rongiu
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mercoledì 22 dicembre 2010
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se la primavera tarda ad arrivare.
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Che cos’è l’adolescenza? E’ tempesta o bonaccia? I due “stadi”, considerati isolatamente, costituiscono con il passare del tempo, situazioni di imminente pericolo. Uno stato di perenne tempesta, è sicuro tragico naufragio. Una perenne bonaccia non conduce a riva sicura, mai. L’adolescenza è, dunque, ciò che in gergo sportivo si chiama mixed path, un percorso misto. Io credo. Qual è l’infinito preferito dell’adolescente? Probabilmente, “volere”. Io voglio: più libertà \rientrare tardi, restare da solo in casa, invitare chi mi pare, andare in vacanza, con chi mi pare e così via/ Le regole sono un po’ pesanti da rispettare, e con esse chi le rappresenta; genitori, docenti, autorità di ogni ordine e grado.
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Che cos’è l’adolescenza? E’ tempesta o bonaccia? I due “stadi”, considerati isolatamente, costituiscono con il passare del tempo, situazioni di imminente pericolo. Uno stato di perenne tempesta, è sicuro tragico naufragio. Una perenne bonaccia non conduce a riva sicura, mai. L’adolescenza è, dunque, ciò che in gergo sportivo si chiama mixed path, un percorso misto. Io credo. Qual è l’infinito preferito dell’adolescente? Probabilmente, “volere”. Io voglio: più libertà \rientrare tardi, restare da solo in casa, invitare chi mi pare, andare in vacanza, con chi mi pare e così via/ Le regole sono un po’ pesanti da rispettare, e con esse chi le rappresenta; genitori, docenti, autorità di ogni ordine e grado. Di contro, l’adolescente è, il più delle volte, per l’adulto, l’eterno irresponsabile. Quando in famiglia ciò accade, come conseguenza del non ascolto da parte dei genitori, iniziano i primi tafferugli ed i successivi conflitti. L’adolescenza è il momento più vulcanico della vita di una persona. E proprio perché vulcanico, tantissimi sono i danni successivi all'eruzione. Uno di questi è la solitudine.
Il regista Mirko Locatelli, coautore con Giuditta Tarantelli, anche della sceneggiatura, ci propone questo drammatico tema. Valerio \ Mattia De Gasperis / è un ragazzo che non ha il papà; al danno la beffa, e vive una vita al limite dell’emarginazione. La mamma \Teresa Patrignari / e la sorellina, non sono in grado, forse, di riempire i vuoti di un periodo della vita già di per sé complesso. Ecco che scattano, in Valerio, strani meccanismi di rivalsa. Pone in essere una serie di strategie sostitutive e riempitive, che non solo hanno dell’incredibile; ma si dimostrano…
Il concetto di normalità è avulso, nel senso più pieno del termine, dal contesto di un racconto visivo “polare” come può esserlo il primo giorno, di un inverno qualsiasi.
Good Ciak!
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informato
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martedì 14 ottobre 2008
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recensione il manifesto 6 settembre
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6 settembre 2008 - il manifesto - Valerio adolescente insicuro ma pronto a un'atroce vendetta (Cristina Piccino)
VENEZIA - Non è facile raccontare l'atmosfera emozionale dell'adolescenza, la solitudine e il conflitto che ne accompagnano i passaggi, soprattutto se la scommessa è entrare in quella dimensione con pudore, senza pretendere di risolveme l'enigma. procedendo invece tra pochi i frammenti esteriori. ambigui e scivolosi. Per questo Il primo giorno d'inverno è già un film speciale, anche se Mirko Locatelli, non racconta semplicemente un'adolescenza. Ci parla di un ragazzo insicuro e spaventato quale è Valerio (Mattia De Gasperis, molto bravo nel confronto con il suo personaggio come tutti gl altri attori del cast) e di un presente, il nostro declinandolo in una generazione che sembra esserne un po' la sintesi nei suoi sentimenti di chiusura, indifferenza.
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6 settembre 2008 - il manifesto - Valerio adolescente insicuro ma pronto a un'atroce vendetta (Cristina Piccino)
VENEZIA - Non è facile raccontare l'atmosfera emozionale dell'adolescenza, la solitudine e il conflitto che ne accompagnano i passaggi, soprattutto se la scommessa è entrare in quella dimensione con pudore, senza pretendere di risolveme l'enigma. procedendo invece tra pochi i frammenti esteriori. ambigui e scivolosi. Per questo Il primo giorno d'inverno è già un film speciale, anche se Mirko Locatelli, non racconta semplicemente un'adolescenza. Ci parla di un ragazzo insicuro e spaventato quale è Valerio (Mattia De Gasperis, molto bravo nel confronto con il suo personaggio come tutti gl altri attori del cast) e di un presente, il nostro declinandolo in una generazione che sembra esserne un po' la sintesi nei suoi sentimenti di chiusura, indifferenza. quasi arroganza. Così debole da non riuscire a confrontarsi con nulla che non corrisponda alla «Regola».
...
Provincia del nord, Valerio vive con la mamma e la sorellina, la prima parla solo di quelle cose da genitori - cosa vuoi a cena, vai a prendere tua sorella a scuola - la seconda è troppo piccola per essere complice e confidente. Valerio è confuso, vede due ragazzi che lo tormentano toccarsi nella doccia, inizia a ricattarli probabilmente senza consapevolezza, senza rendersi conto cioè di quanto questo suo gesto sia atroce e insopportabile finché sarà troppo tardi... Mirko Locatelli, autore della sceneggiatura insieme a Giuditta Tarantelli sceglie un soggetto «forte», doloroso, complesso senza costrigerlo mai nella sola scrittura, pure molto compatta, sfumata e pensata al di là del soggetto, con i luoghi, gli attori, la tensione dell'intimità. Pochi dialoghi, nessuna spiegazione, nessuna retorica. La geografia del film trasforma quella pianura nebbiosa, alle soglie dell'inverno, nei giorni prima di Natale, in un luogo interiore lungo il quale si muove Valerio col suo motorino scassato un po' dardeniano. Così la casa con le molte porte chiuse e le conversazioni spezzate, la scuola che è solo corridoi, pavimenti lucidi, altre porte, voci ovattate senza volto. La piscina, dove i volti sono invece molto chiari, ma soprattutto i corpi, filmati con grazia, nel contatto con l'acqua, la sfida delle bracciate e del respiro, il maestro che grida (Giuseppe Cederna). Gli spogliatoi, anche quelli, spazi di gara specie quando si scopre che il prorpio corpo è oggetto sessuale, attraversato da pulsioni nuove, non sempre le stesse che ti hanno raccontanto dovresti provare.
È un cinema molto «fisico» quello che cerca il regista in questo suo film, una produzione indipendente, e anche eccentrica rispetto alle abitudini più diffuse del cinema italiano di questi ultimi anni. Che da questa fisicità lascia affiorare la poesia e la sua relazione col mondo, muovendosi in un orizzonte aperto nonostante la sua claustrofobia «narrativa», che non vuole spiegare ma narra disseminando tracce per chi guarda. La «misura» sono le immagini di una «realtà» fortemente messa in scena, quasi sul filo del «documentario». e una poetica di un quotidiano che sperimenta la dimensione universale. La forza della storia arriva da qui. senza trucchi né espedienti sentimentali. Locatelli usa il cinema con semplicità lucida, e la tenerezza necessaria per la storia e per i suoi personaggi, il loro movimento, i loro limiti, la loro crudele fragilità.
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angelo umana
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giovedì 23 dicembre 2010
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drammi per crescere
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E’ una normale famiglia quella composta dall’adolescente Valerio, dalla sua dolcissima sorellina Micaela con il coniglietto battezzato Francesco e dalla mamma ancora giovane. Non hanno tanti mezzi, Valerio ha un vecchio motorino che necessita di continue riparazioni e che spesso lo lascia a piedi, Micaela ha un mangiadischi rotto, e non possono essere affrontate spese particolari. La mamma e il figlio che parlano dei regali di Natale, gli abiti dismessi da portare alla chiesa , gli scherzi tra fratello e sorella rendono l’immagine di una famigliola unita. Il film è ambientato in un paesaggio fluviale della provincia lombarda; l’arredo della casa, il casco da motorino e il mangiadischi lo fanno sembrare degli anni 60.
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E’ una normale famiglia quella composta dall’adolescente Valerio, dalla sua dolcissima sorellina Micaela con il coniglietto battezzato Francesco e dalla mamma ancora giovane. Non hanno tanti mezzi, Valerio ha un vecchio motorino che necessita di continue riparazioni e che spesso lo lascia a piedi, Micaela ha un mangiadischi rotto, e non possono essere affrontate spese particolari. La mamma e il figlio che parlano dei regali di Natale, gli abiti dismessi da portare alla chiesa , gli scherzi tra fratello e sorella rendono l’immagine di una famigliola unita. Il film è ambientato in un paesaggio fluviale della provincia lombarda; l’arredo della casa, il casco da motorino e il mangiadischi lo fanno sembrare degli anni 60.
La cosa “anormale” è l’età adolescente. Valerio è timido, introverso, impacciato, assente (anche quando è in classe) come spesso succede a quell’età dove i ragazzi si sentono fuori posto e senza meta; sono ben fotografati i tic dell’età, gesti ripetuti come mordere i vestiti, guardarsi i muscoli e i foruncoli allo specchio, o i numerosi e inspiegabili tatuaggi di Lorenzo, compagno di piscina di Valerio. Altro protagonista del film è il silenzio nella sua vita tra scuola piscina e casa. Appare come un ragazzo solo e indifeso: dev’essere questa la causa dell’ostilità che sorge per una coppia di compagni di nuoto maschi che egli spia, mentre fanno la doccia assieme e si scambiano effusioni. Forse l’ostilità è anche invidia per chi un rapporto affettuoso ce l’ha. Cominciano i suoi ricatti verso il ragazzo più debole della coppia, Matteo, sotto la minaccia di spifferare quella relazione.
Una mattina, dopo un’inquietante ripresa di spalle del ragazzo lungo i corridoi interminabili (interminabili come i titoli di testa, unico neo dell’ottimo film di un regista esordiente) che lo portano alla sua classe, apprende dai compagni che “Matteo ha avuto un’incidente”, è morto. Ottima e credibile l’interpretazione che ci dà Valerio, ora vittima di rimorsi, piange un pianto forse liberatorio delle sue oppressioni. La zuffa finale con l’amico di Matteo – che, vogliamo pensare, non si conclude con un’altra tragedia – sembra sanare un dramma di adolescenti che crescono.
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algernon
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martedì 21 dicembre 2010
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desolazione e solitudine
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film interessante, direi un buon film, anche se non del tutto sviluppato. un ragazzo solitario, che si prende cura come riesce della sorellina, madre poco presente, il padre non c'è. allenamenti in piscina, scuola. qualche episodio di bullismo, neanche troppo marcato, ma abbastanza da ferire ragazzi nel mezzo di una crescita incerta. il protagonista cade anche lui nel ruolo di bullo e ricattatore, e nel finale se ne pente. il tutto in un ambiente piatto e desolato, una campagna umida dove non succede niente e non si incontra nessuno.
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conte di bismantova
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giovedì 3 febbraio 2011
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adolescenza e identità: il ragazzo senza una vita.
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è un ottimo film, come opera prima lascia ben sperare in un ricco futuro. Premetto subito che secondo me qui non si parla di omosessualità: essa è un pretesto, e potrebbe benissimo venire sostituita da un'altro segreto qualsiasi purchè facente parte di quella specie di segreti scatenanti quella vergogna inaffrontabile e quella distruzione d'identità sociale indispensabile per un adolescente al fine del riconoscimento da parte del gruppo. Di questo infatti ci parla il film: di identità. Il ragazzo che si guarda allo specchio e vive le sue tre-quattro vite poichè nessuna ancora prevale sulle altre: quella di routine in famiglia dove accudisce la sorella, quella immaginaria dove egli costruisce il suo io ideale con pesi e flessioni, quella pubblica dove invece non sa uscire dalla sua vile timidezza e si lascia trattare come un verme dai prepotenti, quella nuova che nasce dall'occasione di avere un'arma micidiale per farsi rispettare e addirittura vendicarsi, l'ultima infine che è la presa di coscienza drammatica e disperata di ciò che è successo.
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è un ottimo film, come opera prima lascia ben sperare in un ricco futuro. Premetto subito che secondo me qui non si parla di omosessualità: essa è un pretesto, e potrebbe benissimo venire sostituita da un'altro segreto qualsiasi purchè facente parte di quella specie di segreti scatenanti quella vergogna inaffrontabile e quella distruzione d'identità sociale indispensabile per un adolescente al fine del riconoscimento da parte del gruppo. Di questo infatti ci parla il film: di identità. Il ragazzo che si guarda allo specchio e vive le sue tre-quattro vite poichè nessuna ancora prevale sulle altre: quella di routine in famiglia dove accudisce la sorella, quella immaginaria dove egli costruisce il suo io ideale con pesi e flessioni, quella pubblica dove invece non sa uscire dalla sua vile timidezza e si lascia trattare come un verme dai prepotenti, quella nuova che nasce dall'occasione di avere un'arma micidiale per farsi rispettare e addirittura vendicarsi, l'ultima infine che è la presa di coscienza drammatica e disperata di ciò che è successo. Chi è Valerio? Fino all'ultima scena del salvataggio egli non è nessuno, solo un embrione, "un feto adulto", come direbbe Pasolini, che esiste fisicamente fra casa, istituto, grigia bassa padana, a tutta velocità su un motorino dove sfoga la sua inesistenza. Dalla fine in poi quindi si presume che sia nato un uomo, forse non nella maniera più dolce ed equilibrata, ma tanto è. Per me è un buon film, decisamente. Ho rivissuto la tristezza di quei corridoi asettici dal pavimento lucido del mio polo scolastico, le grandi porte verdi di emergenza, il silenzio dei passi: non ricordavo tanto orrore. Non è facile essere adolescenti, nel mondo che gli abbiamo dato.
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