osteriacinematografo
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mercoledì 18 aprile 2012
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la musica, l'amore, la morte
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La scena si svolge a Teheran, all’imbrunire degli anni cinquanta. Nasser Ali è un violinista di talento, che ha girato il mondo fino all’età di 40 anni, riscuotendo successo in ogni angolo del pianeta. Al presente, Nasser è un marito e un padre distratto, completamente assorto in un passato d’artista che ne assorbe ogni istante. La moglie, esasperata dalla situazione, in un accesso d’ira distrugge il prezioso strumento dell’uomo, donatogli decenni prima dal suo maestro. Nasser tenta inutilmente di reperire un violino che possa sostituirlo, ma invano. Sua moglie, con quel gesto definitivo, ha distrutto il sogno e la passione di Nasser, privandolo del motivo stessa della vita, tanto che l’uomo decide di lasciarsi morire in una lenta e penosa agonia.
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La scena si svolge a Teheran, all’imbrunire degli anni cinquanta. Nasser Ali è un violinista di talento, che ha girato il mondo fino all’età di 40 anni, riscuotendo successo in ogni angolo del pianeta. Al presente, Nasser è un marito e un padre distratto, completamente assorto in un passato d’artista che ne assorbe ogni istante. La moglie, esasperata dalla situazione, in un accesso d’ira distrugge il prezioso strumento dell’uomo, donatogli decenni prima dal suo maestro. Nasser tenta inutilmente di reperire un violino che possa sostituirlo, ma invano. Sua moglie, con quel gesto definitivo, ha distrutto il sogno e la passione di Nasser, privandolo del motivo stessa della vita, tanto che l’uomo decide di lasciarsi morire in una lenta e penosa agonia.
Nella penombra solitaria di una stanza polverosa, Nasser ripercorre la sua vita: emerge così un passato tormentato da un amore negato ed eternamente rimpianto. Si delinea il dolore di un uomo che non dimenticherà mai Iran, la donna di cui rimarrà innamorato per sempre. Fra sogno e realtà si rivela poi il passato più recente di Nasser, il ritorno a Teheran, il matrimonio imposto da una madre ingombrante, l’indifferenza nei confronti di una moglie mai amata, il rapporto ondivago coi figli, nel fumo denso e ininterrotto che segna la continuità fra sua madre, lui stesso e la figlia (memorabile in tal senso la scena del funerale della madre).
E, come per incanto, da quello stesso fumo emerge il futuro dei figli, un futuro che pare ricordo, che si tramuta in memoria visionaria e premonitrice. Mentre l’avvenire iraniano della figlia si rivela tetro e affumicato, quello americano del figlio si delinea come una sorta di farsesco e critico Truman Show.
Nell’irreversibile inedia, l’angelo della morte si presenta al limitare della vita di Nasser, battendo insistentemente gli artigli sulla consapevolezza dell’uomo, quasi a segnare gli ultimi istanti di un conto alla rovescia che rappresenta la nera spirale dell’ineluttabile.
Dopo Persepolis, Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud si ispirano ancora una volta a una graphic novel della stessa Satrapi, realizzando in tal caso una versione cinematografica e non un semplice adattamento: ne risulta una formula ibrida (forse una fase di passaggio dell’artista iraniana) di estremo interesse, in cui si mescolano cinema e fumetto, realtà e immaginazione, sonno e veglia, passato e futuro. Il film è un racconto onirico di grande impatto visivo, che ricorda Tim Burton in alcuni passaggi, fra sfondi dipinti e humor nero, animazioni improvvise e personaggi stilizzati (Maria de Medeiros somiglia a “La Sposa Cadavere”), il fumo delle sigarette e dell’anima, in omaggio all’Iran e alle sue tradizioni e a un metodo narrativo non lineare, cupo e avvincente.
Tutto il cast si presta in modo calzante a quest’opera così diversa, e in particolare Mathieu Amalric è strepitoso nel ruolo di Nasser Ali: l’attore francese interpreta l’altalena emotiva del protagonista sfoggiando una rara collezione espressiva, che dimostra per l’ennesima volta la crescita del cinema transalpino e dei suoi interpreti.
Il violino e Iran rappresentano i motori della vita di Nasser, una vita preziosa come tutte le vite, cui Nasser decide di rinunciare. Quando è troppo tardi (è sempre troppo tardi), Nasser si pentirà di quella scelta tanto azzardata, ma nel delirio animato del commiato finale sarà un’antica leggenda orientale a mostrargli l’impossibilità di quell’ultima fuga d’amore e musica.
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linus2k
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domenica 8 aprile 2012
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magnifica favola triste
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Nel momento in cui fu presentato a Venezia il nuovo film di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud, cominciai a fremere dall'attesa, tanto ho amato profondamente Persepolis; ero solo un po' perplesso dal fatto che la nuova traduzione cinematografica di un graphic novel dell'Artista persiana fosse reso in un film "in carne ed ossa".
Il duo di registi è riuscito nuovamente a farmi sognare...
"Pollo alle prugne", pur mantenendo la grazia e l'ironia di Persepolis, si distacca dal racconto autobiografico e realistico stretto per raccontare una colorata, affascinante, meravigliosa favola triste.
Nasser Alì, famosissimo violinista persiano, vede distrutto il proprio violino, e non riuscendo più a ritrovare la sua musica in nessun altro strumento, decide di lasciarsi morire.
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Nel momento in cui fu presentato a Venezia il nuovo film di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud, cominciai a fremere dall'attesa, tanto ho amato profondamente Persepolis; ero solo un po' perplesso dal fatto che la nuova traduzione cinematografica di un graphic novel dell'Artista persiana fosse reso in un film "in carne ed ossa".
Il duo di registi è riuscito nuovamente a farmi sognare...
"Pollo alle prugne", pur mantenendo la grazia e l'ironia di Persepolis, si distacca dal racconto autobiografico e realistico stretto per raccontare una colorata, affascinante, meravigliosa favola triste.
Nasser Alì, famosissimo violinista persiano, vede distrutto il proprio violino, e non riuscendo più a ritrovare la sua musica in nessun altro strumento, decide di lasciarsi morire.
La storia prende quindi il via da questa decisione e si dirama negli otto giorni successivi, gli ultimi 8 giorni di vita di Nasser, che, attraverso ricordi della giovinezza e del passato più recente, riflessioni, incontri, ci racconterà la sua storia ed i retroscena che lo hanno portato ad una decisione così drammatica.
Ma il film è solo apparentemente una semplice storia d'amore...
Dietro la favola romantica si nasconde poi una riflessione ben più seria e profonda sulla situazione iraniana e il rapporto tra l'Iran degli Ayatollah e gli artisti.
Diceva Khomeini: "Le penne che non scrivono di valori islamici vanno spezzate" e la Satrapi ci racconta la disperazione di un certo tipo di artisti iraniani, di tutta quella classe di artisti progressisti, davanti alle censure, ai divieti, ed il pessimismo per il rifiuto della propria Patria di sostenere ed appoggiare la propria arte.
Alla censura purtroppo non ci sono rimedi e nessun "pollo alle prugne" può ripagare il dramma dell'arte non espressa.
Il mio personale pensiero corre quindi al regista Panahi, condannato al silenzio artistico per 20 anni...
La struttura si compone di una complessa trama di flashback, racconti, digressioni, ellissi, con il reale che si incrocia e si confonde con il fantastico, il cinema tradizionale con il cinema d'animazione, in una suggestiva, onirica, opera il cui lirismo visivo e narrativo stupisce ed affascina ad ogni sequenza.
La delicatezza della narrazione della Satrapi, semplice e ironica, permette di riuscire a strappare sorrisi e lacrime senza mai cadere nel patetico. Il gusto per il colore fiabesco, per una certa atmosfera esotica, contribuiscono alla magia di un film praticamente perfetto in cui si sentono sia le influenze di un certo cinema francese, da Jeunet a Ocelot, ma anche un omaggio all'onirismo felliniano (la scena del "tuffo nel seno di Sophia Loren", con la celebrazione del corpo femminile, è un evidente riferimento)
A completare l'opera, un cast adatto, perfetto, dai protagonisti ai camei di prestigio di Chiara Mastroianni (che aveva già doppiato Marjane in Persepolis), di Isabella Rossellini e di Jamel Debbouze (in un duplice ruolo "favoloso").
Insomma... Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud continuano a far sognare e si confermano protagonisti di un certo cinema che fa della poesia e della delicatezza l'arma per arrivare agli animi degli spettatori.
Da vedere!
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rampante
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sabato 10 novembre 2012
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una storia
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Nasser Alì, un famoso suonatore di violino, incontra all'angolo della strada Irane, il suo grande amore, ma lei finge di non riconoscerlo.
Da questo incontro scopriamo che, a causa di un litigio, sua moglie ha distrutto il suo violino e Nasser Alì non riesce a trovare un altro violino che suoni come il suo, nessun violino riesce più a procurargli la gioia di suonare. Perduto il suo strumento, incapace di essere altro che un musicista Nasser decide di lasciarsi morire, si metterà a letto e attenderà la morte.
Durante l'agonia Nasser ripercorrerà come in una favola la sua vita, il segreto cha ha ispirato la sua musica, ricorderà il suo grande amore di gioventù.
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Nasser Alì, un famoso suonatore di violino, incontra all'angolo della strada Irane, il suo grande amore, ma lei finge di non riconoscerlo.
Da questo incontro scopriamo che, a causa di un litigio, sua moglie ha distrutto il suo violino e Nasser Alì non riesce a trovare un altro violino che suoni come il suo, nessun violino riesce più a procurargli la gioia di suonare. Perduto il suo strumento, incapace di essere altro che un musicista Nasser decide di lasciarsi morire, si metterà a letto e attenderà la morte.
Durante l'agonia Nasser ripercorrerà come in una favola la sua vita, il segreto cha ha ispirato la sua musica, ricorderà il suo grande amore di gioventù.
Una bella storia, una storia poetica.
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donni romani
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domenica 6 maggio 2012
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una favola amara sull'amore e sulla vita
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Dopo l'intenso j'accuse di Persepolis torna la regista iraniana Marjane Satrapi e non manca di colorire a tratti anche questo suo nuovo lavoro con l'animazione, un'animazione dolce e ironica, malinconica e vitale. Come malinconico e vitale è l'intero plot che ci fa conoscere la vita di Nasser Ali grande violinista che un giorno, dopo che la moglie mai amata gli ha frantumato il violino, decide di lasciarsi morire giacendo a letto, fra fantasie e ricordi, fra nostalgie e speranze perdute. Un amore giovanile mai dimenticato, un'ispirazione lunga una vita che si spezza proprio come le corde dell'amato violino, una ragione per vivere che svanisce di fronte all'impossibilità di evocare ancora quell'amore che lo ha tenuto aggrappato al soffio della vita in tutti gli anni passati a suonare in giro per il mondo.
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Dopo l'intenso j'accuse di Persepolis torna la regista iraniana Marjane Satrapi e non manca di colorire a tratti anche questo suo nuovo lavoro con l'animazione, un'animazione dolce e ironica, malinconica e vitale. Come malinconico e vitale è l'intero plot che ci fa conoscere la vita di Nasser Ali grande violinista che un giorno, dopo che la moglie mai amata gli ha frantumato il violino, decide di lasciarsi morire giacendo a letto, fra fantasie e ricordi, fra nostalgie e speranze perdute. Un amore giovanile mai dimenticato, un'ispirazione lunga una vita che si spezza proprio come le corde dell'amato violino, una ragione per vivere che svanisce di fronte all'impossibilità di evocare ancora quell'amore che lo ha tenuto aggrappato al soffio della vita in tutti gli anni passati a suonare in giro per il mondo. C'è un struggente sentimento di solitudine e di sperdimento che pervade lo sguardo di Nasser, c'è la consapevolezza che solo l'amore può essere fonte di ispirazione, non solo artistica ma anche umana, e c'è la resa di fronte ad un destino che ci ha negato la possibilità di essere felici, una resa non rabbiosa però, quasi che l'accettazione di un fato avverso sia parte stessa di quel fato. Gli intermezzi in animazione sono ricami delicati e onirici in un film amaro e dolcissimo allo stesso tempo, capace di farci emozionare con tocchi lievi ed evocazioni lontane. Le figure femminili sono potenti e presenti - la madre di Nasser, rigida e pragmatica fino alla fine quando chiede al figlio di smettere di pregare per lei così che possa finalmente morire in pace (Isabella Rossellini), la moglie mai amata che invece lo ama teneramente da sempre (Maria de Medeiros), l'amore giovanile perduto e però più presente della realtà - e fanno da collante alla vita raminga e triste di Nasser, i figli pur nel loro entusiasmo infantile non riescono a strapparlo alla sua ferma volontà di morire, perchè senza valori in cui credere non si può vivere e l'unico valore in cui Nasser abbia mai creduto, l'amore che l'ha reso capace di comporre musica e per metafora creare vita, è ormai perduto per sempre. Due scene su tutte: l'incontro dopo trent'anni con l'amore della sua vita, che verrà replicata ben due volte nel film , la seconda con ben diverso significato, intensa, dolente, straziante e al contrario una grottesca presa in giro della realtà americana con un siparietto stile sit com per farci sapere quale sarà il destino di uno dei due figli di Nasser. Capace di far ridere e di emozionare la Satrapi ancora una volta dimostra come sia facile per lei raggiungere il cuore degli spettatori e parlare un linguaggio universale, quello dell'amore, sia pur calato in un contesto sociale e politico mai taciuto o rimosso.
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olgadik
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venerdì 20 aprile 2012
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fiaba, fumetto, surrealismo, chi più ne ha
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Dal film d’animazione (Persepolis) a una tecnica mista in cui compare l’action-live ma anche qualche fondale e diverse scene tipo fumetto. Qua e là spuntano brani di genere onirico o fiabesco con invenzioni surrealiste alla francese e qualche lungaggine come lo spazio eccessivo dato all’angelo della morte, piumato, nero nel viso e bianco nel sorriso. Numerose le alternanze di tempi che vanno dal ricordo alla pre-visione del futuro, ma senza dubbio è l’immaginazione che la fa da padrona. Ci sono poi sequenze in cui i corpi degli attori in carne ed ossa si muovono proprio come cartoni animati e una cosa è certa: Marianne Satrapi e Vincente Paronnaud non mancano di talento, anche se la prova precedente risultava più organica e nuova.
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Dal film d’animazione (Persepolis) a una tecnica mista in cui compare l’action-live ma anche qualche fondale e diverse scene tipo fumetto. Qua e là spuntano brani di genere onirico o fiabesco con invenzioni surrealiste alla francese e qualche lungaggine come lo spazio eccessivo dato all’angelo della morte, piumato, nero nel viso e bianco nel sorriso. Numerose le alternanze di tempi che vanno dal ricordo alla pre-visione del futuro, ma senza dubbio è l’immaginazione che la fa da padrona. Ci sono poi sequenze in cui i corpi degli attori in carne ed ossa si muovono proprio come cartoni animati e una cosa è certa: Marianne Satrapi e Vincente Paronnaud non mancano di talento, anche se la prova precedente risultava più organica e nuova. Si colgono anche nel film delle tematiche sotterranee (ma non troppo): la malinconia dell’esule che nessuna immaginazione può cancellare, la consapevolezza di non poter in tempi brevi esercitare in patria la propria arte in libertà, la certezza nichilista che la vita è niente e che valori e gioie celano solo la ricerca della morte. La storia ricade anche nella categoria dell’amour-fou e in essa l’amore per l’arte e la bellezza si identificano con quello per una donna che non si è avuta e che rimane come altissimo rimpianto. A vivere tale sentimento rimasto segreto nella sua vita, è Nasser Alì, un virtuoso musicista di violino che né a scuola né in famiglia è mai stato il primo, finché non diventa famoso fuori della sua patria. Tale svolta nella carriera è però dovuta alla capacità di suonare finalmente col cuore dopo l’abbandono da parte della sua innamorata. Quando la moglie non amata, in una scena isterica, fa a pezzi lo strumento, Alì decide di finire la propria esistenza lasciandosi morire di consunzione in otto giorni, poiché la sua arte è ormai persa irrimediabilmente insieme a quella giovane andata sposa ad altri. Né alcun “pollo alle prugne” può ridargli il gusto e il piacere di vivere, poiché lui è avvolto in un paradiso privato fatto di ricordi e di passato, senza più presente. Sfilano nei siparietti con cui sono scanditi gli otto giorni di tempo per morire tutte le persone e i momenti chiave della vita di Alì insieme ad episodi significativi della sua infanzia. In quanto agli attori il cast del film si avvale di una nutrita presenza femminile portatrice perlopiù di valori sentimentali, mentre i maschi rappresentano l’eccesso di razionalità o l’armonia che può attingersi con quest’ultima se il cuore è libero di scegliere. Spiccano tra le interpreti Isabella Rossellini nel ruolo della madre del protagonista, guardiana della tradizione, e Golshifteh Farahani, una purissima bellezza orientale nel ruolo dell’amore assoluto. Bravissimo, giustamente stralunato e triste, con lampi di humour vitali e politicamente scorretti Mathieu Amalric, che è uomo di cinema a tutto tondo, regista oltre che attore nonché grande amico della Satrapi.
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eugenio
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sabato 6 luglio 2013
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la rassegnazione di un uomo dinanzi alla morte
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Il titolo non inganni lo spettatore: “Pollo alle prugne” non costituisce un manuale di cucina né un ricettario di specialità esotiche ma la nuova pellicola della fumettista/sceneggiatrice/regista Marjane Satrapi. Già nel precedente lungometraggio (Persepolis), l’eclettica iraniana aveva dato eccellente prova di coniugare il linguaggio parlato proprio del cinema con quello scenico di un layout da tavola in un risultato che, oltre all’evidente grado di originalità, aveva mostrato sapienza nei toni narrativi, spesso metafora della delicata condizione socio-politica iraniana nei primi anni sessanta.
Una metafora che continua ad essere sfruttata anche in questo film che abbandonando almeno in parte i temi della critica sociale ( la feroce e grottesca rappresentazione della società tipo americana, obesa e ottusa qui compare solo in una breve ma mordace sequenza) si sofferma sul mondo intimista e psicologico di un anonimo personaggio di Teheran, Nasser (l’estraniato Mathieu Amalric), eccellente suonatore di violino, dotato di una passione naturale e istintiva verso la musica,un punto di riferimento cosi’ forte che lo spinge a trascurare gli affetti familiari.
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Il titolo non inganni lo spettatore: “Pollo alle prugne” non costituisce un manuale di cucina né un ricettario di specialità esotiche ma la nuova pellicola della fumettista/sceneggiatrice/regista Marjane Satrapi. Già nel precedente lungometraggio (Persepolis), l’eclettica iraniana aveva dato eccellente prova di coniugare il linguaggio parlato proprio del cinema con quello scenico di un layout da tavola in un risultato che, oltre all’evidente grado di originalità, aveva mostrato sapienza nei toni narrativi, spesso metafora della delicata condizione socio-politica iraniana nei primi anni sessanta.
Una metafora che continua ad essere sfruttata anche in questo film che abbandonando almeno in parte i temi della critica sociale ( la feroce e grottesca rappresentazione della società tipo americana, obesa e ottusa qui compare solo in una breve ma mordace sequenza) si sofferma sul mondo intimista e psicologico di un anonimo personaggio di Teheran, Nasser (l’estraniato Mathieu Amalric), eccellente suonatore di violino, dotato di una passione naturale e istintiva verso la musica,un punto di riferimento cosi’ forte che lo spinge a trascurare gli affetti familiari. Il cammino della sua crescita artistica viene spezzato dalla rottura del prediletto strumento musicale, infrantogli dalla moglie a seguito dell’ennesimo litigio. Da quel momento il senso di impotenza e frustrazione polverizzerà ogni traccia del naturale entusiasmo di Nasser, il quale si lascerà trascinare dall’accidia verso un’inesorabile dissoluzione psico-fisica e, infine, alle spire dell’angelo della morte.
Il distacco emotivo del protagonista dal mondo, specchio dell’intolleranza di un popolo alle rivoluzioni del paese, diviene occasione per Satrapi di riflettere sulla condizione di un giovane uomo sconfitto nei valori e frustrato negli affetti a causa di un sistema che non riconosce la forza dell’amore chiudendosi in concezioni arcaiche (vedi il matrimonio della donna amata Irana col generale). L’innamorato Nasser costretto a sposare senza passione un’ intelligente ma scialba zitella insegnante per il volere materno e incapace di trovare un senso senza quel violino le cui note erano l’anima del suo cuore, si lascia morire per esprimere il suo rifiuto dinanzi al sale e brivido di quella vita divenuta insignificante e senza senso.
La scelta di evitare toni da tragedia greca in questi contesti non era semplice data l’estrema delicatezza dei temi universali trattati come il suicidio e la morte; se poi si inserisce il grottesco, la possibilità di scadere nel ridicolo è elevata ma Pollo alle prugne riesce nell’intento di comunicare mediante un racconto analettico dai toni favolistici, la consapevolezza lucida e amara di un destino ancorato al dolore grazie anche all’abilità facciale di un allucinato Mathieu Alamaric.
La parte “fumettistica” qui ridotta a un paio di scene finali ha lo scopo di rilassare lo spettatore alle scene finali, il famoso ottavo giorno, intriso di sofferenza e amarezza dove il tono soffuso e caldo delle immagini si unisce alla musica drammatica di un viaggio di sola andata.
Un boccone di pollo alle prugne che incanta e fa piangere. Piangere per la scomparsa di ogni gusto e piacere, per la consapevolezza di non vivere liberi e incantare per la rappresentazione di una personalità, cosi’ determinata e pervicace nel continuo rimembrare una donna ingiustamente sottrattagli ma mai dimenticata,suo unico motore di espressione artistica sino al tragico evento.
Malinconico esempio di cinema eclettico e anticonvenzionale che sa suggestionare col rischio, purtroppo presente, di fare leva sull’empatia dello spettatore. Ma non è una pecca. Anzi.
Da vedere per capire cosa significa amare veramente qualcuno.
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great steven
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domenica 1 novembre 2015
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un violinista deluso dalla vita sceglie di morire.
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POLLO ALLE PRUGNE (FR/GERM/BELG, 2011) diretto da MARJANE SATRAPI & VINCENT PARONNAUD. Interpretato da MATHIEU AMALRIC, EDOUARD BAER, MARIA DE MEDEIROS, GOLSHIFTEH FARAHANI, ERIC CAVARACA, ISABELLA ROSSELLINI, CHIARA MASTROIANNI, RONA HARTNER, JAMEL DEBBOUZE
Come fonte d’ispirazione c’è l’omonimo fumetto disegnato da M. Satrapi, che poi ne ha tratto il film in questione dirigendolo assieme a V. Paronnaud, e l’origine fumettistica dell’opera è ben visibile anche osservando con attenzione i sontuosi titoli di testa e i numerosi intermezzi divertenti disegnati con tonalità artigianali, che alternano la storia con gli attori veri introducendo spezzoni di saporita comicità.
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POLLO ALLE PRUGNE (FR/GERM/BELG, 2011) diretto da MARJANE SATRAPI & VINCENT PARONNAUD. Interpretato da MATHIEU AMALRIC, EDOUARD BAER, MARIA DE MEDEIROS, GOLSHIFTEH FARAHANI, ERIC CAVARACA, ISABELLA ROSSELLINI, CHIARA MASTROIANNI, RONA HARTNER, JAMEL DEBBOUZE
Come fonte d’ispirazione c’è l’omonimo fumetto disegnato da M. Satrapi, che poi ne ha tratto il film in questione dirigendolo assieme a V. Paronnaud, e l’origine fumettistica dell’opera è ben visibile anche osservando con attenzione i sontuosi titoli di testa e i numerosi intermezzi divertenti disegnati con tonalità artigianali, che alternano la storia con gli attori veri introducendo spezzoni di saporita comicità. Nasser Alì è un umile e poco carismatico violinista che vive esclusivamente per la sua musica. Ha un fratello di nome Abdi che, contrariamente a lui, è sempre stato benvisto e ammirato e che ora milita nel partito comunista iraniano. Sposato con una donna che non ama ma dalla quale è invece amato, Nasser Alì ha anche due figli piccoli, ma non possiede nessuna dote del bravo genitore. Quando la moglie, ormai stufa di dover lavorare come una pazza per mantenere la famiglia e stanca della negligenza del marito messa in atto al solo scopo di continuare a suonare, gli rompe il violino, l’uomo decide che non ha più un obiettivo per vivere e, rinchiusosi nella sua camera senza mangiare né bere, si prepara a morire. La storia è interamente raccontata dal punto di vista di Azrael, l’angelo della morte della religione sciita. Il "pollo alle prugne" del titolo altro non è che il piatto preferito del protagonista, nonché il suo unico motivo per fornire un apprezzamento alla consorte detestata. Malgrado il film incespichi più di una volta in lentezze riflessive e meditabonde o cerchi ad ogni costo di strappare una risata con intervalli spassosi ma caratterizzati da una semplicità fin troppo pesante, il suo andamento risulta comunque regolare e non annoia lo spettatore, il quale ha dunque la possibilità di seguire l’evoluzione della vicenda e mettersi nei panni di un personaggio principale che ha tutte le carte in regola per giocare il ruolo dell’antieroe, ma al tempo stesso rappresenta anche un ottimo esempio di uomo comune che vuole porre l’arte come finalità precipua di un’esistenza che, per il resto, non gli ha donato altro che delusioni, non solamente amorose. La trovata della bella ragazza figlia dell’orologiaio, fulcro delle passioni intime di Nasser Alì e suo assoluto oggetto del desiderio, si inserisce piuttosto bene nel contesto dei risentimenti che il protagonista nutre per le occasioni sprecate, e ha l’innegabile merito di rinunciare alla smanceria pur conservando l’obiettivo di raffigurare un affetto perduto, o meglio, mai vissuto appieno. M. Amalric si dà da fare nel tratteggiare un ruolo contraddistinto da profonda introversione, spietata introspezione e umana meschinità, instillando nel suo carattere le espressioni stralunate e la voglia irrefrenabile di perdere che son tipiche di un artista forse non così mediocre e fallito come gli altri lo dipingono. Personaggi scritti alquanto male e interpretati non molto meglio sono quelli delle uniche attrici italiane presenti nel cast, ossia C. Mastroianni (che interpreta la figlia cresciuta, che annega i propri dispiaceri da adulta nell’alcool, nel gioco d’azzardo e nel fumo) e I. Rossellini (la madre del protagonista che gestisce un vivaio di piante e vorrebbe vedere il figlio sposato e definitivamente sistemato). Si percepisce, purtroppo, un brusco calo di tensione, e anche una sorpresa non tanto positiva, quando l’angelo della morte, l’ironico e sarcastico Azrael, compare personalmente di fronte a Nasser Alì, nel suo sesto giorno di digiuno totale e di preparazione al trapasso. La regia, nonostante sia condivisa da due persone, riesce a tirare fuori il meglio da una sceneggiatura non originale che, malgrado alcuni intoppi e frivolezze squisitamente coreografiche, si fa valere per l’analisi quasi psicoanalitica che esamina non soltanto un contesto famigliare devastato ma tutto un ambiente sociale, inserito nella cornice dell’Iran del 1958.
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carloalberto
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mercoledì 19 gennaio 2022
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surreale, poetico e tuttavia discontinuo
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Un fumetto firmato dalla Satrapi di Persepolis trasposto dalla stessa e da Paronnaud in forma di commedia drammatica contenuta in una fiaba per adulti che diventa melodramma ed a tratti si tinge di poesia sulle note di Olivier Bernet nella colorata fotografia di Beaucarne.
Il film è sull’amore trasfigurato-sublimato in arte cui è impossibile rinunciare, perché è preferibile l’annientamento fisico a quello spirituale, la morte alla vita senza arte. Un corpo senza anima è un violino rotto che non può più suonare.
Mathieu Amalricè il violinista innamorato, Golshifteh Farahani la musa ispiratrice, il sogno irrealizzato, Isabella Rossellini, la madre, incarna il principio di realtà, Maria de Medeiros, la moglie,è il simbolo della banalità del quotidiano, della vita calcolante e vuota dei tempi moderni, non a caso professoressa di matematica.
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Un fumetto firmato dalla Satrapi di Persepolis trasposto dalla stessa e da Paronnaud in forma di commedia drammatica contenuta in una fiaba per adulti che diventa melodramma ed a tratti si tinge di poesia sulle note di Olivier Bernet nella colorata fotografia di Beaucarne.
Il film è sull’amore trasfigurato-sublimato in arte cui è impossibile rinunciare, perché è preferibile l’annientamento fisico a quello spirituale, la morte alla vita senza arte. Un corpo senza anima è un violino rotto che non può più suonare.
Mathieu Amalricè il violinista innamorato, Golshifteh Farahani la musa ispiratrice, il sogno irrealizzato, Isabella Rossellini, la madre, incarna il principio di realtà, Maria de Medeiros, la moglie,è il simbolo della banalità del quotidiano, della vita calcolante e vuota dei tempi moderni, non a caso professoressa di matematica.
Il film non regge per tutta la sua durata il tono alto dell’elegia, cade in improvvise ovvietà prosaiche, non trattiene a sé l’attenzione perdendosi nel superfluo in una sovrabbondanza di frasi ad effetto che spengono l’empatia suscitando la noia. Straordinari, invece, sono i flashforwards dedicati ai figli, immaginati imprigionati in destini senza speranza, vittime del proprio carattere, l’una troppo sensibile, Chiara Mastroianni, si autodistruggerà come il padre, l’altro, ottuso e volgarotto, volerà oltreoceano dove metterà su la tipica famiglia da telefilm americano con i figli obesi e la moglie oca.
Discontinuo nei contenuti, omogeneo nello stile, alterna immagini suggestive a sequenze senza pathos, a divertenti gag, come quella del bambino iperattivo che canta per tutto il viaggio sul pullman, seguono surreali trovate, come l’apparizione dell’angelo della morte che racconta al protagonista la parabola tratta dalla 53ª sukkah del Talmud Babilonese che ispirò anche la Samarcanda di Vecchioni. Ma è il tono melanconico a prevalere, nell’espressione triste, buffa, spaesata, avvilita, rassegnata dei grandi occhi di Amalric, nell’accompagnamento sonoro delle musiche romantiche di Bernet, nel finale nostalgicamente volto alle cose perdute che mai torneranno, ai sogni che svaniscono col tempo, come la vita.
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renato volpone
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martedì 10 aprile 2012
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il trionfo dell'accidia
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Un uomo, due donne, una che lo ama, l'altra amata da lui: un mondo fatto di convenzioni, di vecchie storie e di bambini vivaci. L'uomo decide di morire e ci mette otto giorni, otto giorni lunghissimi, sicuramente anche a colpa di un doppiaggio pessimo che toglie completamente l'espressività alla recitazione, otto giorni in cui trionfa l'accidia più assoluta del protagonista e la noncuranza di chi gli sta intorno. Non basta l'atmosfera fiabesca, la bella musica e l'incanto d'amore a salvare dalla noia mortale questo film.
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(di francesca50)
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annu83
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domenica 22 aprile 2012
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il pollo della felicità
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Nella Tehran degli anni 60, come potrebbe il virtuoso del violino Nasser Alì vivere senza l'amore della sua vita?
E come potrebbe vivere accanto alla persona che lo ha privato di tale importante amore?
E cosa c'entra un pollo alle prugne in tutto questo?
Nasser è un virtuoso del violino che, dopo aver visto distruggere il proprio strumento dalla moglie, si mette alla disperata ricerca di uno strumento sostitutivo, ma non trovandolo decide di percorrere l'unica strada che rimane per porre fine alla propria sofferenza: lasciarsi morire. E dopo aver vagliato diverse ipotesi, decide di lasciarsi morire di inedia, rimanendo sdraiato sul suo letto, semplicemente nutrendosi di sigarette.
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Nella Tehran degli anni 60, come potrebbe il virtuoso del violino Nasser Alì vivere senza l'amore della sua vita?
E come potrebbe vivere accanto alla persona che lo ha privato di tale importante amore?
E cosa c'entra un pollo alle prugne in tutto questo?
Nasser è un virtuoso del violino che, dopo aver visto distruggere il proprio strumento dalla moglie, si mette alla disperata ricerca di uno strumento sostitutivo, ma non trovandolo decide di percorrere l'unica strada che rimane per porre fine alla propria sofferenza: lasciarsi morire. E dopo aver vagliato diverse ipotesi, decide di lasciarsi morire di inedia, rimanendo sdraiato sul suo letto, semplicemente nutrendosi di sigarette.
Paronnaud e Satrapi ridisegnano una movie-novel basata sulla graphic-novel omonima. E lo fanno con disinvoltura e delicatezza, con ironia e quel tocco di black humor che è inaspettatamente in grado di dare consistenza a una storia breve e semplice. Lo fanno inoltre rappresentando un'ambientazione da sogno, fiabesca e fantastica, che forse ha ben poco di reale ma che è in grado di coccolare lo spettatore e di metterlo mette a proprio agio.
La bellezza del film risiede, oltre che nella delicatezza della storia , anche nell’utilizzo sfacciato e reiterato di flashback alternati a flashforward che inizialmente fanno un po' girare la testa allo spettatore, ma che appena si entra nell'ottica giusta, danno un gustoso sapore di conoscenza e cognizione, sebbene cancellino completamente anche la minima presenza di una fabula all'interno del girato. Nell'utilizzo di una voce narrante oltremodo seriosa da risultare distaccatamente ironica. Nella stesura di una sceneggiatura che rendono Cyrus (il figlio di Nasser) assoluto protagonista di lampi di genio, come nella scena del bus, oppure in quella della richiesta di oppio. In ambito ironico è mentalmente fantastico il dialogo tra Nasser e la moglie appena lei rientra in casa: "Nasser Alì, cosa fai ancora a letto?" "Ho deciso di lasciarmi morire!" "E dove hai lasciato Cyrus?" "Dalla vicina!" "Di nuovo? E' troppo se ti chiedo di occuparti di tuo figlio?".
E poi nuovamente fantastico l'alternarsi di scene animate (che richiamano alla mente il validissimo Persepolis) a scene reali, che si intrecciano e si completano in maniera unica, come i pezzi di un puzzle perfetto.
Unica pecca di questo film, forse, è che arriva alla fine un po' in riserva, trascinandosi un po' stancamente rispetto a come era partito. La trovata dell'angelo della morte, che per fattezze e per dialoghi richiama alla mente la nostra Samarcanda (geniale la sequenza animata), cerca di dare una scossa che non basta. In compenso una piccola ripresa , sebbene un po' troppo melodrammatica, la riceviamo nel finale, durante la narrazione di un ennesimo grande amore che non può essere consumato. Ma che, in compenso, può essere goduto dallo spettatore grazie a una seducente musica d'atmosfera davvero di un altro livello.
Ah, ci chiedevamo cosa c'entrasse il pollo alle prugne... beh, diciamo che è una sorta di "ricerca della felicità"… Ma il film o spiega meglio….
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