lisbeth
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domenica 11 ottobre 2009
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un angelo “telecomandato”
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Ricky è una fiaba e come tale va letta, contenendo tutti i meccanismi dello schema di Propp rivisitati in chiave post-moderna//
Equilibrio iniziale (inizio):la protagonista, Kate,operaia, abbandonata dal compagno, vive con la figlioletta Lisa una vita grigia e depressa di periferia, illuminata un bel giorno dall’arrivo del nuovo amore, sentimentalmente e sessualmente abbastanza travolgente, Paco, conosciuto in fabbrica (o laboratorio, pare di prodotti chimici)//
Rottura dell'equilibrio iniziale (movente o complicazione): nascita di Ricky e abbandono della casa da parte di Paco, accusato ingiustamente da Kate di picchiare il bambino a cui compaiono strani ematomi sulle spalle, all’altezza delle scapole//
Peripezie dell'eroe: nascita delle alucce al bambino al posto delle scapole,tentativo fallito della donna e della bambina di nascondere il fenomeno alla vorace curiosità della gente e dei media, rivelazione casuale del fatto e vicissitudini successive, fino alla scomparsa nel cielo del bambino volante//
Ristabilimento dell'equilibrio (conclusione): al culmine della tensione narrativa la madre, distrutta dalla perdita del figlio,sull’orlo del suicidio, lo recupera idealmente in un gesto d’amore che consiste nel rispettare la sua libertà.
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Ricky è una fiaba e come tale va letta, contenendo tutti i meccanismi dello schema di Propp rivisitati in chiave post-moderna//
Equilibrio iniziale (inizio):la protagonista, Kate,operaia, abbandonata dal compagno, vive con la figlioletta Lisa una vita grigia e depressa di periferia, illuminata un bel giorno dall’arrivo del nuovo amore, sentimentalmente e sessualmente abbastanza travolgente, Paco, conosciuto in fabbrica (o laboratorio, pare di prodotti chimici)//
Rottura dell'equilibrio iniziale (movente o complicazione): nascita di Ricky e abbandono della casa da parte di Paco, accusato ingiustamente da Kate di picchiare il bambino a cui compaiono strani ematomi sulle spalle, all’altezza delle scapole//
Peripezie dell'eroe: nascita delle alucce al bambino al posto delle scapole,tentativo fallito della donna e della bambina di nascondere il fenomeno alla vorace curiosità della gente e dei media, rivelazione casuale del fatto e vicissitudini successive, fino alla scomparsa nel cielo del bambino volante//
Ristabilimento dell'equilibrio (conclusione): al culmine della tensione narrativa la madre, distrutta dalla perdita del figlio,sull’orlo del suicidio, lo recupera idealmente in un gesto d’amore che consiste nel rispettare la sua libertà.
La struttura del film si modella dunque sulla tradizione millenaria del racconto fantastico e il plot, traendo ispirazione dal racconto “Moth” di Rose Tremain, resta dentro confini abbastanza lineari, quasi un abbozzo con rapide pennellate perchè il focus è lui, il bambino volante (al supermercato c’è chi grida “telecomandato”!) a cui pian piano le alucce (sembrano di pollo all’inizio) diventano grandi e quasi angeliche alla fine.
A Ozon (non dimentichiamo il suo Angel) interessa mettere a fuoco una condizione umana, l’aspirazione alla libertà, che si manifesta prepotente già nel bambino, insieme al suo bisogno d’amore, impulso preverbale, prerazionale, connotato di base dell’essere umano, che solo un amore super-umano (e quello di una madre lo è) può tradurre in realtà.
L’allegoria prende quota a metà film, nasce su un terreno di solido realismo visivo, fatto di interni ed esterni da banlieu, quinta di fondo di gesti e volti di ordinaria umanità e ordinarie storie di sentimenti e paure.
L’evento fiabesco si incastra su tutto questo in modo naturale e con naturalezza è vissuto dai protagonisti. Per la piccola Lisa, troppo giudiziosa per i suoi pochi anni, è l’ingresso in un mondo fantastico in cui dimenticherà la solitudine del reale e la paura del buio, per Kate è la scoperta di una identità mai fino ad allora vissuta come modo del suo essere donna.
Forse nella realizzazione filmica il tema perde spessore (rischioso, del resto, dare forma visiva e sonora a temi che la filosofia morale esplora da millenni), ma il tentativo è più che apprezzabile e il bambino che vola sul lago riempiendo l’aria di risate felici è abbastanza impagabile, riconcilia con qualche scucitura qua e là. Ricordare Loach o Cantet, Truffaut se non addirittura il Polanski di Rosemary’s Baby è forse dare al film quello che non chiede.
Capita che le fiabe abbiano ascendenze colte, si sa, ma quel che poi le rende eterne non capiremo mai cos’è, sarà che parlano di noi più di ogni altra cosa, e continueremo a saperle senza neanche averle mai lette.
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[+] un volo verso la libertà
(di peppe.simeone)
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pedjolo
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sabato 8 febbraio 2014
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una pellicola in volo? no, in picchiata!
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Di fronte a questa pellicola, bisogna confessarlo, si resta senza dubbio a bocca aperta. Si giunge ai titoli di coda, addolciti da musica e da una tanto banale quanto incomprensibile scena finale, pensando che forse si tratti di una parodia, di uno "scimmiottamento" di qualche serie cult, di un mito fantasy... No, niente di tutto ciò.
Ricky è l'inconsapevole neonato parodia di se stesso; se la fotografia e i doppiaggi (per quanto riguarda l'edizione italiana) possono sembrare elementi salvabili di questo lungometraggio di Ozon, e se i comportamenti - umani - del piccolo Arthur Peyret sono verosimili, è altrettanto vero che la trama, i dialoghi, le uscite della madre di Ricky, la morale, appaiono come elementi totalmente sconnessi, perfino dimenticati nella ricetta del film e nella sua produzione.
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Di fronte a questa pellicola, bisogna confessarlo, si resta senza dubbio a bocca aperta. Si giunge ai titoli di coda, addolciti da musica e da una tanto banale quanto incomprensibile scena finale, pensando che forse si tratti di una parodia, di uno "scimmiottamento" di qualche serie cult, di un mito fantasy... No, niente di tutto ciò.
Ricky è l'inconsapevole neonato parodia di se stesso; se la fotografia e i doppiaggi (per quanto riguarda l'edizione italiana) possono sembrare elementi salvabili di questo lungometraggio di Ozon, e se i comportamenti - umani - del piccolo Arthur Peyret sono verosimili, è altrettanto vero che la trama, i dialoghi, le uscite della madre di Ricky, la morale, appaiono come elementi totalmente sconnessi, perfino dimenticati nella ricetta del film e nella sua produzione.
Alexandra Lamy interpreta la madre del piccolo protagonista; ad un certo punto del film, riprende l'altra sua figlia e, in riferimento a Ricky che ha pochi mesi di vita e che in quel momento ha una crisi di pianto, esclama "è tutta colpa sua!" ed esorta la bambina a lasciarlo perdere... agghiacciante e diseducativo! E assolutamente lontano da una qualsiasi caratterizzazione dei personaggi. Anche perché la scena in questione, così come tante altre, non ha un continuo, non si lega in modo indissolubile alla precedente e non anticipa quella successiva. E questo è un elemento sbalorditivo quanto fastidioso nel film: numerosi momenti della storia potrebbero essere rimossi o, addirittura, scambiati tra loro. Per questo motivo, è pure ardua impresa riuscire a trovare un momento clou, un punto chiave che tenga insieme il prima e il dopo; da un lato, sono almeno una decina i passaggi assolutamente fuori luogo e che dovrebbero essere sottolineati (visti) per capire il motivo di sviluppi di altrettanta difficile comprensione: la madre di Ricky sospetta che il padre di Ricky abbia picchiato il bambino sulla schiena ma non lo denuncia e non fa accertamenti medici; Ricky sviluppa un accenno di ali rachitiche e senza piume ma riesce a farsi trovare sulla cima dell'armadio della sua cameretta; Ricky cade di testa dall'armadio in questione, restando illeso; la madre di Ricky teme più di ogni cosa che il bambino, nei suoi voli esilaranti, si ustioni con i lampadari pendenti dai soffitti e crede che, spegnendo le luci, le lampadine si raffreddino istantaneamente; alla domanda di un medico che ha visitato Ricky e che chiede se il padre del bambino abbia segni particolari, la madre del piccolo risponde affermativamente, dicendo che il compagno "è molto peloso" (deprimente tentativo di humor malriuscito)...
E intanto i minuti scorrono e si riempie quell'ora e mezzo che porta ad una fine senza conclusione; perché, se da un lato le ultime battute del film potrebbero rialzare il livello della pellicola e della storia - seppur propinando argomenti triti e ritriti come libertà, amore, rispetto della natura altrui - dall'altro vengono mantenuti livelli di banalità (e di assurdità) perfettamente in linea con il resto della pellicola. Che sfociano in due scene emblematiche: Ricky tenuto a "guinzaglio" dalla madre, con un cordoncino, mentre svolazza; la mamma di Ricky che, in un certo senso, accetta la natura del figlio e lo lascia libero di prendere la sua strada. A pochi mesi di vita!
In estrema sintesi: ben venga l'azzardo da parte di volti giovani alla regia, ma con "Ricky" siamo spesso di fronte a mancanza di filo logico e di obiettivo (o significato) da raggiungere.
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sabato 8 febbraio 2014
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una pellicola in volo? no, in picchiata!
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Di fronte a questa pellicola, bisogna confessarlo, si resta senza dubbio a bocca aperta. Si giunge ai titoli di coda, addolciti da musica e da una tanto banale quanto incomprensibile scena finale, pensando che forse si tratti di una parodia, di uno "scimmiottamento" di qualche serie cult, di un mito fantasy... No, niente di tutto ciò. Ricky è l'inconsapevole neonato parodia di se stesso; se la fotografia e i doppiaggi (per quanto riguarda l'edizione italiana) possono sembrare elementi salvabili di questo lungometraggio di Ozon, e se i comportamenti - umani - del piccolo Arthur Peyret sono verosimili, è altrettanto vero che la trama, i dialoghi, le uscite della madre di Ricky, la morale, appaiono come elementi totalmente sconnessi, perfino dimenticati nella ricetta del film e nella sua produzione.
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Di fronte a questa pellicola, bisogna confessarlo, si resta senza dubbio a bocca aperta. Si giunge ai titoli di coda, addolciti da musica e da una tanto banale quanto incomprensibile scena finale, pensando che forse si tratti di una parodia, di uno "scimmiottamento" di qualche serie cult, di un mito fantasy... No, niente di tutto ciò. Ricky è l'inconsapevole neonato parodia di se stesso; se la fotografia e i doppiaggi (per quanto riguarda l'edizione italiana) possono sembrare elementi salvabili di questo lungometraggio di Ozon, e se i comportamenti - umani - del piccolo Arthur Peyret sono verosimili, è altrettanto vero che la trama, i dialoghi, le uscite della madre di Ricky, la morale, appaiono come elementi totalmente sconnessi, perfino dimenticati nella ricetta del film e nella sua produzione. Alexandra Lamy interpreta la madre del piccolo protagonista; ad un certo punto del film, riprende l'altra sua figlia e, in riferimento a Ricky che ha pochi mesi di vita e che in quel momento ha una crisi di pianto, esclama "è tutta colpa sua!" ed esorta la bambina a lasciarlo perdere... agghiacciante e diseducativo! E assolutamente lontano da una qualsiasi caratterizzazione dei personaggi. Anche perché la scena in questione, così come tante altre, non ha un continuo, non si lega in modo indissolubile alla precedente e non anticipa quella successiva. E questo è un elemento sbalorditivo quanto fastidioso nel film: numerosi momenti della storia potrebbero essere rimossi o, addirittura, scambiati tra loro. Per questo motivo, è pure ardua impresa riuscire a trovare un momento clou, un punto chiave che tenga insieme il prima e il dopo; da un lato, sono almeno una decina i passaggi assolutamente fuori luogo e che dovrebbero essere sottolineati (visti) per capire il motivo di sviluppi di altrettanta difficile comprensione: la madre di Ricky sospetta che il padre di Ricky abbia picchiato il bambino sulla schiena ma non lo denuncia e non fa accertamenti medici; Ricky sviluppa un accenno di ali rachitiche e senza piume ma riesce a farsi trovare sulla cima dell'armadio della sua cameretta; Ricky cade di testa dall'armadio in questione, restando illeso; la madre di Ricky teme più di ogni cosa che il bambino, nei suoi voli esilaranti, si ustioni con i lampadari pendenti dai soffitti e crede che, spegnendo le luci, le lampadine si raffreddino istantaneamente; alla domanda di un medico che ha visitato Ricky e che chiede se il padre del bambino abbia segni particolari, la madre del piccolo risponde affermativamente, dicendo che il compagno "è molto peloso" (deprimente tentativo di humor malriuscito)... E intanto i minuti scorrono e si riempie quell'ora e mezzo che porta ad una fine senza conclusione; perché, se da un lato le ultime battute del film potrebbero rialzare il livello della pellicola e della storia - seppur propinando argomenti triti e ritriti come libertà, amore, rispetto della natura altrui - dall'altro vengono mantenuti livelli di banalità (e di assurdità) perfettamente in linea con il resto della pellicola. Che sfociano in due scene emblematiche: Ricky tenuto a "guinzaglio" dalla madre, con un cordoncino, mentre svolazza; la mamma di Ricky che, in un certo senso, accetta la natura del figlio e lo lascia libero di prendere la sua strada. A pochi mesi di vita!
In estrema sintesi: ben venga l'azzardo da parte di volti giovani alla regia, ma con "Ricky" siamo spesso di fronte a mancanza di filo logico e di obiettivo (o significato) da raggiungere.
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[+] però......
(di francesco2)
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