Confessions |
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Un film di Tetsuya Nakashima.
Con Takako Matsu, Yukito Nishii, Kaoru Fujiwara, Masaki Okada, Yoshino Kimura.
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Titolo originale Kokuhaku.
Drammatico,
durata 107 min.
- Giappone 2010.
- Tucker Film
uscita giovedì 9 maggio 2013.
MYMONETRO
Confessions
valutazione media:
3,29
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un masterpiece asiatico fuori dagli schemidi Priscylla17Feedback: 200 | altri commenti e recensioni di Priscylla17 |
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domenica 26 ottobre 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Nakashima ci regala un'opera di grande bellezza estetica che si scrolla di dosso i consueti canoni della regia asiatica. Forte della sceneggiatura tratta dall'omonimo romanzo di Kanae Minato, il regista - dopo il visionario e pop "Memories of Matsuoko" - ci racconta una storia che si insinua nella psiche di personaggi devastati dalla società attuale giapponese. I topos sono sempre gli stessi che accompagnano l'horror made in Japan, il disfacimento della famiglia e la mancanza del valore affettivo tra i membri di un nucleo familiare, i rapporti sociali contrastati dall'ego personale degli adolescenti odierni. Nakashima ci racconta questa storia con un montaggio dinamico e con virtuosismo di movimenti di camera che lasciano increduli coloro che sono abituati alla staticità asiatica e al piano fisso in campo totale, spesso abusato dai registi giapponesi, sceglie di variare di continuo la fotografia desaturandola e saturandola secondo un climax narrativo interno alla storia, congela i personaggi narranti come in un fermo immagine attorno a cui lo spazio circostante si muove in rallenti di grande fascino visivo, oppure spiazza lo spettatore con jump-cut. Suggestiva la scelta delle soundtrack in lingua inglese che rendono la pellicola ancor più sui generis e che si armonizzano alla sensibilità del contenuto delle scene. L'intreccio narrativo ricorda quello di un anime giapponese, con lunghi monologhi che mostrano in colpi di scena l'evolversi della vicenda secondo i diversi punti di vista dei personaggi. Accusato di essere stato troppo estetizzante ed enfatico nella regia, si è invece affrancato dal solito cliché asiatico che, seppur affascinante, spesso stanca e annoia gli occhi degli spettatori occidentali e lo ha fatto con un stile e una classe impeccabili. Priscilla Piazza
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