Gone Baby Gone

Ottimo esordio dietro la macchina da presa di Ben Affleck, mediocre (a mio avviso, e non solo...) attore e ottimo sceneggiatore (oltre al film in questione, "Will Hunting" di Gus Van Sant) che forse ha trovato la sua strada come regista. A differenza del fratello Casey, che recita piuttosto bene. Anche se nel cast del suo primo film, tra gli ottimi Ed Harris e Morgan Freeman, quella che se la cava meglio è la rivelazione Amy Ryan, nel ruolo della madre tossicodipendente di una bambina scomparsa. Il romanzo da cui è tratto è di Dennis Lehane, già autore di "La morte non dimentica - Mystic river" (gran bel romanzo), che fu portato mirabilmente sullo schermo da Clint Eastwood. Le atmosfere bostoniane che si respirano sono le stesse, e qui si aggiunge un forte senso di religiosità e peccato, ma il paragone con la pellicola che valse l’oscar a Sean Penn sarebbe improbo. Ciò non toglie che questa dolente pellicola di Affleck risulti essere un intricato noir dai risvolti esistenziali profondi, che mira a sollevare interrogativi sul significato del concetto di giustizia e sulla sottile linea rossa che lo separa da quello di ingiustizia, più che a fornire risposte chiare allo spettatore. Dipingendo al contempo uno splendido affresco sull’America delle strade di periferia, costellata di anime perse, di persone "nate nelle crepe della società e cadute nel baratro". .