Agora |
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Un film di Alejandro Amenábar.
Con Rachel Weisz, Max Minghella, Oscar Isaac, Ashraf Barhom.
continua»
Avventura,
durata 128 min.
- Spagna 2009.
- Mikado Film
uscita venerdì 23 aprile 2010.
MYMONETRO
Agora
valutazione media:
3,30
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un'Occasione Mancatadi Davide FurforiFeedback: 100 |
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giovedì 16 gennaio 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Ho avuto opportunità di guardare il controverso film "Agora", di Amenabar: in teoria, la resa cinematografica della toccante storia di Ipazia di Alessandria, celeberrima studiosa della Tarda Antichità, crudelmente trucidata da una banda di violenti cristiani; in realtà, una combinazione purtroppo poco riuscita di affresco storico, manifesto ideologico e triangolo amoroso. Molti hanno accusato il film di essere anti-cristiano: non è esatto. Agora è un film anti-religioso: tutte e tre le confessioni che vi compaiono (pagani, ebrei e cristiani) hanno occasione di mostrare l'ignoranza, la violenza, l'arroganza, l'odio di parte che evidentemente il regista crede insiti nello stesso concetto di fede: i pagani sono arroganti ed elitari e raccogliendo stoltamente una provocazione cristiana mettono in moto una rivolta che si conclude con la distruzione della biblioteca di Alessandria e la messa fuori legge del paganesimo (qui escono di scena, con ancora un briciolo di dignità); gli ebrei sono petulanti, ipocriti e vendicativi e come i pagani per il primo atto, escono di scena alla fine del secondo, lasciando il posto al piatto forte: i cristiani. Questi sono il culmine di secoli di letteratura polemica: ignoranti, intolleranti, violenti, ma soprattutto brutti e sporchi, i denti gialli sempre in mostra in un ghigno diabolico, più bestie che uomini. Il problema non è tale rappresentazione: sono esistiti tanti, troppi cristiani malvagi, intolleranti e violenti, ma il film suggerisce che quasi tutti, se non proprio tutti i cristiani siano così. Non ce n'è uno con cui il pubblico sia invitato a simpatizzare: Davo, schiavo liberato e convertito (per interesse, non per fede) che in segreto desidera la propria padrona (e quasi la violenta dopo la conversione)? Ammonio, che dona cibo ai poveri e ai malati ma che è a capo della fazione cristiana più violenta e intransigente? Il vescovo Cirillo, antisemita e misogino? O il vescovo di Cirene (che in una gaffe del traduttore viene pronunciato Sirene), uomo pio, saggio, amico e protettore di Ipazia... fin quando scopre con orrore che lei, proto-copernicana, promuove il modello eliocentrico? Non basta questo però a rendere brutto un film. Passiamo dunque al principale problema: la nostra eroina, Ipazia, la filosofa, la libera pensatrice, non fa niente per meritarsi la simpatia del pubblico: è un personaggio bidimensionale, definita dalle proprie ricerche; in scene chiave si trasforma nel megafono con cui il regista esprime le proprie opinioni sul rapporto tra fede e scienza, con frasi come "il vostro dio non si è mostrato migliore dei suoi predecessori"(al vescovo Cirillo), "io credo nella Filosofia"(dopo essere stata accusata di non credere in niente) e "voi non mettete in dubbio ciò in cui credete"(al vescovo di Cirene che le chiede la differenza tra un cristiano come lui e lei, che rifiuta la conversione). è assente, non ha attaccamento verso niente e nessun altro personaggio. è difficile empatizzare con la protagonista tragica della vicenda se neanche a lei importa di quello che le possono fare. In conclusione, più che una triste vicenda di evitabile violenza, risulta una deprimente allegoria della ragione vittima dell'irrazionalità, la storia di una persona che per orgoglio rifiuta di scendere a compromessi con il resto del mondo, sicura che ciò che pensa è vero e giustificata nel suo disprezzo per chi non la pensa come lei. Proprio ciò che, secondo il regista, fa un credente in qualsiasi fede.
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