Castaway On the Moon |
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Un film di Hae-jun Lee.
Con Min-hee Hong, So-yeon Jang, Jae-yeong Jeong, Ryeo-won Jeong, Gyo-hwan Koo.
continua»
Titolo originale Kim-ssi pyo-ryu-gi.
Drammatico,
durata 117 min.
- Corea del sud 2009.
MYMONETRO
Castaway On the Moon
valutazione media:
3,83
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Una piccola meravigliadi Bartleby CorinzioFeedback: 2580 | altri commenti e recensioni di Bartleby Corinzio |
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mercoledì 1 agosto 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Può un uomo tentare il suicidio gettandosi da un ponte e finire intrappolato su una piccola isola sotto i ponti della città stessa? Può una ragazza decidere di restar chiusa nella sua stanza per ben tre anni? Evidentemente sì, o meglio è lo spettro cinematografico che mutua la realtà, spazio interarticolare, cromogeno, differenziale (frasi a caso le mie,
buone come incipit ma assolutamente insensate se non nel vincolo magmatico pirandelliano). Ricalcando in modo ironico il Castaway di Robert Zemeckis, il naufrago Kim si ingegna e fa quel che può per sopravvivere aiutato anche da idee salvifiche come la ricetta dei tagliolini ai fagioli neri e, a differenza di Tom Hanks, inizierà ad amare quella condizione di solitudine e soprattutto l'allontanamento dal sociale. La sua lotta non consiste nel voler andarsene dall'isola ma nel voler restare lì. Su un'altra isola, in forma di stanza di appartamento, risiede invece una ragazza, una hikikomori. Rinchiusa per scelta nella sua camera, dedita a regole di sopravvivenza ben calcolate: sa quante calorie deve accumulare, quanti passi fare per aiutare la digestione. "Metodi efficaci per evadere la realtà", come dice lei stessa stando bene attenta a non incrociare i genitori che vivono con lei in casa. Il solo hobby della ragazza è quello di affacciarsi con cautela alla finestra e fotografare la Luna, conquistata dall'idea che non si può soffrire la solitudine in un posto in cui non c'è nessuno. Sarà proprio grazie all'obiettivo della macchina fotografica che si accorgerà del naufrago sull'isola. E ovviamente di più non si può dire. Il film di Lee Hae-Jun è una piccola meraviglia. Siamo tutti dei naufraghi, in qualche modo. Qualcuno è come Kim che sa far sua la solitudine e qualcuno è come la ragazza che vive nella sua stanza, che vive il mondo come una minaccia che disarma maggiormente, che impoverisce le gambe, che genera indolenza. Per camminare in un luogo sassoso come il comun-vivere può bastare anche adoperarsi con un paio di bottiglie come scarpe. Non riluttante al vivere in sé, gustare a fior di labbra, riconoscere le avvisaglie, deliberare la minuziosità per il proprio esistere. Pretendere innanzitutto da se stessi di aver il diritto di Essere. Un'isola può essere polivalente e non tramutar
si in una prigione. Or dunque e ben donde consiglio questa piccola parabola esistenziale - a tratti delicata, a tratti auto-ironica, a tratti tratteggiante e a tratti profonda - a tutti quelli che in un modo o nell'altro devono capire se son naufraghi su un'isola o su una stanza e nel farlo.
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