Punto d'impatto

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Un film di Matthew Chapman. Con Liv Tyler, Charlie Hunnam, Patrick Wilson, Terrence Howard, Christopher Gorham.
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Titolo originale The Ledge. Drammatico, durata 101 min. - USA 2011. - Eagle Pictures uscita venerdì 10 giugno 2011. MYMONETRO Punto d'impatto * * 1/2 - - valutazione media: 2,70 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Punto d'impatto fra due filosofie inconciliabili Valutazione 4 stelle su cinque

di marcobrenni


Feedback: 4373 | altri commenti e recensioni di marcobrenni
lunedì 7 agosto 2017

Preciso subito che sono in pieno disaccordo con la severa recensione di Marco Chiani. Non ne comprendo il motivo; forse è disturbato dal fatto che il film mette in cattiva luce la fede religiosa acritica-fanatica, privilegiando la soluzione di vita reale, antimetafisica-atea.  Per me invece è un grande film, molto coraggioso soprattutto se girato negli States piuttosto bigotti. Un film che ti prende immediatamente per l'evidente situazione conflittuale che si percepisce già dall'esordio. La coppia fanatica di Dio  (Shauna/Joe) diventa subito sgradevole per l'atteggiamento assolutista del marito Joe che impone a Gavin,  l'invitato a cena,  la preghiera di ringraziamento per la cena. Lui fa finta di accettare l'imposizione, ma poi dopo altre manifestazioni bigotte, si ribella abbandonando la casa con grave disagio della povera moglie di Joe, evidentemente sottomessa. Si capisce subito che fra la bella/tenera Shauna e Gavin scatta qualcosa che prelude all'amore vero. Infatti Gavin è l'esatto opposto di Joe: un libero pensatore che non si fa scrupoli di deridere tutte le religioni quali rimasugli dell'antico pensiero magico pre-illuministico e pre-scientifico duro a morire. Le due vite travagliate di Shauna e Gavin s'incontrano anche per i loro pregressi vissuti tragici, ma poi Shauna scorge in Gavin l'uomo libero, quello che sa stare sulle proprie gambe senza bisogno di grucce divine, o di mere superstizioni, come lui le definisce. Infatti Shauna divenuta fantatica religiosa per il plagio subito dal marito fanatico, è però una donna infelice perché il marito sembra più innamorato dei testi religiosi e di Dio che nemmeno di lei. A Gavin la bella Shauna piace d'acchito, anche perché scorge in lei l'ombra dell'infelicità causata dal fanatismo religioso del marito assolutista-dogmatico. Il folle amore che scatta tra i due è accresciuto da una miscela esplosiva fatta di repressione e precedenti di vita tragici per entrambi: finalmente l'agognata felicità, ma come tutti gli amori troppo grandi, finirà in tragedia come comanda il romanticismo di ottocentesca memoria. Il dilemma fede/ateismo si capovolge perché Joe il religioso, si rivela essere un perfido criminale che ricatta l'avversario Gavin chiedendone il suicidio sotto la minaccia della pistola alla tempia della fedifraga Shauna. All fine s'immolerà l'ateo Gavin - per puro amore di Shuana - di cui vuole salvare la vita (l'ateismo altruista), mentre il perfido bigotto Joe finisce in galera a pregare per la SUA redenzione/vita eterna : è in fondo l'unica cosa che lo preoccupa veramente (!) - segno del suo assoluto egoismo fideistico che pretende pure la salvezza per la sua animaccia nonostante il suo atto criminale. Un film chiaramente filosofico, con temi di fondo forti già trattati all'infinito, ma mai risolti dall'umanità: fede o ateismo? È preferibile vivere appieno questa unica nostra vita sulla terra, oppure rinunciare a viverla in fondo in attesa di quella "vera" nell'al di là? Il film propende chiaramente per la genuina onestà eroica dell'ateo Gavin, che pur non sperando in nessun al di là, è però disposto a sacrificare la sua UNICA giovane vita per l'amata Shauna.  Questo è vero amore, non quello ripiegato sulla propria misera animuccia del bigotto Joe, incapace di amare veramente. Non vedo proprio nessun "appiattimento a simboli" - come pretende il critico, troppo critico Marco Chiani. Ci furono e ci sono tuttora grandissimi registi che usano il simbolismo congiunto alla narrazione solida, per niente di maniera o artificiosa. Pur portando la problematica agli estremi, il film non soffre di nessunissima limitazione artistica, anzi ! Merito della regia ed anche dei bravissimi protagonisti.  Cito dei grandi come Fellini, Bunuel, Bergmann, Lars Von Trier, ecc. che usano proprio un forte simbolismo a sostegno della struttura narrativa che poi diventa arte vera: quella che ha qualcosa da dire. Esattamente come questo film : è vera arte filosofico-narrativa che lascia il segno per chi sa riflettere senza preconcetti stilistici o di merito.
Marco Brenni

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