Titolo originale | Djeca |
Anno | 2012 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Bosnia-Herzegovina, Germania, Francia, Turchia |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Aida Begic |
Attori | Marija Pikic, Ismir Gagula, Nikola Djuricko, Stasa Dukic, Velibor Topic Bojan Navojec, Sanela Pepeljak, Vedran Djekic, Mario Knezovic, Jasna Beri, Aleksandar Seksan, Ravijojla Jovancic, Mirela Lambic, Sadzida Setic, Semir Krivic, Adnan Omerovic, Mehmed Porca, Vedrana Seksan, Sabit Sejdinovic. |
Uscita | giovedì 3 gennaio 2013 |
Tag | Da vedere 2012 |
Distribuzione | Kitchen Film |
MYmonetro | 3,05 su 8 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 31 gennaio 2013
Già vincitore di numerosi premi tra cui il "Premio Lino Miccichè" e il "Premio Cinema e diritti umani di Amnesty International", il film è candidato all'Oscar per la Bosnia Erzegovina come Miglior Film straniero 2013.
CONSIGLIATO SÌ
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Rahima vive a Sarajevo con il fratello minore Nedim. Sono entrambi orfani e sotto osservazione da parte dei servizi sociali. Rahima lavora, senza una paga regolare, come cuoca in un ristorante. Il fratello è vittima del bullismo di un gruppo di studenti che ruota intorno al figlio di un ministro. La sorella, di recente convertitasi all'islamismo osservante, teme per la sua sorte soprattutto dopo la scoperta del coinvolgimento di Nedim nel contrabbando di armi.
Si apre con un video amatoriale di una festa natalizia di un tempo apparentemente lontano, ma di fatto costantemente presente, questo secondo lungometraggio di Aida Begic presentato a Cannes nella sezione "Un Certain Regard". Ed è sull'incancellabilità dei traumi causati da uno dei più atroci conflitti che l'umanità abbia conosciuto in tempi recenti che ruota la sua narrazione. La guerra nell'ex Jugoslavia è ormai un ricordo, di fatto rimosso dalla memoria dell'occidente, ma morde ancora nella carne di chi l'ha vissuta. Begic ce ne offre una lettura al femminile grazie a una macchina da presa che mutua in parte lo stile di ripresa dai fratelli Dardenne di Rosetta. Rahima viene pedinata dalla camera in intensi piani sequenza e seguita mentre segue di nascosto le mosse del fratello che rischia (al di là di ciò che appare alla funzionaria del servizio sociale) un'esistenza border line. Ma border line è la vita di tutti gli abitanti di una città che è stata martoriata dal conflitto nella sua intima essenza. Le giornate si susseguono una dopo l'altra in una società che non solo non ha rimarginato le proprie ferite ma che è ora vittima di quella epidemia globale che prende il nome di liberismo sfrenato e che lascia sul terreno morti e feriti nell'intimo, nella dignità. Rahima ha cercato in una fede (che non si esteriorizza se non nel velo che indossa) un appoggio per difendersi e difendere ciò che ha di più caro: Nedim. I botti del Capodanno, in un film che presta una grande attenzione ai suoni e ai rumori al punto di fornire loro un simbolismo acustico di rilevante qualità, sono segno di festa ma ricordano tanto, troppo da vicino ben altre esplosioni. La speranza nell'anno che verrà non può essere sepolta assieme alle scene di morte che ancora ritornano a tormentare chi le ha vissute ma, sembra dirci Aida Begic, non può neppure contare sul contesto socio-economico. Può solo fare affidamento sulle singole persone capaci di non piegarsi. Come Rahima.
La guerra è ormai lontana nel tempo, ma non è lontana dalla memoria, dal cuore, dal dolore che ha lasciato. Sarajevo è tornata alla vita, la crisi economica morde ma i preparativi per il Capodanno fervono come ricorda ogni sera il telegiornale. E Rahima che vive con il fratello adolescente Nedim dopo la morte dei genitori lavora come aiuto cuoca per cercare di mantenere la famiglia. [...] Vai alla recensione »
Devo essermi addormentato al momento giusto, ma l'atto di ribellione della ragazza nei confronti del corrotto ministro mi è sfuggito. Tutto il cinema si aspettava che lei facesse rotolare sutto il SUV la bomba a mano che aveva in borsetta. Ma invece niente. E il finale con la ritrovata comprensione tra i fratelli è incomprensibile. Auguri.
...non totalmente comprensibile,mi è rimasto qualche dubbio sulla sceneggiatura non sempre esplicativa,forse per lasciare allo spettatore l'espletamento incompiuto,per il resto intenso contesto realtà difficili che lasciano dei pensieri riflessi dopo la visione.
Punk e velo islamico, Aida Begic', nata a Sarajevo nel '76, è salita sul palco della sala Debussy vestita all'ultima moda e con un foulard azzurrino perlaceo incollato sulla testa per presentare il suo secondo lungometraggio (dopo Snow ), Djeca (bambini, in bosniaco) selezionato nel Certain regard. Bella e raggiante accanto ai due protagonisti, Marija Pikic (Rahima) e Ismor Gagula (Nedim), 23 e 14 [...] Vai alla recensione »
Due registe con la testa coperta dal velo si sono imposte nei festival del 2012. A Venezia c'era l'israeliana Rama Burshtein, autrice di La sposa promessa, primo film girato da un'ebrea ortodossa sugli ebrei ortodossi, pugno di ferro in guanto di velluto per una storia di famiglia che resta chiusa dentro al clan e mette in piazza le tensioni interne solo per ricomporle meglio.
Non c'è nulla di più antimilitarista del messaggio di Buon Natale Sarajevo, che pure si svolge in tempo di pace. Ma un sicuro motivo d'interesse del film della sensibile bosniaca Aida Begic è proprio mostrare come le devastanti conseguenze di una guerra si riverberino nella vita di un paese a distanza di oltre un decennio dalla fine. Rahima, giovane orfana che lavora come aiuto- cuoca, è preoccupata [...] Vai alla recensione »
Visto al recente festival di Torino, Buon anno Sarajevo è un film doppiamente disturbante - quindi, molto interessante per come smantella svariati luoghi comuni che scattano inconsciamente nelle teste di noi occidentali alla parola «Sarajevo». Il primo motivo di disturbo è scoprire che, nella Sarajevo post-bellica di oggi, non si rischia più la pelle come ai tempi del conflitto ma vivere può essere [...] Vai alla recensione »
Ma anche l’islam può diventare un rifugio alle sofferenze dell’esistenza, senza sfociare nelle follie dell’integralismo. A raccontarlo è Djeca, opera seconda della regista bosniaca Aida Begic che affonda nuovamente la sua storia nelle ferite mai guarite del conflitto in ex-Jugoslavia. Siamo a Sarajevo dove vivono due fratelli, orfani di guerra. Rahima, 23 anni e Nadim, 14.
Il coro di bambini che apre Djeca («Bambini», distribuito in Italia dalla Kitchen come Buon anno Sarajevo) ci ricorda che sono già passati venti anni dall'inizio dell'assedio di Sarajevo, poco meno degli anni della protagonista Rahima che appunto a quei tempi era una bambina ed ora, adolescenza finita da poco, lavora come cuoca in un ristorante e si occupa del fratello minore quattordicenne Nadim che [...] Vai alla recensione »
Cinepresa affannata come la protagonista, interni opachi, notturni prevalenti, diurni tra le macerie, è la cronaca della sopravvivenza di Rahima che, perduti i genitori nella guerra di Bosnia, cerca di tenere sotto controllo il fratello che evita la scuola e si scontra con il figlio di un potente. Nella regia della 36enne bosniaca Aida Begie ("Snow") il pedinamento di Rahima nei giorni che precedono [...] Vai alla recensione »