Opera seconda della giovane cineasta francese Mia Hansen Love, Il padre dei miei figli porta in sé la freschezza di un’opera prima.
Premiato al festival di Cannes del 2009 nella sezione Un Certain Regard, il film narra le ultime vicende di Gregoir Canvel (egregiamente interpretato da Louis-Do De Lencquesaing), personaggio ispirato a Humbert Balsan, produttore cinematografico morto suicida nel 2005 in seguito all’affondamento della propria casa di produzione.
E’ un uomo straordinario Gregoir, totalmente assorbito da una passione che si fonde con la vita (e con la morte). Realizza sogni di celluloide, regala finestre sul mondo e speranza a talentuosi e talvolta capricciosi registi. E’ una vita senza sosta la sua, alla continua ricerca della risoluzione dei problemi sui set e di finanziamenti da impiegare per portare a termine i “suoi” film. Generoso e idealista al limite dell’incoscienza, Gregoir non abbandona il suo sogno fino all’ultimo, quando, ormai schiacciato da debiti insanabili, sceglie di darsi la morte.
Gregoir lascia così la moglie Sylvie e tre figlie che lo adorano, che lo hanno sempre sostenuto con pazienza accogliendo con gioia e con immenso amore i brevi momenti rubati al suo incessante mestiere. Momenti magici, che resteranno impressi per sempre nelle loro vite, così come gli insegnamenti e le passioni che renderanno sicuramente le sue bambine delle persone speciali. Certamente non è un compito facile essere la compagna di Gregoir Canvel ed è una vita senza distrazioni quella di Sylvie (Chiara Caselli), la vita di una donna forte e consapevole della natura e della missione del proprio compagno. Sarà questa consapevolezza a farle da guida dopo la scomparsa del marito. Sylvie farà ogni sforzo possibile per salvare la Moon Film dal fallimento, cercando di sanare i debiti della società con lucidità e affetto. Ma alla famiglia è riservato un futuro aperto a tutte le incognite che può riservare la vita. Que serà serà…
Il padre dei miei figli è un film ben diretto, ben pensato e privo di eccessi. Regia e montaggio accorti sono sostenuti dalle straordinarie e misurate interpretazioni di tutti gli attori.
La storia è narrata in due blocchi narrativi: la presenza di Gregoir, anche visiva, e l’assenza di Gregoir con il vuoto che ci lascia. La prima parte del film non ci dà respiro, viviamo e siamo Gregoir, con le sue telefonate, le sue sigarette sempre accese, i suoi spostamenti, i piani ravvicinati su di lui a coglierne l’essenza. Indaghiamo su Gregoir così come Truffaut indagava e insisteva sul suo Antoine Doinel. Dalla morte di Gregoir in poi, in un attimo, così come avviene quando la vita ci lascia, tocca alla moglie e alla figlia maggiore riempire la sua assenza nella vita e sullo schermo. Commovente e delicato, infatti, il percorso di crescita cui è costretta Clemence, adolescente che si trova di fronte al compito di dover diventare una donna quando ancora donna non è. Dovrà conoscere il padre, scoprirlo, comprenderlo in una fase della vita in cui è ancora tutto bianco o nero, infine accettare. E vivere.
Il padre dei miei figli è infatti un film che non indugia mai sulla morte. In un istante Gregoir scompare ma il suo lavoro, il suo amore, la sua bellezza continueranno a vivere attraverso i suoi film, i suoi figli, la sua famiglia.
Quanti figli ha cresciuto Gregoir. I figli della Moon Film, la casa di produzione di un uomo che amava il cinema più del profitto. Il padre che avrebbe dovuto produrre anche il primo film della stessa Hansen Love e cui la regista ha voluto rendere questo affettuoso e delicato omaggio.
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