene ben mostrato anche nella pellicola. Certo il "genere" ha prodotto pellicole di grandissima qualità ma anche questa produzione non è affatto male.
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kronos
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martedì 10 novembre 2015
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pura adrenalina
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L'esordio sul grande schermo di Yann Demange è un film dalle molteplici chiavi di lettura: si può inquadrare come cinema a sfondo bellico, Thriller metropolitano, oppure saggio storico-sociale sulla guerra civile nell'Ulster.
Piani differenti che si fondono alla perfezione senza che un aspetto prevarichi gli altri.
I meriti vanno condivisi tra una sceneggiatura calibratissima, interpreti di un'autenticità esemplare e una realizzazione adrenalinica che non concede pause.
Da non perdere.
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filippotognoli
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giovedì 16 luglio 2015
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belfast 1971, segreti e bugie
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Il tema e' dei piu' sfruttati della cinematografia recente: l'eterno conflitto tra cattoli e protestanti, nello specifico a Belfast, in Irlanda (del Nord).Film come "Michael Collins", "Nel nome del padre", "Bloody Sunday", "Hunger", solo per citare i piu' recenti, hanno tutti raccontato la stessa tematica, anche se in forme e modi diversi." '71 " lo fa' in modo originale attraverso l'esperienza di una recluta dell'esercito inglese con la quale lo spettatore non puo' fare a meno di immedesimarsi.La prima parte ha un impatto visivo ed un ritmo elevatissimi.Siamo letteralmente catapultati nella Belfast anni '70, in maniera davvero realistica e credibile.
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Il tema e' dei piu' sfruttati della cinematografia recente: l'eterno conflitto tra cattoli e protestanti, nello specifico a Belfast, in Irlanda (del Nord).Film come "Michael Collins", "Nel nome del padre", "Bloody Sunday", "Hunger", solo per citare i piu' recenti, hanno tutti raccontato la stessa tematica, anche se in forme e modi diversi." '71 " lo fa' in modo originale attraverso l'esperienza di una recluta dell'esercito inglese con la quale lo spettatore non puo' fare a meno di immedesimarsi.La prima parte ha un impatto visivo ed un ritmo elevatissimi.Siamo letteralmente catapultati nella Belfast anni '70, in maniera davvero realistica e credibile.Il protagonista Jack O'Connell da' una prova assai convincente e il regista Yann Demange, anche facendo buon uso della handy cam, dirige bene.Sembra quasi un docufilm, nel senso migliore del termine.Nella seconda parte il film diventa piu' profondo e analizza le molteplici sfaccettature che stanno all'interno sia dell'IRA, sia dello stesso esercito lealista nordirlandese.Non esistono i buoni o i cattivi, da entrambe le parti tutti hanno segreti e doppi giochi che, come nella realta', danno una ottima fotografia di quello che sta' dentro a situazioni cosi' complesse e drammatiche.La tensione tiene fino alla fine, e il film non scade mai nel retorico.Io l'ho visto in lingua originale (sottotitolato); solo cosi' si riesce a godere appieno la differenza di accento tra il "Brits" del soldato Hook, e lo slang nordirlandese dei cittadini di Belfast.
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brian77
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mercoledì 15 luglio 2015
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niente male
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Buon film, ben costruito, con un bel ritmo. La regia è sempre un po' ovvia, ma la costruzione è incalzante e il film è di sicuro tra le cose migliori di fine stagione. Tre stellette e mezza se le merita tutte, peccato non se ne stia accorgendo quasi nessuno, forse è mal distribuito, chissà: ma merita.
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