clavius
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martedì 8 settembre 2009
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amaro
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Certo in questo film non si scopre niente di nuovo, ma resta una fotografia imbarazzante del nostro paese. Deformata fin che si vuole, cerca comunque di sondare una delle cause che hanno trascinato l'Italia nel desolante vuoto culturale nel quale è immersa da almeno un ventennio. A tratti impietoso il documentario mette alla berlina comportamenti tra il ridicolo e l'orrido che contraddistinguono una fetta consistente degli italiani impegnati ad apparire, vogliosi di emergere senza competenze nè qualità.
La televisione ridotta ad enorme circo Barnum dove al posto del numero della donna barbuta ci sta lo spogliarello di una casalinga meneghina mascherata.
Si esce dalla visione un po' nauseati nell'osservare un universo (quello delle televisioni commerciali) sempre più autorefernziale, dove girano molti soldi in mano a gente che non sa fare nulla tranne che nutrirsi della popolarità che una società oramai priva di senso critico e gusto è disposta a concedere loro.
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Certo in questo film non si scopre niente di nuovo, ma resta una fotografia imbarazzante del nostro paese. Deformata fin che si vuole, cerca comunque di sondare una delle cause che hanno trascinato l'Italia nel desolante vuoto culturale nel quale è immersa da almeno un ventennio. A tratti impietoso il documentario mette alla berlina comportamenti tra il ridicolo e l'orrido che contraddistinguono una fetta consistente degli italiani impegnati ad apparire, vogliosi di emergere senza competenze nè qualità.
La televisione ridotta ad enorme circo Barnum dove al posto del numero della donna barbuta ci sta lo spogliarello di una casalinga meneghina mascherata.
Si esce dalla visione un po' nauseati nell'osservare un universo (quello delle televisioni commerciali) sempre più autorefernziale, dove girano molti soldi in mano a gente che non sa fare nulla tranne che nutrirsi della popolarità che una società oramai priva di senso critico e gusto è disposta a concedere loro.
Le critiche mosse al documentario mi sono parse pregiudiziali. Certo la pellicola potrebbe essere ancora più incisiva ma c'è materiale sufficiente per porsi qualche domanda spinosa. E senza falsi moralismi chiedersi: ma nel resto del mondo sarà poi tanto diverso?
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(di francesco2)
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sassolino
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lunedì 21 settembre 2009
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il punto più basso della civiltà
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Il più occultato dei film in concorso a Venezia, e già questo la dice lunga sui contenuti, è una lunga omelia funebre dell'italia dei valori, uno straniante documentario sull'ascesa della televisione, deus ex machina ultimo di una società di cartapesta, dominata da un manipolo di tre uomini (Lele Mora, Fabrizio Corona e il nostro innominato, tale Silvio).
La narrazione off, espediente spesso geniale nella realizzazione di documentari, qui riesce davvero a disorientare; la voce di Erik Gandini, regista italo/svedese, è espressiva quanto un Dante nella divina commedia, col suo tono accerchiante ci costringe a prendere atto di una realtà ormai troppo radicata, troppo ammorbata (come avrebbe detto Samuel Jackson in pulp fiction) da non poterla più sovvertire.
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Il più occultato dei film in concorso a Venezia, e già questo la dice lunga sui contenuti, è una lunga omelia funebre dell'italia dei valori, uno straniante documentario sull'ascesa della televisione, deus ex machina ultimo di una società di cartapesta, dominata da un manipolo di tre uomini (Lele Mora, Fabrizio Corona e il nostro innominato, tale Silvio).
La narrazione off, espediente spesso geniale nella realizzazione di documentari, qui riesce davvero a disorientare; la voce di Erik Gandini, regista italo/svedese, è espressiva quanto un Dante nella divina commedia, col suo tono accerchiante ci costringe a prendere atto di una realtà ormai troppo radicata, troppo ammorbata (come avrebbe detto Samuel Jackson in pulp fiction) da non poterla più sovvertire.
L'intelligenza del regista è proprio quella di giocare sul'enfasi, mostrando Lele Mora in un bianco accecante, sacrale, come a renderlo candido, innocente, perché i veri colpevoli siamo noi, la nostra sottocultura televisiva che ci sta riportando scandalosamente al fascismo, dove tutti dobbiamo avere la stessa tutina, le stesse idee, la stessa confezione psicologica, perché senza quella non c'e' successo, come testimonia lo Sacrface Corona, e che colpa ha lui se è diventato l'idolo delle donne e ahimé anche degli uomini?
Spettatore ultimo, al vertice di questa grande piramide di Cheope sta lui, Silvio, a godersi il vulcano che erutta, che ha fatto costruire su un'abusiva villa certosa. Ma quel vulcano che erutta siamo noi, traboccanti e dispersi dal fiume di lava; lui si gode soltanto l'ultimo dei giochi che ha confezionato e noi continuiamo a farlo gocare.
Di un silenzio agghiacciante, come le nostre anime, la nostra capacità critica, ottenebrata ormai.
Esemplare.
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cheshirek4t
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domenica 6 settembre 2009
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qualcosa di interessante
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Seppure a tratti può sembrare caotico e dispersivo, il documentario non manca di momenti particolarmente intensi. La sensazione, inizialmente, è quella di sapere già di cosa si parla, ed è dunque con poco stupore e con una certa sufficienza che ho visto la prima decina di minuti. La materia è tuttavia trattata in maniera particolare, e pian pianino si finisce per domandarsi se il saper già basti. Forse il documentario non fa altro che ripeterci cose che molti italiani già sanno, ma il tono e lo stile logico e narrativo rendono quelle consapevolezze improvvisamente assai più brucianti e profonde. In alcuni momenti mi è suonato in testa come un campanello d'allarme: "Ok, so, ma mi sono assuefatto a tutto ciò!" Secondo me, il merito del film è proprio qui, nella capacità di renderci più pesanti e più urgenti le problematiche che tratta.
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Seppure a tratti può sembrare caotico e dispersivo, il documentario non manca di momenti particolarmente intensi. La sensazione, inizialmente, è quella di sapere già di cosa si parla, ed è dunque con poco stupore e con una certa sufficienza che ho visto la prima decina di minuti. La materia è tuttavia trattata in maniera particolare, e pian pianino si finisce per domandarsi se il saper già basti. Forse il documentario non fa altro che ripeterci cose che molti italiani già sanno, ma il tono e lo stile logico e narrativo rendono quelle consapevolezze improvvisamente assai più brucianti e profonde. In alcuni momenti mi è suonato in testa come un campanello d'allarme: "Ok, so, ma mi sono assuefatto a tutto ciò!" Secondo me, il merito del film è proprio qui, nella capacità di renderci più pesanti e più urgenti le problematiche che tratta. Da non sottovalutare neppure certi interessanti spunti di riflessione buttati qua e là dalla voce narrante, o suggeriti dal delinearsi dei personaggi di Mora e Corona. E' un documentario che dà parecchio da pensare, al di là di qualche limite che indubbiamente ha. Considerando il momento storico in cui viviamo, lo consiglio vivamente. Anche per non condividerne alcunché, magari, ma per ragionarci su.
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g. romagna
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giovedì 18 febbraio 2010
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videocracy
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L'ascesa mediatica e, conseguentemente, politica di S. Berlusconi filtrata dalle le figure di L. Mora, F. Corona, aspiranti veline ed aspiranti showmen televisivi. Il cambiamento di costume introdotto nella società dalla tv commerciale ed il culto più deteriore dell’immagine come base per la costruzione di un impero economico, politico e mediatico apparentemente inscalfibile. Il mercimonio del corpo femminile ridotto a carne da esposizione a servizio del maschio dominante. Sono questi gli argomenti trattati da Videocracy. Ha ragione chi scrive che per noi Italiani non c'è quasi nulla di nuovo sotto il sole e che questo lavoro, di produzione svedese, ha come destinatari principali gli spettatori di altri paesi che ancora non conoscono bene cosa sia l'Italia berlusconiana (anche se a volte sospetto che proprio all'estero, dove l'informazione - non certo linda e libera da servilismi, ben si intenda - non risente dell'operato della macchina berlusconiana, le persone siano meglio informate su Berlusconi di quanti qui gli concedono il voto); tuttavia, ritengo sia utile dedicarvi il poco tempo richiesto alla visione: vero, chi si avvicina ad un film del genere ha già ben in mente che cosa lo attenderà e, nella grande maggioranza dei casi, si può già prevedere cosa ne pensi, ma occorre anche considerare il fatto che alle bassezze illustrate da Gandini siamo abituati ad essere esposti in più o meno piccole pillole quotidiane cui, con l'andare del tempo, abbiamo fatto l'abitudine, sino al punto, perlomeno, di considerarle come realtà stabili del nostro tempo: qui invece non siamo chiamati ad ingerire poco per volta le piccole compresse della volgarità mediatico-sociale quotidiana, ma, come di fronte ad un'inarrestabile marea montante, ne siamo del tutto investiti quanto basta per prendere, almeno per un attimo, più organicamente coscienza della pervasività di questo fenomeno di decadimento di cui Berlusconi diviene cartina di tornasole.
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L'ascesa mediatica e, conseguentemente, politica di S. Berlusconi filtrata dalle le figure di L. Mora, F. Corona, aspiranti veline ed aspiranti showmen televisivi. Il cambiamento di costume introdotto nella società dalla tv commerciale ed il culto più deteriore dell’immagine come base per la costruzione di un impero economico, politico e mediatico apparentemente inscalfibile. Il mercimonio del corpo femminile ridotto a carne da esposizione a servizio del maschio dominante. Sono questi gli argomenti trattati da Videocracy. Ha ragione chi scrive che per noi Italiani non c'è quasi nulla di nuovo sotto il sole e che questo lavoro, di produzione svedese, ha come destinatari principali gli spettatori di altri paesi che ancora non conoscono bene cosa sia l'Italia berlusconiana (anche se a volte sospetto che proprio all'estero, dove l'informazione - non certo linda e libera da servilismi, ben si intenda - non risente dell'operato della macchina berlusconiana, le persone siano meglio informate su Berlusconi di quanti qui gli concedono il voto); tuttavia, ritengo sia utile dedicarvi il poco tempo richiesto alla visione: vero, chi si avvicina ad un film del genere ha già ben in mente che cosa lo attenderà e, nella grande maggioranza dei casi, si può già prevedere cosa ne pensi, ma occorre anche considerare il fatto che alle bassezze illustrate da Gandini siamo abituati ad essere esposti in più o meno piccole pillole quotidiane cui, con l'andare del tempo, abbiamo fatto l'abitudine, sino al punto, perlomeno, di considerarle come realtà stabili del nostro tempo: qui invece non siamo chiamati ad ingerire poco per volta le piccole compresse della volgarità mediatico-sociale quotidiana, ma, come di fronte ad un'inarrestabile marea montante, ne siamo del tutto investiti quanto basta per prendere, almeno per un attimo, più organicamente coscienza della pervasività di questo fenomeno di decadimento di cui Berlusconi diviene cartina di tornasole.Certo, una volta terminata la proiezione tutto torna come prima, ma perlomeno in quell'ora e un quarto abbiamo modo di incazzarci come si deve: ogni tanto ci vuole. Il culto degradante dell'immagine e il desiderio sfrenato del quarto d'ora di notorietà warholiana infesta l'intero Occidente, ma solo qui in Italia è divenuto strumento di successo politico di forza così dirompente. Un successo fatto di propaganda demagogica, di venerazione dell'immagine esteriore, di elogio del malaffare, di mercimonio del corpo femminile, di becerume e di tremenda incultura (la scena più forte del film è, non per niente, quella di Lele Mora, amico del premier, biancovestito nella sua enorme villa tutta bianca, che, sfoggiando di fronte alla telecamera un ebete sorriso e dichiarandosi orgogliosamente fascista, mostra sul suo cellulare un video in cui si succedono aquile fasciste e svastiche naziste sulle note di Faccetta Nera). Venendo alle constatazioni negative, stupisce però il fatto che il regista ci mostri delle immagini iniziali di strip amatoriali su una tv locale spacciandole come l'avvio dell'escalation mediatica del premier, poichè tutto ciò non è corretto: sarebbe stato più giusto dire che da immagini sulla falsariga di quelle è poi partito tutto, ma non da quelle, che sono tratte da TeleTorino quando fu invece TeleMilano la prima rete berlusconiana. Un neo d’una certa dimensione che non toglie comunque valore ad un prodotto che, nonostante la sua portata rivelatrice non certo rivoluzionaria, merita d’essere visionato.
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aspirantefilmmaker
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mercoledì 9 settembre 2009
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videocracy. non basta apparire. bisogna spiegare.
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Basta apparire. Il sottotitolo dice tutto. La cosa più importante è farsi vedere, mostrarsi davanti ad una telecamera, anche solo per un quarto d'ora e fare un mix tra Ricky Martin e il karate. Ma parliamoci chiaro: Videocracy non vuole svelare uno scandalo, Videocracy vuole semplicemente illustare una realtà nota da tempo da un punto di vista "esterno" (il regista è un bergamasco esule in Svezia), e cercare di capire come un esperimento televisivo registrato in un bar in cui le casalinghe si spogliavano per il piacere dei muratori sia riuscito a cambiare, in 30 anni, la mentalità di un intero paese. E forse è in questo secondo punto che il film risulta più debole. Per essere il più chiaro possible, il regista ha deciso di intrecciare la storia, che fa un pò da filo conduttore, di un giovane ventiseienne che aspira ad entrare nel mondo della televisione, con quelle di personaggi ben più noti, Fabrizio Corona per citarne uno, mostrando chiaramente il muro che separa questi due mondi.
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Basta apparire. Il sottotitolo dice tutto. La cosa più importante è farsi vedere, mostrarsi davanti ad una telecamera, anche solo per un quarto d'ora e fare un mix tra Ricky Martin e il karate. Ma parliamoci chiaro: Videocracy non vuole svelare uno scandalo, Videocracy vuole semplicemente illustare una realtà nota da tempo da un punto di vista "esterno" (il regista è un bergamasco esule in Svezia), e cercare di capire come un esperimento televisivo registrato in un bar in cui le casalinghe si spogliavano per il piacere dei muratori sia riuscito a cambiare, in 30 anni, la mentalità di un intero paese. E forse è in questo secondo punto che il film risulta più debole. Per essere il più chiaro possible, il regista ha deciso di intrecciare la storia, che fa un pò da filo conduttore, di un giovane ventiseienne che aspira ad entrare nel mondo della televisione, con quelle di personaggi ben più noti, Fabrizio Corona per citarne uno, mostrando chiaramente il muro che separa questi due mondi. Il muro non è altro che la televisione. Chi va in TV è qualcuno, chi non ci va non è nessuno. Sotto questo punto di vista il film è estremamente efficace. Il problema è che si ferma qui. L'analisi interna del "sistema TV" è molto accurata, a tratti anche divertente, ma non produce altro effetto se non quello di farci sorridere di fronte a cose già viste e riviste. Il difetto principale di questo film è, paradossalmente, proprio il suo scopo: far conoscere al pubblico straniero la situazione italiana.
Anche la narrazione di Erik Gandini, che ho trovato personalmente un pò irritante, continua a riferire fatti che sono ormai familiari e che sono stati discussi centinaia di volte. Se fossi uno spettatore straniero sono sicuro che troverei estremamente interessante questo film, ma sono uno spettatore italiano, e, sebbene credo sia un documentario di buona fattura, sono ancora in attesa di un film che mi faccia davvero capire come siamo arrivati a questo punto.
Ma forse per quello dovrò aspettare un'altra decina d'anni e un paio di governi Berlusconi.
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salvatore scaglia
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domenica 5 settembre 2010
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potere al telecomando
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"Basta apparire": il sottotitolo è quasi più efficace di "Videocracy". Basta apparire, in una duplice accezione. Ormai è sufficiente l'aspetto esteriore per la propria affermazione: prestanza fisica e visi leccati per i maschi; e forme femminili pressochè perfette. Lo afferma lo stesso Corona: la gente guarda al personaggio, è irrilevante quel che dice. La forma dunque obnubila del tutto i contenuti. Ammesso che ci siano. Basta apparire, poi, in televisione: dove il frustrato operaio di periferia, che non ha successo con l'altro sesso, potrebbe ottenere soldi, fama e quindi orde di ragazze alla sua corte. "Videocracy" è un docu-film non solo sul potere della tv, ma sulla radicale trasformazione dell'Italia a partire dagli anni '80.
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"Basta apparire": il sottotitolo è quasi più efficace di "Videocracy". Basta apparire, in una duplice accezione. Ormai è sufficiente l'aspetto esteriore per la propria affermazione: prestanza fisica e visi leccati per i maschi; e forme femminili pressochè perfette. Lo afferma lo stesso Corona: la gente guarda al personaggio, è irrilevante quel che dice. La forma dunque obnubila del tutto i contenuti. Ammesso che ci siano. Basta apparire, poi, in televisione: dove il frustrato operaio di periferia, che non ha successo con l'altro sesso, potrebbe ottenere soldi, fama e quindi orde di ragazze alla sua corte. "Videocracy" è un docu-film non solo sul potere della tv, ma sulla radicale trasformazione dell'Italia a partire dagli anni '80. Trasformazione, verosimilmente, prima progettata dal magnate Berlusconi, e poi da lui stesso sfruttata per la sua celebre "discesa in campo" (anche se di certo non poteva prevedere la fine dell'Ancient regime con Mani pulite). Però, a ben vedere, quanto del decadimento spirituale ("Dio è morto"), culturale (nella Penisola si legge pochissimo) e morale (l'Italia è tra gli stati più corrotti, al livello di altri in via di sviluppo o del Terzo mondo) del Paese è realmente effetto di passività, di supino assorbimento dei nuovi 'valori' inoculati attraverso il tubo catodico ? Non v'è piuttosto un gusto nell'italiano medio, un ver'e proprio piacere, un'effettiva volontà (che si traduce, peraltro, in consenso sul piano elettorale) nel seguire quei modelli ? Il berlusconismo è questo: assai più esteso di un fenomeno meramente politico, fino a divenire accadimento che incide sulla struttura profonda dell'antropologia del Paese. Fino a riguardare - con il suo portato individualistico, edonistico e nichilistico - anche molti di coloro che non votano per la coalizione di Silvio. In una delle scene finali si vedono una trentina di ragazze che si dimenano, con pseudo-balli, per passare la selezione di Veline. Non se ne rendono conto probabilmente, ma sono ridicole. Ma più ridicoli ancora sono quanti non cambiano canale o non spengono, addirittura, la tv. Perchè il potere non è solo nella televisione, ma anche nel telecomando.
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domiu.u
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venerdì 28 gennaio 2011
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basta apparire
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Documentario molto interessante. Mostra la televisione italiana,una buona parte di essa è così, per quello che è: un misto di programmi decisamente scadenti e orripilanti, visti però da milioni di persone. Un misto di personaggi potenti che sono considerati dei grandi per un motivo a me, e penso a molti altri, ignoto. Personaggi come Lele Mora, che non si vergogna nemmeno di mostrare un video con tanto di musichetta e immagini fasciste e naziste e che è atteso da decine di persone per fare una foto. Personaggi come Fabrizio Corona, che si definisce il "Robin Hood" moderno,quello che però ruba ai ricchi per dare a sè stesso. Che riceve 10.000 euro per una serata in discoteca. Che si è preparato una bella strategia (la linea di magliette,il discorso appena uscito di prigione,le serate in dicoteca.
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Documentario molto interessante. Mostra la televisione italiana,una buona parte di essa è così, per quello che è: un misto di programmi decisamente scadenti e orripilanti, visti però da milioni di persone. Un misto di personaggi potenti che sono considerati dei grandi per un motivo a me, e penso a molti altri, ignoto. Personaggi come Lele Mora, che non si vergogna nemmeno di mostrare un video con tanto di musichetta e immagini fasciste e naziste e che è atteso da decine di persone per fare una foto. Personaggi come Fabrizio Corona, che si definisce il "Robin Hood" moderno,quello che però ruba ai ricchi per dare a sè stesso. Che riceve 10.000 euro per una serata in discoteca. Che si è preparato una bella strategia (la linea di magliette,il discorso appena uscito di prigione,le serate in dicoteca...) per diventare famoso. "Io mi presento bello,abbronzato,fisicato,sparo 4 boiate e a loro va bene". IL succo di ciò che dice è questo. Ma la cosa più triste, non è che lui lo dica,anche se è assolutamente vergognoso,ma che effettivamente sia così!
Altro personaggio(questa volta del film e non della televisone italiana)?? Il mitico Ricky Martin-Damme,per niente famoso ma molto infantile, che combina delle canzoni alle arti marziali. Vuole entrare a far parte del mondo della televisone,per avere ragazze,soldi e per essere ricordato.
Insomma, cosa emerge da tutto ciò? E' ovvio: BASTA APPARIRE.
Come ho già detto ho trovato questo film/documentario molto interessante per tutti. Peccato che probabilmente il pubblico che l'ha visto e che lo vedrà, sarà (quasi sicuramente )decisamente limitato.
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kildem
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martedì 22 febbraio 2011
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se avete un cervello, gradirete questo film
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Un film documentario che dimostra come la televisione, i soldi, il potere, possano letteralmente distruggere l'essere umano, addirittura un'intera nazione.
Siete stufi di questa Italia pappona e burlona? Guardate Videocracy.
Un piccolo appunto personale tuttavia.
Se il problema fosse solo Berlusconi, morto lui saremmo liberi. Il problema è ANCHE Berlusconi, ma non solo.
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meromero
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mercoledì 16 settembre 2009
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molto rumore per nulla
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Molto rumore per nulla. O quasi. L’atteso docu-film del regista trapiantato in Svezia Erik Gandini, addirittura censurati i trailer sia dalla Rai che da Mediaset, non realizza appieno le aspettative di un pubblico, cui era indirizzato, che già conosceva il 95% dell’argomento e che invece si aspettava di ampliare i propri orizzonti culturali. Invece nulla di nuovo, a parte sapere che Lele Mora è dichiaratamente fascista con tanto di suoneria di Faccetta nera sul suo nuovissimo telefonino e che il presidente Silvio Berlusconi possiede un “suo” piccolo vulcano privato…
Un viaggio che parte dai primi programmi a premi delle reti private, organizzati alla meno peggio in piccoli bar, dove le primissime vallette, nemmeno paragonabili alle finte bellezze di oggi, si spogliavano se il concorrente da casa rispondeva alle domande.
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Molto rumore per nulla. O quasi. L’atteso docu-film del regista trapiantato in Svezia Erik Gandini, addirittura censurati i trailer sia dalla Rai che da Mediaset, non realizza appieno le aspettative di un pubblico, cui era indirizzato, che già conosceva il 95% dell’argomento e che invece si aspettava di ampliare i propri orizzonti culturali. Invece nulla di nuovo, a parte sapere che Lele Mora è dichiaratamente fascista con tanto di suoneria di Faccetta nera sul suo nuovissimo telefonino e che il presidente Silvio Berlusconi possiede un “suo” piccolo vulcano privato…
Un viaggio che parte dai primi programmi a premi delle reti private, organizzati alla meno peggio in piccoli bar, dove le primissime vallette, nemmeno paragonabili alle finte bellezze di oggi, si spogliavano se il concorrente da casa rispondeva alle domande. Triste e squallido. Ma tutto è partito da lì. Un’ossessione, visibile oggi su qualunque canale televisivo italiano, di un esibizionismo sessuale come modo per mettersi in mostra e per fare audience. Senza freni. E l’Italia è dipinta come un paese che è abbagliato leci da questa scatola magica e si riflette nella voglia di apparire come i personaggi della tv, disposti a fare di tutto pur di apparire a loro volta qualche secondo nei salotti degli italiani. E nascono così i reality, stile Grande Fratello o Veline.
Ed è in questa cultura dell’apparire che si staglia la figura di Silvio Berlusconi, capostipite di quella politica-spettacolo figlia del suo modo di concepire la televisione: una politica ormai che si svuota di contenuti per dare spazio solamente alla superfice delle cose, all’apparenza. Un discorso molto da approfondire ma che risulta poi come la più grande pecca del film, cioè il non essere andato troppo a fondo nella disamina che stava facendo sulla tv. Gandini ci racconta di un’ Italietta volgare e attaccata al denaro, felice quando naviga nel suo lusso ottenuto con i muscoli, e che fa di tutto per raggiungere questo lusso, usando qualsiasi mezzo, lecito e non: Fabrizio Corona si definisce un moderno Robin Hood, che ruba ai ricchi per dare a se stesso (!!!), praticamente un ladro!
Sebbene sia un documentario, un ritmo decisamente troppo basso e privo di spunti di rilievo non aiuta di certo la pellicola che rimane troppo sulla superficie del problema, non analizza le conseguenze di questa inarrestabile discesa verso una totale volgarizzazione della tv italiana, che vede ormai sempre più relegati in secondo piano programmi validi e originali per dare spazio invece a programmi tette-culi.
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timelord
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domenica 4 ottobre 2009
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capolavoro di incompetenza
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Preso dalla foga di un'ennesima crociata antiberlusconiana e dall'intima soddisfazione di diffamare l'Italia, Gandini mette insieme un teorema assai discutibile senza nemmeno sapere una virgola della storia della televisione italiana: si limita a sostenere che arrivato Berlusconi la Tv è diventata commerciale e ha invogliato gli italiani a diventare dei volgari esibizionisti. Ma la storia della TV italiana parte da molto più lontano, compresa quella della TV commerciale, e sostenere certe tesi mettendo il solo Berlusconi sul banco degli imputati è un'azione a metà strada tra l'ignoranza pura e la disonestà intellettuale. Tant'è vero che la sequenza della casalinga che si spoglia viene mendacemente attribuita a Telemilano, cosa impossibile in quanto 1) tale sequenza risale a prima della nascita di telemilano medesima,
2) è pure in bianco e nero, quando telemilano ha sempre trasmesso a colori,
3) in ogni caso si è appurato che tale trasmissione era di "Teletorino".
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Preso dalla foga di un'ennesima crociata antiberlusconiana e dall'intima soddisfazione di diffamare l'Italia, Gandini mette insieme un teorema assai discutibile senza nemmeno sapere una virgola della storia della televisione italiana: si limita a sostenere che arrivato Berlusconi la Tv è diventata commerciale e ha invogliato gli italiani a diventare dei volgari esibizionisti. Ma la storia della TV italiana parte da molto più lontano, compresa quella della TV commerciale, e sostenere certe tesi mettendo il solo Berlusconi sul banco degli imputati è un'azione a metà strada tra l'ignoranza pura e la disonestà intellettuale. Tant'è vero che la sequenza della casalinga che si spoglia viene mendacemente attribuita a Telemilano, cosa impossibile in quanto 1) tale sequenza risale a prima della nascita di telemilano medesima,
2) è pure in bianco e nero, quando telemilano ha sempre trasmesso a colori,
3) in ogni caso si è appurato che tale trasmissione era di "Teletorino"...
Se pensiamo che una certa parte politica ha atteso questa enorme scemenza come il messia, si capisce perché tale parte politica medesima sia sempre più alla frutta e non vinca più un'elezione neanche a morire... ma tanto è solo colpa di Berlusconi.
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[+] ottimo
(di lisbeth)
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[+] complesso di inferiorità
(di minamovies)
[ - ] complesso di inferiorità
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