Il passato |
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Un film di Asghar Farhadi.
Con Bérénice Bejo, Tahar Rahim, Ali Mosaffa, Pauline Burlet, Elyes Aguis.
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Titolo originale Le passé.
Drammatico,
durata 130 min.
- Francia, Italia 2013.
- Bim Distribuzione
uscita giovedì 21 novembre 2013.
MYMONETRO
Il passato
valutazione media:
3,74
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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La temporalità dei sentimenti in un thrillerdi Giulio StrataFeedback: 315 | altri commenti e recensioni di Giulio Strata |
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mercoledì 14 maggio 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
I personaggi dell'ultimo film di Asghar Farhadi ci vengono mostrati immediatamente, fin dalla loro prima comparsa, attraverso un vetro, come se il regista ci suggerisce che li vediamo, così come sono, ma dobbiamo superare un ostacolo apparente per addentrarci nella loro psicologia, nella loro vita familiare e nel loro Passato. Capiamo che c'è qualcosa di taciuto tra Samir e Marie (una spelndida Bérénice Bejo) e lo spettatore si aggira virtualmente all’interno del quadro, facendosi spazio tra gli oggetti che il regista pone tra noi e i personaggi, tra i silenzi e le parole appena sussurrate per scoprire cosa sta accadendo alla famiglia allargata in questione. Perfino quando sembra essersi risolta la faccenda, il regista israeliano non rinuncia ancora una volta a destare il dubbio che le cose non siano veramente accadute come gli stessi personaggi ci vogliono far credere. Questo dramma psicologico familiare, che è per lo spettatore più un film giallo, è forse uno dei più bei film sulle dinamiche umane: tra genitori e figli, tra mogli e mariti, tra mogli ed ex-mariti. Il regista pecca forse nella durata, e ci continua a mostrare la pellicola, di cui evidentemente è egli stesso innamorato, quando questa sembra essersi potenzialmente conclusa. Si inserisce così la moglie del probabile futuro marito di Marie, e questo sposta l’attenzione iniziale dello spettatore da una famiglia ad un’altra, quella che non è ancora pronta a separarsi del tutto. Fahradi mostra di saper governare così bene i sentimenti umani, come l’ansia de "Il passato" e "La separazione", che i titoli degli ultimi due film del maestro israeliano sono eccezionalmente intercambiabili. L'eterno presente della stretta di mano conclusiva tra Ahmad e la moglie in coma, che non sapremo mai si se si conlude positivamente o meno, e che ricorda sicuramente nella mente di alcuni spettatori lo stopframe nel finale de I pugni in tasca di Bellocchio, è simbolo incontrovertibile di come, la natura temporale, passata e futura, dipendano in primo luogo anche dall'accadere inaferrabile del presente: solo il cinema ha i mezzi per mostrarcelo.
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