Si tratta di una clamorosa operazione commerciale: completamente disinteressato a riprodurre la fiaba di Tolkien, il regista ci propone un kolossal all’americana (ispirato allo Hobbit solo nella trama generale) ricalcato sul Signore degli anelli (per sfruttarne il successo commerciale) ma completamente privo dello stile e della serietà che caratterizzavano la prima trilogia.
La trama è completamente sconvolta e si è deciso di fare tre parti anziché due per moltiplicare gli incassi. Naturalmente il regista ci zeppa dentro i personaggi del Signore degli anelli per invogliarne gli ammiratori a pagare il biglietto.
Io non sono un purista e non avrei avuto nulla da ridire (anzi avrei apprezzato) l’abbandono dell’approccio fiabesco in favore di uno epico se quest’epica non si risolvesse in un mélange di cartone animato e manga di arti marziali. Il film è un rutilare frenetico quanto stucchevole di scene di battaglia che dell’elemento fiabesco conservano soltanto il totale disinteresse verso la minima verosimiglianza. Jackson radicalizza ulteriormente la tendenza, che già aveva rovinato le scene di combattimento del Signore degli anelli, a risolvere i combattimenti in stile Karate Kid anni 70 che con un unico movimento del braccio lancia 6 coltelli e centra sei gole di nemici a 100 metri di distanza.
Inesistente lo studio dei personaggi, ridotti a ombre (meglio: a personaggi di un cartone animato) che passano senza soluzione di continuità da un barbagliare di lame al successivo. Completamente irrilevante ai fini della trama la presenza di Legolas e dell’elfa, che fra l’altro, impegnati in continui (oltreché incongruenti e tutti uguali fra loro) ammazzamenti di orchi dimettono le poche vestigia di elficità (carattere ultraterreno, bellezza eterea ecc.) che Jackson era riuscito a conferire loro nel Signore degli anelli. Grottesca, politically correct e assolutamente inconciliabile coi caratteri di base dell’universo tolkeniano la storia d’amore fra elfa e nano, apprezzabile solo dai credenti nel pregiudizio antirazzista.
Nella migliore tradizione del polpettone hollywoodian, gli effetti speciali sono meravigliosi, la scenografia stupenda, il drago Smaug memorabile, e c’è tutto quanto serve a piacere al gregge di minori (di anni ovvero di spirito) che prediligono una serata con Troy o Star Wars alla lettura dei poemi anglosassoni di Tolkien in originale. Un film più simile a King Kong che non a The Lord of the Rings, che piacerà ai fruitori delle idiozie propinate al gregge dalla filmografia di massa. Una spaventosa caduta di tono.
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